19.07.2013 Views

La struttura del sintagma determinante nella Lingua dei Segni Italiana

La struttura del sintagma determinante nella Lingua dei Segni Italiana

La struttura del sintagma determinante nella Lingua dei Segni Italiana

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

IINTRODUZIIONE<br />

Università Ca’ Foscari Venezia<br />

Dipartimento di Scienze <strong>del</strong> <strong>Lingua</strong>ggio<br />

Dottorato di ricerca in LINGUISTICA E FILOLOGIA MODERNA,<br />

19°ciclo<br />

(A.A. 2003/2004 – A.A. 2005/2006)<br />

LA STRUTTURA DEL SINTAGMA<br />

DETERMINANTE NELLA LINGUA DEI<br />

SEGNI ITALIANA (LIS)<br />

Settore scientifico-disciplinare di afferenza: L-LIN/01<br />

Tesi di dottorato di CARMELA BERTONE, matricola T00509<br />

Coordinatore Tutor<br />

Prof. Guglielmo Cinque Prof. Guglielmo Cinque<br />

I


CAPIITOLO 2<br />

RINGRAZIAMENTI<br />

Non esistono parole sufficienti per esprimere la riconoscenza verso le numerose<br />

persone che direttamente o indirettamente sono coinvolte in questo lavoro.<br />

Prima di tutto devo ringraziare Gulielmo Cinque per la fiducia che ha riposto in<br />

me. Gli sono grata perché in questi anni Guglielmo è stato un maestro e un amico: mi<br />

ha dato la possibilità di seguirlo tollerando le mie ingenuità, fornendomi spiegazioni e<br />

consigli preziosi, dimostrando sensibilità e disponibilità.<br />

Devo la mia riconoscenza anche ad Anna Cardinaletti e Giuliana Giusti che con<br />

i loro incoraggiamenti e i loro stimoli hanno concorso non poco allo sviluppo <strong>del</strong> mio<br />

lavoro: ognuna di loro, con la propria personalità, ha contribuito alla mia formazione.<br />

Ho inoltre potuto contare sulla loro stima e amicizia anche nei momenti più difficili.<br />

Un grazie di cuore anche a <strong>La</strong>ura Brugé, Alessandro Zucchi e Cecilia Poletto.<br />

Vorrei ringraziare anche i miei colleghi Vasselina <strong>La</strong>skova, Francesco<br />

Costantini, Mara Manente, Luigi Zennaro, Walter Schweikert, Marco Coniglio,<br />

Michele Brunelli, Carlo Geraci. A loro sono grata per le domande, gli incoraggiamenti<br />

e le discussioni fatte nelle diverse occasioni di incontro.<br />

Questo lavoro è stato possibile anche grazie al supporto di informanti segnanti<br />

LIS nativi tra i quali ha un ruolo di spicco Mirko Santoro che mi ha dedicato molto <strong>del</strong><br />

suo tempo permettendomi di filmarlo. Devo inoltre ringraziare Rosa Pisciottani e tutti<br />

gli altri informanti e amici madrelingua LIS che mi hanno dato moltissime<br />

informazioni: mia sorella Anto<strong>nella</strong>, mio fratello Gianluca, Giammarco Eletto,<br />

Giovanna Ferotti, Assunta Galluzzi, Franca Loffredo, Monica Squizzato, Fabio Poletti.<br />

Devo ringraziare mio marito Raffaele Reppucci perché mi è stato affianco<br />

incoraggiandomi con la sua stima e soprattutto perché ha compensato il tempo sottratto<br />

alle mie bambine Francesca ed Ilaria le quali hanno ripagato con la loro allegria e<br />

spensieratezza.<br />

Infine vorrei ricordare tutti i sordi di Salerno che hanno costituito l’ambiente in<br />

cui sono cresciuta, in modo particolare i miei genitori che oltre ad avermi donato la<br />

II


IINTRODUZIIONE<br />

LIS mi hanno dato l’esempio <strong>del</strong>la piena dignità <strong>dei</strong> sordi e <strong>del</strong>la loro lingua e <strong>del</strong><br />

rispetto per la diversità. Dedico questa tesi mia madre, Rosa Trasi, che ha comunicato<br />

con me esclusivamente in LIS e ha permesso che io diventassi una vera madrelingua e<br />

a mio Padre, Vincenzo Bertone che ho perso prima di finire questo lavoro e che avrei<br />

voluto che lo leggesse perché esso è anche il frutto <strong>del</strong> suo esempio di impegno<br />

profuso in difesa <strong>del</strong>la dignità <strong>del</strong>le persone sorde.<br />

III


INDICE<br />

CAPIITOLO 2<br />

Ringraziamenti……………………………………………………............. I<br />

Indice <strong>dei</strong> segni e <strong>del</strong>le tabelle..................................................................... VII<br />

Elenco <strong>dei</strong> simboli impiegati…………………………………………….... VIII<br />

Introduzione………………………………………………………. p.1<br />

1. Metodologia……………………………………………………. » 3<br />

CAP IT OLO 1 AS PE TT I TE ORICI DI RIFE RIM ENTO<br />

Introduzione……………………………………………….….... » 5<br />

1. <strong>La</strong> teoria <strong>dei</strong> principi e <strong>dei</strong> parametri……………………….…….. » 6<br />

2. Un’evoluzione <strong>del</strong>la teoria X’: la teoria antisimmetrica................ » 11<br />

3. Il programma minimalista………………..................... » 13<br />

4. Verso una cartografia <strong>del</strong>la <strong>struttura</strong>………….…...… » 15<br />

5. <strong>La</strong> proiezione estesa <strong>del</strong> nome……………………....... » 16<br />

5.1. Categorie funzionali <strong>nella</strong> proiezione<br />

estesa <strong>del</strong> DP ………………………………….. » 20<br />

5.1.1.Le proiezioni dominate dai tratti di<br />

accordo.......................................... » 20<br />

5.1.2. Le proiezioni Num(ber)P e<br />

Num(eral)P.................................... » 21<br />

5.1.3. <strong>La</strong> proiezione Gen(der)P................. » 22<br />

Conclusioni……………………………………………….... » 23<br />

CAP IT OLO 2 CENNI DI F ONOL OGIA, MORF OLOGIA E DI SINTASSI DEL L A<br />

LINGUA DEI S E GNI IT ALIANA<br />

Introduzione …………………………………………………….…. » 24<br />

1. Fonologia <strong>del</strong>la LIS………………………………………….…. » 25<br />

1.1. I parametri di formazione <strong>dei</strong> segni <strong>del</strong>la LIS............... » 26<br />

1.1.1. Configurazione……………………………... » 27<br />

1.1.2. Luoghi………………………………………. . » 27<br />

1.1.3. Movimenti…………………………………… » 28<br />

1.1.4. Posizione <strong>del</strong>le mani ………………………... » 28<br />

2. I tratti sovrasegmentali …………………………………………. » 31<br />

3. Morfologia .................................................................................... » 32<br />

4. <strong>La</strong> flessione nominale.................................................................... » 35<br />

4.1. Classificatori ................................................................. » 36<br />

4.1.1. Elementi di morfologia <strong>dei</strong> classificatori......... » 37<br />

4.1.2. Contesti d’uso.................................................. » 38<br />

4.1.3. Classificatori nominali..................................... » 40<br />

4.1.4. Incorporazione <strong>dei</strong> tratti di numero e<br />

IV


IINTRODUZIIONE<br />

luogo nel classificatore................................... » 41<br />

4.1.5. I classificatori come elementi di<br />

categorizzazione <strong>dei</strong> nomi ............................ » 42<br />

5. Le tre classi verbali........................................................................ » 43<br />

5.1. <strong>La</strong> flessione <strong>dei</strong> verbi <strong>del</strong>la prima classe........................ » 46<br />

5.2. <strong>La</strong> flessione <strong>dei</strong> verbi <strong>del</strong>la seconda classe.................... » 48<br />

5.3. <strong>La</strong> flessione <strong>dei</strong> verbi <strong>del</strong>la terza classe ........................ » 50<br />

6. Argomenti nulli....................................................... » 52<br />

7. Uno sguardo al <strong>sintagma</strong> nominale in LIS.................................. » 59<br />

Conclusioni............................................................... » 62<br />

CAP IT OLO 3 LA M ODIF ICAZIONE DE L NOM E<br />

Introduzione........................................................................................ » 63<br />

1. Proprietà morfologiche degli aggettivi in LIS............................... » 64<br />

1.1. <strong>La</strong> concordanza degli aggettivi........................................ » 65<br />

1.2. <strong>La</strong> modificazione degli aggettivi..................................... » 68<br />

2. Proprietà distribuzionali degli aggettivi.......................................... » 69<br />

2.1. Aggettivi predicativi e attributivi..................................... » 70<br />

3. Aspetti <strong>del</strong>la modificazione diretta................................................. » 74<br />

4. Restrizioni <strong>nella</strong> gerarchia degli aggettivi non marcati................. » 76<br />

5. Struttura <strong>del</strong>la modificazione diretta e indiretta............................. » 80<br />

5.1. Alcune considerazioni sull’Universale 20<br />

di Greenberg.................................................................... » 83<br />

6. <strong>La</strong> modificazione incorporata al classificatore............................... » 86<br />

Conclusioni......................................................................................... » 90<br />

CAP IT OLO 4. L’ACCORDO CON IL NOM E:<br />

ASP ET T I SINTATTICI SUI TRATT I DI GENERE E NUM E RO<br />

Introduzione........................................................................................ » 92<br />

1. Il genere in LIS............................................................................. » 93<br />

1.1. <strong>La</strong> classe per forma: tratti indipendenti di forma<br />

determinano una diversa flessione per numero................ » 96<br />

2. <strong>La</strong> flessione per numero................................................................. » 99<br />

2.1. Il plurale <strong>dei</strong> nomi .......................................................... » 100<br />

2.2. <strong>La</strong> flessione per numero da due a quattro....................... » 104<br />

3. Nomi flessivi e non flessivi: alcune osservazioni preliminari........ » 106<br />

3.1. Sottoclasse <strong>dei</strong> nomi articolati nello spazio neutro......... » 107<br />

3.2. Sottoclasse <strong>dei</strong> nomi articolati sul corpo......................... » 112<br />

4. Riepilogando: tratti deboli e tratti <strong>del</strong>la reduplicazione.................. » 114<br />

4.1. Osservazioni sui classificatori nominali omofoni<br />

agli aggettivi..................................................................... » 115<br />

5. Il plurale marcato: la proiezione di NumberP................................ » 117<br />

5.1. I tratti di genere............................................................... » 118<br />

5.2. Num(ber) P e classificatore............................................. » 119<br />

V


CAPIITOLO 2<br />

5.3. Num(eral) P e classificatore............................................ » 121<br />

Conclusioni........................................................................................ » 128<br />

Capitolo 5. LE INDICAZIONI E I T RAT T I DEL L O SP AZ IO<br />

Introduzione....................................................................................... » 130<br />

1. Lo spazio come categoria grammaticale <strong>del</strong>le lingue segnate...... » 131<br />

1.1. Status linguistico <strong>dei</strong> punti <strong>del</strong>lo spazio ........................ » 132<br />

2. I tratti <strong>del</strong>lo spazio ....................................................................... » 136<br />

2.1. I tratti semantici.............................................................. » 136<br />

2.2. Tratti fonologici e grammaticali..................................... » 139<br />

Conclusioni........................................................................................ » 142<br />

CAP IT OLO 6 LE INDICAZIONI COME DIM OSTRATIVI<br />

Introduzione....................................................................................... » 143<br />

1. Specificità e definitezza................................................................. » 144<br />

2. Definitezza e indefinitezza............................................................ » 144<br />

3. Sullo status grammaticale <strong>del</strong>l’indicazione: <strong>dei</strong>ssi e anafora........ » 148<br />

3.1. <strong>La</strong> <strong>dei</strong>ssi è anche articolo? ............................................ » 151<br />

3.2. Occorrenza <strong>del</strong>l’indicazione........................................... » 152<br />

3.3 Criteri distribuzionali <strong>del</strong>la <strong>dei</strong>ssi................................... » 156<br />

4. Il <strong>determinante</strong> vuoto.................................................................... » 159<br />

5. Struttura <strong>del</strong> DP............................................................................ » 163<br />

5.1. Quadro teorico................................................................ » 163<br />

5.2. <strong>La</strong> <strong>struttura</strong> <strong>del</strong> DP in LIS.............................................. » 164<br />

5.3. Il dimostrativo postnominale.......................................... » 166<br />

5.4 Il classificatore come <strong>determinante</strong>................................. » 169<br />

5.4.1 Movimento di testa........................................... » 170<br />

5.4.2 Movimento di <strong>sintagma</strong>.................................... » 172<br />

Conclusioni ...................................................................................... » 174<br />

CAP IT OLO 7: LE INDICAZ IONI COME PRONOM I<br />

Introduzione...................................................................................... » 175<br />

1. la categoria <strong>dei</strong> pronomi in LIS.................................................... » 176<br />

1.1. Differenza tra prima - seconda persona e terza<br />

persona: quadro teorico.................................................. » 177<br />

2. I pronomi come categoria D in LIS.............................................. » 181<br />

3. Il valore prosodico di “durata”...................................................... » 182<br />

3.1. Alcuni problemi di metodo............................................ » 184<br />

3.2. Pronomi forti, deboli e clitici in LIS: alcune<br />

Distinzioni..................................................................... » 185<br />

3.2.1. Alcuni chiarimenti sulla metodologia.............. » 185<br />

3.2.2. Tratti prosodici distintivi: analisi <strong>dei</strong> dati........ » 187<br />

3.3. Alcune osservazioni sui pronomi clitici, deboli e forti... » 190<br />

3.3.1. I pronomi clitici................................................ » 190<br />

3.3.2. I pronomi deboli.............................................. » 195<br />

VI


IINTRODUZIIONE<br />

3.3.3. <strong>La</strong> reduplicazione e i pronomi forti:<br />

alcuni tests....................................................... » 197<br />

4. <strong>La</strong> posizione <strong>dei</strong> clitici <strong>del</strong>la LIS: alcune analogie<br />

con uno studio sul toscano e sul trentino...................................... » 199<br />

4.1. Alcune considerazioni sul Soggetto Nullo..................... » 202<br />

5. Posizione <strong>struttura</strong>le <strong>dei</strong> pronomi in LIS...................................... » 204<br />

Conclusioni........................................................................................ » 206<br />

Riferimenti bibliografici........................................................................... » 208<br />

VII


CAPIITOLO 2<br />

INDICE DEI SEGNI E DELLE TABELLE<br />

Capitolo 2<br />

Tabella 1 configurazioni manuali............................................................... » 29<br />

Tabella 2 luoghi, movimenti e posizioni <strong>del</strong>le mani.................................... » 30<br />

Figura 1 CREDERE......................................................................................... » 46<br />

Figura 2 UCCIDERE....................................................................................... » 46<br />

Figura 3 LAVORARE....................................................................................... » 46<br />

Capitolo 3<br />

Figura 1 Assimilazione Spaziale Regressiva........................................................ » 67<br />

Figura 2 Assimilazione Spaziale Progressiva....................................................... » 67<br />

Figura 3.......................................................................................................... » 68<br />

Capitolo 4<br />

Figura 1.......................................................................................................... » 100<br />

Figura 2.......................................................................................................... » 105<br />

Figura 3.......................................................................................................... » 105<br />

Figura 4 FORBICI............................................................................................. » 111<br />

Figura 5 TAGLIARE CON FORBICI....................................................................... » 111<br />

Figura 6 IDRAULICO......................................................................................... » 112<br />

Figura 7 SALAME, AFFETTARE........................................................................... » 112<br />

Figura 8 CASA.................................................................................................. » 112<br />

Figura 9 PENNELLO, IMBIANCARE..................................................................... » 112<br />

Figura 10 GATTO............................................................................................. » 114<br />

Figura 11DONNA............................................................................................. » 114<br />

Figura 12 UOMO.............................................................................................. » 114<br />

Capitolo 5<br />

Figura 1.......................................................................................................... » 137<br />

Tabella 1........................................................................................................ » 139<br />

Capitolo 6<br />

Figura 1.......................................................................................................... » 147<br />

Figura 2 espressione di definitezza................................................................. » 148<br />

Figura 3 espressione di indefinitezza............................................................. » 148<br />

Capitolo 7<br />

Figura 1 REGALARE.......................................................................................... » 193<br />

VIII


IINTRODUZIIONE<br />

ELENCO DEI SIMBOLI IMPIEGATI<br />

SIMBOLO ESEMPIO SPIEGAZIONE<br />

Glossa con lettere<br />

maiuscole<br />

COMPAGNO <strong>La</strong> glossa indica il segno che traduce il<br />

significato <strong>del</strong> segno.<br />

IX IX E’ il segno che corrisponde<br />

all’indicazione può essere pronome, o<br />

un dimostrativo, oppure un locativo.<br />

+++ PIZZA+++ Ripetizione, due o più volte, <strong>del</strong> segno.<br />

1p IX1p Indicazione <strong>del</strong>la prima persona:<br />

pronome io<br />

2p plu IX2p plu Indicazione <strong>del</strong>la seconda persona<br />

plurale: pronome voi.<br />

1p+2p IX1p+2p E’ il segno che indica due persone, in<br />

questo caso pollice e indice sono<br />

simultaneamente stesi e indicano<br />

rispettivamente la prima e la seconda<br />

persona (noi due).<br />

Pl-arc IXpl-arc L’indicazione segue un breve arco che<br />

indica pluralità.<br />

j/i/y...... j/i/y j/i/y DARE3pb I simboli al pedice indicano i punti<br />

specifici <strong>del</strong>lo spazio con quali possono<br />

concordare nomi, aggettivi, verbi,<br />

indicazioni o classificatori.<br />

Cl Cl Indica il classificatore. Al pedice è<br />

indicato il tratto morfologico che il<br />

classificatore incorpora.<br />

m.d.<br />

m.n.d.<br />

m.d.: IX<br />

m.n.d.: DORMIRE<br />

IX<br />

Indicano rispettivamente l’articolazione<br />

<strong>del</strong>la mano dominante e <strong>del</strong>la mano<br />

non dominante. <strong>La</strong> specificazione<br />

diventa importante in alcune frasi in cui<br />

due segni vengono articolati<br />

contemporaneamente. In caso di


-------- m.d.: IX-----------<br />

m.n.d.: FARE<br />

Linea sopra la<br />

parola<br />

______<br />

DARE<br />

CAPIITOLO 2<br />

X<br />

I trattini indicano che la mano<br />

mantiene sospesa l’articolazione <strong>del</strong>la<br />

configurazione <strong>del</strong>l’ultimo segno<br />

mentre la mano sinistra prosegue con il<br />

resto <strong>del</strong>la frase<br />

Una linea sopra una parola indica che<br />

essa è accompagnata da un tratto<br />

sovrasegmentale.<br />

( ) (tanti) Tra parentesi vengono inseriti segni<br />

che possono essere omessi.<br />

- - - PORTARE-A-ME Le glosse con i trattini si riferiscono ad<br />

un unico segno che traduce più parole<br />

in italiano.<br />

* * IO2 L’asterisco indica un elemento o una<br />

frase non grammaticale.<br />

? ? xTOCCARE Il punto interrogativo indica una frase<br />

di dubbia grammaticalità.<br />

sillaba sovrastante pa….pa…<br />

IMPOSSIBILE<br />

Le parole sopra la glossa, in corsivo,<br />

indicano la componente orale che viene<br />

pronunciata coestensivamente a quel<br />

segno.<br />

, CASA, DOVE? <strong>La</strong> virgola indica una pausa.<br />

PRO PRO Per PRO si intende il segno per il<br />

pronome.<br />

Poss FERRIj Possj <strong>La</strong> glossa indica il marcatore di<br />

possesso che concorda con il nome che<br />

lo precede.


INTRODUZIONE<br />

Le prime pubblicazioni sulla <strong>Lingua</strong> <strong>dei</strong> <strong>Segni</strong> <strong>Italiana</strong> (LIS) nel nostro paese<br />

risalgono agli anni ottanta 1 . Prima di allora, la <strong>Lingua</strong> <strong>dei</strong> <strong>Segni</strong> <strong>Italiana</strong>, benché<br />

ampiamente usata nelle comunità <strong>dei</strong> sordi, non era ancora stata studiata. I primi<br />

studi sistematici in Italia sono stati compiuti negli anni ottanta ad opera <strong>del</strong> CNR di<br />

psicologia di Roma che, partendo dagli esempi condotti dalle ricerche negli Stati<br />

Uniti sull’American Sign <strong>La</strong>nguage (ASL), ha svolto ricerche analoghe per la LIS<br />

che hanno riguardato prevalentemente gli aspetti fonologici e morfologici.<br />

Nel 1999 il Dipartimento di Scienze <strong>del</strong> <strong>Lingua</strong>ggio di Ca’ Foscari ha rivolto<br />

il proprio interesse alla LIS inserendola come materia di insegnamento nei piani di<br />

studio <strong>del</strong>la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere; nel 2001 l’insegnamento da<br />

annuale passava a triennale completando così il processo di riconoscimento di lingua<br />

naturale a tutti gli effetti. Da questi eventi è scaturito il mio interesse, nonché la<br />

1 Volterra (1981) e Volterra (1989)<br />

1


IINTRODUZIIONE<br />

necessità, di fare <strong>del</strong>la LIS un oggetto di studio sistematico e di osservare soprattutto<br />

la <strong>struttura</strong> <strong>del</strong>la frase. Lo studio <strong>del</strong>la sintassi è agli esordi, per questo motivo in<br />

questi anni ho rivolto la mia attenzione a più argomenti. L’interesse per il <strong>sintagma</strong><br />

nominale (DP) è maturato in me negli ambienti <strong>del</strong> Dipartimento di Scienze <strong>del</strong><br />

<strong>Lingua</strong>ggio grazie anche al corso <strong>del</strong> professor Gulielmo Cinque, tenuto nel 2004,<br />

sulle derivazioni degli ordini degli aggettivi nelle lingue naturali e ai numerosi studi<br />

di Giuliana Giusti sull’argomento.<br />

Data l’assoluta mancanza di studi sul DP in LIS ho dedicato la mia<br />

attenzione alla proiezione nominale con l’obiettivo di comprenderne la <strong>struttura</strong>. Per<br />

questo motivo questa tesi guarda alla <strong>struttura</strong> <strong>del</strong> DP cercando di categorizzare<br />

alcuni segni <strong>del</strong>la LIS il cui statuto categoriale non è ancora stato oggetto di<br />

un’indagine sistematica. Se da un lato ho cercato di avere una panoramica sulla<br />

proiezione estesa <strong>del</strong> DP, dall’altra il risultato è che ci sono molti argomenti che<br />

necessitano di ulteriori studi per comprenderne la natura sintattica.<br />

Poiché in LIS nomi e verbi sono molto spesso omofoni, i primi passi sono<br />

stati mossi nel tentativo di chiarire le caratteristiche <strong>del</strong>le due categorie; in seguito,<br />

individuata la categoria <strong>del</strong> nome, ho cercato di osservarne gli aspetti più rilevanti e<br />

soprattutto quelli che servono da base a ricerche più specifiche. Primo tra tutti<br />

l’ordine <strong>del</strong>le parole che nel <strong>sintagma</strong> nominale <strong>del</strong>la LIS si presenta rovesciato, vale<br />

a dire speculare a quello che troviamo in lingue con modificatori che precedono il<br />

nome, come l’inglese. In secondo luogo ho considerato gli accordi <strong>nella</strong> proiezione<br />

nominale: ho cercato di far luce sull’accordo per numero, che necessita però ancora<br />

di molte osservazioni per chiarire molti aspetti ancora oscuri. Inoltre ho identificato<br />

l’accordo per genere <strong>del</strong> quale finora nessuno studio si era ancora occupato. Infine ho<br />

analizzato l’indicazione: è risaputo che in LIS essa serve per indicare gli oggetti, le<br />

persone, ma non è mai stata realizzata una distinzione tra pronomi e dimostrativi per<br />

questo ho cercato di chiarire alcuni aspetti importanti sull’indicazione per ciò che<br />

riguarda la distinzione tra dimostrativo e pronome nonché i loro contesti di uso, in<br />

particolare riguardo al pronome ho individuato per la LIS quelle forme che nelle<br />

lingue orali corrispondono alla forma atona e alla forma tonica.<br />

2


Esplorare la proiezione estesa <strong>del</strong> DP significa considerare anche elementi<br />

che qui non sono statti considerati per ovvi motivi di spazio e che mi propongo di<br />

sviluppare in una ricerca futura. Ad esempio, uno studio sul possessivo dovrà<br />

stabilire le proprietà <strong>del</strong>la <strong>struttura</strong> argomentale <strong>dei</strong> nomi in rapporto a quella <strong>dei</strong><br />

verbi corrispondenti. Inoltre, uno studio <strong>del</strong> locativo (<strong>nella</strong> frase e nei vari<br />

costituenti) è crucialmente correlato con quanto propongo nei cap. 6 e 7 visto che è<br />

omofono al dimostrativo e al pronome.<br />

Partendo dall’osservazione <strong>del</strong>la distribuzione degli elementi all’interno <strong>del</strong>le<br />

espressioni nominali <strong>del</strong>la LIS, assumo che il <strong>sintagma</strong> nominale (NP) dalla sua<br />

posizione di base sia sottoposto ad un movimento di risalita per controllare i tratti<br />

morfologici <strong>dei</strong> suoi modificatori. <strong>La</strong> tesi esplora tre principali livelli <strong>del</strong>la risalita<br />

<strong>del</strong> nome verso la posizione <strong>del</strong> <strong>determinante</strong>. Il primo livello è costituito dalle<br />

proiezioni <strong>del</strong>la modificazione, diretta e indiretta, <strong>del</strong> nome (gli aggettivi); il secondo<br />

livello è dato dalle proiezioni di accordo per genere e numero; il terzo livello è<br />

costituito dalla proiezione <strong>del</strong> <strong>determinante</strong> <strong>nella</strong> quale avviene il controllo <strong>dei</strong> tratti<br />

<strong>del</strong> nome, <strong>dei</strong> tratti referenziali <strong>del</strong> pronome e <strong>del</strong> classificatore. Ogni stadio è<br />

corredato da una dettagliata descrizione <strong>del</strong>la LIS così da rispondere alla duplice<br />

esigenza di descrivere la LIS e, con una teoria <strong>del</strong>la grammatica appropriata, di<br />

spiegarne i fenomeni.<br />

1. Metodologia<br />

I dati riportati in questo lavoro sono basati su frasi elicitate da sordi e udenti<br />

segnanti nativi, ovvero figli di genitori sordi a loro volta segnanti. <strong>La</strong> provenienza<br />

geografica degli informanti è varia (in particolare 5 campani, 1 sicilano, 1 emiliano,<br />

3 veneti). <strong>La</strong> loro età va dai 20 ai 45 anni circa, il loro livello culturale è medio-alto.<br />

