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Fig. 3 - Pianta <strong>del</strong>l’Iseo di<br />

Pompei (da Divus Vespasianus).<br />

puteolane. E’ probabilmente questa l’interpraetatio graeca<br />

che riscosse maggior successo nei Campi Flegrei, se<br />

è vero che il culto venne importato dai mercanti e che<br />

fu praticato soprattutto da loro.<br />

Inoltre, la collocazione topografica <strong>del</strong> tempio non<br />

sembra conciliarsi con il testo <strong>del</strong>la lex, che parla di<br />

un’area nei pressi <strong>del</strong> mare e non in collina, dove invece<br />

si trova la aedes raffigurata sulla fiaschetta, raggiungibile<br />

con una scalinata e, appunto, un’ascensio.<br />

Topograficamente, i templi di Iside e di Serapide<br />

sono spesso ospitati nello stesso complesso monumentale<br />

o in santuari vicini (caso esemplare è l’Iseo-<br />

Serapeo <strong>del</strong> Campo Marzio a Roma); è pertanto ipotizzabile<br />

che il termine Isium designi sulla fiaschetta<br />

puteolana un templum dedicato ad entrambe le divinità,<br />

abbreviato per mancanza di spazio; considerando<br />

infatti la datazione tarda <strong>del</strong>la fiaschetta (fine III-inizi<br />

IV sec. d. C.) non desta meraviglia che si sia indicato il<br />

tempio con il solo nome <strong>del</strong>la dea, in quanto il culto<br />

di Iside in Italia diventerà molto presto preminente su<br />

quello <strong>del</strong> fratello-sposo. Non è un caso che a Pompei<br />

si sia deciso di edificare, in pieno II sec. a. C., un tempio<br />

ad Iside e non a Serapide, il quale continuerà ad<br />

avere un certo seguito soprattutto fra gli stranieri e i<br />

mercanti 42 , occupando però un ruolo sempre più marginale<br />

rispetto alla sposa ‘dai mille nomi’.<br />

Una <strong>del</strong>le attestazioni più importanti <strong>del</strong> culto isiaco<br />

a Pozzuoli è una statua interpretata da Fausto Zevi<br />

come ‘Iside Pelagia’ o ’Iside alla Vela’, che raffigura la<br />

dea nell’atto di utilizzare il proprio mantello alla stregua<br />

di una vela, di cui era considerata inventrice 43 .<br />

Pompei<br />

Anche a Pompei i culti egizi sono attestati precocemente<br />

ed è probabile che l’Iseo pompeiano, unico edificio<br />

<strong>del</strong> genere ben conservato in Italia, sia di poco<br />

posteriore al Serapeo puteolano. La prima attestazione<br />

dei culti nilotici a Pompei è un’iscrizione graffita all’in-<br />

SALTERNUM<br />

- 34 -<br />

terno di una sco<strong>del</strong>la a vernice nera, rinvenuta nel<br />

corso degli scavi eseguiti nell’area fuori Porta Nola 44 .<br />

L’iscrizione recita «Fila<strong>del</strong>fo ha dedicato agli Dèi<br />

Eueilatoi»; il termine Eueilatos è diffuso soprattutto in<br />

area egizia ed egeo-insulare, e sembra essere legato alle<br />

divinità nilotiche; anche il nome <strong>del</strong> dedicante è tipico<br />

<strong>del</strong>l’onomastica greco-egizia. Secondo l’opinione di S.<br />

De Caro, quindi, la parola Eueilatoi si riferisce alle le<br />

divinità egizie le quali, stando alla cronologia <strong>del</strong>la sco<strong>del</strong>la,<br />

sarebbero presenti in città già dal II sec. a. C., età<br />

compatibile con il loro ‘sbarco’ a Puteoli.<br />

Il santuario di Iside. Le fasi costruttive<br />

Nella sua fase attuale il santuario pompeiano 45 , che<br />

sorge nell’insula VIII, 7, occupata da molti rilevanti<br />

complessi monumentali quali il Foro Triangolare, i<br />

due Teatri e il c.d. tempio di Giove Meilichio (probabilmente<br />

da attribuire ad Esculapio 46 ) è frutto <strong>del</strong>la<br />

ricostruzione successiva al terremoto <strong>del</strong> 62 a. C.,<br />

intervento voluto dal liberto Numerio Popidio<br />

Ampliato a nome <strong>del</strong> figlio di sei anni, Numerio<br />

Popidio Celsino, che si guadagnò in questo modo un<br />

posto fra i decurioni 47 .<br />

Queste informazioni sono desumibili dall’epigrafe<br />

posta all’ingresso <strong>del</strong> peribolo <strong>del</strong> tempio (il quale<br />

misura 20,76 x 23,56 m) che racchiude tutte le strutture:<br />

il peristilio, la cella, un edificio ipetro (senza copertura)<br />

denominato purgatorium o megaron e tre altari - isolandole<br />

urbanisticamente dagli edifici circostanti.<br />

Ricostruire le fasi <strong>del</strong> santuario è operazione complessa<br />

ed articolata, e spesso gli studiosi hanno opposto<br />

opinioni divergenti circa la datazione di ciascuna fase.<br />

La fase ‘Sannitica’: II sec. a. C.<br />

La maggior parte degli esperti colloca la prima fase<br />

costruttiva all’età sannitica, in un periodo compreso<br />

fra il 200 e l’80 a. C. 48 o fra il 105 e l’80 49 ; la critica<br />

moderna tende generalmente a privilegiare la cronologia<br />

più alta.<br />

La pavimentazione originaria era in tufo, come<br />

dimostrano alcune lastre ad essa relative e alcuni elementi<br />

collegabili al sistema di scolo <strong>del</strong>le acque (canalette)<br />

riutilizzati nella ricostruzione post 62; inoltre le<br />

tracce di un colonnato precedente a quello attuale<br />

sono ancora visibili sullo stilobate in blocchi di tufo<br />

<strong>del</strong> peristilio 50 . Niente altro è rimasto <strong>del</strong>l’originaria<br />

decorazione <strong>del</strong> santuario nè <strong>del</strong>le sue strutture edilizie,<br />

fatta eccezione per tre capitelli di colonna, uno

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