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note per la storia della cultura greca della calabria medioevale

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46 SANTO LUCÀ<br />

(1461-1497), rappresenta, si sa, un documento eccezionale <strong>per</strong><br />

conoscere non soltanto le condizioni del monachesimo ca<strong>la</strong>bro del<br />

cosiddetto «Ordo s. Basilii», ma anche <strong>la</strong> consistenza del patrimonio<br />

librario ancora in possesso dei circa 50 cenobi visitati. Dai puntuali<br />

resoconti, redatti tra il primo ottobre del 1456 e il 5 aprile<br />

1457, emerge un panorama deso<strong>la</strong>nte, che accomuna piccole e<br />

grandi abbazie. Ciò che sconcerta non è tanto <strong>la</strong> rovina materiale<br />

dei cenobi e <strong>la</strong> condotta poco edificante dei monaci, che non osservano<br />

più i princípii spirituali e ascetici propri del monachesimo orientale,<br />

quanto piuttosto l’in<strong>cultura</strong> e l’ignoranza del<strong>la</strong> lingua, l’γνια<br />

τς γλώσσης, di cui dà conferma lo stesso Bessarione nel<strong>la</strong> prefazione<br />

ad un suo opuscoletto di precetti ascetico-morali indirizzato<br />

ai monaci e pubblicato in greco, <strong>la</strong>tino e volgare poco prima del<br />

1451 nel tentativo (vano) di ripristinare un codice comportamentale<br />

degno del<strong>la</strong> spiritualità greco-orientale (5). Nondimeno, i circa<br />

1.600 manoscritti custoditi in tali cenobi riflettono il paradigna <strong>cultura</strong>le<br />

del<strong>la</strong> grecità ca<strong>la</strong>brese di estrazione monastica. Si tratta,<br />

come del resto era facile attendersi, di libri di indole sacra, segnatamente<br />

liturgica; rare sono le occorrenze di autori bizantini ‘recenti’<br />

(Teofi<strong>la</strong>tto di Bulgaria e Cristoforo di Mitilene); rarissimi i testi profani,<br />

soltanto ventuno: e cioè grammatiche, lessici, schedografie,<br />

raccolte di diritto canonico e civile, un libro «de medicina» a S.<br />

Maria di Carrà, un altro a S. Maria di Terreti, ove è custodito anche<br />

un Galeno; un Omero e un Physiologus a S. Basilio di Mesiano, e<br />

infine a S. Fi<strong>la</strong>reto di Seminara un codice <strong>la</strong>tore, sia pure parzialmente,<br />

di Omero, di Aristofane e dell’Ecuba di Euripide (6). Di<br />

contenuto autenticamente profano quindi soltanto due libri: l’Omero<br />

di S. Basilio di Mesiano e il manufatto conservato a Seminara.<br />

Ad essi è possibile aggiungere i due manoscritti vettori delle Costituzioni<br />

di Federico II, annoverati l’uno a S. Maria di Trapezzometa,<br />

l’altro a S. Giovanni Terista (7), anche se – debbo rilevarlo a scanso<br />

di equivoci – l’edizione in lingua <strong>greca</strong> dell’o<strong>per</strong>a federiciana, al di<br />

là del valore in sé, non appare sintonica con le finalità del nostro<br />

discorso, essendo maturata e insorta all’interno dei circoli intellettuali<br />

italogreci del secolo XIII <strong>per</strong> magnificare <strong>la</strong> grandezza dell’im<strong>per</strong>atore,<br />

non <strong>per</strong> esigenze pratiche. D’altra parte, che i libri <strong>la</strong>tori<br />

(5) Le ‘Liber Visitationis’ d’Athanase Chalkéopoulos (1457-1458). Contribution<br />

à l’histoire du monachisme grec en Italie méridionale, par M.-H. LAURENT<br />

- A. GUILLOU, Città del Vaticano 1960 (Studi e testi, 206), ad indicem.<br />

(6) Ibid., ad indicem.<br />

(7) Ibid., pp. 54 e 92.

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