I dati sono stati raccolti da frasi estratte da conversazioni o racconti spontanei<br />

tra sordi e <strong>del</strong>le mie impressioni di udente segnante nativa. Sulle frasi sono stati<br />

richiesti giudizi di grammaticalità; esse poi sono state ripetute da un sordo segnante<br />

nativo che è stato filmato. Le frasi filmate, attraverso l’uso <strong>del</strong> programma<br />

3


IINTRODUZIIONE<br />

SignStream 2 sono state glossate nonché analizzate e trascritte in tutti gli aspetti che<br />

riguardavano i tratti sovrasegmentali, le posture, le flessioni, i tempi di articolazione<br />

di ogni segno. Nella trascrizione <strong>del</strong>le frasi ho riportato solo i dati necessari per<br />

l’analisi <strong>struttura</strong>le <strong>del</strong> DP.<br />

Nella trascrizione e <strong>nella</strong> glossatura <strong>del</strong>le frasi non sono stati presi in<br />

considerazione i pochi casi in cui l’articolazione <strong>del</strong> segno passava da una mano<br />

all’altra perchè non erano significativi per l’analisi sintattica. Per questo motivo<br />

l’articolazione di alcuni segni che passa dalla mano dominante alla non dominante,<br />

per ragioni di leggibilità, non viene registrata nelle glosse.<br />

Le glosse riportano la traduzione in italiano <strong>dei</strong> segni ed i tratti<br />

sovrasegmentali significativi. Questi ultimi vengono indicati con una linea che<br />

sovrasta i segni sulla quale è specificato il tipo di espressione utilizzata.<br />

Vale la pena chiarire cosa intendo per “tratto sovrasegmentale” e a cosa<br />

intendo riferirmi con “tratto prosodico”. In questa sede i “tratti sovrasegmentali”<br />

sono le espressioni <strong>del</strong> volto e le posture <strong>del</strong>la testa che sono coestensivi<br />

all’articolazione manuale <strong>del</strong> segno. Tra le espressioni <strong>del</strong> volto vengono considerate<br />

soprattutto le posizioni <strong>del</strong>le sopracciglia, le aperture degli occhi e le contrazioni<br />

<strong>del</strong>le guance che sono gli elementi maggiormente coinvolti. Le Componenti Orali<br />

Speciali, quando vengono considerate, sono espressamente indicate nelle glosse<br />

perché significative per la frase. Per “tratti prosodici” intendo la durata di un segno,<br />

questo aspetto viene discusso nei dettagli nel capitolo 7 in cui misuro la durata <strong>del</strong>le<br />

indicazioni e le eventuali coarticolazioni con il segno che le precede o le segue.<br />

2 SignStream (Neidle ed altri 2003) è un programma sftware realizzato nell’ambito <strong>del</strong> programma<br />

ASLRRP. Tra i programmi di scrittura di lingua <strong>dei</strong> segni è quello più adatto ai fini <strong>del</strong>l’analisi<br />

sintattica. Per gli altri programmi di scrittura si rimanda a Pizzuto e Pietrandrea (2001)<br />

4


C A P I T O L O 1<br />

ASPETTI SPETTI TEORICI DI RIFERIMENTO<br />

Introduzione<br />

Il quadro teorico di riferimento di questa tesi è costituito dalle teorie<br />

linguistiche ispirate al mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong>la teoria <strong>dei</strong> Principi e <strong>dei</strong> Parametri (PeP)<br />

(Chomsky 1981, 1986). Benché negli ultimi anni la ricerca linguistica abbia subito<br />

numerose rivisitazioni, il mo<strong>del</strong>lo <strong>dei</strong> PeP costituisce ancora un nucleo stabile di<br />

riferimento per spiegare i fenomeni <strong>del</strong>la sintassi.<br />

Nei prossimi paragrafi darò un rapido sguardo a quegli aspetti <strong>del</strong>la teoria <strong>dei</strong><br />

PeP e <strong>del</strong>le successive evoluzioni, costituite principalmente dal Programma<br />

Minimalista (Chomsky, 1995), dal Progetto Cartografico (Cinque (2002), Rizzi<br />

(2004)) e dalla Teoria Antisimmetrica (Kayne 1994), che costituiscono la base<br />

teorica di riferimento di questa tesi. Nell’ultimo paragrafo esporrò molto brevemente<br />

alcune teorie sul <strong>sintagma</strong> <strong>determinante</strong> alle quali faccio riferimento nei capitoli che<br />

analizzano il <strong>sintagma</strong> <strong>determinante</strong> in LIS.<br />

Esporre in poche pagine il quadro teorico al quale mi riferisco in questa tesi è<br />

un’operazione ardua in quanto si tratta di operare una sintesi di teorie che richiamano


ASPETTII TEORIICII DII RIIFERIIMENTO<br />

una vasta bibliografia; per questa ragione mi limiterò a citarne gli aspetti più rilevanti<br />

per la comprensione degli argomenti che entrano in gioco <strong>nella</strong> teoria <strong>del</strong> <strong>sintagma</strong><br />

<strong>determinante</strong>. Per un’esposizione completa <strong>del</strong>la teoria si rimanda alla bibliografia di<br />

riferimento.<br />

1. <strong>La</strong> teoria <strong>dei</strong> principi e <strong>dei</strong> parametri<br />

Nel 1957 Noam Chomsky, con il libro “Le strutture <strong>del</strong>la sintassi”, dà origine<br />

ad un nuovo corso <strong>nella</strong> ricerca linguistica che passava da speculazioni meramente<br />

filosofiche ad indagini di tipo logico, biologico e scientifico. <strong>La</strong> riflessione<br />

linguistica, con la ricerca sulla grammatica, si sposta sull’osservazione <strong>del</strong>la lingua<br />

come “oggetto biologico” e si occupa <strong>del</strong>la sua rappresentazione così come si<br />

ipotizza che avvenga <strong>nella</strong> mente <strong>del</strong> parlante.<br />

Dalla pubblicazione <strong>del</strong> libro Le strutture <strong>del</strong>la sintassi ad oggi, la teoria <strong>del</strong>la<br />

grammatica ha subito diverse rielaborazioni che, pur cambiandone l’aspetto formale,<br />

si sono mantenute fe<strong>del</strong>i agli originari principi filosofici.<br />

<strong>La</strong> linguistica moderna quindi, parte dall’assunto che gli uomini sono<br />

biologicamente dotati di un insieme di principi che costituiscono la Grammatica<br />

Universale (GU). Di essa fanno parte le categorie concettuali che vengono attivate in<br />

seguito all’esposizione ad una lingua.<br />

Le lingue sono il risultato <strong>del</strong>l’interazione <strong>dei</strong> principi, che sono determinati<br />

geneticamente, e <strong>dei</strong> parametri 1 , che costituiscono una sorta di opzioni aperte<br />

all’interno <strong>dei</strong> principi, che devono essere fissati. <strong>La</strong> fissazione <strong>dei</strong> parametri<br />

determina la varietà <strong>del</strong>le grammatiche tra le lingue; in sostanza, ciò che fa variare le<br />

lingue nel mondo è un insieme finito di parametri.<br />

L’osservazione di una lingua ha lo scopo di scoprire i principi <strong>del</strong>la GU e<br />

individuare i suoi parametri. A tal fine il linguista deve ripercorrere, artificialmente,<br />

tutte le fasi che l’individuo mette in atto nel momento in cui acquisisce la propria<br />

lingua allo scopo di stabilire quali siano le regole <strong>del</strong>la GU e quali invece siano le<br />

1 Successivamente, nel capitolo 2, introdurrò i parametri di formazione <strong>dei</strong> segni che sono da<br />

intendersi in un senso diverso da quello utilizzato in questo capitolo. Nota 3 capitolo 2.<br />

6


ASPETTII TEORIICII DII RIIFERIIMENTO<br />

successivo: la <strong>struttura</strong> superficiale. <strong>La</strong> realizzazione fonetica <strong>dei</strong> due livelli di<br />

<strong>struttura</strong> superficiale e <strong>struttura</strong> profonda avviene in forma fonetica (Phonological<br />

Form, PF) mentre l’interpretazione semantica avviene nel componente indipendente<br />

<strong>del</strong>la forma logica (Locical Form, LF).<br />

<strong>La</strong> rappresentazione <strong>del</strong>le frasi a vari livelli, illustrati <strong>nella</strong> figura 1, è regolata<br />

da diversi principi che impongono <strong>del</strong>le restrizioni; vale a dire che la grammatica è<br />

regolata da un insieme di teorie che regolano e limitano l’ambito di applicazione<br />

<strong>del</strong>le norme che proiettano la rappresentazione di una frase ai vari livelli; ad esempio<br />

gli elementi lessicali hanno <strong>del</strong>le relazioni tematiche, la codifica <strong>del</strong>le informazioni<br />

provenienti dalle relazioni tematiche viene regolata dalla teoria tematica.<br />

L’organizzazione di un mo<strong>del</strong>lo univoco <strong>del</strong>le relazioni tematiche è regolato dalla<br />

teoria X-barra. <strong>La</strong> <strong>struttura</strong> profonda, nel mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong>la figura 1, assume le relazioni<br />

tematiche, la <strong>struttura</strong> superficiale è costituita dall’organizzazione <strong>del</strong>la frase con la<br />

sequenza di elementi collocati <strong>nella</strong> maniera in cui vengono pronunciati. Tra i due<br />

livelli intervengono <strong>del</strong>le operazioni di movimento degli elementi il cui scopo è la<br />

legittimazione <strong>dei</strong> sintagmi.<br />

Gli unici tipi di rappresentazione sintattica che vengono riconosciuti <strong>nella</strong><br />

teoria <strong>dei</strong> PeP sono i sintagmi. Essi sono costituiti da teste e da categorie sintattiche.<br />

in accordo con i principi <strong>del</strong>la teoria X-barra (X’). Secondo questa teoria ogni<br />

<strong>sintagma</strong> è rappresentato in una gerarchia <strong>struttura</strong>ta, vale a dire che, attraverso la<br />

costruzione di un grafo ad albero (figura 3), in un <strong>sintagma</strong> è possibile identificare la<br />

testa che costituisce il nodo terminale X° che domina le parole; la testa è dominata da<br />

due ulteriori livelli di proiezione: la proiezione intermedia ovvero il nodo X’ che<br />

domina la testa e i complementi (YP) con cui la testa si combina e il nodo <strong>del</strong>la<br />

proiezione massimale XP. Quest’ultimo costituisce l’ultimo livello e che domina il<br />

nodo X’ con il quale si combinano sia gli aggiunti, per formare altri livelli X’ (per<br />

questo motivo il livello X’ è detto ricorsivo), sia lo specificatore. Lo specificatore si<br />

combina con X’ per formare la proiezione massimale XP. <strong>La</strong> formula generale <strong>del</strong>la<br />

<strong>struttura</strong> <strong>dei</strong> sintagmi è data in 2, in essa ogni nodo è il risultato <strong>del</strong>la combinazione<br />

di due items:<br />

8


2. a. XP Æ Spec; X’<br />

Fig. 3.<br />

b. X’ Æ X°; YP<br />

CAPIITOLO 1<br />

Le regole <strong>del</strong>la teoria X’ hanno lo scopo di codificare le relazioni di dominio<br />

che si stabiliscono tra le differenti categorie. In questa maniera è possibile spiegare i<br />

diversi ordini lineari <strong>del</strong>le varie lingue.<br />

Attraverso la teoria X’ vengono definite le relazioni <strong>struttura</strong>li tra gli elementi<br />

per cui le funzioni grammaticali degli elementi lessicali sono derivabili dalla<br />

configurazione. Le relazioni <strong>del</strong> legamento vengono stabilite dalle regole <strong>del</strong><br />

comando di costitituente (c-comando) la cui definizione data da Chomsky (1986) è la<br />

seguente:<br />

α c-comands β iff α does not dominates β nor vice versa, and every node that<br />

dominates α dominates β. [Chomsky 1986: 8]<br />

Il c-comando, che regola la reggenza tra categorie, stabilisce che i nodi XP e<br />

X’ sono simmetrici tra loro. <strong>La</strong> proposta di c-comando data da Kayne (1994), esposta<br />

nel paragrafo 2, rende più restrittive le relazioni di legamento e di reggenza tra le<br />

categorie.<br />

Spec<br />

XP<br />

X’<br />

X° YP<br />

(complemento)<br />

I sintagmi appartenenti alle categorie lessicali sono il <strong>sintagma</strong> nominale<br />

(NP), <strong>sintagma</strong> verbale (VP), <strong>sintagma</strong> aggettivale (AP) e <strong>sintagma</strong> preposizionale<br />

(PP). In LIS vedremo come la distinzione tra NP e VP avviene sulla base di specifici<br />

9


ASPETTII TEORIICII DII RIIFERIIMENTO<br />

tratti sovrasegmentali (capitolo 2, paragrafo 7) e non è stabilita da elementi<br />

morfologici. Vale a dire che in una frase come Gianni costruisce la casa è resa con<br />

gli stessi segni e la stessa costruzione <strong>del</strong> <strong>sintagma</strong> la costruzione di Gianni <strong>del</strong>la<br />

casa. Ciò che rende diverse le costruzioni sono le espressioni <strong>del</strong> volto, la posizione<br />

<strong>del</strong>la testa e <strong>del</strong>le spalle. Il fatto che le due costruzioni in LIS non differiscono se non<br />

nei tratti sovrasegmentali, dimostra l’identica <strong>struttura</strong> argomentale <strong>del</strong> costituente<br />

nominale e <strong>del</strong> costituente verbale.<br />

Chomsky (1986) propone che oltre alle posizioni lessicali, alle quali<br />

corrisponde una testa lessicale, ci siano le proiezioni funzionali che <strong>nella</strong> testa hanno<br />

un elemento funzionale, come il complementatore (CP) e gli ausiliari (IP). CP e IP,<br />

hanno una natura funzionale, vale a dire che non hanno una <strong>struttura</strong> lessico-<br />

semantica né una <strong>struttura</strong> argomentale; esse contribuiscono alla costituzione <strong>del</strong>la<br />

proiezione estesa <strong>del</strong>la testa lessicale <strong>del</strong> verbo.<br />

Studi successivi (Pollock (1989), Belletti (1990), tra gli altri) hanno<br />

individuato altre proiezioni funzionali che riguardano principalmente le proiezioni di<br />

accordo (Agr(ement)P) e di tempo (T(ense)P). Inoltre Abney (1987) propone il DP<br />

come proiezione estesa e massimale <strong>del</strong>la testa lessicale <strong>del</strong> nome. Nell’ultimo<br />

paragrafo di questo capitolo vedremo che il nome, come il verbo, proietta <strong>del</strong>le<br />

categorie funzionali.<br />

Come si può osservare <strong>nella</strong> figura 1, i diversi livelli di rappresentazione<br />

sintattica sono correlati ad operazioni di movimento. Il movimento può aver luogo in<br />

sintassi o, come vedremo con la teoria minimalista, in Forma Logica. In entrambi i<br />

componenti, il movimento è regolato dalle medesime condizioni che definiscono <strong>dei</strong><br />

limiti. Ad esempio un principio che limita l’applicazione <strong>del</strong>la regola <strong>del</strong> movimento<br />

è il “principio di conservazione <strong>del</strong>la <strong>struttura</strong>” 2 che ispira le osservazioni di<br />

Chomsky (1986). Secondo questo principio un elemento può essere spostato solo in<br />

una posizione <strong>del</strong> medesimo tipo di quella di partenza per cui una testa sarà spostata<br />

in un'altra testa , una posizione massimale in un’altra posizione massimale.<br />

2 Edmonds 1976<br />

10


CAPIITOLO 1<br />

I sintagmi possono essere interessati a tre tipi di movimento: i) il movimento<br />

di tipo argomentale (movimento A) che consiste nel muovere una proiezione<br />

massimale da una posizione argomentale ad un’altra posizione argomentale; ii) il<br />

movimento di tipo non argomentale (movimento A-barra) che consiste nel muovere<br />

una proiezione massimale ad una posizione di specificatore di un nodo in cui non ci<br />

sono teste che assegnano ruolo semantico come CP, DP, ecc.; iii) il movimento di<br />

testa da una posizione di testa ad un’altra che si trova in una posizione superiore<br />

<strong>nella</strong> <strong>struttura</strong>.<br />

2. Un’evoluzione <strong>del</strong>la teoria X’: la teoria antisimmetrica<br />

Un importante passo in avanti <strong>nella</strong> ricerca è stato fatto con la teoria<br />

antisimmetrica di Kayne (1994). Rispetto alla teoria X’ che indica che l’ordine degli<br />

elementi è dovuto a scelte di tipo parametrico, Kayne propone <strong>del</strong>le regole più<br />

restrittive sull’ordine lineare degli elementi all’interno di una frase: egli formula<br />

l’assioma <strong>del</strong>la corrispondenza lineare, (LCA), dal quale fa derivare una nuova<br />

definizione di c-comando attraverso la quale dimostra che esiste un solo tipo di<br />

<strong>struttura</strong> x-barra. Questa <strong>struttura</strong> non è una proprietà primitiva <strong>del</strong>la Grammatica<br />

Universale ma deriva dall’LCA.<br />

Un <strong>sintagma</strong> è costituito da simboli terminali e simboli non terminali.<br />

L’ordine <strong>dei</strong> simboli terminali, vale a dire quelli visibili <strong>nella</strong> forma fonetica, segue<br />

la proprietà degli ordini lineari secondo la quale l’ordine è transitivo, totale e<br />

antisimmetrico. A differenza <strong>del</strong>la definizione di Chomsky (1986) che aveva le<br />

proprietà di transitività, non totalità e non antisimmetria, quella di Kayne possiede le<br />

proprietà <strong>del</strong>la transitività, <strong>del</strong>la non totalità e <strong>del</strong>l’antisimmetria.<br />

“X asymmetrically c-commands Y iff X C-commands Y and Y does not ccommand<br />

X” [Kayne 1994: 4]<br />

Lo LCA vuole che l’insieme di tutte le coppie ordinate di nodi non terminali,<br />

tale che per ogni i, Xi c-comanda asimmetricamente Yi, costituisca l’ordine lineare<br />

<strong>del</strong>l’insieme <strong>dei</strong> simboli terminali <strong>del</strong>la <strong>struttura</strong> <strong>sintagma</strong>tica.<br />

11


ASPETTII TEORIICII DII RIIFERIIMENTO<br />

Il C-comando asimmetrico e l’assioma di corrispondenza lineare (LCA)<br />

danno luogo ad una serie di conseguenze. Tra queste quelle più significative ai fini di<br />

questa tesi sono le seguenti: In primo luogo un <strong>sintagma</strong> non può avere più di una<br />

testa perché si produrrebbero risultati contraddittori sull’ordine degli elementi, allo<br />

stesso modo una testa non può avere più di un complemento; in secondo luogo un<br />

<strong>sintagma</strong> deve avere l’ordine specificatore-testa-complemento che traccerò a grandi<br />

linee qui di seguito.<br />

Nell’ambito <strong>del</strong>l’assioma <strong>del</strong>la corrispondenza lineare e <strong>del</strong> c-comando<br />

asimmetrico, la coppia ordinata di simboli terminali può essere letta come x<br />

precede y, (in tal caso l’ordine universale sarà specificatore testa complemento)<br />

oppure come x segue y ( in questo caso l’ordine universale sarà complemento testa<br />

specificatore). A tal fine Kayne postula che l’ordine lineare debba essere diretto e<br />

uniforme. Poiché in un <strong>sintagma</strong> non possono esserci relazioni di precedenza o di<br />

successione ma solo relazioni esclusivamente di successione, la coppia va<br />

letta solo come x precede y. L’unico ordine disponibile <strong>nella</strong> GU sarà l’ordine<br />

specificatore-testa-complemento. Da ciò segue che le differenze tra lingue SVO e<br />

SOV non sono di tipo parametrico ma sono la conseguenza di operazioni di<br />

movimento. Il movimento, poiché deve soddisfare le condizioni imposte dal<br />

legamento proprio, deve svolgersi necessariamente verso sinistra e verso l’alto. Lo<br />

spostamento riguarderà teste o proiezioni massimali che si sollevano da posizioni più<br />

basse a posizioni più alte. Un complemento, che dopo la pronuncia occupa una<br />

posizione a sinistra <strong>del</strong>la sua testa, deve necessariamente sollevarsi dalla sua<br />

posizione ad una posizione di specificatore/aggiunto più alta lasciando una traccia<br />

coindicizzata. <strong>La</strong> traccia deve essere c-comandata dalla posizione più alta <strong>nella</strong><br />

<strong>struttura</strong>. Le condizioni imposte dalla regola <strong>del</strong> legamento proprio, impongono che<br />

il movimento avvenga verso sinistra spostando teste o proiezioni massimali da<br />

posizioni più basse a posizioni più alte <strong>del</strong>la configurazione <strong>struttura</strong>le.<br />

Negli sviluppi <strong>del</strong>la teoria grammaticale successiva possiamo osservare due<br />

indirizzi: il programma minimalista e il progetto cartografico. Il progetto<br />

12


CAPIITOLO 1<br />

cartografico è stato sviluppato parallelamente al programma minimalista; mentre il<br />

primo ha semplificato la <strong>struttura</strong> sintattica per certi aspetti, l’ultimo l’ha arricchita<br />

per altri aspetti.<br />

3. Il programma minimalista<br />

Nel programma minimalista (Chomsky, 1995), i livelli di rappresentazione<br />

vengono ridotti a due interfacce: la forma fonetica (PF) e la forma logica (LF). Il<br />

lessico rimane il punto di partenza dal quale hanno luogo le operazioni di movimento<br />

(merge e move). L’informazione può divenire manifesta nel componente PF,<br />

atttraverso lo spell-out, a qualsiasi punto <strong>del</strong>l’operazione di derivazione. Le<br />

operazioni di movimento possono continuare dopo lo spell-out, in tal caso<br />

l’informazione è affidata al componente non manifesto costituito<br />

dall’interpretazione: il componente LF. <strong>La</strong> rappresentazione <strong>del</strong> programma<br />

minimalista è schematizzato <strong>nella</strong> figura 4:<br />

Fig.4<br />

FORMA<br />

FONETICA<br />

SPELL-OUT<br />

LESSICO<br />

Gli sviluppi <strong>del</strong> programma minimalista adottano il mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong>la teoria X’ per la<br />

quale le proiezioni sono costruite dal basso all’alto come risultato <strong>del</strong>l’operazione di<br />

merge attraverso la quale due elementi si combinano per formarne un terzo, e<br />

<strong>del</strong>l’operazione di move che consiste in operazioni di movimento <strong>del</strong>le teste o <strong>dei</strong><br />

sintagmi. Ogni movimento lascia una traccia. L’operazione di movimento dà origine<br />

13<br />

MERGE E MOVE<br />

FORMA LOGICA


ASPETTII TEORIICII DII RIIFERIIMENTO<br />

ad una catena che contiene l’elemento mosso e tutte le sue tracce. Il movimento deve<br />

obbedire alla condizione di c-comando (l’elemento mosso deve c-comandare la sua<br />

traccia), e alla condizione di uniformità (solo le proiezioni minimali o massimali<br />

possono essere spostate).<br />

Una grande novità introdotta dal programma minimalista è costituita dalla<br />

definizione <strong>dei</strong> tratti morfologici. Secondo Chomsky (1995) ogni elemento<br />

appartenente alla categoria di Nome, Verbo e Aggettivo si presenta, in forma<br />

fonologica, già flesso nel genere, nel numero, e nel caso; vale a dire che i tratti<br />

fonologici <strong>del</strong>la morfologia di accordo sono disponibili nel componente fonologico e<br />

non nelle proiezioni funzionali di accordo. Una parola flessa implica la simultanea<br />

proiezione <strong>dei</strong> tratti di accordo <strong>nella</strong> <strong>struttura</strong>. Nel programma minimalista il<br />

controllo <strong>dei</strong> tratti è il nucleo principale che giustifica le operazioni di movimento<br />

che riguardano essenzialmente i tratti <strong>del</strong> nome e <strong>del</strong> verbo. Il controllo consiste <strong>nella</strong><br />

corrispondenza tra i tratti di accordo (non affissi) <strong>del</strong>le teste funzionali con i tratti<br />

morfologici incorporati <strong>nella</strong> parola flessa. Questi ultimi vengono mossi <strong>nella</strong> stessa<br />

proiezione: se un tratto grammaticale incontra un altro sarà cancellato e come<br />

conseguenza non sarà più visibile a livello di interfaccia, se invece c’è<br />

incompatibilità tra i due tratti, essi non possono essere cancellati, a questo punto la<br />

derivazione non converge e quindi fallisce.<br />

<strong>La</strong> visibilità di questi tratti morfologici è relativa alla “forza” <strong>dei</strong> tratti stessi,<br />

se i tratti morfologici sono forti, sono visibili <strong>nella</strong> Forma Fonetica perché il loro<br />

controllo avviene prima <strong>del</strong>lo spell-out. Nel caso <strong>dei</strong> tratti deboli, il controllo avviene<br />

dopo lo spell-out, in accordo con il principio di economia che vuole che il controllo<br />

<strong>dei</strong> tratti venga fatto quanto più tardi possibile (Procrastinate Principle). In sostanza<br />

solo i tratti forti possono violare il Procrastinate Principle per assicurare la<br />

“convergenza”. Quindi le operazioni di movimento non manifeste sono limitate al<br />

controllo <strong>dei</strong> tratti, mentre nei movimenti manifesti l’intera categoria deve essere<br />

mossa con tutti i suoi tratti per ottenere la convergenza in Forma Fonetica.<br />

14


CAPIITOLO 1<br />

Nel programma minimalista la legittimazione degli elementi avviene in un<br />

solo modo: la verifica <strong>dei</strong> tratti per stabilire <strong>del</strong>le relazioni di accordo tra una testa ed<br />

il suo specificatore o tra una testa ed un’altra aggiunta alla prima.<br />

4. Verso una cartografia <strong>del</strong>la <strong>struttura</strong><br />

Gli studi sulla sintassi condotti tra il 1980 ed il 1990 hanno dimostrato che<br />

frasi e sintagmi possiedono una <strong>struttura</strong> ricca ed articolata, soprattutto se si<br />

osservano i tratti <strong>del</strong>la morfologia flessiva che hanno condotto gli studiosi<br />

all’esigenza di una definizione di una mappa <strong>struttura</strong>le che illustrasse, in maniera<br />

sufficientemente completa, la complessità <strong>del</strong>la <strong>struttura</strong> sintattica. <strong>La</strong> teoria X’ ha<br />

costituito il mo<strong>del</strong>lo non solo per le categorie lessicali, ma anche per le categorie<br />

funzionali legate al nome e al verbo. Il perseguimento di questo obiettivo ha fatto sì<br />

che diversi studiosi di linguistica lavorassero a progetti cartografici. Tali studi hanno<br />

condotto alla descrizione <strong>del</strong>la complessità <strong>del</strong>la <strong>struttura</strong> sintattica (Cinque, 1999,<br />

