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Massimo Ferretti - I <strong>maestri</strong> <strong>della</strong> <strong>prospettiva</strong><br />
similissimo del san Giovanni <strong>della</strong> Pala dei Mercanti del<br />
Cossa (Bologna, Pinacoteca Nazionale) basta a mostrare<br />
quanto, rispetto alle indicazioni del p<strong>it</strong>tore, l’intarsiatore<br />
volle essere puntuale e riuscisse inev<strong>it</strong>abilmente<br />
riduttivo. Non a caso i due santi s’inseriscono nell’organismo<br />
del mobile quasi come pannelli p<strong>it</strong>torici entro<br />
la cornice di un pol<strong>it</strong>tico di moderna forma prospettica.<br />
Conviene fermarci un momento a considerare, anche<br />
in ordine ai Lendinara, il rapporto che nel coro bolognese<br />
si definisce fra la compless<strong>it</strong>à del manufatto ligneo<br />
ed i singoli specchi intarsiati: che, a parte il caso dei due<br />
sugger<strong>it</strong>i dal Cossa, corrispondono a rappresentazioni di<br />
oggetti l<strong>it</strong>urgici, strumenti musicali, ecc. Se il ricorso al<br />
termine gotico può abbreviare l’intuizione dei fatti, il<br />
coro di Agostino de’ Marchi è certo meno gotico di<br />
quelli lendinareschi di Modena e di Parma: già il disegno<br />
di un singolo scranno, concordato inizialmente con<br />
i comm<strong>it</strong>tenti, è di forma piú moderna. Ma le assottigliate<br />
tarsie che campeggiano nel giro superiore degli<br />
stalli, non coincidendo con l’intero piano degli specchi,<br />
disinnestano ogni interrelazione funzionale fra struttura<br />
lignea e campi d’intarsio. Riportano ad una condizione<br />
di ornamento tanto piú tradizionale.<br />
Questa relazione fra struttura del mobile e campi<br />
intarsiati potrebbe far da guida agli svolgimenti <strong>della</strong><br />
bottega lendinaresca. Nel corso degli anni ’80 si presentò<br />
piú di un’occasione favorevole alla messa a punto<br />
di vaste impaginazioni prospettiche (come le tarsie lucchesi,<br />
che erano destinate ad un armadio da sacrestia) 132 .<br />
Ma anche quando, come a Pisa, cap<strong>it</strong>ò di operare su<br />
dimensioni piú ridotte, si scelse un campo di figurazione<br />
profondo; e, di conseguenza, dovette allentarsi (le<br />
tarsie pisane sono ridotte a frammenti) quel senso di<br />
finestra imminente che poteva corrispondere al taglio<br />
dell’immagine 133 . Non dovette trattarsi piú, insomma,<br />
Storia dell’arte Einaudi 50