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Massimo Ferretti - I <strong>maestri</strong> <strong>della</strong> <strong>prospettiva</strong><br />
<strong>della</strong> piramide visiva, all’apertura geometricamente incorporea<br />
<strong>della</strong> finestra albertiana (oltre la quale le cose<br />
si dispongono con copia e varietas), o alla seren<strong>it</strong>à spaziale<br />
e cromatica di Domenico Veneziano. I tagli asciutti<br />
e radenti <strong>della</strong> luce; la doppia fila di aperture e di borchie<br />
che incornicia i tre sportelli, variando a scatti regolari<br />
e continui la partizione di luce ed ombra; la trama<br />
tridimensionale delle losanghe, scombinata ed omologata<br />
dalla ruotazione degli sportelli, richiamano semmai<br />
gli es<strong>it</strong>i meno intellettualmente pacificanti che dalle<br />
regole prospettiche aveva ricavato Paolo Uccello: dove<br />
però la <strong>prospettiva</strong> è composizione geometrica dei<br />
campi di colore, astratta purezza <strong>della</strong> ricostruzione di<br />
un oggetto emergente, o di una serie replicata ed aggregata<br />
di forme semplici, piú che la sintassi di un piano<br />
continuo di figurazione. In coerenza con i congegni<br />
brunelleschiani d’implacabile, ambigua esattezza dell’inganno<br />
(nel senso <strong>della</strong> Novella del Grasso), si trova<br />
anche l’attestazione primissima e piú radicale di quello<br />
che sarà poi uno dei topoi caratteristici <strong>della</strong> tarsia rinascimentale:<br />
il legno che rappresenta il legno, la tarsia<br />
che finge gli sportelli intarsiati anche nella mutata inclinazione<br />
prospettica dello stesso «toppo», la doppia funzione<br />
espressiva <strong>della</strong> materia e il conseguente senso di<br />
percezione sdoppiata.<br />
Non conosciamo altre tarsie di questa levatura negli<br />
anni attorno alla metà del secolo. Sono andate perdute<br />
le decorazioni dello Studiolo di Piero de’ Medici, probabilmente<br />
esegu<strong>it</strong>e nei primi anni Cinquanta, e che<br />
conosciamo descr<strong>it</strong>te in maniera da far pensare già a<br />
quelle di Urbino e di Gubbio 114 . Altre saranno andate<br />
perdute, ma tarsie di questo impegno non potevano<br />
essere molto numerose. Una cosa era la produzione di<br />
mobili con «toppi» ed ornati prospettici, per cui Firenze<br />
consolidò una sua supremazia di mercato, altra l’impresa<br />
prospettica di eccezione, che richiedeva di essere<br />
Storia dell’arte Einaudi 42