2002, Belletti 2004, Rizzi 2004).<br />

Il lavoro <strong>del</strong> progetto cartografico è basato sull’osservazione <strong>del</strong> sistema<br />

flessivo e focalizza la sua attenzione sulla scoperta di teste funzionali e teste<br />

lessicali: le analisi cercano di individuare la posizione <strong>del</strong>le teste rispetto alle altre<br />

così che il controllo in posizioni distinte <strong>del</strong>la <strong>struttura</strong> determini la corretta<br />

interpretazione <strong>dei</strong> sintagmi.<br />

Rizzi (2004) osserva che la posizione <strong>del</strong> progetto cartografico non è in<br />

antitesi con programma minimalista perché l’identificazione <strong>del</strong>le varie teste e <strong>del</strong>la<br />

loro posizione <strong>nella</strong> <strong>struttura</strong> avviene sulla base <strong>del</strong>l’interpretazione di sintagmi; solo<br />

un ricco sistema di teste ci permette di fornire una spiegazione al controllo <strong>dei</strong> tratti<br />

di accordo in specifiche posizioni <strong>struttura</strong>li.<br />

Cinque (2002) esamina una serie di situazioni che provano l’esistenza di una<br />

<strong>struttura</strong> gerarchica universale. L’autore considera che la proposta di Pollock (1989)<br />

di dividere la proiezione IP in due tratti: Agr(ement)P e T(tense)P, ha avuto il merito<br />

non solo di fornire una spiegazione alle diverse posizioni, possibili, degli elementi<br />

<strong>nella</strong> proiezione verbale in francese, ma ha dato inizio ad una serie di ricerche<br />

15


ASPETTII TEORIICII DII RIIFERIIMENTO<br />

finalizzate all’individuazione di altre proiezioni funzionali <strong>nella</strong> <strong>struttura</strong><br />

grammaticale che permettessero di dar conto <strong>dei</strong> movimenti all’interno <strong>del</strong>la <strong>struttura</strong><br />

e di spiegare così gli ordini diversi di parole nelle lingue <strong>del</strong> mondo. Il ricco sistema<br />

di teste funzionali è codificato nei diversi tipi di morfemi <strong>del</strong>le lingue.<br />

Cinque (2002), cita il “Principio <strong>del</strong>lo specchio” proposto da Baker (1985,<br />

1988) che prende in considerazione la relazione esistente tra l’ordine <strong>dei</strong> morfemi<br />

legati in morfologia e l’ordine <strong>dei</strong> morfemi liberi nonché le successive proposte di<br />

Pollock (1989) e di Belletti (1990) Ouhalla (1991) e Chomsky (1995) che vedono la<br />

morfologia flessiva costruita all’interno <strong>del</strong>la sintassi soggetta alle stesse restrizioni<br />

che regolano le operazioni sintattiche: le lingue caratterizzate dalla “testa finale”<br />

sono il risultato <strong>del</strong>l’effetto di movimenti, all’interno <strong>del</strong>la grammatica, di sintagmi<br />

di lingue a “testa iniziale” di cui sono l’immagine speculare 3 . I morfemi legati<br />

sottostanno a questo processo di movimento. Le difficoltà nel derivare la morfologia<br />

flessiva e derivazionale in sintassi sono dovute ad una serie di irregolarità.<br />

Un’altra spiegazione che corrobora l’esistenza di distinte proiezioni<br />

funzionali è fornita da Rizzi (1997) che ha avuto il merito di individuare determinate<br />

categorie funzionali all’estrema periferia sinistra <strong>del</strong>la frase come le posizioni di<br />

ForceP, TopicP e FocusP. Per altro Cinque (1994, 1999) ha individuato specifiche<br />

proiezioni massimali funzionali (FP) che comandano le proiezioni degli avverbi e<br />

degli aggettivi con una gerarchia universale fissa anche se non realizzata<br />

foneticamente. Tale gerarchia (modo, tempo, aspetto, etc.) intrattiene una relazione<br />

semantica con ogni classe di avverbi o aggettivi generati nei rispettivi specificatori.<br />

5. <strong>La</strong> proiezione estesa <strong>del</strong> nome<br />

Nell’ambito <strong>del</strong>la teoria <strong>dei</strong> PeP, Chomsky (1981,1986) aveva previsto le<br />

proiezioni funzionali CP e IP <strong>nella</strong> proiezioni estesa <strong>del</strong> verbo ma non aveva<br />

applicato tale nozione al dominio <strong>del</strong> nome; in particolare, i determinanti come gli<br />

articoli definiti, continuavano ad essere generati nello specificatore di NP nonostante<br />

3 Si può osservare che queste affermazioni si pongono sulla stessa linea <strong>del</strong>la teoria antisimmetrica di<br />

Kayne (1994)<br />

16


CAPIITOLO 1<br />

la teoria X-barra che prevedeva <strong>del</strong>le proiezioni <strong>sintagma</strong>tiche anche per gli elementi<br />

funzionali ed il fatto che la posizione di specificatore potesse ospitare una categoria<br />

<strong>sintagma</strong>tica; la teoria X’ inoltre, poneva il problema <strong>del</strong>l’identico trattamento tra<br />

proiezione nominale e proiezione verbale.<br />

Lo studio comparativo <strong>del</strong>la <strong>struttura</strong> <strong>del</strong> <strong>sintagma</strong> nominale ha rivelato che la<br />

proiezione <strong>del</strong> nome contiene una <strong>struttura</strong> analoga a quella <strong>del</strong>la frase (Abney<br />

1987): come la frase è costituita da un VP dominato da proiezioni funzionali come<br />

AgrP, TP, CP, così il <strong>sintagma</strong> nominale è un NP dominato da diverse proiezioni<br />

funzionali. Abney (1987) osserva che in lingue come l’ungherese o lo yup’ik (una<br />

lingua Eskimo), il nome e il possessore sono marcati dallo stesso suffisso di persona<br />

e numero che caratterizza l’accordo <strong>del</strong> verbo con il suo soggetto.<br />

Le stesse osservazioni fatte per queste lingue possono valere anche per le<br />

lingue segnate come la LIS nelle quali le concordanze avvengono nello spazio perché<br />

luoghi <strong>del</strong>lo spazio nei quali vengono articolati i diversi segni coincidono. Come un<br />

verbo concorda con il suo soggetto (o/e oggetto) attraverso la coincidenza <strong>dei</strong> punti<br />

<strong>del</strong>lo spazio in cui vengono articolati i segni, così il nome concorda con il suo<br />

possessore perché hanno lo stesso punto di articolazione. Nell’esempio <strong>del</strong>la frase 1<br />

si può notare come il primo punto di articolazione <strong>del</strong> verbo sia coindicizzato con il<br />

soggetto Gianni e il secondo punto di articolazione sia coindicizzato con il<br />

complemento diretto Pietro. Allo stesso modo, <strong>nella</strong> frase 2, il nome pistola<br />

concorda con il possessore Gianni.<br />

1. GIANNIj PIETROk jUCCIDEREk<br />

Gianni uccide Pietro<br />

2. PISTOLAj GIANNIj Possj<br />

<strong>La</strong> pistola di Gianni<br />

Abney (1987), con argomenti teorici ed empirici, propone che il (DP)<br />

costituisca la proiezione estesa e massimale <strong>del</strong>la testa lessicale <strong>del</strong> nome: la<br />

proiezione massimale lessicale NP riceve un’interpretazione semantica grazie alle<br />

17


ASPETTII TEORIICII DII RIIFERIIMENTO<br />

proiezioni massimali funzionali (DP), cioè il <strong>determinante</strong> specifica la referenza <strong>del</strong><br />

nome selezionando determinati membri <strong>del</strong>l’estensione <strong>del</strong> nome.<br />

Alla classe <strong>dei</strong> determinanti appartengono categorie come gli articoli, i<br />

dimostrativi, i quantificatori ed i pronomi che generalmente si trovano in<br />

distribuzione complementare tra di loro. Abney (1987) osserva che come tutti gli<br />

elementi funzionali, i determinanti rappresentano <strong>del</strong>le classi lessicali chiuse; da un<br />

punto di vista prosodico non possono ricevere accento e spesso si realizzano come<br />

forme clitiche o affissi; a volte sono anche nulli; ammettono un solo complemento<br />

che in generale non è un argomento e sono inseparabili dal loro complemento; non<br />

hanno un contenuto semantico ma veicolano informazioni di tipo relazionale e<br />

grammaticale permettendo l’interpretazione <strong>dei</strong> loro complementi.<br />

Se l’accordo tra possessivo e nome evidenziato da Abney (1987) costituisce<br />

l’evidenza morfologica <strong>del</strong> DP, l’evidenza sintattica è data da altri fattori. Bernstein<br />

(2001) ne discute due: l’ordine <strong>del</strong>le parole e la <strong>struttura</strong> argomentale. Riguardo alla<br />

<strong>struttura</strong> argomentale possiamo osservare che il nome, come il verbo, ha una sua<br />

<strong>struttura</strong> argomentale. Consideriamo ad esempio la coppia di frasi 3 e 4, adattate da<br />

Cinque (1994).<br />

3. L’Italia invase l’Albania<br />

4. L’invasione italiana <strong>del</strong>l’Albania<br />

Nelle due frasi è possibile osservare che gli argomenti nel dominio nominale<br />

sono organizzati <strong>nella</strong> stessa maniera di quelli <strong>del</strong> dominio <strong>del</strong>la frase, vale a dire che<br />

il verbo invase ed il suo corrispondente nominale invasione possiedono la stessa<br />

<strong>struttura</strong> argomentale.<br />

Il secondo argomento a sostegno <strong>del</strong>l’ipotesi di Abney (1987) è costituito<br />

dall’ordine <strong>del</strong>le parole. Bernstein (2001) osserva che l’analisi comparativa tra lingue<br />

molto vicine come l’inglese e il francese ha premesso di scoprire che la ricca<br />

morfologia di accordo <strong>nella</strong> frase in francese consente degli spostamenti <strong>del</strong> verbo<br />

rispetto all’avverbio, in inglese tale spostamento non è consentito (Pollock, 1989). Il<br />

18


CAPIITOLO 1<br />

corrispondente nominale <strong>del</strong>l’avverbio è l’aggettivo. Ricerche sul DP (Cinque 1994,<br />

2000; Bernstein, 1991 tra gli altri) hanno avanzato l’ipotesi che l’ordine universale<br />

degli aggettivi rispetto al nome è prenominale e che l’effetto <strong>del</strong> sollevamento <strong>del</strong><br />

nome nelle lingue romanze è che l’ordine degli aggettivi si presenta rovesciato<br />

rispetto all’inglese dove invece non vi è sollevamento per cui l’ordine risultante è<br />

quello aggettivo-nome ovvero l’ordine universale.<br />

Berstein (2001) fornisce anche un’evidenza semantica per l’associazione<br />

<strong>del</strong>la <strong>struttura</strong> <strong>del</strong> DP alla <strong>struttura</strong> <strong>del</strong>la frase. L’autrice osserva che l’individuazione<br />

semantica tra DP argomento e DP non argomento è affidata al CP, vale a dire che<br />

l’introduzione di un complementatore fa sì che un IP possa diventare una frase<br />

argomento di un verbo. Le proprietà semantiche <strong>del</strong> <strong>sintagma</strong> nominale indicano che<br />

la distinzione argomento/non-argomento è rilevante. Longobardi (1994) osserva<br />

come l’NP sia non referenziale mentre il DP lo sia. Egli cita come esempio la<br />

seguente coppia di frasi:<br />

5. Gianni è un medico (che…)<br />

6. Gianni è medico (*che..)<br />

L’espressione nominale senza articolo (frase 6) è un predicato e<br />

corrisponderebbe ad un NP. L’NP predicato infatti non può essere un argomento<br />

perché non può essere la testa <strong>del</strong>la frase relativa che segue. <strong>La</strong> frase 5 invece è<br />

introdotta da un articolo: questo fatto suggerisce che l’espressione che segue è un<br />

DP. Il fatto che in questo caso l’espressione nominale possa fungere da testa <strong>del</strong>la<br />

frase relativa, suggerisce che sia un argomento. In altri termini come in una frase il<br />

contenuto lessicale <strong>del</strong> complementatore trasforma quest’ultima in un argomento,<br />

così il contenuto lessicale <strong>del</strong> <strong>determinante</strong> trasforma il <strong>sintagma</strong> nominale in un<br />

argomento.<br />

E’ stato osservato (Longobardi 1994, 2001 tra gli altri) che il fatto che in<br />

alcuni dialetti il nome proprio in posizione argomentale deve essere preceduto da un<br />

articolo definito mentre in posizione non argomentale (ad esempio il vocativo) non<br />

19


ASPETTII TEORIICII DII RIIFERIIMENTO<br />

vuole l’articolo, costituisce un ulteriore prova a sostegno <strong>del</strong>l’ipotesi che nel dominio<br />

di una proiezione nominale gli argomenti di un predicato devono essere dominati da<br />

un <strong>determinante</strong>.<br />

Giusti (1993) propone che la proiezione estesa <strong>del</strong> DP sia dominata dalla<br />

proiezione di caso (KP). Il caso è la proiezione funzionale più alta <strong>del</strong> <strong>sintagma</strong><br />

nominale perché è <strong>nella</strong> sua testa che si realizzano i tratti di accordo con un’altra<br />

categoria o i tratti selezionali da parte di una categoria lessicale più alta. Poiché solo<br />

gli argomenti possono ricevere caso, la proiezione funzionale di caso funzionerebbe<br />

da collegamento tra il nominale selezionato ed il suo legittimatore sintattico. Queste<br />

affermazioni sono basate sul fatto che le lingue generano una proiezione di caso;<br />

anche quelle senza caso manifesto possiedono pronomi con una morfologia di caso<br />

(es. Italiano e inglese). A livello <strong>del</strong> DP il caso appare a livello <strong>del</strong>l’articolo per cui la<br />

proiezione di caso deve essere necessariamente più alta <strong>del</strong> DP.<br />

5.1 Categorie funzionali <strong>nella</strong> proiezione estesa <strong>del</strong> DP<br />

Recenti studi hanno dimostrato che tra la proiezione massimale funzionale<br />

DP (o quella più alta KP) e la proiezione massimale lessicale NP interpongono<br />

numerose altre proiezioni funzionali. Qui si seguito citerò le posizioni funzionali<br />

intermedie che interessano i capitoli seguenti.<br />

5.1.1 Le proiezioni dominate dai tratti di accordo<br />

L’osservazione <strong>del</strong>le somiglianze <strong>del</strong>la proiezione verbale con la proiezione<br />

nominale ha portato alla rilevazione che la distribuzione degli avverbi nel VP mostra<br />

<strong>del</strong>le regolarità. E’ possibile riscontrar le stesse regolarità anche nell’ordine degli<br />

aggettivi <strong>nella</strong> proiezione estesa <strong>del</strong> DP. Il fatto che l’ordine fisso è rilevabile <strong>nella</strong><br />

modificazione diretta <strong>del</strong> nome mentre in quella indiretta è libera ed il fatto che la<br />

modificazione diretta ammette un numero limitato di aggettivi, hanno condotto<br />

Cinque (1993, 1994) ad affermare che gli aggettivi non possono essere aggiunti,<br />

(l’aggiunzione è illimitata) e che l’AP è generato <strong>nella</strong> posizione di specificatore di<br />

20


CAPIITOLO 1<br />

una proiezione funzionale tra il <strong>determinante</strong> e il nome. Giusti (1993) ha osservato<br />

che le proiezioni funzionali intermedie che ospitano un AP sono etichettate come<br />

AgrP perché veicolano l’accordo per genere e numero tra il nome e l’AP generato<br />

<strong>nella</strong> posizione di specificatore <strong>del</strong>la proiezione funzionale interna al DP.<br />

Le osservazioni di Giusti (1993) su dati di diverse lingue in cui l’articolo ricorre con<br />

il dimostrativo nello stesso <strong>sintagma</strong>, hanno permesso anche di differenziare lo<br />

statuto categoriale <strong>del</strong> dimostrativo da quello <strong>del</strong>l’articolo in quanto devono<br />

necessariamente occupare due posizioni diverse all’interno <strong>del</strong>la proiezione<br />

nominale. Dalle osservazioni sul comportamento <strong>del</strong> dimostrativo nel romeno,<br />

l’autrice propone che il dimostrativo non debba essere analizzato come testa ma<br />

come una proiezione massimale; infatti, il dimostrativo in romeno sarebbe generato<br />

nello specificatore di una proiezione funzionale AgrP, collocata in una posizione<br />

inferiore al DP. Brugè (2000), esaminando il dimostrativo come modificatore <strong>del</strong><br />

nome <strong>nella</strong> lingua spagnola, ipotizza che esso venga generato in una posizione molto<br />

prossima al nome e che raggiunga le posizioni più alte <strong>nella</strong> <strong>struttura</strong> mediante il<br />

movimento. Nel capitolo 6 vedremo che la LIS, come lo spagnolo, presenta un<br />

dimostrativo post nominale, ma poiché ipotizzo la presenza di un <strong>determinante</strong> non<br />

realizzato foneticamente, il dimostrativo non risale fino alla posizione di D.<br />

5.1.2 Le proiezioni Num(ber)P e Num(eral)P<br />

Dryer (1989), osservando che in diverse lingue il numerale ricorre con<br />

morfema che indica pluralità, ha ipotizzato che il numerale e la flessione per numero<br />

appartenessero a due categorie diverse. <strong>La</strong> LIS è una lingua in cui il numerale può<br />

ricorrere nel <strong>sintagma</strong> numerale insieme alla flessione per numero <strong>del</strong> nome o <strong>del</strong><br />

classificatore 4 .<br />

Ritter (1991), partendo dai dati sull’ebraico moderno, ha proposto l’esistenza<br />

<strong>del</strong>la proiezione di una categoria non lessicale che genera i tratti di numero, tra DP e<br />

NP: Num(ber)P. L’autrice parte dall’assunto in base al quale nelle costruzioni <strong>del</strong><br />

genitivo in ebraico moderno, dove il nome precede il possessore, la testa nominale<br />

4 Cap.4 par. 2.<br />

21


ASPETTII TEORIICII DII RIIFERIIMENTO<br />

sale oltre il possessore che è generato <strong>nella</strong> posizione di specificatore di NP. Nello<br />

Stato Costrutto, che non ammette l’articolo, il nome risale dalla posizione di testa<br />

nominale generata più in basso e viene ad occupare la testa <strong>del</strong> DP. Invece nello<br />

Stato libero, che ammette l’articolo, la risalita <strong>del</strong>la testa nominale deve<br />

necessariamente fermarsi in una proiezione intermedia che Ritter (1991) propone<br />

essere la testa di NumP, dove sono codificati i tratti singolare/plurale. <strong>La</strong> proposta di<br />

Ritter (1991), che era stata gia avanzata da Dryer (1989), è stata sostenuta anche da<br />

Bernstein (1991, 2001) per i dati <strong>del</strong> vallone.<br />

Poiché le proiezioni di Num(ber)P e Num(eral)P sono distinte, occorre<br />

definire la proiezione <strong>del</strong> classificatore.<br />

Gil (1994) considera il classificatore e il numerale un'unica testa funzionale e<br />

ritiene che il classificatore non sia altro che un suffisso attaccato al numerale.<br />

Simpson (2005) assume che la proiezione di Num(meral) e la proiezione di CL siano<br />

distinte anche se adiacenti e non esclude la possibilità che, essendo in una posizione<br />

di testa, possano cliticizzarsi.<br />

5.1.3 <strong>La</strong> proiezione Gen(der)P<br />

Oltre a Num(ber)P, Picallo (1991) propone anche l’esistenza <strong>del</strong>la proiezione<br />

di genere (GenP). Tale affermazione si basa su dati di lingue come il catalano nelle<br />

quali tutti i nominali, hanno la specificazione per genere. Poiché il genere è espresso<br />

in forma fonetica anche nel <strong>determinante</strong> (pensiamo anche a lingue come l’italiano<br />

che hanno la peculiarità di concordare per genere anche gli articoli) e comporta<br />

l’accordo anche per gli aggettivi, Picallo propone che la categoria funzionale <strong>del</strong><br />

genere venga proiettata <strong>nella</strong> testa di una proiezione massimale che risulta essere il<br />

complemento di Num(ber)P; a sua volta GenP prende come complemento NP. Il<br />

nome, dalla sua posizione di testa in NP, sale prima <strong>nella</strong> testa in GenP e poi in<br />

quella di NumP, in questa maniera si spiegano i suffissi di genere e numero attaccati<br />

al nome. Bernstein (1993) afferma che il genere è una proprietà morfologica che<br />

viene espressa da marcatori di parole che sono peculiari <strong>del</strong>le lingue con una ricca<br />

morfologia di accordo. Ritter (1993) invece, osservando che in ebraico moderno il<br />

22


CAPIITOLO 1<br />

genere costituisce un elemento per la formazione di neologismi, propone che il<br />

genere (o i marcatori di parole) corrisponda ad una categoria funzionale ed afferma<br />

che il genere è un tratto e che le lingue sono soggette ad una variazione parametrica<br />

per la localizzazione di tratti di genere: nelle lingue romanze il tratto di genere viene<br />

specificato con il numero, mentre <strong>nella</strong> lingua ebraica esso è un tratto inerente <strong>del</strong><br />

nome. Nel capitolo 4 vedremo come quest’ultima posizione sia quella più adeguata<br />

per la descrizione <strong>del</strong> genere in LIS.<br />

CONCLUSIONI<br />

Questo capitolo introduttivo accenna alle teorie che sono alla base <strong>del</strong>lo<br />

sviluppo di questa tesi il cui nucleo teorico principale va individuato <strong>nella</strong> teoria <strong>dei</strong><br />

Principi e Parametri (PeP). Ho esposto molto brevemente alcuni aspetti interessanti<br />

<strong>del</strong>la teoria antisimmetrica, <strong>del</strong> programma minimalista e <strong>del</strong> progetto cartografico.<br />

Nell’ultimo paragrafo ho esposto i motivi principali che hanno condotto a<br />

considerare il <strong>sintagma</strong> <strong>determinante</strong> come la proiezione massimale funzionale <strong>del</strong>la<br />

proiezione nominale. Ho inoltre esposto molto brevemente le principali proiezioni<br />

funzionali interne al <strong>sintagma</strong> <strong>determinante</strong> che interessano questa tesi.<br />

23


C A P I T O L O 2<br />

CENNI DI FONOLOGIA MORFOLOGIA E SITASSI<br />

DELLA LINGUA DEI SEGNI ITALIANA (LIS)<br />

Introduzione<br />

Lo scopo di questo capitolo è fornire alcuni elementi <strong>del</strong>la <strong>struttura</strong> <strong>del</strong>la frase<br />

in LIS che ci consentono di comprendere quanto verrà illustrato nei capitoli seguenti.<br />

Si tratta di linee generali molte <strong>del</strong>le quali non sono state ancora indagate e che qui<br />

saranno esposte allo scopo di fornire un quadro di insieme <strong>del</strong>la LIS.<br />

Il primo paragrafo è dedicato alla fonologia <strong>del</strong>la LIS. Questo argomento,<br />

rispetto agli altri, è quello che è stato maggiormente trattato dagli studiosi italiani.<br />

Nel secondo paragrafo verranno illustrati i tratti sovrasegmentali che in LIS<br />

assumono un rilievo particolare visto che veicolano diverse informazioni di tipo<br />

grammaticale. Il terzo paragrafo illustra le variazioni che coinvolgono le flessioni in<br />

LIS, esso infatti sarà seguito dalle modalità di flessione nominale (quarto paragrafo)<br />

verbale (quinto paragrafo) che hanno determinato la tradizionale suddivisione in<br />

classi <strong>del</strong>le due categorie grammaticali. All’interno <strong>del</strong> paragrafo dedicato ai nomi,<br />

ho riservato una sezione che illustra i classificatori nominali (paragrafo 4.1). Gli<br />

ultimi due paragrafi trattano più specificamente di sintassi, su questo argomento è


CENNII DII FONOLOGIIA DII MORFOLOGIIA E<br />

LIIS<br />

25<br />

DII SIINTASSII DELLA<br />

stato scritto molto poco per la LIS 1 per questo motivo il paragrafo 6 è dedicato al<br />

dibattito, suscitato per l’American Sign <strong>La</strong>nguage (ASL), sugli argomenti nulli e che,<br />

nonostante l’importanza, non ha avuto ancora un’eco per la LIS. In questo paragrafo<br />

applicherò le proprietà <strong>del</strong>le lingue ‘pro-drop’ alla LIS perché nei capitoli successivi<br />

verranno illustrati alcuni aspetti che potranno fornire dettagli importanti per spiegare<br />

il fenomeno. Poiché l’argomento che verrà discusso in questa sede è il DP, nel<br />

settimo paragrafo illustrerò il sistema che consente di individuare un DP in LIS:<br />

quest’ultimo costituisce il paragrafo che introdurrà alla discussione sul DP nei<br />

prossimi capitoli.<br />

1. Fonologia <strong>del</strong>la LIS<br />

I primi studi sulla fonologia <strong>del</strong>la lingua <strong>dei</strong> segni risalgono agli anni<br />

sessanta, quando William Stokoe 2 , osservando i segni <strong>del</strong>l’American Sign <strong>La</strong>nguage<br />

(ASL), individuò tre parametri di formazione <strong>dei</strong> segni 3 : configurazione, luogo e<br />

movimento; in un secondo momento, ulteriori analisi hanno condotto<br />

all’individuazione <strong>del</strong>la posizione <strong>del</strong>le mani, scomponibile in orientamento <strong>del</strong><br />

palmo e direzione <strong>del</strong> metacarpo 4 . Anche se nel corso degli ultimi decenni le ricerche<br />

sulla fonologia <strong>del</strong>le lingue <strong>dei</strong> segni hanno suggerito ulteriori mo<strong>del</strong>li di analisi<br />

fonologica 5 , in Italia le indagini svolte sulla LIS hanno privilegiato la suddivisione in<br />

parametri di formazione <strong>dei</strong> segni, opportunamente adattata alla LIS. In questo<br />

paragrafo riepilogherò le analisi <strong>dei</strong> quattro parametri di formazione <strong>dei</strong> segni <strong>nella</strong><br />

versione indicata per lo studio <strong>del</strong>la fonologia <strong>del</strong>la LIS, in quanto propedeutici alla<br />

comprensione <strong>dei</strong> capitoli successivi.<br />

1<br />

Esistono solo due brevi saggi sull’ordine <strong>dei</strong> segni <strong>nella</strong> frase di <strong>La</strong>udanna (1987) e <strong>La</strong>udanna e<br />

Volterra (1991).<br />

2<br />

Stokoe W. (1960).<br />

3<br />

Per parametri di formazione <strong>dei</strong> segni intendo quelli relativi ai tratti fonologici per la realizzazione<br />

<strong>dei</strong> segni manuali <strong>del</strong>la LIS. Essi non vanno confusi con i parametri ai quali si riferisce Chomsky<br />

