A DAY IN MATERDEI COSMO-RUSHDIE FUORI ORARIO - Urban
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Una villa da sogno, ai limiti della realtà. Nel parco<br />
dell’Insugherata, vicino alla Cassia, a Roma. Un giardino<br />
gigante, un salone splendente e tantissime stanze. Tre<br />
piani di lusso, che mi richiamano alla mente un videogame.<br />
Playboy The mansion, dove il giocatore si cala<br />
nei panni del mitico Hugh Hefner, il miliardario editore<br />
di Playboy, che in una sontuosa casa come questa ha<br />
lanciato la rivista porno-patinata più famosa del mondo,<br />
immortalando nude conigliette procaci.<br />
E anche la villa in questione ha un trascorso simile. È qui<br />
che nei primi anni Settanta si è trasferita la Tattilo, casa<br />
editrice di Playmen, rivista nostrana dell’intrattenimento<br />
sexy. Ma le cose, come le case, cambiano.<br />
Le luci rosse dei set fotografici e le “fimmene” poco<br />
vestite che si aggiravano tra i suoi sontuosi ambienti,<br />
verso la fine degli anni Ottanta, quando la Tattilo era<br />
nel pieno della sua attività, si sono spente, trasferite. E<br />
in villa sono arrivati nuovi inquilini. Ospiti con disturbi<br />
mentali. Come Pinuccia, Maria Elena e Osvaldo, reduci<br />
da anni passati in manicomio per lo più legati al letto.<br />
Nessuna possibilità di andare al bagno e talvolta sulla<br />
testa uno strofinaccio zuppo di piscio. Maria Elena c’è<br />
rimasta dieci anni così, senza mai parlare, legata. Aveva<br />
provato più volte a staccare con il cucchiaio le tonsille<br />
(quelle degli altri!). Adesso va in giro per la villa e canta,<br />
canta canzoni tipo Rose rosse, Dimmi quando e soprattutto<br />
parla. Non di tutto però, alcune cose cerca di<br />
dimenticarle.<br />
Camera sua è al primo piano, per arrivarci bisogna salire<br />
delle ingombranti scale circolari in marmo bianco, con<br />
corrimano in legno, che portano fino alla mansarda.<br />
Nessuna intrigante vestigia del passato. A parte gli infissi,<br />
le porte e i pavimenti, adesso tutto è arredato con<br />
semplicità e nella stanza ci sono solo un letto, un armadio<br />
e qualche dipinto. A stento si riesce a immaginarsela<br />
diversa, con una grossa scrivania, una poltrona in pelle<br />
nera, visori al neon, computer, diapositive e fogli sparsi,<br />
magari l’ufficio del direttore della Tattilo, che un tempo<br />
si affacciava sul giardino, con questa splendida vista e il<br />
parco tutto intorno.<br />
Pinuccia la chiamavano una “leonessa”, uno di quei<br />
casi gravi, una di quelle che non si è piegata, non si è<br />
arresa, e di botte in manicomio ne ha prese tante, basta<br />
guardarla in faccia, gli manca un occhio, glielo ha cavato<br />
un altro paziente, anni fa. Adesso ha cinquant’anni, ma<br />
dimostra trent’anni di più. Come tutti i pazienti di questa<br />
villa. Tredici. Schizofrenici, paranoici, maniaco-depressivi.<br />
Pazzi. Un tempo sparsi, o legati, tra i manicomi di<br />
Roma, come il Santa Maria della Pietà, e adesso ospiti, i<br />
più fortunati, di strutture come questa. Le agguerrite conigliette<br />
eighties hanno lasciato il posto a docili leonesse.<br />
Perché le cose cambiano. E ai 13 attuali ospiti dell’ex<br />
villa di Playmen prima erano andate talmente male che<br />
adesso non possono che migliorare.<br />
Le chiamano strutture intermedie, devono essere spaziose<br />
e sono difficili da trovare, soprattutto in una città<br />
come Roma, dove gli spazi sono stretti. La ricerca è<br />
durata oltre un anno, ma alla fine il Progetto Giuseppina,<br />
così si chiama questa comunità per il ricovero di persone<br />
con disturbi mentali, ha avuto la sua villa e da<br />
febbraio, dopo che la Tattilo si è trasferita, gli ambienti<br />
hanno avuto i loro nuovi ospiti.<br />
“Tu sei il capo della mafia”, mi accoglie Osvaldo, uscen-<br />
do dalla grossa sala al piano terra, in camicia bianca,<br />
con la sigaretta tra le labbra e il fare distinto. Ma nonostante<br />
l’atteggiamento galante, l’arredo lo tradisce:<br />
adesso la sala è spoglia, quasi deserta, lontana dai<br />
presunti splendori di una volta. E l’immenso pavimento<br />
in marmo è troppo vuoto. Così, preferisce stare fuori, nel<br />
giardino che costeggia la villa, tra gli alberi e le sdraio<br />
(la piscina però manca), fumando l’unica sigaretta che<br />
ha a disposizione per un’ora; altrimenti un pacchetto<br />
gli dura davvero poco. Ma da quando è ricoverato sulla<br />
Cassia può andare a prenderselo da solo, attraversando<br />
la strada e per un po’ il confine della villa, facendo finta<br />
di niente, verso il tabaccaio, come chiunque altro.<br />
VILLA<br />
LIBERTÀ<br />
Da redazione di un porno-patinato a casa dei matti.<br />
I suoi muri ne hanno viste di tutti i colori,<br />
e se potessero parlare...<br />
testo: Andrea Baffigo / illustrazione: Giorgia Ricci<br />
Come chiunque altro ha passato 20 anni in un manicomio<br />
e dopo la legge Basaglia è stato messo nella condizione<br />
di riavere una vita, andando al bar, riabbracciando<br />
un parente, riacquisendo minimi diritti di cittadinanza.<br />
Diritti negati da quelle streghe di infermiere che bruciando<br />
avranno lasciato solo le ossa, mi dice Maria<br />
Elena, da dietro un caschetto di capelli bianchi e mostrandomi<br />
tutte le sue belle collanine al collo. Da bambina<br />
sul terrazzo aveva sentito delle voci che le dicevano<br />
di andare al Santa Maria della Pietà, lì sarebbe stata<br />
bene. Era stata accompagnata da tutta la famiglia, la sua<br />
mamma, suo papà, zio, nonno e nipotina. Da allora non<br />
li ha più visti. Ma adesso può vedere Roma e le sue bellezze,<br />
una volta ogni 15 giorni viene accompagnata da<br />
una vera guida turistica tra i monumenti della città.<br />
E anche Osvaldo sembra gradire, come la gita alle terme<br />
e il cinema all’aperto, e la sua bocca non si ferma più:<br />
pensieri liberi, parole sconnesse. Una risposta, però, mi<br />
lascia di sasso. “Sono un giornalista, me la lasci un’intervista<br />
per <strong>Urban</strong>?”. “Ma che, sei matto?!”.<br />
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