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d’amore si sostituisce la sofferenza <strong>del</strong>l’esiliato, alla<br />

puella la coniunx, alla precettistica d’amore l’atteggiamento<br />

didascalico <strong>del</strong>l’esiliato. Ovidio accetta la sfida<br />

di riconvertire quel genere stesso che aveva causato la<br />

sua rovina: l’elegia va emendata, alcuni suoi caratteri<br />

vanno corretti; la poesia in distici, tuttavia, può dare<br />

spazio a temi impegnati, può <strong>del</strong>ineare i rapporti <strong>del</strong>l’intellettuale<br />

con il principe, può indicare alla classe<br />

dirigente romana i giusti comportamenti da osservarsi<br />

in una società gerarchizzata e retta da Augusto; può<br />

essere, quindi, il luogo di una nuova precettistica dei<br />

comportamenti sociali e <strong>del</strong>l’ amicizia. L’elegia triste di<br />

Ovidio può essere definita ‘poesia <strong>del</strong>l’amicizia’, dal<br />

momento che si occupa degli officia amicitiae più che di<br />

qualsiasi altro tema. Le elegie <strong>del</strong>l’esilio contengono i<br />

frammenti di un’illustrazione complessiva <strong>del</strong>le regole<br />

in cui si dispongono i rapporti umani in una società<br />

cortigiana e galante.<br />

Se la nuova elegia si rivolgerà non alla donna amata<br />

ma al Princeps e, invece di insegnare ad amare, rivolgerà<br />

utili consigli agli amici, come può essere utilizzato<br />

in essa il tόpos <strong>del</strong>la Campania felix?<br />

Nell’epistola quinta <strong>del</strong> quarto libro <strong>del</strong>le Ex Ponto,<br />

Ovidio si rivolge all’amico Sesto Pompeo, al quale<br />

aveva già espresso la propria riconoscenza nel componimento<br />

incipitario <strong>del</strong> quarto libro <strong>del</strong>la raccolta. Il<br />

poeta invita Sesto a considerarlo un amico sincero e<br />

ad annoverarlo tra i suoi beni più preziosi: inizia, quindi,<br />

un’enumeratio dei beni da questo ereditati dal padre;<br />

la Campania è citata, ancora una volta, nel corso di un<br />

elenco di beni e ricchezze invidiabili, cui Ovidio paragona<br />

la sua amicizia e il suo affetto per l’interlocutore;<br />

tra i possedimenti ereditati da Sesto vi sono, infatti,<br />

anche terreni in Campania (vv. 14-19):<br />

«pars ego sum census quantalumque tui.<br />

Quam tua Trinacria est regnataque terra Philippo,<br />

quam domus Augusto continuata foro,<br />

quam tua, rus oculis domini, Campania, gratum<br />

quaeque relicta tibi, Sexte, vel empta tenes:<br />

tam tuus en ego sum …» 15<br />

(«benché valga poco, io sono parte <strong>del</strong> tuo censo.<br />

Come tua è la Sicilia e tua la terra dove regnò<br />

Filippo, come è tua la casa attigua al foro di<br />

Augusto, come è tuo il terreno campano, piacevole<br />

agli occhi <strong>del</strong> suo padrone, e tuo è tutto quello<br />

che ti è stato lasciato in eredità o che hai comprato,<br />

o Sesto, altrettanto, ecco, ti appartengo io…»).<br />

SALTERNUM<br />

- 50 -<br />

L’immagine <strong>del</strong>la Campania felix compare ancora<br />

una volta in un elenco, ma in un elenco di beni citati<br />

da Ovidio per proclamare la sua amicizia nei confronti<br />

di Sesto Pompeo (Ovidio si proclama proprietà di<br />

Sesto, paragonabile ai possedimenti <strong>del</strong>l’amico: egli<br />

non appartiene più alla domina, ma ai suoi amici fe<strong>del</strong>i):<br />

se la nuova elegia sarà una poesia che celebra gli<br />

officia amicitiae, anche il luogo comune <strong>del</strong>la fertilità<br />

<strong>del</strong>la Campania non è più utilizzato in un contesto in<br />

cui si ribadiscono la povertà <strong>del</strong>l’amante e la sua militia<br />

amoris, cioè due dei tόpoi-cardine <strong>del</strong>l’elegia, ma in<br />

un contesto in cui viene valorizzato il nuovo valore<br />

<strong>del</strong>la rinata elegia ovidiana: quello dei rapporti umani<br />

nella società galante di Roma. È di questa, infatti, che<br />

Ovidio vuole essere cantore, per poter conquistare il<br />

favore non di una fanciulla, ma <strong>del</strong> Princeps, che lo<br />

deve riabilitare.<br />

Studiare la presenza dei toponimi nei vari generi<br />

letterari può, quindi, contribuire ad offrirci interessanti<br />

considerazioni sulle intenzioni poetiche degli autori.<br />

Ogni genere letterario valorizza certi toponimi e li<br />

rifunzionalizza in base alle proprie convenzioni.<br />

Il tópos, a questo punto, entra anche nella poesia<br />

epica. Compare, infatti, anche in due luoghi <strong>del</strong> poema<br />

epico di Silio Italico (Pun. 6, 641-652):<br />

«Dum se perculsi renouant in bella Latini,<br />

turbatus Ioue et exuta spe moenia Romae<br />

pulsandi, colles Vmbros atque arua petebat<br />

Hannibal, excelso summi qua uertice montis<br />

deuexum lateri pendet Tuder, atque ubi latis<br />

proiecta in campis nebulas exhalat inertes<br />

et sedet ingentem pascens Meuania taurum,<br />

dona Ioui. tum Palladios se fundit in agros,<br />

Picenum diues praedae, atque errantibus armis,<br />

quo spolia inuitant, transfert populantia signa,<br />

donec pestiferos mitis Campania cursus<br />

tardauit bellumque sinu indefensa recepit» 16 .<br />

(«Mentre i Latini, dopo la sconfitta, si apprestano<br />

di nuovo alla guerra, Annibale, turbato da<br />

Giove e privato <strong>del</strong>la speranza di abbattere le<br />

mura di Roma, si dirigeva verso le colline e le<br />

pianure <strong>del</strong>l’Umbria, là dove sull’alta cima <strong>del</strong><br />

monte sta sospesa Todi, inclinando su un fianco,<br />

e dove Mevania, distesa nella vasta campagna,<br />

esala nebbie che ristagnano immobili e<br />

pascola possenti buoi, da donare a Giove. Poi si<br />

riversa nei campi di Pallade, nel Piceno ricco di

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