(1881) per i quali si rimanda al capitolo1.<br />

4<br />

R. Battison (1974), R. Battison, H. Markowicz, J. Woodward (1975) E. Radutzky (1992, 1987).<br />

5<br />

D. Brentari (1998); Scott K. Lid<strong>del</strong>l and R. Johnson (1989).


CAPIITOLO 2<br />

Per quanto riguarda la notazione <strong>del</strong>la LIS, gli studi realizzati fin ora 6 non<br />

hanno condotto ancora ad una definizione sufficientemente agevole ed univoca di<br />

una forma scritta; le varie forme di notazione, che per la maggior parte utilizzano<br />

programmi software, sono state ideate partendo dalle necessità contingenti dettate<br />

dalla ricerca che si stava conducendo. Infatti, i vari sistemi vengono utilizzati<br />

soprattutto dagli studiosi. Il mo<strong>del</strong>lo fonologico proposto qui ha una sua notazione,<br />

schematizzato nelle tavole 1 e 2 per la quale rimandiamo a Radutzky (1992).<br />

1.1 I parametri di formazione <strong>dei</strong> segni <strong>del</strong>la LIS<br />

Come per l’American Sign <strong>La</strong>nguage, ogni segno <strong>del</strong>la LIS può essere<br />

scomposto in quattro parametri di formazione <strong>dei</strong> segni: configurazione (che<br />

corrisponde alla posizione assunta dalla mano), luogo (che sarebbe il punto, <strong>del</strong><br />

corpo o <strong>del</strong>lo spazio, in cui il segno viene articolato), movimento (che descrive il tipo<br />

di movimento che la mano esegue durante l’articolazione <strong>del</strong> segno) e infine<br />

posizione <strong>del</strong>le mani (la disposizione <strong>del</strong>le mani rispetto al segnante e <strong>del</strong>l’una<br />

rispetto all’altra).<br />

I tratti distintivi <strong>dei</strong> segni sono stati individuati sulla base di coppie minime,<br />

vale a dire di una coppia di segni che ha in comune tutti i parametri eccetto uno; ad<br />

esempio la coppia di segni AFRICA e SODDISFAZIONE hanno in comune configurazione,<br />

movimento e posizione <strong>del</strong>le mani; cambia però il luogo di articolazione che per il<br />

primo è davanti al volto, per il secondo sul petto. Ogni lingua <strong>dei</strong> segni seleziona<br />

solo alcuni tipi di parametri tra quelli anatomicamente possibili che la caratterizzano<br />

rispetto alle altre. Ad esempio la configurazione W (indice, medio e anulare stesi)<br />

che è molto diffusa in ASL perchè corrispondente all’iniziale di molti termini<br />

americani, non viene utilizzata <strong>nella</strong> LIS.<br />

6 E. Radutzky (1992), V. Sutton (1999), aggiornamenti sul sistema proposto da Sutton V. possono<br />

essere ricercati nel sito www.signwring.org . Fabbretti D., Pizzuto E. (2000) Bergman e altri (2001).<br />

26


CENNII DII FONOLOGIIA DII MORFOLOGIIA E<br />

1.1.1 <strong>La</strong> configurazione<br />

LIIS<br />

27<br />

DII SIINTASSII DELLA<br />

Per le configurazioni manuali <strong>del</strong>la LIS si veda la tavola n.1, allegata, dove<br />

sono indicate tutte quelle possibili eccetto le forme allofone 7 che generalmente<br />

ricorrono in seguito a fenomeni di coarticolazione.<br />

1.1.2 Luoghi<br />

In LIS sono stati individuati 16 luoghi di articolazione <strong>dei</strong> segni 8 (tavola 2):<br />

sorprende vedere come 15 di essi siano collocati sul corpo mentre lo spazio neutro,<br />

che corrisponde allo spazio antistante il corpo <strong>del</strong> segnante, è uno solo. Se<br />

fonologicamente lo spazio è un parametro indistinto, per questo è neutro, esso non lo<br />

è dal punto di vista morfologico e sintattico, nei capitoli successivi si chiarirà che se<br />

da un lato lo spazio neutro ha la funzione di luogo <strong>del</strong>l’indifferenziato,<br />

<strong>del</strong>l’impersonalità, dall’altro le relazioni morfosintattiche si stabiliscono in punti ben<br />

precisi determinando così la specificità <strong>del</strong>lo spazio morfosintattico che si oppone<br />

alla neutralità <strong>del</strong>lo spazio fonologico.<br />

Per quanto riguarda i segni articolati sul corpo occorre precisare che le mani<br />

non devono essere necessariamente in contatto con il punto identificato. È sufficiente<br />

che siano molto prossime ad esso: le articolazioni su determinati punti <strong>del</strong> viso, come<br />

occhio, naso e bocca, tendono a spostarsi più in basso o al lato per consentire una<br />

maggiore visibilità di movimenti labiali ed espressioni <strong>del</strong> volto (Radutzky 1990,<br />

2000).<br />

<strong>La</strong> localizzazione <strong>dei</strong> segni sul corpo e nello spazio neutro determina una<br />

serie di regolarità morfologiche e sintattiche poiché i primi subiscono <strong>del</strong>le<br />

restrizioni su movimento e spostamento mentre i secondi sono liberi di muoversi e di<br />

spostarsi nello spazio neutro determinando così flessioni e concordanze.<br />

7 Per approfondimenti sugli allofoni si rimanda a Radutzky (1992).<br />

8 Radutzky (1992).


1.1.3 Movimenti<br />

CAPIITOLO 2<br />

Il parametro <strong>del</strong> movimento è il più difficile da descrivere: un segno<br />

contemporaneamente può incorporare più tipi di movimento; inoltre può essere<br />

eseguito lentamente, velocemente, può essere bloccato o allungato (per i particolari<br />

si rimanda ai vari tipi di movimento schematizzati <strong>nella</strong> tavola 2). Per questo motivo<br />

più studiosi si sono interessati all’argomento 9 e, come è stato accennato all’inizio <strong>del</strong><br />

capitolo, sono stati proposti mo<strong>del</strong>li fonologici diversi. Friedman (1978) suddivide i<br />

tratti di movimento in quattro categorie: Direzione, Maniera, Contatto, Interazione.<br />

Osservando questo parametro alla luce <strong>dei</strong> citati studi sull’ASL, Radutzky (1987)<br />

ripropone la stessa suddivisione <strong>del</strong>la Friedman e la rivisita per la LIS fissando così<br />

le categorie e individuando per ognuna di esse <strong>dei</strong> simboli per i quali si rimanda alla<br />

tabella allegata 10 .<br />

1.1.4 Posizione <strong>del</strong>le mani<br />

Per posizione <strong>del</strong>le mani si considera quella precedente all’inizio <strong>del</strong><br />

movimento. Essa è data dalla combinazione di orientamento <strong>del</strong> palmo (che può<br />

essere rivolto in avanti, o verso il segnante, o verso il lato destro o quello sinistro,<br />

verso l’alto o il basso) e direzione <strong>del</strong>la mano rispetto al corpo <strong>del</strong> segnante. Ciò che<br />

viene riferito a direzione <strong>del</strong>la mano è l’asse che va dal polso al metatarso; anche<br />

quest’asse può avere gli stessi sei orientamenti <strong>del</strong> palmo appena descritti;<br />

anatomicamente però non tutte le combinazioni sono possibili o “comode”. Ad<br />

esempio con il palmo <strong>del</strong>la mano sinistra rivolto verso il segnante, la direzione<br />

<strong>del</strong>l’asse polso-metatarso può essere orientata verso l’alto, verso destra e, se si<br />

coinvolge il sollevamento <strong>del</strong> gomito, anche verso il basso. <strong>La</strong> mano destra, con lo<br />

stesso orientamento <strong>del</strong> palmo potrà essere direzionata in maniera speculare alla<br />

prima: in alto, a sinistra e in basso. Nei segni a due mani va considerata anche la<br />

posizione di una mano rispetto all’altra.<br />

9 In Radutzky (1987) si fa riferimento ai seguenti studi: Friedman (1977), Supalla e Newport (1978),<br />

Klima e Bellugi (1979), Man<strong>del</strong> (1981), Anderson (1978).<br />

10 Per la notazione <strong>dei</strong> segni secondo questa modalità vedi Radutzky 1992 pp.25-34.<br />

28


CENNII DII FONOLOGIIA DII MORFOLOGIIA E<br />

LIIS<br />

Tavole da Radutzky (1992:1001-8)<br />

29<br />

DII SIINTASSII DELLA


CAPIITOLO 2<br />

30


CENNII DII FONOLOGIIA DII MORFOLOGIIA E<br />

2. I tratti sovrasegmentali<br />

LIIS<br />

31<br />

DII SIINTASSII DELLA<br />

I tratti sovrasegmentali in LIS sono costituiti da un complesso di espressioni,<br />

coinvolgenti il volto (dall'inarcamento <strong>del</strong>le sopracciglia alla direzione <strong>del</strong>lo<br />

sguardo), il corpo (come la postura <strong>del</strong>la testa o <strong>del</strong> busto) e i movimenti <strong>del</strong>le<br />

labbra, che accompagnano la produzione di segni manuali.<br />

Diversi studi sulle lingue <strong>dei</strong> segni (Neidle ed altri 1997, 2002, Bahan1996,<br />

Corina Bellugi e Reily 1999 per l’ASL e Franchi 1987, Pizzuto ed altri 1990,<br />

Cecchetto Geraci e Zucchi, 2004a, 2004b per la LIS) hanno mostrato che tali tratti<br />

costituiscono un complemento importante <strong>del</strong> sistema fonologico, morfologico e<br />

sintattico, il loro ruolo è paragonabile a quello <strong>del</strong>l’intonazione nelle lingue verbali.<br />

In morfologia i tratti sovrasegmentali assolvono a varie funzioni: ad esempio<br />

la torsione <strong>del</strong>la testa e <strong>del</strong> busto, insieme alla direzione <strong>del</strong>lo sguardo contribuiscono<br />

alla specificazione <strong>dei</strong> ruoli tematici <strong>del</strong> verbo; specifiche espressioni <strong>del</strong> volto e<br />

posture contribuiscono alla definizione <strong>dei</strong> gradi <strong>del</strong>l’aggettivo. Alterazioni di alcuni<br />

tratti di movimento come l’accelerazione, l’interruzione improvvisa o il<br />

rallentamento, non solo modificano il significato <strong>dei</strong> verbi ma assumono anche una<br />

connotazione espressiva: un segnato “ampio”, fatto di gesti grandi, equivale<br />

all’urlato <strong>del</strong>le lingue orali, un segnato “ristretto” e poco marcato ha la stessa valenza<br />

<strong>del</strong> bisbigliato.<br />

In sintassi i tratti sovrasegmentali coadiuvano la definizione <strong>del</strong> significato e<br />

<strong>del</strong>la funzione di alcuni tipi di preposizioni poichè sono coestensive sia<br />

all’articolazione manuale <strong>del</strong> segno, corrispondente alla testa <strong>del</strong>la categoria<br />

funzionale considerata, sia al suo dominio di c-comando. In altre parole è<br />

l’espressione che caratterizza i tipi di preposizioni. Alcuni studi sulla LIS hanno<br />

dimostrato che i tratti sovrasegmentali caratterizzano le frasi interrogative sì/no e<br />

Wh- (Cecchetto, Geraci e Zucchi 2004b), la frase relativa (Branchini e Donati 2005)<br />

e la frase negativa Geraci (2006). In questo studio verranno illustrate le espressioni<br />

<strong>del</strong> volto e le posture coinvolte nel <strong>sintagma</strong> <strong>determinante</strong>.


CAPIITOLO 2<br />

In LIS specifiche marcature, che coinvolgono posture e direzioni <strong>del</strong>lo<br />

sguardo, sono state identificate come body markers, la loro funzione è stata<br />

considerata come parte <strong>del</strong> fenomeno <strong>del</strong>l’“impersonamento” (Aiello 1997; Pizzuto e<br />

altri 1990). L’impersonamento può essere accostato al discorso diretto <strong>del</strong>le lingue<br />

orali in quanto il segnante “impersona” il soggetto (animato) <strong>del</strong>la frase. Esso viene<br />

attivato da due parametri: la collocazione nello spazio immaginario <strong>dei</strong> personaggi e<br />

lo spostamento <strong>del</strong>lo sguardo che astrae la conversazione dall’interlocutore reale e la<br />

rivolge ad un interlocutore immaginario. <strong>La</strong> collocazione nello spazio è sempre<br />

esplicita. Durante la narrazione lo spostamento <strong>del</strong>lo sguardo verso un punto è già un<br />

segnale di impersonamento: è il body marker che indica che non si sta più parlando<br />

all’interlocutore, ma si sta assumendo il ruolo <strong>del</strong> soggetto <strong>del</strong>la narrazione. Questo<br />

cambiamento di ruolo <strong>del</strong> narratore non è introdotto da espressioni, avviene senza<br />

locuzioni particolari. Il cambiamento di espressione e la direzione <strong>del</strong>lo sguardo,<br />

sono gli elementi che introducono il soggetto <strong>del</strong> discorso e il suo interlocutore<br />

collocato nel punto in cui si direziona lo sguardo. In questa maniera vengono stabiliti<br />

i punti <strong>del</strong>lo spazio che marcano i ruoli e ogni qualvolta ci si vuole riferire ad uno di<br />

essi, occorre ruotare il busto o le spalle e collocarsi <strong>nella</strong> sua direzione. In questo<br />

senso l’impersonamento è grammaticalizzato in quanto direzionando sguardo e<br />

postura vengono indicati i ruoli assunti dai soggetti <strong>del</strong>la narrazione.<br />

L’impersonamento, quindi, è consentito solo con le entità animate. L’uso <strong>dei</strong> body<br />

markers consente un diverso ordine <strong>dei</strong> segni <strong>nella</strong> frase. E’ stato notato (Pizzuto ed<br />

altri 1990) che alcuni tipi di frasi, che <strong>nella</strong> forma non marcata avrebbero come<br />

ordine Soggetto-Verbo-Oggetto, con l’uso <strong>dei</strong> body markers possono avere un ordine<br />

diverso. Inoltre sembra che la forma passiva <strong>dei</strong> verbi sia resa possibile solo<br />

attraverso l’impersonamento.<br />

3. Morfologia<br />

In LIS, come in altre lingue <strong>dei</strong> segni, le variazioni morfologiche <strong>dei</strong> processi<br />

flessivi si manifestano nello spazio. Il segnante arbitrariamente individua <strong>dei</strong> punti ai<br />

32


CENNII DII FONOLOGIIA DII MORFOLOGIIA E<br />

LIIS<br />

33<br />

DII SIINTASSII DELLA<br />

quali associa le diverse entità <strong>del</strong> discorso, ciascun punto individuato è impiegato per<br />

stabilire le concordanze con l’elemento ad esso associato.<br />

Gli studi condotti fin ora sulla LIS (Volterra 1987; Pizzuto ed altri, 1995 per<br />

citarne alcuni) individuano le classi nominali e verbali <strong>dei</strong> segni sulla base <strong>del</strong> punto<br />

di articolazione <strong>dei</strong> segni. Poiché la flessione è legata a variazioni <strong>dei</strong> tratti di<br />

movimento, luogo e orientamento, un segno articolato su una parte <strong>del</strong> corpo non<br />

offre molte possibilità di variazioni perché i punti di articolazione sul corpo sono<br />

parametrizzati, vale a dire che ogni punto <strong>del</strong> corpo costituisce un tratto fonologico<br />

distintivo <strong>del</strong> segno per cui variando il luogo di articolazione e direzione <strong>del</strong><br />

movimento, cambia il suo significato. Nello spazio, invece, non sono state<br />

individuate coppie minime di segni. Per questa ragione esso è neutro. Tuttavia dal<br />

punto di vista morfosintattico lo spazio non è neutro, infatti è il luogo dove si<br />

realizzano le variazioni grammaticali. Le flessioni perciò vengono effettuate<br />

attraverso le seguenti alterazioni:<br />

• Luogo: i punti di articolazione <strong>dei</strong> segni, essendo legati agli<br />

argomenti collocati nello spazio, variano in funzione di questi. Il luogo è anche il<br />

parametro <strong>del</strong>le informazioni riguardanti il tempo: la prossimità dal segnante segnala<br />

la prossimità <strong>del</strong>l’evento (verso il futuro in avanti e verso il passato sulle spalle).<br />

• Orientamento e <strong>del</strong>la direzione: il verso di un verbo stabilisce<br />

relazioni di reciprocità, le direzioni (ad esempio nei verbi di movimento) marcano<br />

agente e paziente o agente e beneficiario. Nelle espressioni di tempo il palmo<br />

orientato verso avanti segnala posteriorità mentre orientato verso il segnante segnala<br />

anteriorità.<br />

• Numero: la ripetizione di un segno assumere diversi significati: se si<br />

accompagna anche ad una variazione <strong>dei</strong> punti di articolazione, ha un senso di<br />

pluralità o distribuzionalità; se la ripetizione mantiene inalterati gli altri tratti, indica<br />

ripetitività o abitualità <strong>del</strong>l’evento. L’articolazione con due mani, per i segni ad una<br />

mano, assume valore rafforzativo o significato di numerosità o di impersonalità.


CAPIITOLO 2<br />

• Durata e <strong>del</strong>l’ampiezza <strong>del</strong> segno: questo tipo di alterazione veicola<br />

modalità e aspettualità; essa segnala un evento abituale, un atto lento o repentino o<br />

veloce o improvviso.<br />

• Postura e <strong>del</strong>le componenti non manuali: questo tipo di alterazioni<br />

sono abbastanza complesse in quanto in esse vanno distinte quelle che determinano<br />

una variazione morfosintattica (come i body markers, espressioni legate a particolari<br />

proposizioni, flessioni) e quelle che sono legate ad espressioni tipiche <strong>del</strong> dialogo<br />

(come l’intonazione e l’espressività in genere).<br />

<strong>La</strong> flessione per aspetto, come ad esempio l’iterazione che veicola ripetitività<br />

o abitualità, oppure la l’ampiezza <strong>del</strong> segno che veicola la dimensione di un<br />

elemento 11 , caratterizzano i nomi, i verbi e gli aggettivi. Ad esempio il segno per<br />

tondo, articolato in maniera ampia significa un grande tondo, il segno per malato<br />

ripetuto significa sempre ammalato. Il segno uovo ripetuto significa tante uova.<br />

L’iterazione però non veicola tanto il senso di quantità, essa ha più propriamente il<br />

senso <strong>del</strong>la numerosità, vale a dire che il plurale non richiede necessariamente la<br />

ripetizione di nome verbo e aggettivo, che sembra essere determinata per lo più da un<br />

valore enfatico, né richiede concordanza. Infatti una frase può presentare il verbo al<br />

plurale ed il nome al singolare (frase 1) il nome al plurale ed il verbo al singolare<br />

(frase 2) nome e verbo al singolare ed il plurale veicolato da un aggettivo di quantità<br />

(frase 3). Gli elementi che veicolano pluralità sono in neretto, la numerosità è<br />

contrassegnata dal simbolo + al pedice.<br />

tratto DP con relativa tratto DP<br />

1. PIZZAj UOMO INFORNARE+++, IXjplu TUTTE NAPOLI Possessivo<br />

Le pizze che l’uomo inforna sono napoletane<br />

tratto DP con relativa<br />

2. PIZZAj+++ UOMO INFORNARE, MARGHERITA NESSUNO<br />

Nessuna <strong>del</strong>le pizze che l’uomo inforna è una Margherita<br />

tratto DP con relativa<br />

3. PIZZAj IXj TUTTE UOMO INFORNARE, TUTTE MARGHERITA<br />

Tulle le pizze che l’uomo inforna sono una Margherita<br />

11 Per approfondimenti si rimanda a Klima & Bellugi (1979) e Padden (1983).<br />

34


CENNII DII FONOLOGIIA DII MORFOLOGIIA E<br />

LIIS<br />

35<br />

DII SIINTASSII DELLA<br />

<strong>La</strong> flessione per aspetto merita uno studio approfondito che non è possibile<br />

affrontare in questa sede, mi limiterò solo a coglierne alcuni aspetti necessari a<br />

spiegare alcuni fenomeni grammaticali.<br />

<strong>La</strong> distinzione in diverse classi <strong>dei</strong> nomi e <strong>dei</strong> verbi realizzata da Volterra ad<br />

altri (1987) poggia le sue basi proprio sul tipo di variazione che ognuna di esse<br />

consente: più è possibile variare la posizione, il verso e l’orientamento <strong>del</strong> palmo più<br />

il sistema flessivo è aperto. Il criterio di distinzione <strong>del</strong>le classi nominali e verbali<br />

quindi è legato al tipo di flessività. Nei prossimi paragrafi considererò le classi<br />

nominali e verbali e il tipo di flessione che ognuna di esse ammette.<br />

4. <strong>La</strong> flessione nominale<br />

Le ricerche realizzate sulla LIS (Pizzuto, 1987; Pizzuto ed altri, 1990 1997)<br />

hanno individuato due classi di nomi: la prima, invariabile, <strong>nella</strong> quale vengono<br />

raggruppati i nomi articolati sul corpo (dalla testa al tronco); la seconda, flessiva,<br />

raccoglie i nomi articolati nello spazio neutro. <strong>La</strong> flessione <strong>dei</strong> nomi considerata da<br />

Pizzuto ed altri (1997) è quella per numero. Nei prossimi capitoli vedremo che la<br />

flessione non riguarda solo la possibilità di iterazione <strong>del</strong> nome e quindi di<br />

pluralizzazione, ma riguarda anche la concordanza con un verbo attraverso la<br />

localizzazione in un luogo specifico <strong>del</strong>lo spazio e la concordanza di specifici tratti<br />

di forma. Per quanto riguarda il genere, se molte in molte lingue il genere o la classe<br />

viene marcato dal nome stesso, o dall’articolo, o da un morfema (come accade per<br />

l’italiano in cui i nomi marcano i due generi: maschile e femminile), ci sono molte<br />

lingue in cui la categorizzazione <strong>dei</strong> nomi è affidata ai classificatori (Aikehnvald,<br />

2000). <strong>La</strong> LIS è una lingua di quest’ultimo tipo, infatti, i classificatori categorizzano<br />

i nomi numerabili e concreti. Nel capitolo 4 si chiarirà il tipo di categorizzazione che<br />

i classificatori operano sui nomi.<br />

I nomi articolati nello spazio consentono concordanze <strong>del</strong> nome con il verbo<br />

attraverso l’articolazione <strong>del</strong> segno da un punto generico ad uno specifico, inoltre<br />

consentono all’articolazione <strong>del</strong> nome di essere spostata, di essere ripetuta nello


CAPIITOLO 2<br />

stesso luogo, di essere ripetuta nello spazio, di subire alterazioni quali l’ampiezza <strong>del</strong><br />

segno o il movimento nello spazio. I nomi articolati sul corpo non permettono tutte<br />

queste variazioni, molte di esse infatti vengono assunte dai classificatori i quali<br />

perciò non solo categorizzano i nomi, ma costituendo <strong>del</strong>le proforme <strong>del</strong> nome, ne<br />

assumono anche le variazioni di articolazione. Ad esempio il nome città è articolato<br />

nello spazio. L’articolazione può essere localizzata in un punto specifico <strong>del</strong>lo<br />

spazio, concordando ad esempio con un predicato, oppure può essere modificata<br />

nell’ampiezza così da incorporare i tratti di dimensione: città grande sarà articolato<br />

con un segno ampio, città piccola con un segno ristretto; infine l’articolazione può<br />

essere iterata in diversi punti <strong>del</strong>lo spazio veicolando significato di numerosità. Un<br />

nome articolato sul corpo, come pecora, non può essere modificato nelle dimensioni<br />

quindi richiede un aggettivo di dimensione, espresso in forma lessicale e non<br />

sottoforma di tratti. Un nome segnato sul corpo per essere localizzato nello spazio<br />

richiede un classificatore o un’indicazione, per essere iterato richiede un<br />

classificatore. Nel paragrafo seguente vedremo che l’uso <strong>dei</strong> classificatori rende<br />

omogeneo il comportamento morfologico <strong>del</strong>le due classi di nomi e che ci sono<br />

ulteriori elementi da considerare per una diversa sottocategorizzazione <strong>dei</strong> nomi.<br />

Nel paragrafo successivo esporrò molto brevemente alcune caratteristiche <strong>dei</strong><br />

classificatori nominali, che ci aiuteranno a comprendere l’uso che se ne fa in LIS.<br />

4.1 I classificatori in LIS<br />

Il termine classificatore generalmente è utilizzato per indicare un sistema di<br />

categorizzazione <strong>dei</strong> nomi, per questo motivo i classificatori possono essere distinti<br />

in diverse tipologie a seconda <strong>del</strong> significato, <strong>del</strong>lo status, <strong>del</strong>le condizioni di uso,<br />

<strong>del</strong>la funzione.<br />

<strong>La</strong> definizione <strong>del</strong> ruolo (o <strong>dei</strong> molteplici ruoli) <strong>dei</strong> classificatori in LIS è un<br />

compito molto complesso, perché essi interagiscono con differenti tipi di elementi<br />

linguistici assumendo di volta in volta un valore diverso.<br />

Sulla base <strong>del</strong>la descrizione <strong>dei</strong> classificatori operata da Aikhenvald (2000),<br />

in LIS sono individuabili classificatori nominali, numerali, locativi, <strong>dei</strong>ttici e verbali.<br />

36


CENNII DII FONOLOGIIA DII MORFOLOGIIA E<br />

LIIS<br />

37<br />

DII SIINTASSII DELLA<br />

Ogni tipo di classificatore richiederebbe uno studio approfondito e monotematico.<br />

Poiché, per ovvie ragioni, non è possibile affrontarlo in questa sede e, poiché il<br />

<strong>sintagma</strong> <strong>determinante</strong>, che è il filo conduttore degli argomenti trattati, non può<br />

prescindere dalla sua trattazione, sebbene con molti limiti perché non esistono studi<br />

sul suo status grammaticale, discuterò <strong>del</strong> classificatore solo quando è importante<br />

per completare un quadro di riferimento. In questo paragrafo fornirò alcuni elementi<br />

necessari per comprendere la modalità di selezione <strong>del</strong> classificatore, in seguito si<br />

chiariranno alcuni contesti di uso. <strong>La</strong> descrizione non è esauriente tuttavia fornisce<br />

alcuni elementi utili alla comprensione <strong>del</strong> DP in LIS; essa ha lo scopo di tracciare<br />

alcuni sentieri di ricerca. Innanzitutto osserveremo i tratti morfologici <strong>dei</strong><br />

classificatori sulla cui base viene operata una prima sottocategorizzazione <strong>dei</strong> nomi,<br />

poi daremo un rapido sguardo ai contesti d’uso e vedremo che attraverso<br />

l’incorporazione di tratti semantici i classificatori, originariamente nominali possono<br />

diventare locativi, <strong>dei</strong>ttici, numerali e verbali. Infine daremo un ultimo sguardo ad<br />

altre forme di sottocategorizzazione <strong>dei</strong> nomi.<br />

4.1.1 Elementi di morfologia <strong>dei</strong> classificatori<br />

In LIS la sottocategorizzazione <strong>dei</strong> nomi è stabilita dalla tipologia di<br />

classificatore che il nome seleziona. <strong>La</strong> selezione <strong>dei</strong> classificatori avviene su base<br />

semantica e generalmente si riferisce alle caratteristiche esteriori <strong>del</strong> nome. Corazza<br />

(1990) ha individuato gli elementi semantici sulla cui base viene selezionato il<br />

classificatore e ha distinto i classificatori in cinque categorie principali.<br />

a. Classificatori di presa. Sono stabiliti dalla posizione e dalla forma che la<br />

mano deve assumere per tenere in mano l’entità considerata. Ad esempio<br />

tenere in mano un bicchiere fa assumere alla mano una posizione ed una<br />

configurazione diversa che tenere mano una canna da pesca oppure un<br />

foglio. Ognuna <strong>del</strong>le posizioni che la mano assume costituisce un<br />

classificatore di presa diverso.<br />

b. Classificatore di superficie. In questa categoria la forma che la mano<br />

assume, rappresenta la superficie <strong>del</strong>l’oggetto che intende rappresentare.


