libretto C.A. Badian partituurin mukaisena

udirti.
IRENA: Il labbro sol favella a tuo pro.
ALVILDA: Taci o m’adiro!
IRENA: Tacerò, ma pavento.
ALVILDA: Di che?
IRENA : Più dir non l’oso.
ALVILDA: Scopri che vo’saperlo!
IRENA: Ad Alfo.
ALVILDA: Presto.
IRENA: Se non come consorte, servirai come schiava. Intendi il resto?
ALVILDA: Senti, se mai tentasse il vincitor superbo d’assalir l’onor
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mio, vorrei qual tigre afferarlo nel volto, schiantar dal capo i crini, dalla fronte
le luci; e con quell’ armi ch’ogni belva più cruda
scaglia dalle sue fauci; a brano, a brano farlo cader dilacerato al piano.
IRENA: Quando fosti alla prova vedresti poi ch’ogni tuo sforzo è vano.
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ALVILDA: Tu m’esorti d’amar e amar non voglio, non voglio amar per poter vivere senza
penar;
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Scena tertia
È gran follia cangiar la quiete dell’alma in fier cordoglio.
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