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LINEE GUIDA IN TEMA DI ABUSO SUI MINORI Revisione ... - Sinpia

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prenatali (come gli stress severi a carico della madre, ovvero l’uso di alcool o droghe) e le influenze<br />

fisiche postnatali (come una condizione di disabilità da danno neurobiologico nel bambino). Non è<br />

necessario che i fattori ambientali per produrre effetti abbiano un carattere “estremo” .<br />

Gli esiti clinici legati alle condizioni di abuso si manifestano attraverso la mediazione di fattori<br />

genetici, i quali tuttavia non possono sortire effetti in senso deterministico. Gli effetti delle avversità<br />

psicosociali durante la prima infanzia possono riguardare i modelli cognitivi, le interazioni<br />

interpersonali, i mutamenti nel sistema neuroeodocrino, sino a danni strutturali nel cervello (Rutter,<br />

1989). Tra questi ultimi, sono state descritte la “irritabilità limbica” legata ad un alterato afflusso<br />

ematico al verme cerebellare (Anderson et al., 2002) e la dissociazione associata ad una riduzione<br />

dell’ippocampo (Stein, 1997).<br />

Belsky (1993), conformemente ad una impostazione ecologica, conclude che le condotte abusanti e<br />

trascuranti nei confronti dei bambini sono determinate da una molteplicità dei fattori che operano a<br />

diversi livelli. Diviene così impossibile isolare una singola patogenesi degli abusi o identificare<br />

correttamente uno o più fattori che, se presenti, culminano in un’azione abusante; quest’ultima<br />

tende a verificarsi quando gli stressors sovrastano i fattori di supporto e quando gli elementi di<br />

rischio sono più importanti dei fattori di protezione.<br />

La ricerca sui fattori di rischio viene ritenuta paradigmatica della Psicopatologia dello Sviluppo.<br />

Adattamento e vulnerabilità vengono visti come risultati opposti dell’interazione tra fattori<br />

protettivi e fattori di rischio. Considerando il grado di adattamento ed integrazione sociale di un<br />

individuo nelle fasi del ciclo di vita, lo stato del bambino può essere considerato come il risultato<br />

momentaneo e transitorio di un processo dinamico interattivo tra fattori di rischio e fattori di<br />

protezione. Bambini diversi possono reagire in modo del tutto differente di fronte allo stesso tipo di<br />

fattori di rischio in funzione del grado di vulnerabilità personale allo stress e dell’eventuale<br />

presenza di mediatori dei fattori di stress (Sroufe e Rutter, 1984); uno stesso fattore di rischio<br />

produce effetti diversi al variare della fase di sviluppo considerata.<br />

Esistono inoltre evidenze relative al fatto che una esperienza di vittimizzazione durante l’infanzia<br />

possa costituire un fattore di rischio per la messa in atto di comportamenti abusanti/trascuranti da<br />

adulto, sulla base di una continuità tra modelli di attaccamento disfunzionali appresi durante<br />

l’infanzia e modelli di accudimento inadeguati. Modelli operativi interni “non riflessivi” possono in<br />

questo senso determinare una specifica difficoltà a “leggere” la mente degli altri in termini di<br />

intenzioni, desideri, stati d’animo, con conseguente impossibilità di identificarsi nei bisogni<br />

evolutivi dei figli e di saperli interpretare in maniera sufficientemente appropriata (Fonagy e Target,<br />

2002).<br />

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