CAPIITOLO 2<br />

Ad esempio un foglio avrà una configurazione idonea a designare una<br />

superficie ampia, compatta e liscia (conf. B), mentre un nastro avrà una<br />

configurazione (H) 12 con superficie più ristretta.<br />

c. Classificatore descrittivo. In cui la mano assume la forma idonea a<br />

descrivere un entità, ad esempio descrivere una linea nello spazio<br />

richiede la punta <strong>del</strong>l’indice, descrivere una striscia richiede la punta<br />

<strong>del</strong>l’intera mano.<br />

d. Classificatore di perimetro. In questa categoria la mano assume la forma<br />

<strong>del</strong> perimetro <strong>del</strong>l’entità che rappresenta, ad esempio un perimetro<br />

circolare viene realizzato con due mani che assumono la configurazione<br />

C: in questo modo si possono designare le forme cilindriche; oppure<br />

l’angolo retto viene realizzato con la configurazione L.: la forma assunta<br />

dalla mano rimanda a referenti come il perimetro di una cornice o di un<br />

quadro.<br />

e. Classificatore di volume/quantità. <strong>La</strong> configurazione <strong>del</strong>la mano in<br />

questa categoria dà informazioni circa il peso e il volume. Questo tipo di<br />

classificatore è utilizzato anche per designare i liquidi. Ad esempio la<br />

sigaretta che si accorcia o il liquido in un bicchiere.<br />

Corazza (1990) nell’individuare la morfologia <strong>dei</strong> classificatori ha specificato<br />

anche alcune restrizioni, soprattutto di tipo morfologico, sul loro uso.<br />

Da un punto di vista semantico ciò che emerge da quest’analisi è che tutti i<br />

tipi di classificatori individuati sono riconducibili alla forma <strong>del</strong> nome. Il<br />

classificatore nominale, selezionato sulla base <strong>del</strong>la forma <strong>del</strong> nome, può incorporare<br />

altri tratti semantici. Parte <strong>del</strong> capitolo 4 sarà dedicato a questo argomento.<br />

4.1.2 Contesti di uso <strong>dei</strong> classificatori<br />

Ai fini <strong>del</strong>l’analisi sintattica, oltre a comprendere come avviene la selezione<br />

<strong>del</strong> classificatore, ci interessa chiarire i contesti d’uso <strong>del</strong> classificatore.<br />

12 Per la descrizione <strong>del</strong>le configurazioni si rimanda alla tabella 1 <strong>del</strong> capitolo 2<br />

38


CENNII DII FONOLOGIIA DII MORFOLOGIIA E<br />

LIIS<br />

39<br />

DII SIINTASSII DELLA<br />

Le principali circostanze in cui si osserva l’utilizzo <strong>dei</strong> segni classificatori<br />

sono legate a diversi contesti linguistici, ad esempio vengono utilizzati come<br />

morfemi per creare alcuni neologismi. In questa sede individuerò quelli che ci<br />

aiutano a comprendere alcuni fenomeni sintattici.<br />

I classificatori co-occorrono con il nome e sono elementi semanticamente<br />

legati al nome in quanto fungono da proforma <strong>del</strong> nome, sintatticamente però occorre<br />

indagare quando sono più assimilabili agli elementi anaforici, quando ai pronominali<br />

e quando alle espressioni referenziali. I contesti di uso sono i seguenti:<br />

• Proprio perché specificano le proprietà esteriori di un’entità, i classificatori<br />

ricorrono nelle descrizioni, che riguardano la forma.<br />

• I classificatori, incorporando i tratti di luogo, aiutano a stabilire alcune<br />

relazioni spaziali tra gli elementi di una frase. Sostituendosi al nome, ne<br />

indicano la posizione nello spazio e la relazione di prossimità che intrattiene<br />

con gli altri elementi (sopra sotto di fianco eccetera) <strong>La</strong> disposizione spaziale<br />

può alludere anche ad una prossimità di tipo concettuale come il grado di<br />

parentela ad esempio. Le relazioni spaziali sono la base <strong>del</strong>la costruzione di<br />

molti sintagmi preposizionali.<br />

• I classificatori, come proforma <strong>del</strong> nome, vengono largamente adoperati <strong>nella</strong><br />

flessione <strong>dei</strong> nomi non flessivi e, come vedremo nel capitolo 4, anche di<br />

molti nomi flessivi. Quando utilizzati per i plurali, codificano informazioni<br />

sulla disposizione nello spazio.<br />

• Nell’uso comune <strong>del</strong>la LIS spesso i classificatori si comportano da verbi: la<br />

radice lessicale, data dalla configurazione manuale, incorpora i morfemi<br />

costituiti dai tratti di movimento che sono di matrice verbale. 13<br />

• I classificatori, incorporando i tratti di numero, veicolano informazioni sul<br />

duale per tutti i classificatori numerabili, oppure con numerazioni fino a<br />

quattro se l’elemento nominale ha una forma lunga, cioè assimilabile alla<br />

forma di un dito <strong>del</strong>la mano.<br />

13 Per maggiori informazioni si rimanda a Benedicto e Brentari (2004)


4.1.3 I Classificatori Nominali<br />

CAPIITOLO 2<br />

Poiché l’interesse principale di questo studio è la categoria <strong>del</strong> nome,<br />

illustrerò principalmente i classificatori nominali in quanto essi hanno un ruolo<br />

importante <strong>nella</strong> costituzione <strong>del</strong> DP perché veicolano diversi tratti.<br />

Ci sono numerose prove empiriche a sostegno <strong>del</strong>l’ipotesi che alcuni tipi di<br />

classificatori appartengono al DP. Un primo fatto è costituito dagli elementi<br />

prosodici: il tratto sovrasegmentale che caratterizza il DP occorre anche sul<br />

classificatore. Ad esempio:<br />

40<br />

tratto DP<br />

Tratto di dimensione grande<br />

4. LIBRO CL forma <strong>del</strong> volume + dimensione grande MIO<br />

Il libro voluminoso è mio<br />

Nella frase 4 si può osservare come il tratto sovrasegmentale <strong>del</strong> DP è<br />

coestensivo al nome e al classificatore.<br />

<strong>La</strong> seconda prova è costituita dal fatto i tratti <strong>del</strong> classificatore, selezionato<br />

sulla base <strong>del</strong>la forma <strong>del</strong> nome, codificano la modificazione <strong>del</strong> nome. Ad esempio i<br />

tratti di forma e di volume <strong>del</strong> classificatore <strong>del</strong>la frase 4 qualificano la forma e la<br />

dimensione nome.<br />

Il classificatore è una proforma <strong>del</strong> nome e lo sostituisce nelle flessioni. Ad<br />

esempio molti plurali vengono realizzati attraverso la ripetizione nello spazio <strong>del</strong><br />

classificatore che con il quale ricorre con il nome che non può essere reduplicato.<br />

Nella frase 5 il classificatore oltre a specificare forma e posizione <strong>del</strong> nome specifica<br />

anche il numero perché è ripetuto nello spazio (segnalato <strong>nella</strong> glossa dai simboli<br />

++).<br />

5. LIBRO Cl tratto di forma + tratto di posizione+ tratto di luogo + +<br />

I libri


CENNII DII FONOLOGIIA DII MORFOLOGIIA E<br />

LIIS<br />

41<br />

DII SIINTASSII DELLA<br />

<strong>La</strong> quarta prova empirica è data dal fatto che i tratti di luogo <strong>del</strong> classificatore<br />

costituiscono la referenzialità <strong>del</strong> nome. In seguito si chiarirà che attraverso il<br />

classificatore è possibile definire i tratti <strong>del</strong>lo spazio che costituiscono la<br />

referenzialità <strong>del</strong> nome.<br />

In presenza di un nome accompagnato dal classificatore nominale, il verbo<br />

concorda con il classificatore. ad esempio <strong>nella</strong> frase 6 il l nome è al singolare, il<br />

verbo viene ripetuto nello spazio in corrispondenza <strong>dei</strong> luoghi in cui sono stati<br />

articolati rispettivamente i classificatori.<br />

tratto DP<br />

6. LIBRO Cl tratto di forma +tratto di posizione+tratto di luogoy +j +z BRUCIAREy +j +z<br />

ogni libro si è bruciato<br />

In questo modo si osserva come la flessione verbale concordi con il<br />

classificatore nominale.<br />

4.1.4 Incorporazione <strong>dei</strong> tratti di numero e luogo nel classificatore.<br />

Fin ora abbiamo visto la morfologia <strong>dei</strong> classificatori e, in base al contesto<br />

d’uso, abbiamo visto che in LIS i classificatori nominali, assimilando vari tratti<br />

possono trasformarsi in classificatori numerali, verbali, locativi. Più avanti, nel<br />

capitolo 6, vedremo come essi assumono anche una funzione <strong>dei</strong>ttica. Per il<br />

momento guardiamo i tipi di tratti che incorporano.<br />

Ho già affermato che la selezione può essere riconducibile alla forma <strong>del</strong><br />

nome; il classificatore di forma che utilizza le dita può incorporare anche i tratti di<br />

numero occorre però che le dita siano rappresentative <strong>del</strong>la forma <strong>del</strong>l’entità<br />

rappresentata, vale a dire che in LIS le entità strette e lunghe (persone, fili, tubi,<br />

alberi eccetera) che possono essere rappresentate dalle dita di una mano possono<br />

selezionare una classificatore numerale fino quattro. Ad esempio quattro alberi in<br />

fila. Gli altri nomi possono solo selezionare il classificatore numerale duale costituito<br />

da un classificatore di forma per ogni mano. Ad esempio il classificatore per libro,<br />

articolato da ognuna <strong>del</strong>le due mani, significa due libri, con lo stesso tipo di


CAPIITOLO 2<br />

classificatore non è possibile incorporare un numero maggiore a due. Nel capitolo 4<br />

esaminerò nel dettaglio questo aspetto.<br />

Il classificatore di forma può incorporare anche i tratti di luogo diventando<br />

così classificatore locativo come si può osservare <strong>nella</strong> frase 7.<br />

7. m.d.: PORTA CLforma localizzato in x----------------------------------------------------<br />

m.n.d.: UOMO CL (uomo in piedi) localizzato avanti a x<br />

L’uomo davanti alla porta<br />

<strong>La</strong> categoria <strong>del</strong> luogo è data dalla posizione degli elementi nello spazio e<br />

dalla loro relazione (avanti, dietro eccetera). In LIS, se occorre stabilire la relazione<br />

tra gli elementi, l’uso <strong>dei</strong> classificatori locativi è sempre necessario.<br />

Il classificatore <strong>dei</strong>ttico è associato alla <strong>dei</strong>ssi, la modalità di incorporazione<br />

<strong>dei</strong> tratti non differisce da quella illustrata per il classificatore locativo. Un<br />

classificatore (selezionato sempre sulla base <strong>del</strong>la forma) è <strong>dei</strong>ttico quando la sua<br />

localizzazione identifica una specifica entità rispetto ad un altro oppure assume un<br />

valore anaforico. Per ulteriori dettagli si rimanda al capitolo 6.<br />

Benché sia riconosciuto che i classificatori sono elementi lessicali che fanno<br />

parte <strong>del</strong>la lingua, essi non hanno ancora un posto nei dizionari LIS questo perché<br />

essendo elementi che incorporano più tratti è difficile cristallizzarli in una forma<br />

definita citazionalmente.<br />

4.1.5 I classificatori come elementi di categorizzazione <strong>dei</strong> nomi<br />

Abbiamo osservato che una prima sottocategorizzazione <strong>dei</strong> nomi è costituita<br />

dalla suddivisione in nomi numerabili e concreti da non contabili e astratti che non<br />

selezionano affatto un classificatore. Una successiva sottocategorizzazione è<br />

costituita dalla forma <strong>del</strong> nome (Corazza 1990). Un attenta osservazione <strong>dei</strong><br />

classificatori consente di verificare l’esistenza di altre forme di<br />

sottocategorizzazione, ad esempio esistono classificatori che, benché selezionati per<br />

forma, designano particolari entità. Un gruppo di questi è costituito dalle parti <strong>del</strong><br />

corpo. Esiste un classificatore per la testa, uno per gli occhi, uno per la bocca e uno<br />

per le gambe. Questi classificatori hanno la funzione di descriverne, nei dettagli i<br />

42


CENNII DII FONOLOGIIA DII MORFOLOGIIA E<br />

LIIS<br />

43<br />

DII SIINTASSII DELLA<br />

movimenti e possono essere usati solo per riferirsi alle entità umane. Ad esempio il<br />

classificatore V (indice e medio stesi) designa le gambe degli umani, esso può<br />

assumere varie posizioni, (seduto, in piedi a testa in giù, in ginocchio) può diventare<br />

classificatore verbale come correre, ma può essere utilizzato solo con gli esseri<br />

umani.<br />

8. UOMO CLgambe CORRERE<br />

l’uomo corre<br />

9. *CANE CLgambe CORRERE<br />

10. CANE CL zampe CORRERE<br />

il cane corre<br />

Un'altra forma di sottocategorizzazione è data dal fenomeno<br />

<strong>del</strong>l’impersonamento, descritto nel paragrafo 2 di questo capitolo, infatti poiché,<br />

come abbiamo visto, tale forma di flessione è possibile solo con gli esseri animati,<br />

essa sottocategorizza i nomi in esseri animati e no.<br />

Indagare su questi aspetti può essere molto importante. Benedico e Brentari<br />

(2004) ad esempio, per l’ASL, hanno individuato che i classificatori verbali di parti<br />

<strong>del</strong> corpo avendo un soggetto esterno, quindi con un’interpretazione agentiva, sono<br />

<strong>del</strong> tipo ergativo, mentre i classificatori verbali che si riferiscono all’intera entità (ad<br />

esempio il dito indice che si riferisce ad un uomo) hanno un argomento interno per<br />

cui sono <strong>del</strong> tipo in accusativo. I classificatori verbali di presa (handling) sono <strong>del</strong><br />

tipo transitivo.<br />

5. Le tre classi verbali<br />

L’accordo verbale si esprime attraverso l’associazione tra i punti <strong>del</strong>lo spazio<br />

e gli argomenti <strong>del</strong> verbo: l’articolazione <strong>del</strong> verbo marca i punti in cui sono stati<br />

localizzati gli argomenti per cui l’accordo si manifesta con l’identificazione <strong>dei</strong> tratti<br />

<strong>del</strong>lo spazio. Nel capitolo successivo, chiarirò come tali tratti siano associati alle


CAPIITOLO 2<br />

persone verbali, per il momento, per discutere l’accordo verbale e la legittimazione<br />

degli argomenti nulli, mi limiterò a definirli argomenti <strong>del</strong> verbo.<br />

Come per i nomi, le classi verbali sono state distinte sulla base <strong>dei</strong> loro tratti<br />

flessivi. Ricerche compiute sulla LIS (Pizzuto 1987, Caselli ed altri 1994) 14 hanno<br />

individuato tre classi di verbi. Quelli <strong>del</strong>la prima classe, avendo come punto di<br />

articolazione un punto specifico <strong>del</strong> corpo, possiedono maggiori restrizioni perché<br />

non consentono alterazioni di orientamento <strong>del</strong>la mano e verso <strong>del</strong> movimento; i<br />

verbi <strong>del</strong>la seconda classe sono quelli che consentono maggiori variazioni in quanto<br />

marcano soggetto e complemento; i verbi <strong>del</strong>la terza classe invece marcano solo un<br />

argomento. Per la realizzazione <strong>del</strong>l’accordo manuale, è necessario che i punti <strong>del</strong>lo<br />

spazio segnico siano associati agli argomenti <strong>del</strong> verbo. Questa forma di marcatura<br />

manuale può ricorrere con un’altra marcatura, non manuale, che si serve <strong>del</strong>la<br />

direzione <strong>del</strong>lo sguardo, <strong>del</strong>la rotazione <strong>del</strong>la testa e/o <strong>del</strong>le spalle che, puntando in<br />

direzione <strong>del</strong> complemento diretto, individuano soggetto e oggetto <strong>del</strong> verbo.<br />

L’accordo non manuale è più evidente con i verbi non flessivi ed è possibile solo con<br />

alcune persone verbali, ad esempio non è possibile (oppure non è fonologicamennte<br />

realizzato) con la prima e la seconda persona. Quando è coinvolta la terza persona,<br />

sia come soggetto sia come oggetto, la realizzazione <strong>del</strong>l’accordo non manuale è<br />

manifesta.<br />

Ad un primo sguardo sembra che ciò che viene definito “impersonamento”<br />

per la LIS (Pizzuto ed altri 1990) è stato riconosciuto come un sistema di flessione<br />

<strong>dei</strong> verbi non flessivi <strong>del</strong>l’ASL (Bahan ed altri 2000, Neidle ed altri 2000) e <strong>del</strong>la<br />

LIS (Zucchi 2004). A corroborare questa ipotesi c’è il fatto che i verbi <strong>del</strong>la prima<br />

classe sembrano essere pertinenti <strong>del</strong>le entità animate, anche i pronomi di prima<br />

persona sono caratterizzati dal tratto +animato, per cui la loro flessione viene resa<br />

possibile attraverso specifiche marcature <strong>dei</strong> tratti sovrasegmentali (body markers)<br />

caratteristici <strong>del</strong>l’impersonamento che, non per caso, è possibile solo con le entità<br />

animate. In realtà la questione andrebbe approfondita per stabilire se si tratta di<br />

14 L’intuizione di identificare le classi verbali sulla base <strong>dei</strong> tratti di accordo risale a Padden (1983,<br />

1990) per l’ASL ed è stata poi ripresa per le altre lingue <strong>dei</strong> segni.<br />

44


CENNII DII FONOLOGIIA DII MORFOLOGIIA E<br />

LIIS<br />

45<br />

DII SIINTASSII DELLA<br />

discorso diretto e quindi di reale impersonamento, oppure, seguendo la tesi di Bahan<br />

ed altri (2000), si tratti di una forma di flessione o se le due posizioni coincidono. Il<br />

fatto che questa forma di flessione è possibile solo con esseri animati, induce a<br />

considerare anche l’ipotesi di logoforicità 15 come ha illustrato Lillo-Martin per<br />

l’ASL (1990, 1995). Questo tema va certamente approfondito per la sua<br />

particolarità, ad esempio anche le costruzioni impersonali possono essere coinvolte<br />

in questa forma di flessione:<br />

tratti di impersonamento<br />

11. OGNUNO PENSARE IO INTELLIGENTE<br />

Ognuno crede di essere intelligente<br />

<strong>La</strong> particolarità di questa frase sta nel fatto che il pronome soggetto <strong>del</strong>la secondaria<br />

o non è coreferenziale con l’antecedente, si tratta cioè di un pronome forte con un<br />

pieno ruolo di soggetto.<br />

Questo sistema di flessione è molto comune nelle lingue <strong>dei</strong> segni in quanto<br />

oltre che per la LIS e per l’ASL, è stato descritto anche per la lingua <strong>dei</strong> segni danese<br />

DSL (Engberg-Pedersen 1995) e per la lingua <strong>dei</strong> segni <strong>del</strong> Quebec (QSL) (Poulin e<br />

Miller 1995).<br />

Prima di descrivere i modi in cui le diverse classi verbali marcano gli<br />

argomenti, è opportuno specificare che tutti i verbi, <strong>nella</strong> forma non marcata, partono<br />

dalla prima persona e si realizzano nello spazio non marcato. Bahan (1996) e Supalla<br />

(1996) ritengono che la forma non marcata in ASL corrisponde alla prima persona<br />

invece che alla terza, come avviene per molte lingue orali. In LIS tale forma non<br />

marcata ricorre molto spesso non solo come forma impersonale, ma anche con<br />

soggetto e/o oggetto specificato.<br />

Nei paragrafi successivi descriverò le tre classi verbali <strong>del</strong>la LIS e il loro<br />

comportamento in relazione alla marcatura degli argomenti e alla luce di quanto<br />

15 Lillo.Martin (1995) considera la logoforicità in quanto il segnante, assumendo il punto di vista <strong>del</strong><br />

soggetto, flette i verbi facendoli concordare con il pronome di prima persona. L’associazione con<br />

referente di prima persona può cambiare con un “role shifting” in cui il segnante assume un altro<br />

punto di vista e continua a flettere il verbi come se fosse lui il soggetto in prima persona.


CAPIITOLO 2<br />

detto, mi soffermerò sulla discussione degli argomenti nulli che ha meritato un<br />

interessante dibattito per l’ASL.<br />

Fig.1<br />

VERBO ARTICOLATO SUL<br />

COPRPO [Radutzky 1992:<br />

653.1]<br />

CREDERE UCCIDERE LAVORARE<br />

5.1 <strong>La</strong> flessione <strong>dei</strong> verbi <strong>del</strong>la prima classe.<br />

<strong>La</strong> flessione manuale (attraverso l’orientamento <strong>del</strong> palmo e le variazioni di<br />

direzione <strong>del</strong> segno) <strong>dei</strong> verbi <strong>del</strong>la prima classe, ovvero quelli localizzati sul corpo<br />

(fig.1), non consente variazioni di direzione o verso, ragione per cui rimane invariata.<br />

Esempi di verbi <strong>del</strong>la prima classe sono pensare, mangiare, bere, credere, volere,<br />

ideare, amare, sentire, ricordare, preoccuparsi, telefonare, dimenticare. Il soggetto<br />

di un verbo intransitivo, <strong>nella</strong> forma non marcata, è necessario che venga specificato.<br />

12. DONNA PENSARE<br />

<strong>La</strong> donna pensa<br />

Fig.2<br />

VERBO CHE MARCA DUE<br />

ARGOMENTI ARTICOLATO<br />

NELLO SPAZIO [Radutzky<br />

1992: 415.3]<br />

Nella forma marcata l’individuazione <strong>del</strong> soggetto avviene per effetto <strong>del</strong>le<br />

espressioni <strong>del</strong> viso che estraneano la conversazione dall’interlocutore; il parlante,<br />

assumendo postura ed espressioni idonee, assume il ruolo <strong>del</strong> soggetto. In tal caso è<br />

46<br />

Fig.3<br />

VERBO ARTICOLATO NELLO<br />

SPAZIO CHE MARCA UN<br />

SOLOARGOMENTO<br />

[Radutzky 1992: 630.1]


CENNII DII FONOLOGIIA DII MORFOLOGIIA E<br />

LIIS<br />

47<br />

DII SIINTASSII DELLA<br />

possibile omettere il soggetto anche se è necessario che esso sia il topic <strong>del</strong> discorso.<br />

Es. frase 16.<br />

rotaz. <strong>del</strong>la testaj<br />

13. PENSARE<br />

pensa<br />

In presenza di un complemento diretto, le espressioni non manuali di accordo<br />

marcano soggetto e complemento diretto sul quale sono orientati la direzione <strong>del</strong>lo<br />

sguardo o <strong>del</strong>la testa o <strong>del</strong>le spalle. Vale a dire che le spalle e/o la testa marcano la<br />

posizione <strong>del</strong> soggetto, la direzione <strong>del</strong>lo sguardo si orienta verso l’oggetto<br />

realizzando così gli accordi per soggetto ed oggetto.<br />

Un verbo articolato sul corpo che prende due argomenti è CONOSCERE.<br />

__ jtorsione bustok<br />

__jdirez. sguardok<br />

14. GIANNIj PIETROk CONOSCERE<br />

Gianni conosce Pietro<br />

Il soggetto (Gianni) e il complemento diretto (Pietro), vengono articolati e<br />

localizzati nello spazio. Durante l’articolazione <strong>del</strong> verbo, la rotazione <strong>del</strong>le spalle e<br />

la direzione <strong>del</strong>lo sguardo, partendo dal soggetto (j), si dirigono verso il<br />

complemento diretto (k). <strong>La</strong> marcatura <strong>dei</strong> ruoli da parte <strong>del</strong> verbo è possibile anche<br />

attraverso l’inclinazione <strong>del</strong>la testa durante la sua articolazione. Il principio generale<br />

è che la direzione <strong>del</strong>lo sguardo, la rotazione <strong>del</strong>la testa e/o <strong>del</strong>le spalle parte dal<br />

soggetto e si direziona verso il complemento diretto. In taluni casi si assiste ad uno<br />

spostamento <strong>del</strong> verbo nello spazio segnico. Ad esempio il verbo conoscere viene<br />

spostato dalla posizione iniziale (in questo caso sul lato <strong>del</strong>la fronte) allo spazio<br />

antistante il punto di articolazione <strong>del</strong> corpo, in modo tale che il verso <strong>del</strong>la mano<br />

possa essere puntato sul complemento diretto. L’acquisizione, da parte <strong>del</strong> verbo, di<br />

una sorta di “direzionalità”, costituita dall’articolazione nello spazio o anche solo<br />

dalla direzione <strong>del</strong>lo sguardo, lo rende assimilabile ai verbi flessivi. Anche in questo<br />

caso, è possibile avere la forma non marcata da espressioni non manuali, occorre


CAPIITOLO 2<br />

però occorre specificare soggetto e oggetto e l’ordine degli elementi <strong>nella</strong> frase sarà<br />

Soggetto Verbo Oggetto.<br />

15. GIANNI 1pCONOSCERE3p PIETRO<br />

Nel caso in cui i nomi sono articolati sul corpo, quindi sono non flessivi,<br />

l’associazione con i punti <strong>del</strong>lo spazio avviene attraverso altre modalità. Nella prima<br />

modalità durante l’articolazione <strong>del</strong> nome la testa si inclina su un lato (in direzione<br />

<strong>del</strong> soggetto) e guarda <strong>nella</strong> direzione opposta, in questa maniera ad ogni lato vine<br />

associato un argomento (es.n.16); <strong>nella</strong> seconda modalità, il nome viene collocato<br />

nello spazio attraverso un’indicazione (es. n.17); <strong>nella</strong> terza il nome viene collocato<br />

nello spazio con un classificatore (es. n.18).<br />

__ jtorsione bustok<br />

inclin. testaj __jdirez. sguardok<br />

16. DONNAj UOMO IXk CONOSCERE<br />

la donna conosce (quell’) l’uomo<br />

__ jtorsione bustok<br />

__jdirez. sguardok<br />

17. DONNA IXj UOMO IXk CONOSCERE<br />

<strong>La</strong> donna conosce (quell’) l’uomo<br />

__ jtorsione bustok<br />

__jdirez. sguardok<br />

18. DONNA Clj UOMO (IX)k CONOSCERE<br />

la donn <strong>La</strong> conosce (quell’) l’uomo<br />

5.2 <strong>La</strong> flessione <strong>dei</strong> verbi <strong>del</strong>la seconda classe<br />

In questa classe vengono raggruppati i verbi articolati nello spazio neutro con<br />

due punti di articolazione (fig.2). Questi verbi prendono due o tre argomenti, ma ne<br />

marcano due. In essi possiamo distinguere due sottoclassi di verbi:<br />

48


CENNII DII FONOLOGIIA DII MORFOLOGIIA E<br />

LIIS<br />

49<br />

DII SIINTASSII DELLA<br />

• quelli che nel punto di articolazione iniziale marcano il soggetto e nel punto<br />

finale il fine o il beneficiario 16 (spedire, insegnare, dare, uccidere, aiutare, pagare)<br />

• quelli che nel punto iniziale marcano la provenienza e nel punto finale<br />

l’agente (prendere, sfruttare, copiare, ricevere sceglire).<br />

I punti di articolazione di questi verbi marcano i ruoli grammaticali. Vediamo<br />

alcuni esempi <strong>del</strong> primo gruppo di verbi<br />

19. GIANNIk PIETROj kUCCIDEREj<br />

Gianni uccide Pietro<br />

20. IX1p LETTERA 1pSPEDIRE2p<br />

(Io) ti spedisco una lettera<br />

21. GIANNIj jINSEGNARE0<br />

Gianni insegna<br />

Semanticamente questa tipologia di verbi esprime una direzione, per questo<br />

motivo, come è mostrato dagli esempi, il primo punto di articolazione marca l’agente<br />

(io, Gianni), il secondo il complemento diretto (Pietro <strong>nella</strong> frase 19). Dove non è<br />

espresso esplicitamente un complemento diretto il secondo punto di articolazione <strong>del</strong><br />

verbo concorda o con un argomento nullo (tu <strong>nella</strong> frase 20) con un punto non<br />

marcato <strong>del</strong>lo spazio neutro (0 <strong>nella</strong> frase21).<br />

Il secondo gruppo di verbi marca prima il complemento diretto, costituito dal<br />

tema-provenienza, e poi l’agente. Anche in questo caso, quando il nome è articolato<br />

sul corpo, esso viene collocato nello spazio da un’indicazione oppure da un<br />

classificatore che ne chiarisce la collocazione.<br />

22. GIANNIj COMPITO IXk kCOPIAREj<br />

Gianni copia il compito<br />

16 In questo caso non parliamo di soggetto e oggetto, in quanto non abbiamo elementi per affermare<br />

che le marcature <strong>del</strong> verbo indicano il soggetto ed il complemento diretto. Ad esempio insegnare<br />

marca prima l’agente (chi insegna) e poi il beneficiario (a chi si insegna) e non, come in italiano, ciò<br />

che si insegna; copiare marca prima la provenienza (colui dal quale si copia) poi l’agente (chi copia),<br />

il tema (l’elemento copiato) non è marcato dal verbo.


CAPIITOLO 2<br />

23. GIANNIj PIETRO (IX)k COMPITO kCOPIAREj<br />

Gianni copia il compito di Pietro<br />

L’accordo manuale può ricorrere con l’accordo non manuale<br />

jrotaz. testak<br />

jdirez. sguardok<br />

24. GIANNIk PIETROj kUCCIDEREj<br />

Gianni uccide Pietro<br />

jrotaz. testak<br />

jdirez. sguardok<br />

25. GIANNIj PIETROk COMPITO kCOPIAREj<br />

Gianni copia il compito da Pietro<br />

Nella forma non marcata, con i nomi articolati sul corpo, il primo punto di<br />

articolazione <strong>del</strong> verbo coincide con il segnante. Ad esempio il nome mamma è<br />

articolato sul corpo, <strong>nella</strong> forma non marcata, il primo punto di articolazione <strong>del</strong><br />

verbo, che marca il soggetto, parte dal segnante e si flette come se fosse alla prima<br />

persona. Nella forma marcata invece, occorre collocare il nome nello spazio secondo<br />

le modalità già descritte per i verbi <strong>del</strong>la prima classe, ovvero tramite l’inclinazione<br />

<strong>del</strong>la testa durante l’articolazione <strong>del</strong> segno mamma, per questo un lato viene<br />

associato al soggetto articolato sul corpo (frase 26), oppure con un classificatore che<br />

diventa proforma <strong>del</strong> nome (frase 27) o, infine, con una <strong>dei</strong>ssi, associarvi un punto<br />

<strong>del</strong>lo spazio (frase 28). I tratti non manuali sul verbo non sono obbligatori.<br />

inclin.testax<br />

26. MAMMA BAMBINOj BISCOTTO xDAREj<br />

la mamma da il biscotto al bambino<br />

27. MAMMA Clx BAMBINOj BISCOTTO xDAREj<br />

28. MAMMA IXx BAMBINOj BISCOTTO xDAREj<br />

5.3 <strong>La</strong> flessione <strong>dei</strong> verbi <strong>del</strong>la terza classe<br />

In questa classe vengono raggruppati i verbi articolati nello spazio neutro che<br />

marcano un solo argomento (fig.3). Questo gruppo di verbi si divide in due<br />

50


CENNII DII FONOLOGIIA DII MORFOLOGIIA E<br />

LIIS<br />

51<br />

DII SIINTASSII DELLA<br />

sottoclassi: la prima, composta da verbi intransitivi, marca il soggetto, la seconda<br />

raggruppa verbi transitivi che marcano o il soggetto o il paziente semantico, così se<br />

sono usati transitivamente concordano con l’oggetto, se sono usati intransitivamente<br />

concordano con il soggetto.<br />

Del primo gruppo fanno parte verbi come dubitare, divorziare, lavorare,<br />

crescere, verbi posturali come alzarsi, stare in piedi eccetera. Del secondo gruppo<br />

fanno parte i verbi affittare, cucinare, migliorare, rinviare, stampare, spostare,<br />

tradurre. Vediamo alcuni esempi con i due sottogruppi.<br />

29. PAPA’ 0LAVORARE<br />

il papà lavora<br />

30. CASAj BRUCIAREj<br />

la casa brucia<br />

31. UOMO (IX)j, CASAk BRUCIAREk<br />

(quel)l’uomo brucia la casa<br />

L’accordo verbale si esprime attraverso specifiche marcature <strong>del</strong> soggetto o<br />

<strong>del</strong> complemento diretto, attraverso l’articolazione <strong>del</strong> verbo nel punto <strong>del</strong>lo spazio<br />

associato all’argomento. Le marcature degli spazi costituiscono un argomento che<br />

necessita di ulteriori studi perché esse sono evidenti nelle frasi elicitate, nelle<br />

conversazioni spontanee, invece tale marcatura non è evidenziabile. <strong>La</strong> frase 29 ad<br />

esempio ha il soggetto articolato sul corpo, il verbo non marca uno specifico punto<br />

ma è articolato nello spazio neutro, come evidenziato dall’indice 0 al pedice. Con<br />

questo tipo di verbi le forme marcate possono essere: manuali, non manuali, oppure<br />

ricorrere insieme.<br />

Vale la pena osservare che nelle forme di flessione non marcate la costruzione<br />

privilegiata è SVO, soprattutto per i verbi che non vengono flessi manualmente<br />

mentre, nelle forme con flessione marcata dai tratti sovrasegmentali, la costruzione<br />

privilegiata è SOV.


CAPIITOLO 2<br />

Il raggruppamento <strong>dei</strong> verbi nelle tre classi suddette è il frutto di ricerche che si<br />

basano su analisi morfo-fonologiche. In realtà il comportamento di molti verbi<br />

cambia anche se hanno gli stessi luoghi di articolazione, sono necessarie ulteriori<br />

analisi finalizzate all’individuazione <strong>del</strong>l’omogeneità <strong>del</strong>le regole di comportamento<br />

di specifici gruppi verbali. Ad esempio all’interno <strong>del</strong>la seconda classe sono<br />

individuabili i verbi di movimento che marcano innanzitutto gli spazi (se non sono<br />

specificati marcano le persone), e la funzione <strong>del</strong> luogo può essere assimilato a<br />

quello <strong>del</strong>la preposizione, un altro esempio è costituito dall’inaccusatività di molti<br />

verbi <strong>del</strong>la terza classe, invece i verbi <strong>del</strong>la prima classe sono pertinenti degli esseri<br />

animati. Questo solo per citare qualche spunto di ulteriore analisi che è necessario<br />

compiere.<br />

6. Argomenti nulli<br />

<strong>La</strong> differenza di comportamento di verbi flessivi e non flessivi non è solo una<br />

peculiarità <strong>del</strong>la LIS, anche l’American Sign <strong>La</strong>nguage (ASL) presenta <strong>dei</strong><br />

comportamenti analoghi. Questa caratteristica ha portato ad un dibattito sulla<br />

questione <strong>del</strong> parametro <strong>del</strong> pro-drop per L’ASL. I dati sul soggetto nullo sono<br />

interessanti perché ci permettono di determinare la natura e la distribuzione di<br />

argomenti, come le categorie vuote, assenti foneticamente ma sintatticamente<br />

presenti. Lillo-Martin (1991) considerando gli studi sulla legittimazione <strong>del</strong> soggetto<br />

ed oggetto nullo per le lingue con una ricca morfologia di accordo da una parte<br />

(Chomsky 1981, 1982, Rizzi 1982, 1986 tra gli altri), e <strong>del</strong>la legittimazione<br />

attraverso il topic nelle lingue che mancano di accordo dall’altra (Huang 1982,1984<br />

Jaeggli e Safir 1989), ha proposto un’analisi per l’ASL che prevede, per i verbi<br />

flessivi, la legittimazione degli argomenti nulli dovuta alla presenza di una ricca<br />

morfologia di accordo mentre, per i verbi non flessivi, gli argomenti nulli sarebbero<br />

legittimati dalla presenza di un topic poiché essi, più che essere argomenti nulli,<br />

costituirebbero <strong>del</strong>le variabili legate dal movimento <strong>del</strong>l’argomento in posizione di<br />

topic. gli argomenti nulli per i verbi non flessivi sarebbero così legittimati dalla<br />

catena di topic. In altre parole con i verbi non flessivi sarebbero ammessi <strong>dei</strong> topic<br />

52


CENNII DII FONOLOGIIA DII MORFOLOGIIA E<br />

LIIS<br />

53<br />

DII SIINTASSII DELLA<br />

nulli perchè in ASL quando i topic nulli non legano una variabile, gli argomenti nulli<br />

<strong>dei</strong> verbi non flessivi non sono permessi. A sostegno di quanto affermato, Lillo-<br />

Martin fornisce prove <strong>del</strong> fatto che l’ASL, come il cinese, è una lingua “discourse<br />

oriented” piuttosto che “sentence oriented”.<br />

Bahan e altri (2000) criticano questa posizione affermando che in letteratura<br />

le strategie di legittimazione degli argomenti nulli sono da ricondurre o alla ricca<br />

morfologia di accordo o alla legittimazione <strong>del</strong> topic nelle lingue che mancano di<br />

accordo, l’analisi proposta da Lillo-Martin (1991) costituirebbe un sistema ibrido di<br />

legittimazione degli argomenti nulli. <strong>La</strong> proposta di Bahan et al. (2000) per l’ASL si<br />

fonda sulla rilevazione <strong>dei</strong> marcatori di accordo non manuali che determinerebbero<br />

così una evidente flessione sia per i verbi manualmente flessivi, sia per i verbi<br />

manualmente non-flessivi. In questo senso gli argomenti nulli per l’ASL verrebbero<br />

legittimati dal sistema flessivo.<br />

Poiché, come è stato già illustrato, il sistema di accordo <strong>dei</strong> verbi <strong>del</strong>la LIS è<br />

analogo all’ASL, i ragionamenti condotti per L’ASL possono essere applicati anche<br />

alla LIS.<br />

Alla luce <strong>del</strong>le considerazioni fatte per l’ASL, vale la pena osservare<br />

l’applicazione <strong>del</strong>la lista <strong>del</strong>le proprietà <strong>del</strong>le lingue ‘pro-drop’ (Rizzi 1982, 1986;<br />

Jaeggli e Safir 1989) alla LIS e tentare una discussione sull’argomento. Qui di<br />

seguito verificherò ogni singola proprietà <strong>del</strong> pro-drop.<br />

a. IL SOGGETTO NELLE FRASI TEMPORALIZZATE PUÒ ESSERE NON ESPRESSO.<br />

In LIS, come per l’ASL, tale affermazione è vera con i verbi che marcano gli<br />

argomenti in maniera manuale, le marcature non manuali sostituiscono le marcature<br />

manuali con i verbi non flessivi ma, come vedremo, non sempre sono possibili.<br />

Riprendiamo gli esempi per ogni classe di verbi: l’esempio 32 per la classe non<br />

flessiva, l’esempio 33 per la classe flessiva che marca due argomenti, le frasi 33 e 34<br />

per la classe flessiva che marca un solo argomento.


CAPIITOLO 2<br />

Come si può osservare, tutti i verbi sia i flessivi sia i non flessivi con i tratti<br />

sovrasegmentali, marcano specifici punti <strong>del</strong>lo spazio a cui sono associati specifici<br />

argomenti. <strong>La</strong> risposta alla frase 32 non richiede accordo non manuale e<br />

l’esplicitazione di soggetto o di oggetto non è obbligatoria. Allo stesso modo il verbo<br />

bruciare nelle frasi 34 e 35 può rimanere non marcato se il soggetto è espresso (frase<br />

34) oppure è noto (frase 35b).<br />

I dati rilevati non sono <strong>del</strong> tutto omogenei: se è vero che in presenza di un<br />

verbo flesso il soggetto può essere omesso, è anche vero che con un verbo non<br />

flesso, il soggetto può essere omesso se riconducibile ad un topic. Inoltre i tratti<br />

sovrasegmentali, che consentono la flessione <strong>dei</strong> verbi non flessivi, non sono<br />

ammessi con la flessione <strong>del</strong>la prima e <strong>del</strong>la seconda persona verbale le quali, in<br />

assenza di topic, necessitano <strong>del</strong>l’esplicitazione <strong>del</strong> soggetto e <strong>del</strong>l’oggettoncome si<br />

può osservare dalle frasi 36-39.<br />

54<br />

domanda sì/no<br />

inclin. testaj rotaz. testak<br />

32. Parlante A: PIETROj GIANNIk RICORDARE IXk?<br />

• Pietro ricorda Gianni?<br />

•<br />

Parlante B: Sì, RICORDARE (IXk)<br />

Sì, lo ricorda<br />

33. LETTERA 1pSPEDIRE2p FINITO<br />

ti ho spedito la lettera<br />

• BRUCIAREk<br />

rotaz. testaj brucia<br />

34. CASA IXj BRUCIARE<br />

Quella casa brucia<br />

rotaz. testaj<br />

35. Parlante A: CASA IXj SUCCESSO COSA?<br />

Cosa è successo a quella casa?<br />

Parlante B: BRUCIARE<br />

Si è bruciata/è stata bruciata


CENNII DII FONOLOGIIA DII MORFOLOGIIA E<br />

36. IO SOGNARE<br />

Io sogno<br />

37. TU SOGNARE<br />

38. IO GIANNI RICORDARE<br />

Io ricordo Gianni<br />

39. TU GIANNI RICORDARE<br />

Tu ricordi Gianni<br />

LIIS<br />

Guardiamo adesso le altre proprietà <strong>del</strong> paramatro pro drop.<br />

b. IL SOGGETTO ESPLETIVO PUÒ ESSERE OMESSO<br />

Tale affermazione è vera per la LIS come per l’ASL.<br />

40. PREVISIONI DIRE DOMANI PIOVERE<br />

Le previsioni dicono che domani pioverà<br />

41. SEMBRA TEMPO IX(indicando verso l’alto) PIOVERE<br />

Sembra voler piovere<br />

55<br />

DII SIINTASSII DELLA<br />

In entrambe le frasi non è necessario esprimere un soggetto anche se il verbo<br />

viene flesso in un luogo specifico localizzato più in alto <strong>del</strong>lo spazio cosiddetto<br />

“neutro”. Nel capitolo 7 fornirò alcune ipotesi in proposito.<br />

c. IL SOGGETTO SI PUÒ TROVARE IN POSIZIONE POSTVERBALE<br />

Tale affermazione sembra non essere valida per la LIS<br />

42. GIANNI ARRIVARE FINITO<br />

Gianni è arrivato<br />

43. *ARRIVARE FINITO GIANNI<br />

E’ arrivato Gianni<br />

44. IXk SEDIE C’E’predicato di esistenza<br />

Lì le sedie ci sono<br />

45. *C’E’predicato di esistenza SEDIE IXk<br />

Lì ci sono le sedie


CAPIITOLO 2<br />

Sull’impossibilità di invertire il soggetto le posizioni non sono <strong>del</strong> tutto<br />

concordi: le frasi con inversione soggetto-verbo, più che essere completamente<br />

escluse, sembrano essere accettate come influenza <strong>del</strong>la lingua italiana, cioè si tratta<br />

di italiano segnato.<br />

d. POSSIBILITÀ DI ESPRIMERE IL SOGGETTO DELLA FRASE SECONDARIA NELLA<br />

PRINCIPALE, E ATTRAVERSO UN COMPLEMENTATORE, INTRODURRE LA SECONDARIA .<br />

In LIS, come <strong>del</strong> resto in ASL, mancando di complementatori come il che<br />

<strong>del</strong>l’italiano non è possibile spiegare questa generalizzazione <strong>del</strong> parametro.<br />

e. ESTRAZIONE LUNGA DALLA POSIZIONE DI SOGGETTO LASCIANDO VUOTA<br />

LA POSIZIONE ORIGINARIA.<br />

L’applicazione di questo test non è semplice: I pareri degli informanti sono<br />

contrastanti perché l’indicazione coinvolta come pronome di ripresa è appena<br />

accennata, infatti è possibile coglierla solo nei filmati <strong>del</strong>le frasi spontanee. Nelle<br />

frasi non spontanee la tendenza è quella di omettere il pronome di ripresa in presenza<br />

<strong>del</strong>la flessione, anche solo non manuale. Nel capitolo 7 si chiarirà che questo genere<br />

di indicazioni è un pronome clitico.<br />

Nelle frasi seguenti propongo la versione data nelle conversazioni spontanee,<br />

in esse si può notare che <strong>del</strong> soggetto estratto dalla sua posizione di base per la<br />

topicalizzazione, nonostante la flessione, manuale o non manuale, <strong>del</strong> verbo, deve<br />

essere necessariamente riempita da un pronome costituito dall’indicazione (IX) che è<br />

coreferenziale con il soggetto estratto. Il soggetto estratto è caratterizzato da una<br />

marcatura non manuale generalmente costituita dall’inarcamento <strong>del</strong>le sopracciglia,<br />

la stessa espressione caratterizza il topic e il DP. In questa sede non mi soffermerò<br />

sugli aspetti non manuali che meritano osservazioni sistematiche per una discussione<br />

approfondita per stabilire se il loro ruolo ha anche un valore grammaticale.<br />

56


CENNII DII FONOLOGIIA DII MORFOLOGIIA E<br />

verbi non flessivi:<br />

LIIS<br />

elem. marcato<br />

46. GIANNIj, PARLAREimpersonale, IXj SOGNARE<br />

Di Gianni, si dice che sogni<br />

elem. marcato testa inclin. sul latoj<br />

47. *GIANNIj, PARLAREimpersonale, proj SOGNARE<br />

elem. marcato<br />

48. GIANNIj, PARLAREimpersonale IXj PIETROk RICORDARE<br />

Di Gianni, si dice che si ricordi di Pietro<br />

57<br />

DII SIINTASSII DELLA<br />

jrotaz. testak<br />

elem. marcato jdirez. sguardok<br />

49. ?GIANNIj, PARLAREimpersonale, pro PIETROk RICORDARE<br />

verbi flessivi che marcano soggetto e complemento:<br />

elem. marcato<br />

50. GIANNIj, PARLAREimpersonale LETTERA IXj SPEDIRE1p FATTO<br />

Di Gianni si dice che mi abbia spedito una lettera<br />

elem. marcato<br />

51. ?GIANNIj, PARLAREimpersonale LETTERA proj SPEDIRE1p pro1p FATTO<br />

verbi flessivi che marcano l’argomento interno:<br />

elem. marcato<br />

52. GIANNIj, PARLAREimpersonale, IXj LAVORARE<br />

Di Gianni, si dice che lavori<br />

elem. marcato rotaz. testaj<br />

53. *GIANNIj, PARLAREimpersonale, proj LAVORARE<br />

elem. marcato<br />

54. GIANNIj, PARLAREimpersonale, IXj FOGLIOi STAMPAREi<br />

Di Gianni, si dice che abbia stampato il foglio<br />

elem. marcato rotaz. testaj<br />

55. *GIANNIj, PARLAREimpersonale, proj FOGLIOi STAMPAREi


CAPIITOLO 2<br />

Dalle frasi si può osservare che comunque venga espressa la flessione 17 , il<br />

verbo richiede un soggetto esplicito, le frasi con il pro sono considerate non<br />

grammaticali (frasi 47, 53 e 55) o dubbie (frasi 49 e 51).<br />

Se si hanno <strong>dei</strong> dubbi sulla grammaticalità <strong>del</strong> pro con la terza persona, la<br />

prima e la seconda persona verbale richiedono sempre la presenza di un pronome di<br />

ripresa<br />

topic<br />

56. *IX2p, PARLAREimpersonale, pro LAVORARE MOLTO<br />

topic<br />

57. IX2p, PARLAREimpersonale, IX2p LAVORARE MOLTO<br />

Tu, si dice, che lavori molto<br />

L’estrazione <strong>del</strong>l’oggetto ci da la possibilità di verificare che la flessione non<br />

manuale non è sufficiente a legittimare la categoria vuota.<br />

krotaz. testaj<br />

topic testa inclin. sul latok kdirez. sguardoj<br />

58. GIANNIj, PARLAREimpersonale, PIETROk IXj DIMENTICAREj<br />

Di Gianni, si dice che Pietro lo abbia dimenticato<br />

krotaz. testaj<br />

topic testa inclin. sul latok kdirez. sguardoj<br />

59. *GIANNIj, PARLAREimpersonale, PIETROk proj DIMENTICAREj<br />

In realtà Jaeggli e Safir (1989), data la diversità <strong>dei</strong> sistemi flessivi che<br />

legittimano il soggetto nullo, propongono di guardare oltre la condizione <strong>del</strong>la ricca<br />

morfologia di accordo ed esplorare proprietà flessive differenti come l’Uniformità<br />

Morfologica che verrà chiarita qui di seguito.<br />

I SOGGETTI NULLI SONO CONSENTITI IN TUTTE E SOLO LE LINGUE CON<br />

PARADIGMI FLESSIVI MORFOLOGICAMENTE UNIFORMI.<br />

17 I verbi <strong>del</strong>la terza classe marcano l’argomento interno. Se sono transitivi (lavorare in LIS è<br />

transitivo in quanto può marcare l’oggetto) necessitano di un soggetto referenziale che se non espresso<br />

manualmente, richiede specifiche marcature con i tratti sovrasegmentali.<br />

58


CENNII DII FONOLOGIIA DII MORFOLOGIIA E<br />

LIIS<br />

59<br />

DII SIINTASSII DELLA<br />

Un paradigma è uniforme se tutte le sue forme sono complesse, ovvero<br />

formate da una radice più un morfema flessivo, oppure nessuna di esse è complessa.<br />

In LIS, se si escludono i tratti sovrasegmentali, possiede <strong>dei</strong> paradigmi uniformi per<br />

la prima e la seconda classe verbale: la classe <strong>dei</strong> verbi non flessivi è espressa<br />

sempre <strong>nella</strong> sua forma citazionale (paradigma uniformemente non derivato), la<br />

classe <strong>dei</strong> verbi flessivi ha, in tutte le persone verbali, specificato un verso e una<br />

direzione, per cui è uniformemente morfologicamente complessa. <strong>La</strong> terza classe, è<br />

uniformemente complessa se marca l’argomento interno, è uniformemente non<br />

complessa se marca l’argomento esterno. Se però consideriamo anche i parametri<br />

non manuali, il discorso cambia. Le marcature non manuali, sono espresse <strong>nella</strong><br />

flessione <strong>del</strong>la terza persona ma non <strong>del</strong>la prima e <strong>del</strong>la seconda persona. In tal caso<br />

il paradigma <strong>del</strong>la LIS non è più uniforme ma è misto.<br />

Il quadro <strong>del</strong>ineato fin ora non consente ancora di trarre conclusioni univoche<br />

sul parametro <strong>del</strong> soggetto nullo. Prima di addentrarsi in ulteriori analisi occorre fare<br />

chiarezza sulle indicazioni coinvolte come il pronome di ripresa. Nel capitolo 7<br />

tenterò un primo approccio all’identificazione <strong>del</strong>le forme pronominali. Si spera che<br />

questi argomenti vengano approfonditi ulteriormente <strong>nella</strong> prospettiva<br />

<strong>del</strong>l’identificazione <strong>del</strong>le categorie vuote in LIS.<br />

7. Uno sguardo al <strong>sintagma</strong> nominale in LIS<br />

In questo paragrafo discuterò una procedura con la quale i termini di una frase<br />

possono essere distinti in nomi, verbi, o aggettivi. Partendo da alcuni esempi è<br />

possibile osservare diversi fenomeni, quali l’assenza fonologica <strong>del</strong>la copula, la<br />

posizione degli aggettivi, la distinzione tra il <strong>sintagma</strong> nominale e il <strong>sintagma</strong><br />

verbale, il valore sintattico <strong>dei</strong> tratti sovrasegmantali.<br />

Esaminiamo due frasi in cui la parola antico <strong>nella</strong> frase n.60 è un predicato e<br />

<strong>nella</strong> n. 61 un aggettivo:


CAPIITOLO 2<br />

tratti predicato<br />

60. m.d.: MOBILEi ANTICO<br />

m. n. d.: IX i<br />

Il mobile è antico<br />

tratti DP tratti VP<br />

61. m.d.: MOBILEi ANTICO IXi ROTTO<br />

m.n.d.: IXi IXi<br />

Il mobile antico è rotto<br />

I tratti sovrasegmentali, che distinguono il costituente verbale dal costituente<br />

nominale, non sono sempre uguali; fatta eccezione per la tensione <strong>del</strong>le guance, che<br />

veicola il significato di un referente familiare, tutti gli altri tratti, consistenti<br />

principalmente dall’inarcamento <strong>del</strong>le sopracciglia e dallo spostamento <strong>del</strong>la testa<br />

indietro, non ricorrono in una maniera omogenea tale da classificarli come<br />

identificativi <strong>del</strong> DP o <strong>del</strong> VP, tuttavia durante l’articolazione <strong>del</strong>la frase è possibile<br />

osservare una cesura tra il primo e il secondo costituente. Attraverso la glossatura<br />

con il programma “Sign Steam” 18 , è possibile determinare, con maggiore chiarezza,<br />

tutti i tratti sovrasegmentali che si interrompono e cambiano tra i due costituenti.<br />

<strong>La</strong> frase n.60 è una frase principale, specifici tratti sovrasegmentali,<br />

coestensivi all’intera frase, fungono da marcatori argomentali così che da frase<br />

compiuta diventa un argomento <strong>del</strong> predicato verbale rotto <strong>del</strong>la frase n.61.<br />

Higginbotham (1987) distingue sintagmi nominali di tipo argomentale che<br />

supportano un ruolo tematico e sintagmi nominali di tipo predicativo che mancano di<br />

ruolo tematico. Gli esempi 60 e 61 mostrano in maniera evidente questo contrasto.<br />

Essi possono essere accostati a quelli che fa Longobardi (1994: 618-619) per<br />

l’italiano con le frasi 62 e 63 (rispettivamente 19a e 19 b in Longobardi).<br />

62. Gianni è medico<br />

63. Gianni è un medico (che…)<br />

18 Programma di glossatura <strong>del</strong>le frasi videoriprese in lingua <strong>dei</strong> segni (Niedle ad altri, 2003)<br />

60


CENNII DII FONOLOGIIA DII MORFOLOGIIA E<br />

LIIS<br />

61<br />

DII SIINTASSII DELLA<br />

Il fatto che <strong>nella</strong> frase 62 il termine medico è un predicato nominale, è<br />

supportato dall’prova empirica che non può costituire la testa di una frase relativa<br />

come invece può esserlo la corrispondente espressione nominale <strong>del</strong>la frase 63.<br />

Anche in LIS la frase 64 non può essere testa di una relativa, mentre il<br />

corrispondente costituente nominale <strong>del</strong>la frase 65 ospita una frase relativa.<br />

tratti predicato tratto di relativa<br />

64. m.d.: MOBILEi ANTICO (*IX….)<br />

m.n.d. IX i<br />

Il mobile è antico (*che ….)<br />

tratti DP tratti realtiva trattiVP<br />

65. m.d.: MOBILEi ANTICO, IXi ZIA REGALARE1p, IXi ROTTO<br />

m.n.d.: IXi IXi<br />

Il mobile antico, quello che mi ha regalato la zia, è rotto<br />

Da ciò si evince che se in italiano l’inserimento <strong>del</strong>l’articolo trasforma un<br />

predicato NP in un argomento DP, in LIS ciò che trasforma un predicato NP in<br />

argomento DP sono i tratti sovrasegmentali.<br />

Gli elementi prosodici, costituiti dai tratti sovrasegmentali, permettono di<br />

distinguere se un elemento appartiene allo stesso costituente nominale. Ad esempio<br />

tratti DP tratti DP tratti VP<br />

66. MOBILE ANTICO (IX), ROSSO (IX), ROTTO<br />

il mobile antico, quello rosso, si è rotto<br />

I due DP sono separati da una pausa e da un movimento <strong>del</strong>la testa che<br />

consiste in un cenno <strong>del</strong>la testa tra i due sintagmi. L’indicazione può distribuirsi solo<br />

sul primo <strong>sintagma</strong>, solo sul secondo, oppure su ambedue i sintagmi con una breve<br />

interruzione come <strong>nella</strong> frase 66.<br />

A questo punto risulta chiaro che i tratti sovrasegmentali ci aiutano a<br />

distinguere le proprietà <strong>dei</strong> costituenti, le loro funzioni possono essere assimilate agli<br />

elementi funzionali che in altre lingue, come l’italiano, possono essere espressi<br />

foneticamente.


CONCLUSIONI<br />

CAPIITOLO 2<br />

Questo capitolo costituisce un’introduzione agli argomenti che varranno<br />

trattati nei prossimi capitoli. In esso ho descritto, in maniera molto rapida, gli studi<br />

realizzati sulla fonologia e sulla morfologia <strong>del</strong>la LIS fornendo ulteriori dettagli che<br />

non sono stati ancora indagati come la funzione <strong>dei</strong> classificatori nominali e alcuni<br />

aspetti <strong>del</strong>la flessione verbale. Gli ultimi due paragrafi riguardano la sinatssi. Poiché<br />

gli studi di sintassi <strong>del</strong>la LIS sono agli esordi, ho cercato di fornire degli elementi<br />

utili a comprendere i capitoli successivi come il parametro <strong>del</strong> pro drop e<br />

l’individuazione <strong>del</strong> <strong>sintagma</strong> nominale. Non ho fornito risposte sul parametro <strong>del</strong><br />

pro drop, vale a dire che non è ancora chiaro se la LIS sia una lingua a soggetto nullo<br />

oppure no perché i dati sono contrastanti, poiché il capitolo 7 di questa tesi toccherà<br />

quest’argomento, mi è sembrato utile fare un quadro generale entro cui inserire le<br />

osservazioni che farò nel capitolo 7. Questa potrebbe costituire una base di partenza<br />

per gli ulteriori studi sul parametro <strong>del</strong> pro drop in LIS.<br />

62


Introduzione<br />

C A P I T O L O 3<br />

LA MODIFICAZIONE DEL NOME<br />

Nel <strong>sintagma</strong> <strong>determinante</strong> <strong>del</strong>la LIS, il nome è l’elemento che si trova più a<br />

sinistra. Se assumiamo che l’NP occupa la posizione più bassa <strong>del</strong>la proiezione<br />

estesa <strong>del</strong> <strong>sintagma</strong> <strong>determinante</strong>, alla luce <strong>del</strong>la teoria antisimmetrica di Kayne<br />

(1994), dobbiamo per forza sostenere che esso, dalla sua posizione più bassa, deve<br />

necessariamente risalire alla proiezione funzionale più alta percorrendo tutta la<br />

proiezione estesa <strong>del</strong> DP.<br />

Per comprendere meglio perché, e come avviene questo movimento, ho<br />

ritenuto opportuno seguire il nome nel suo viaggio, dalla proiezione più bassa alla<br />

proiezione più alta, considerare alcune tappe e i movimenti coinvolti con essa. <strong>La</strong><br />

prima tappa di questo movimento sarà la modificazione diretta e indiretta <strong>del</strong> nome<br />

perché, come vedremo, assumerò che l’aggettivo attributivo, al quale sarà dedicata<br />

maggiore attenzione, è generato in una posizione molto prossima al nome.<br />

Nel corso <strong>del</strong> capitolo, che sarà dedicato alla modificazione <strong>del</strong> nome,<br />

descriverò le proprietà degli aggettivi attributivi, predicativi e di alcuni tratti che si<br />

incorporano al classificatore nominale. Nel primo paragrafo, partendo dagli studi gia


LA MODIIFIICAZIIONE DEL NOME<br />

fatti sull’ASL da Klima e Bellugi (1979) e dalle osservazioni di Mac <strong>La</strong>ughlin<br />

(1997) illustrerò rapidamente le proprietà morfologiche degli aggettivi in LIS; nel<br />

secondo paragrafo, passerò alla descrizione <strong>del</strong>le proprietà distribuzionali, mi<br />

soffermerò sui tratti sovrasegmentali che marcano, differenziandoli, aggettivi<br />

attributivi e predicativi. <strong>La</strong> modificazione diretta e indiretta sarà oggetto privilegiato<br />

di attenzione <strong>del</strong> capitolo e verrà illustrata sia nel terzo paragrafo, che riguarda le<br />

proprietà degli aggettivi relazionali, sia nel quarto paragrafo nel quale, ispirandomi ai<br />

lavori di Sproat e Shih (1988, 1991), di Scott (2002) e Cinque (1994, 1999 2005b),<br />

tratterò <strong>del</strong>la gerarchia <strong>del</strong>la modificazione diretta. Il quinto paragrafo sarà dedicato<br />

alla <strong>struttura</strong> e ai movimenti <strong>del</strong> <strong>sintagma</strong> nominale che determinano la costruzione e<br />

l’interpretazione <strong>dei</strong> modificatori <strong>del</strong> nome; nel sottoparagtafo 5.1 applicherò alla<br />

LIS le osservazioni di Cinque (2005a) sull’Universale 20 di Greenberg (1963), così<br />

da corroborare le ipotesi sui movimenti <strong>del</strong>l’NP e <strong>dei</strong> suoi modificatori sostenute nel<br />

corso di tutto il capitolo.<br />

L’ultimo paragrafo sarà dedicato alla modificazione nominale realizzata dai<br />

classificatori. <strong>La</strong> questione che riguarda i classificatori viene affrontata in maniera<br />

marginale, ma mi è sembrato importante discutere di questo problema innanzitutto<br />

perché il classificatore costituisce un elemento importante <strong>del</strong> <strong>sintagma</strong> nominale<br />

poiché assolve a varie funzioni tra cui la modificazione <strong>del</strong> nome, poi perché, come<br />

vedremo nel corso <strong>del</strong> capitolo, la modificazione che riguarda la forma e le<br />

dimensioni <strong>del</strong> nome ha <strong>del</strong>le relazioni strette con il classificatore. Benché<br />

l’argomento sui classificatori verrà solo introdotto, è utile a colmare un vuoto<br />

lasciato dal discorso sulla modificazione <strong>del</strong> nome che riguarda la forma e le<br />

dimensioni.<br />

1. Proprietà morfologiche degli aggettivi in LIS<br />

Gli aggettivi in LIS sono caratterizzati da alcune proprietà morfologiche e che<br />

verranno descritte rispettivamente nel paragrafo 1.1 e 1.2. Prima descriverò i tratti di<br />

accordo degli aggettivi i quali possono essere astratti o manifesti. Poi rivolgerò la<br />

64


CAPIITOLO 3<br />

mia l’attenzione ad altre proprietà morfologiche <strong>del</strong>l’aggettivo in LIS che<br />

coinvolgono la sua modificazione.<br />

1.1 <strong>La</strong> concordanza degli aggettivi<br />

Come i nomi e i verbi, anche gli aggettivi vanno distinti in due classi: quelli<br />

flessivi, segnati nello spazio (alto, nuovo, blu) e quelli non flessivi, segnati sul corpo<br />

(bello, rosso, vecchio).<br />

L’accordo morfologico degli aggettivi implica la modifica <strong>dei</strong> tratti di luogo e<br />

orientamento <strong>del</strong> segno che devono essere orientati verso il nome, cioè nome e<br />

modificatori devono avere lo stesso luogo di articolazione. Con gli aggettivi non<br />

flessivi (quelli articolati sul corpo, che non consentono variazioni di luogo),<br />

l’accordo viene realizzato con la direzione <strong>del</strong>la postura, che talvolta coinvolge<br />

anche lo sguardo, che si rivolge verso il punto indicato dal <strong>determinante</strong> o dal nome<br />

articolato in uno specifico punto <strong>del</strong>lo spazio 1 . L’accordo tra aggettivo e nome non è<br />

obbligatorio: spesso anche gli aggettivi flessivi non vengono articolati nel punto in<br />

cui è localizzato il nome al quale si riferiscono ma vengono articolati nello spazio<br />

neutro. Lo spostamento <strong>del</strong>l’aggettivo, dallo spazio neutro ad uno spazio specifico,<br />

diventa obbligatorio nelle forme marcate, ad esempio in presenza di una<br />

congiunzione in cui ogni nome, con l’aggettivo corrispondente, viene marcato in uno<br />

spazio distinto (frase 1 e 2), oppure nelle forme in cui l’aggettivo assume anche un<br />

valore anaforico, vale a dire che la localizzazione in uno specifico punto <strong>del</strong>lo spazio<br />

è associata ad un referente appena menzionato (frase 3). Nella frase 3 possiamo<br />

anche notare come l'articolazione nello spazio <strong>del</strong>l'aggettivo blu non richiede<br />

l'indicazione che invece è obbligatoria con l'aggettivo non flessivo rosso (gli indici<br />

al pedice <strong>del</strong>le glosse segnalano le concordanze). Ad esempio 2 :<br />

direz. <strong>del</strong>la testa i direz. <strong>del</strong>la testa k<br />

1. LIBROi BLUi LIBROk NUOVOk<br />

Il libro blu e il libro nuovo<br />

1 Come è stato già specificato nel paragrafo 4 <strong>del</strong> capitolo 2, con i nomi non flessivi si fa uso <strong>del</strong><br />

classificatore che segue il nome e si sostituisce ad esso <strong>nella</strong> flessione nello spazio.<br />

2 I tratti sovrasegmentali glossato con “direzione <strong>del</strong>la testa” possono essere sostituiti anche con<br />

“inclinazione <strong>del</strong>la testa” oppure “direzione <strong>del</strong>lo sguardo”.<br />

65


direz. <strong>del</strong>la testa i__ direz. <strong>del</strong>la testa k<br />

2. LIBROi BLUi LIBROk ROSSO<br />

Il libro blu e il libro rosso<br />

LA MODIIFIICAZIIONE DEL NOME<br />

direz. <strong>del</strong>la testa i direz. <strong>del</strong>la testa k<br />

3. (Parlando di libri) BLUi (IXi) MIO, ROSSO IXk TUO<br />

Il blu è mio, quello rosso è tuo<br />

Nelle forme non marcate, come quelle che non richiedono una distinzione di<br />

due referenti, come le frasi 1, 2, e 3, ma il referente è unico (es. frase 5), più che di<br />

concordanza si potrebbe parlare di “assimilazione” nel senso indicato da Mac<br />

<strong>La</strong>ughlin per l’ASL (1997:206). In ASL l’indicazione che ricorre con il nome è un<br />

avverbio di luogo se è postnominale, è un articolo se prenominale (Mac <strong>La</strong>uglin<br />

1997, Neidle ed altri 2000). Per comprendere meglio il fenomeno <strong>del</strong>l’assimilazione<br />

considerariamo la distinzione tra la seguente coppia di frasi 3 :<br />

4. BLUE CAR IXadvi IXdeti BLUE CAR<br />

The blue car there The/that blue car<br />

[Mac<strong>La</strong>ughlin 1997:206-7]<br />

Durante l’articolazione <strong>del</strong> <strong>sintagma</strong> l’indicazione (che localizza nello spazio<br />

il referente rendendo manifesto l’accordo) è l’elemento che compare nel luogo più<br />

esterno al segnante. Gli altri segni vengono assimilati lungo la direttrice spaziale che<br />

va dal segnante al punto indicato. Quando l’indicazione è post nominale, i segni si<br />

dispongono dal segnante fino al punto indicato (Assimilazione Spaziale Regressiva<br />

Fig.1), quando invece l’indicazione è prenominale i segni partono dal punto più<br />

esterno fino al segnante (Assimilazione Spaziale Progressiva Fig. 2)<br />

Nelle figure 1 e 2, l’immagine in grigio rappresenta il segnante (visto<br />

dall’alto) con lo spazio antistante rappresentato dal semicerchio. All’interno <strong>del</strong><br />

semicerchio ogni cerchietto rappresenta il punto di articolazione <strong>dei</strong> corrispondenti<br />

segni. Come si può osservare i luoghi di articolazione di ogni segno non coincidono<br />

ma sono dislocati lungo una direzione (indicata dalla freccia) che, nel primo esempio<br />

3 Negli esempi indicati sono stai omessi i tratti sovrasegmentali perché non sono fondamentali per la<br />

comprensione <strong>del</strong>la spiegazione<br />

66


CAPIITOLO 3<br />

(Assimilazione Spaziale Regressiva), va dal primo segno (blue) <strong>del</strong> <strong>sintagma</strong>, che è<br />

articolato più vicino al segnante, e arriva all’indicazione (IX), ultimo segno <strong>del</strong><br />

<strong>sintagma</strong>; nel secondo esempio (Assimilazione Spaziale Progressiva), la direzione<br />

<strong>del</strong>la variazione <strong>dei</strong> luoghi parte dal primo segno <strong>del</strong> <strong>sintagma</strong>, che questa volta è<br />

l’indicazione (IX) con valore di <strong>determinante</strong> e, come per l’avverbio, è più lontana<br />

dal segnante, e arriva all’ultimo segno <strong>del</strong> <strong>sintagma</strong> (blue) che è più vicino al<br />

segnante. In sostanza invertendo l’ordine <strong>dei</strong> segni si inverte anche la direzione <strong>del</strong>la<br />

freccia.<br />

Fig.1 Assimilazione Spaziale Regressiva Fig.2 Assimilazione Spaziale Progressiva.<br />

IXi<br />

Mac <strong>La</strong>ughlin (1997) osserva che il punto davanti al segnante è neutro, per<br />

questo motivo si tratta di forme che non operano accordo. Esse vanno distinte da<br />

altre due forme che operano accordo perché il punto di articolazione più vicino al<br />

segnante non è di fronte ad esso bensì orientato verso l’indicazione, vale a dire che<br />

nell’Assimilazione Spaziale Regressiva la mano parte da una posizione già orientata<br />

verso l’indicazione, nell’Assimilazione Spaziale Progressiva la mano arriva in un<br />

punto prossimo al segnante ma orientato sulla direttrice indicazione-segnante.<br />

In LIS le indicazioni, sia che veicolino avverbi sia veicolino determinati, sono<br />

tutte postnominali per cui possiamo trovare solo l’Assimilazione Spaziale Regressiva<br />

per i segni i cui punti di articolazione sono tutti nello spazio. Ad esempio i luoghi in<br />

cui si articolano i segni <strong>del</strong>la frase:<br />

5. AUTOj BLUj IXj<br />

Quell’auto blu<br />

CAR<br />

BLUE<br />

corrispondono ai punti indicati nello schema <strong>nella</strong> figura 3:<br />

67<br />

IXi<br />

BLUE<br />

CAR


Fig.3<br />

LA MODIIFIICAZIIONE DEL NOME<br />

In questo tipo di assimilazioni non si distinguono, come per l’ASL, forme che<br />

prevedono un accordo rispetto a forme che non lo prevedono. Se c’è un indicazione i<br />

segni partono tutti da un luogo non marcato (che nello schema corrisponde al luogo<br />

dove viene segnato auto, esso può stare, indifferentemente, davanti al segnante o<br />

<strong>nella</strong> direzione <strong>del</strong>la freccia). Viceversa, se non c’è indicazione ed è necessario<br />

operare una distinzione tra un referente ed un altro, i segni hanno una localizzazione<br />

ben definita come nelle frasi 1, 2, 3.<br />

Riepilogando, in LIS gli aggettivi hanno forme di accordo che sono manifeste<br />

solo in alcune forme marcate ovvero quando un aggettivo diventa un proforma <strong>del</strong><br />

nome nello spazio (fig.3). In presenza di un’indicazione, la funzione <strong>del</strong>l’accordo<br />

viene assunto da quest’ultima, mentre nome e aggettivo subiscono gli effetti<br />

<strong>del</strong>l’assimilazione.<br />

1.2 <strong>La</strong> modificazione degli aggettivi<br />

Come è già stato osservato per L’ASL (Mac <strong>La</strong>uhlin 1997) gli aggettivi in<br />

LIS posseggono due tipi di flessione: aspetto e intensità. Nel capitolo 2 abbiamo<br />

visto che la modificazione consiste in variazioni <strong>del</strong>l’ampiezza e <strong>del</strong>la durata<br />

<strong>del</strong>l’articolazione, variazioni <strong>del</strong>le componenti non manuali, ripetizione<br />

<strong>del</strong>l’articolazione <strong>del</strong> segno. <strong>La</strong> combinazione <strong>del</strong>la variazione di questi tratti veicola<br />

la modificazione <strong>del</strong>l’aggettivo.<br />

IXi<br />

BLU<br />

AUTO<br />

<strong>La</strong> modificazione aspettuale degli aggettivi è simile alla modificazione<br />

aspettuale propria <strong>dei</strong> verbi, come è già stato notato da Klima e Bellugi (1979) e poi<br />

ripreso da Mac <strong>La</strong>uhlin (1997), può essere applicata alla classe di aggettivi che si<br />

riferiscono a qualità che possono cambiare (ammalato, felice). Tali aggettivi,<br />

68


CAPIITOLO 3<br />

attraverso l’iterazione <strong>del</strong> segno, possono essere flessi per aspetto continuativo. Ad<br />

esempio:<br />

6. IXj AMMALATOj++<br />

Lui è sempre ammmalato<br />

Come già ha notato da Mac <strong>La</strong>uglin (1997), gli aggettivi flessi per aspetto<br />

ricorrono nelle costruzioni frasali e non all’interno di NP per cui solo quando gli<br />

aggettivi si comportano da predicati con una copula vuota.<br />

L’intensità di un aggettivo viene modificata da variazioni <strong>del</strong> segno costituite<br />

dalle espressioni <strong>del</strong> volto, dall’ampiezza <strong>del</strong> segno, dalla durata <strong>del</strong>l’articolazione e<br />

dalla tensione <strong>del</strong> movimento. Tali modificazioni, incorporandosi agli aggettivi,<br />

contribuiscono anche a definire i gradi <strong>del</strong>l’aggettivo e altri tipi di modificazione (ad<br />

esempio la frase 7). Con gli aggettivi di forma può essere specificata anche la<br />

dimensione, come è dimostrato <strong>nella</strong> frase 8. Su questi aspetti, ulteriori dettagli<br />

verranno forniti nel paragrafo 6:<br />

bocca aperta e occhi sgranati<br />

7. VASO GRANDE segnato ampio<br />

Un vaso grandissimo<br />

69<br />

tratto topic<br />

lingua leggermente protesa e occhi socchiusi<br />

8. OROLOGIO CLperimetro circolare + tratto piccolo IX1p REGALARE2p<br />

Io ti regalo un piccolo orologio circolare<br />

2. Proprietà distribuzionali<br />

Nel paragrafo 7 <strong>del</strong> capitolo2 abbiamo visto che il DP è caratterizzato da<br />

specifici tratti sovrasegmentali che si distribuiscono su tutta la sua estensione,<br />

all’interno di questa estensione troviamo il nome seguito dagli aggettivi. A differenza<br />

di molte lingue (ad esempio italiano, ASL, inglese) in cui la posizione degli aggettivi<br />

rispetto al nome opera una distinzione tra predicativi ed attributivi, in LIS tutti i tipi<br />

di modificazioni seguono il nome. Tuttavia, come vedremo nel paragrafo successivo,<br />

la differenza tra i tipi di modificazione è determinata dai tratti prosodici che<br />

caratterizzano gli aggettivi.


LA MODIIFIICAZIIONE DEL NOME<br />

2.1 Aggettivi attributivi e predicativi<br />

Gli aggettivi attributivi non possono essere marcati diversamente dal nome a<br />

cui si riferiscono. Inoltre, tra nome e aggettivo, non può interporsi nessun materiale<br />

lessicale (D’Este, 2003). Invece gli aggettivi predicativi evidenziano una maggiore<br />

marcatura attraverso un maggiore inarcamento <strong>del</strong>le sopracciglia rispetto al resto <strong>del</strong><br />

DP. Oltre alla marcatura data dalle espressioni <strong>del</strong> volto, alla fine <strong>del</strong>l'aggettivo<br />

predicativo sembra essere necessario un particolare gesto costituito dalla<br />

configurazione 5 (mano aperta con le dita stese e aperte) oppure dalla configurazione<br />

F (mano aperta con i polpastrelli di pollice ed indice che si toccano)., oppure da 8una<br />

pausa dopo la pronuncia <strong>del</strong>l’aggettivo predicativo. Il fatto che possono essere<br />

possibili ulteriori configurazioni manuali, induce a ritenere che si tratti di un gesto<br />

che ha la funzione di marcare anche manualmente l'aggettivo, anziché un segno con<br />

un suo valore grammaticale.<br />

Nelle frasi 9 e 10 quindi, l'aggettivo in neretto è prosodicamente più marcato<br />

e tra i due aggettivi c’è una breve pausa. L’indicazione, che <strong>nella</strong> forma non marcata<br />

si trova alla fine <strong>del</strong> DP, non può stare in nessun modo tra il nome e il suo<br />

modificatore diretto.<br />

tratto DP<br />

sopracciglia + inarcate<br />

9. GELATO BUONO, ITALIANO COSTARE PIU’<br />

Un buon gelato, italiano, costa di più.<br />

tratto DP<br />

occhi strizzati<br />

10. GELATO ITALIANO, BUONO COSTARE PIU’<br />

Un gelato italiano, buono, costa di più.<br />

70<br />

tratto DP<br />

occhi strizzati<br />

11. GELATO (*IX) BUONO (IX), ITALIANO (IX) COSTARE PIU’<br />

Quindi aggettivi sia attributivi che predicativi sono postnominali. Tuttavia in


CAPIITOLO 3<br />

LIS esistono alcune eccezioni rispetto alla posizione <strong>del</strong>l’aggettivo attributivo che in<br />

alcuni casi precede il nome. Tra queste eccezioni sono attestate primo ministro e ex<br />

studente. Il fatto che la parola ex, che viene realizzata con la dattilologia 4 , riprende<br />

ma non traduce la corrispondente parola italiana, induce a ritenere che la posizione<br />

prenominale sia dovuta ad un prestito dall’italiano che, da modificazione diretta, ha<br />

determinato in LIS la formazione di un nome composto. Questo fatto attesta che la<br />

modificazione diretta contribuisce alla formazione di nomi comuni (Sproat e Shih<br />

1988) così potrebbe trattarsi un nome composto, derivato direttamente da attributo +<br />

nome <strong>del</strong>l’italiano, anche la parola primo ministro.<br />

Le regole che presiedono all’intonazione, in LIS costituita dai tratti<br />

sovrasegmentali, sembrano seguire la stessa sorte <strong>del</strong>la modificazione diretta e<br />

indiretta indicata da Sproat e Shih (1991) per il cinese mandarino. In LIS la<br />

modificazione diretta, costituita dall’assegnazione diretta <strong>del</strong> ruolo tematico da parte<br />

<strong>del</strong>l’aggettivo al nome, è caratterizzata dall’estensione <strong>del</strong>lo stesso tratto<br />

sovrasegmentale, senza interruzioni, su tutto il dominio di c-comando di un<br />

proiezione funzionale che domina il nome e il suo modificatore. Ci sono numerose<br />

prove a sostegno <strong>del</strong>l’ipotesi che <strong>nella</strong> frase 9 l’aggettivo marcato costituisce una<br />

modificazione indiretta: innanzitutto la presenza di una pausa intonativa tra i due<br />

aggettivi con l’intensificazione <strong>del</strong> tratto sovrasegmentale che rende marcato il<br />

secondo aggettivo; in secondo luogo la presenza <strong>del</strong>l’aggettivo marcato (quello in<br />

neretto) dagli stessi tratti sovrasegmentali di una frase relativa.<br />

Nella frase 12 possiamo osservare che la frase relativa non ha un pronome<br />

4 <strong>La</strong> dattilologia consiste nel visualizzare, attraverso l’alfabeto manuale, le lettere che compongono il<br />

corrispondente termine orale. In altre parole, si tratta di una sorta di spelling.<br />

71<br />

guance tese<br />

occhi strizzati<br />

12. VESTITO ROSSO IX1p+2p IERI VEDERE CLnumero+posizione ,<br />

Il vestito rosso che ieri abbiamo visto appeso tra gli altri,<br />

IX1p COMPARE FATTO<br />

io l’ho comprato


LA MODIIFIICAZIIONE DEL NOME<br />

relativo 5 inoltre, i tratti sovrasegmentali che la caratterizzano sono identici al<br />

<strong>sintagma</strong> marcato <strong>del</strong>le frasi 10 e 11. Questi indizi, seguendo le tesi di Chomsky<br />

(1955), Kayne (1994), <strong>La</strong>rson (2004) tra gli altri, che vogliono gli aggettivi<br />

predicativi derivanti da relative ridotte, ci fanno dedurre che l’aggettivo marcato è<br />

equivalente ad una frase relativa ridotta.<br />

Un terzo elemento a favore <strong>del</strong>l’ipotesi che l’aggettivo marcato è un tipo di<br />

modificazione indiretta, è il fatto che in entrambe le frasi è possibile introdurre un<br />

segno, glossato come PE che caratterizza le frasi relative in LIS.<br />

<strong>La</strong> lettura <strong>del</strong>le due frasi relative è restrittiva. Il significato <strong>del</strong>l’aggettivo<br />

italiano <strong>nella</strong> frase 9 e <strong>del</strong>l’aggettivo buono <strong>nella</strong> frase 10 è ambigua tra una lettura<br />

restrittiva o non restrittiva (più avanti si chiarirà anche questo aspetto).<br />

Gli aggettivi <strong>del</strong>le frasi 9 e 10, poichè sono marcati, e poiché sono aggettivi<br />

derivati da frasi relative ridotte, non sono soggetti alle restrizioni di ordine prevista<br />

per modificazione diretta (Sproat e Shih 1991, Scott 2002). L’ordine non marcato<br />

<strong>del</strong>la stessa frase è il seguente:<br />

tratto DP<br />

occhi strizzati<br />

14. GELATO BUONO, (PE) ITALIANO COSTARE PIU’<br />

Un buon gelato, che sia italiano, costa di più<br />

tratto DP<br />

15. GELATO ITALIANO BUONO COSTARE PIU’<br />

Un buon gelato italiano costa di più.<br />

tratto DP<br />

16. ?GELATO BUONO ITALIANO COSTARE PIU’<br />

5 In Cecchetto Geraci e Zucchi (2004) la frase relativa è caratterizzata da specifici tratti<br />

sovrasegmentali e da un pronome relativo (pro-rel) che <strong>nella</strong> frase 12 è glossato come PE. Sono però<br />

attestati casi in cui la frase relativa occorre anche senza il PE. <strong>La</strong> funzione <strong>del</strong> PE sembra investire<br />

campi di indagine più vasti <strong>del</strong>la frase relativa. Branchini e Donati (2005).<br />

72<br />

guance tese<br />

occhi strizzati<br />

13. VESTITO ROSSO (PE) IX1p+2p IERI VEDERE CLnumero+posizione IX1p<br />

COMPRARE …


CAPIITOLO 3<br />

Questi cinque indizi (pausa intonativa, tratti sovrasegmentali uguali alle<br />

relative, possibilità di inserzione <strong>del</strong> PE, significato restrittivo <strong>del</strong>l’aggettivo<br />

marcato, libertà di ordine degli aggettivi) ci inducono a concludere che questi<br />

aggettivi siano predicativi e che la differenza <strong>del</strong> tipo di modificazione <strong>del</strong> nome è<br />

affidata ai tratti prosodici.<br />

Da un punto di vista semantico in LIS, come già accennato per le frasi 9 e 10,<br />

risulta molto chiara la lettura restrittiva degli aggettivi marcati rispetto a quella non<br />

restrittiva degli aggettivi non marcati. Cinque (2005) individua negli aggettivi<br />

prenominali <strong>del</strong>le lingue romanze una lettura non restrittiva opposta alla lettura<br />

ambigua tra restrittiva e non restrittiva degli aggettivi postnominali.<br />

17. Le noiose lezioni di Ferri se le ricordano tutti (non restrittiva)<br />

18. Le lezioni noiose di Ferri se le ricordano tutti (ambigua)<br />

73<br />

[Cinque 2005]<br />

In LIS, poiché gli aggettivi sono tutti postnominali, la differenza tra le<br />

proprietà semantiche relative alla distribuzione degli aggettivi è affidata alle<br />

marcature prosodiche. Come è stato già detto, gli aggettivi attributivi sono legati al<br />

nome dallo stesso tratto sovrasegmentale, ragion per cui la loro lettura è non<br />

restrittiva, quando invece sono marcati la loro lettura è ambigua.<br />

Tratto DP (topic)<br />

19. LEZIONI NOIOSE FERRIj Possj TUTTI RICORDARE (non rest.)<br />

Tratto DP (topic)<br />

occhi socchiusi<br />

19 a. LEZIONI, NOIOSE FERRIj Possj TUTTI RICORDARE (restrittiva)<br />

In LIS è piuttosto complicato rilevare le altre caratteristiche semantiche<br />

evidenziate da Cinque (2005b) riguardo all’ordine speculare degli aggettivi<br />

attributivi e predicativi nelle lingue romanze rispetto alla distribuzione degli stessi<br />

aggettivi nelle lingue germaniche, però, poiché in LIS, aggettivi attributivi e<br />

predicativi sono tutti postnominali, gli esempi riportati dimostrano che la


LA MODIIFIICAZIIONE DEL NOME<br />

modificazione diretta è quella più vicina al nome mentre la modificazione indiretta,<br />

derivata dalla frase relativa, è quella più lontana dal nome, ciò concorda con le<br />

posizioni di Cinque (2005a, 2005b).<br />

3. Aspetti <strong>del</strong>la modificazione diretta<br />

<strong>La</strong> descrizione degli aggettivi <strong>del</strong>le LIS merita un discorso più ampio rispetto<br />

a quello fatto in questa sede in cui, come primo lavoro sull’argomento, ho<br />

privilegiato gli aspetti sintattici di tutta la proiezione <strong>del</strong> <strong>sintagma</strong> <strong>determinante</strong>.<br />

Prima di analizzare la distribuzione <strong>dei</strong> modifiatori diretti <strong>del</strong> nome all’interno <strong>del</strong><br />

DP mi sembra opportuno chiarire alcuni aspetti che riguardano gli aggettivi<br />

relazionali per due motivi: innanzitutto sono molto diffusi e costituiscono un capitolo<br />

importante <strong>del</strong>la modificazione diretta, poi perché non sono marcati da specifici<br />

morfemi che rendono possibile una categorizzazione quando viene espresso <strong>nella</strong><br />

forma citazionale: in LIS un aggettivo che deriva da un nome è omofono al nome<br />

corrispondente, ad es: finanziario e finanza hanno un segno identico, ciò che rende<br />

possibile l’identificazione <strong>del</strong>la categoria sintattica <strong>del</strong>l’aggettivo è la sua posizione<br />

di contiguità al nome con gli stessi tratti sovrasegmentali e con nessun elemento che<br />

si può interporre tra nome e modificatore diretto.<br />

tratto NP<br />

20. MERCATO FINANZA<br />

Mercato finanziario<br />

21. *MERCATOj IXj FINANZAj<br />

tratto NP occhi socchiusi<br />

22. *MERCATO FINANZA<br />

Il ruolo tematico viene assegnato all’aggettivo in maniera diretta, nome e<br />

aggettivo quindi appartengono allo stesso dominio di c-comando, tale evidenza è<br />

data anche dal tratto sovrasegmentale che rimane invariato durante l’articolazione di<br />

nome e aggettivo. Seguendo Cinque (1994, 2000, 2005a, 2005b) e Scott (2002) esiste<br />

una proiezione FP che costituisce la proiezione che domina l’AP e l’NP. In questa<br />

maniera è possibile ottenere una modificazione diretta tra i due nodi.<br />

74


Fig. 4<br />

CAPIITOLO 3<br />

AP<br />

F<br />

Gli aggettivi relazionali in LIS sono molto diffusi tanto da sostituire il<br />

<strong>sintagma</strong> preposizionale in tutte le situazioni in cui esso caratterizza fortemente il<br />

nome. Ad esempio in LIS abbiamo i seguenti sintagmi aggettivali:<br />

23. a UOMO OCCHIALI Uomo con occhiali<br />

b UOMO CAPPELLO Uomo con cappello<br />

c MOZZARELLA BUFALA Mozzarella di bufala<br />

d PENTOLA MANICO Pentola con manico<br />

e GATTO STIVALI Gatto con gli Stivali<br />

f LIBRO STORIA Il libro di Storia<br />

Riguardo agli aggettivi di provenienza occorre precisare che se la<br />

caratterizzazione non è pragmaticamente forte, è necessaria una marcatura di<br />

possesso. Se invece il nome è plausibilmente proveniente dal luogo indicato, la<br />

marcatura non è necessaria 6 ; ad esempio:<br />

24. a VINO FRANCIA Vino francese<br />

b ?VINO FRANCIAi POSSi<br />

FP<br />

c VINO AMERICAi POSSi Vino americano<br />

6 Quelli citati sono solo alcuni esempi ma i riscontri non sono uguali un tutta la penisola italiana, Ad<br />

eempio non tutti sono d’accordo nel non marcare con il possessivo il <strong>sintagma</strong> VINO FRANCIA. Può<br />

darsi che, per alcune varianti <strong>del</strong>la LIS, gli aggettivi di provenienza siano <strong>dei</strong> nomi e che la<br />

modificazione avvenga attraverso una preposizione che connette i due nomi (letteralmente lo zio<br />

<strong>del</strong>l’America, la pizza <strong>del</strong>la Polonia, il vino <strong>del</strong>la Francia) come attestato in alcune lingue che<br />

mancano <strong>del</strong>la categoria <strong>del</strong>l’aggettivo (Baker 2003:246). Naturalmente questo argomento merita una<br />

discussione più ampia che non è possibile fornire in questa sede.<br />

75<br />

F’<br />

NP


d ?VINO AMERICA<br />

LA MODIIFIICAZIIONE DEL NOME<br />

e ZIO AMERICA Zio americano<br />

f ?ZIO AMERICAi POSSi<br />

g PIZZA POLONIAi POSSi Pizza polacca<br />

h ?PIZZA POLONIA<br />

4. Restrizioni <strong>nella</strong> gerarchia degli aggettivi non marcati<br />

Stabilito che la modificazione diretta è tale quando non è marcata, e che essa<br />

è unita al nome dallo stesso tratto sovrasegmentale, diamo ora uno sguardo alla<br />

gerarchia degli aggettivi attributivi che, come previsto da Sproat e Shih (1988,1991),<br />

sono caratterizzati da un ordine fisso che è il seguente: “Quality > Size > Shape ><br />

Colour > Provenance”. <strong>La</strong> gerarchia proposta dai due studiosi si riferisce alle<br />

restrizioni <strong>del</strong>l’ordine degli aggettivi in inglese e in cinese mandarino, in queste<br />

lingue il nome segue gli aggettivi. In LIS, in cui il nome precede il gruppo di<br />

aggettivi, vediamo che l’ordine non marcato è esattamente speculare, ovvero:<br />

PROVENIENZA, COLORE, DIMENSIONE, QUALITÀ. Riguardo agli ordini che coinvolgono<br />

la forma, i pareri <strong>dei</strong> segnanti sono discordi probabilmente perché viene coinvolto un<br />

classificatore che potrebbe conferire all’aggettivo una posizione diversa. Tratteremo<br />

questo argomento nel paragrafo che riguarda i classificatori (parg.6) e nel capitolo 4.<br />

Per il momento limitiamo la nostra osservazione alle restrizioni sugli<br />

aggettivi che non coinvolgono classificatori: il primo ordine di aggettivi è quello più<br />

naturale, gli altri ordini sono meno naturali anche se ad alcuni parlanti possono<br />

sembrare possibili.<br />

PROVENIENZA COLORE QUALITÀ<br />

testa indietro senza interruzione<br />

25. a VASO CINA ROSSO VECCHIO Un vecchio vaso cinese rosso<br />

testa indietro senza interruzione<br />

b ?VASO VECCHIO CINA ROSSO<br />

testa indietro senza interruzione<br />

c ?VASO ROSSO VECCHIO CINA<br />

testa indietro senza interruzione<br />

d ?VASO VECCHIO ROSSO CINA<br />

76


CAPIITOLO 3<br />

testa indietro senza interruzione<br />

e ?VASO CINA VECCHIO ROSSO<br />

testa indietro senza interruzione<br />

f ?VASO ROSSO CINA VECCHIO<br />

Tutti i casi in cui il nome si interpone tra gli aggettivi o si trova in posizione finale,<br />

sono sicuramente agrammaticali<br />

testa indietro senza interruzione<br />

26. a. *CINA VASO ROSSO VECCHIO<br />

testa indietro senza interruzione<br />

b *VECCHIO CINA VASO ROSSO<br />

testa indietro senza interruzione<br />

c *ROSSO VECCHIO CINA VASO<br />

testa indietro senza interruzione<br />

d *CINA VASO VECCHIO ROSSO<br />

testa indietro senza interruzione<br />

e *CINA ROSSO VASO VECCHIO<br />

testa indietro senza interruzione<br />

f *ROSSO CINA VECCHIO VASO<br />

Questo indica che in LIS il nome deve risalire, con pied piping,<br />

necessariamente ad una posizione più alta.<br />

Per quanto riguarda gli aggettivi di forma e dimensione, se espressi in uno<br />

stesso <strong>sintagma</strong>, essi si presentano incorporati tra loro, per questo motivo<br />

selezionarli, per stabilire la precedenza <strong>del</strong>l’uno o <strong>del</strong>l’altro, richiede l’analisi di altri<br />

argomenti come lo status grammaticale <strong>del</strong> classificatore che incorpora i tratti di<br />

forma e i tratti di dimensione. Scott (2002), esaminando l’ordine fissato degli<br />

aggettivi nelle diverse lingue, propone che esso faccia parte <strong>del</strong>la Grammatica<br />

Universale, a tal fine l’autore, assumendo le posizioni di Cinque (1994), sostiene che<br />

gli aggettivi non sono aggiunti ma specificatori di distinte proiezioni funzionali in<br />

relazione stretta con l’interpretazione semantica. Forma e dimensione, quindi,<br />

sembrerebbero essere veicolate da tratti generati nelle teste dominate dai tratti<br />

funzionali di ShapeP, SizeP, LenghtP, etc. In LIS l’aggettivo di dimensione si può<br />

presentare sia sottoforma lessicale, separato dal nome, sia sottoforma di tratti,<br />

incorporato al nome se questo è <strong>del</strong> tipo flessivo. L’argomento <strong>dei</strong> tratti verrà<br />

77


LA MODIIFIICAZIIONE DEL NOME<br />

affrontato in maniera più dettagliata nel paragrafo 6. Per il momento, poiché è<br />

possibile isolare l’aggettivo che definisce esclusivamente la dimensione, mi<br />

concentrerò sulla forma lessicale per stabilire la sua posizione rispetto agli altri<br />

modificatori nominali che vengono realizzati come forme lessicali indipendenti per<br />

verificare se il loro ordine è compatibile con l’ipotesi di Scott (2002).<br />

PROVENIENZA, DIMENSIONE<br />

testa indietro senza interruzione<br />

27. VASO CINA GRANDE<br />

testa indietro senza interruzione<br />

a.?VASO GRANDE CINA<br />

QUALITÀ DIMENSIONE<br />

testa indietro senza interruzione<br />

28. VASO GRANDE VECCHIO<br />

testa indietro senza interruzione<br />

a. ?VASO VECCHIO GRANDE<br />

Stabilire quanto la dimensione sia marcata non è semplice perché, come già<br />

spiegato nel paragrafo 1.2, il tratto sovrasegmentale che caratterizza l’aggettivo<br />

predicativo è identico al tratto che lo modifica. Cioè, il tipo di marcatura che si trova<br />

sull’aggettivo grande e lo caratterizza come predicativo, è lo stesso tratto di molto<br />

grande. Questi fatti complicano la definizione in termini di marcature. In ogni caso<br />

gli ordini indicati senza punto interrogativo sembrano essere più naturali rispetto agli<br />

altri. Poiché molti degli ordini indicati con il punto interrogativo possono sembrare<br />

naturali ad alcuni segnanti nativi, va precisato che è necessario che essi vengano<br />

articolati con la stessa espressione per stabilirne l’ordine meno marcato. Se<br />

accompagnati da tratti sovrasegmentali diversi, altri ordini diventano possibili.<br />

Nel paragrafo 6 si chiarirà come la proiezione funzionale relativa alla forma<br />

sembra essere più bassa rispetto a quella <strong>del</strong>la dimensione. Intanto si può affermare<br />

che l’ordine gerarchico degli aggettivi in LIS, escluso la forma, è speculare rispetto<br />

all’inglese e al cinese mandarino.<br />

Per spiegare come mai l’ordine degli aggettivi in LIS è speculare rispetto a<br />

78


CAPIITOLO 3<br />

lingue come l’inglese o il cinese mandarino, assumerò la posizione di Cinque (1994,<br />

2005b) che, sottoponendo a critica quanto ritenuto da molti (Abney 1987, gli stessi<br />

Sproat e Shih 1988, 1991, Baker 2003 tra gli altri) che considerano gli aggettivi<br />

<strong>del</strong>le teste, afferma che gli aggettivi sono <strong>dei</strong> sintagmi generati nello specificatore di<br />

particolari classi funzionali (FP). Scott (2002) individua nell’FP una gerarchia con un<br />

ordine di tipo semantico, contribuendo così a definire un quadro che non aveva<br />

ancora avuto ancora spiegazione chiara sulla motivazione di tale ordine fisso.<br />

Diamo uno sguardo alla relazione semantica tra gli aggettivi per poi passare<br />

alla configurazione <strong>struttura</strong>le. Come si può osservare dalla <strong>struttura</strong> (fig.5), AP è<br />

generato nello specificatore di FP. Scott (2002), operando un parallelismo tra DP e<br />

CP, suggerisce come valore di FP quello che Cinque (1999) aveva indicato essere il<br />

valore <strong>del</strong>le proiezioni funzionali all’interno <strong>del</strong>la proiezione estesa <strong>del</strong> CP, nel cui<br />

specificatore sono generati i sintagmi avverbiali. Le proiezioni massimali funzionali<br />

(FP) indicate da Cinque (1999) hanno una gerarchia universale fissa. Tale gerarchia<br />

(modo, tempo, aspetto, etc.) intrattiene una relazione semantica con ogni classe di<br />

avverbi generati nei rispettivi specificatori. Poiché la controparte nominale degli<br />

avverbi (modificatori <strong>del</strong> verbo) sono gli aggettivi (modificatori <strong>del</strong> nome), Scott<br />

cerca di ridefinire nel dettaglio la gerarchia degli aggettivi. Gli aggettivi sono<br />

proiezioni massimali generate nello specificatore di un FP con il quale sono in<br />

relazione semantica. In questo modo un aggettivo è allo stesso tempo una testa, e<br />

come tale ha è un elemento lessicale, e una proiezione massimale generata nello<br />

specificatore di una proiezione funzionale FP, in virtù di quest’ultima funzione, la<br />

sua interpretazione è influenzata dall’ordine gerarchico <strong>del</strong>la proiezione FP <strong>nella</strong><br />

quale è generato. In tal senso si spiega anche la diversa interpretazione di aggettivi<br />

come povero che in Italiano ha diverse accezioni a seconda se è prenominale o<br />

postnominale. <strong>La</strong> differente interpretazione infatti è dovuta alla relazione semantica<br />

stabilita con la proiezione funzionale in cui esso viene generato.<br />

79


Fig.5<br />

AP<br />

A°<br />

LA MODIIFIICAZIIONE DEL NOME<br />

A’<br />

FP<br />

80<br />

F’<br />

F° FP<br />

AP<br />

A°<br />

Come ha evidenziato Scott, tale soluzione comporta che FP può ospitare<br />

anche altri tipi di proiezioni come PP, AdvP, ClP, ognuna di esse riceverebbe da FP<br />

l’interpretazione semantica. In tal senso si comprende come UOMO BAFFI riceva<br />

l’interpretazione di uomo baffuto. Vale a dire che BAFFI è generato nello<br />

specificatore <strong>del</strong>la proiezione FP che ospita, ad esempio, la posizione di “Subjective<br />

Comment” (Scott 2002). Oppure PIZZA ITALIA riceva l’interpretazione pizza<br />

italiana perché ITALIA riceve la sua interpretazione dalla proiezione funzionale FP<br />

relativa, ad esempio, a “Nationality/OriginP”. <strong>La</strong> variante LIS (descritta <strong>nella</strong> nota<br />

6) che non ammette ITALIA come aggettivo ma richiede un marcatore di possesso<br />

avrà un PP, anziché un AP, generato <strong>nella</strong> medesima posizione <strong>del</strong>l’AP. Cioè la<br />

proiezione FP può ospitare nel suo specificatore gli elementi di uno stesso campo<br />

semantico (Scott 2002:103).<br />

Questo è un argomento che, trattato insieme ai classificatori, potrebbe<br />

contribuire a definire più dettagliatamente la proposta di Scott (2002) sulla gerarchia<br />

universale sulle proiezioni funzionali <strong>del</strong>l’AP.<br />

5. Struttura <strong>del</strong>la modificazione diretta e indiretta.<br />

Analizziamo adesso la <strong>struttura</strong> <strong>del</strong>la modificazione in LIS. A tal fine<br />

assumerò la posizione di Cinque (2005b), che prevede che le proiezioni <strong>del</strong>la<br />

A’<br />

F’<br />


CAPIITOLO 3<br />

modificazione diretta siano generate più vicine al nome, mentre quelle <strong>del</strong>la<br />

modificazione indiretta, derivando da relativa ridotta, si trovano in una posizione<br />

<strong>struttura</strong>le più alta all’interno <strong>del</strong>la proiezione estesa <strong>del</strong> DP. Cinque (2005a) prevede<br />

sopra ogni proiezione funzionale che ospita un aggettivo, una proiezione di AgrP il<br />

cui specificatore deve ospitare i movimenti <strong>del</strong>l’ NP che deve risalire dalla posizione<br />

più bassa <strong>del</strong>la proiezione estesa <strong>del</strong> DP. L’NP si può muovere da solo oppure, dopo<br />

aver ruotato intorno ad un aggettivo, si solleva insieme alla <strong>del</strong>la categoria che<br />

domina, con movimenti di pied-piping.<br />

Assumendo questa teoria si spiega l’ordine inverso degli aggettivi in LIS.<br />

Riprendiamo le frasi 9 e 22 indicate qui rispettivamente con i n. 29 e 30:<br />

tratto DP<br />

occhi strizzati<br />

29. GELATO BUONO, ITALIANO, COSTARE PIU’<br />

Un buon gelato, italiano, costa di più<br />

testa indietro senza interruzione<br />

30. VASO CINA GRANDE<br />

Un grande vaso cinese<br />

L’aggettivo di provenienza <strong>nella</strong> frase 29 è marcato e, rispetto a quanto<br />

indicato per la modificazione diretta, ha un ordine libero; secondo quanto indicato<br />

da Cinque (2005 b) il movimento è schematizzato <strong>nella</strong> figura 6.<br />

81


Fig.6<br />

DP<br />

LA MODIIFIICAZIIONE DEL NOME<br />

gelato buono<br />

AgrP1<br />

RC<br />

italiano<br />

tj (gelato )<br />

L’NP, dalla posizione in cui è generato, ruota intorno all’AP e sale alla<br />

posizione di specificatore di AgrP dove controlla i tratti di accordo generati <strong>nella</strong><br />

testa AgrP°; AgrP2 domina FP2 nel cui specificatore è generato il modificatore<br />

diretto; l’intero <strong>sintagma</strong>, con movimento di pied-piping, scavalcando l’aggettivo<br />

predicativo, viene ospitato <strong>nella</strong> posizione di specificatore di AgrP1, trovandosi così<br />

immediatamente a sinistra <strong>del</strong>la modificazione indiretta. In questa maniera si spiega<br />

anche la distribuzione <strong>dei</strong> tratti sovrasegmentali: alcuni tratti sono pertinenti alla<br />

proiezione estesa <strong>del</strong> DP (infatti si distribuiscono sull’intero dominio <strong>del</strong> DP);<br />

ulteriori tratti si distribuiscono solo sul dominio <strong>del</strong>la relativa ridotta. <strong>La</strong> risalita<br />

<strong>del</strong>l’NP modificato, sopra la proiezione <strong>del</strong>la relativa ridotta, spiega anche la lettura<br />

restrittiva <strong>del</strong>l’aggettivo predicativo italiano. Ciò equivale a dire che <strong>del</strong>l’insieme <strong>dei</strong><br />

buoni gelati, solo quelli italiani costano di più.<br />

Nella frase 30 invece, l’aggettivo di provenienza non è prosodicamente<br />

marcato, per questo motivo è più vicino al nome lo modifica direttamente,<br />

l’aggettivo di misura, modifica il nome modificato (Sproat e Shih (1988)).<br />

FP1<br />

82<br />

modificazione<br />

indiretta<br />

AgrP2<br />

AP<br />

ty (buono)<br />

FP2<br />

modificazione<br />

diretta<br />

NP<br />

tj (gelato)


CAPIITOLO 3<br />

Schematizzando l’NP vaso viene prima modificato dall’aggettivo di<br />

provenienza<br />

[FP1 [AP1 CINA] [NPVASO]]<br />

L’aggettivo di dimensione AP1 modifica il nome modificato<br />

[FP2 [AP2 GRANDE][FP1 [AP1 CINA][NPVASO]]]<br />

Riprendendo i movimenti illustrati <strong>nella</strong> figura 6, per la frase 30 abbiamo:<br />

[AgrP2 [AgrP1VASO CINA][FP2GRANDE [AgrP1 [N] [FP1 [AP] [NP N]]]]]<br />

Alla stessa maniera possono essere spiegati gli altri ordini degli aggettivi<br />

<strong>del</strong>le frasi indicate in questo capitolo.<br />

5.1 Alcune considerazioni sull’Universale 20 di Geenberg<br />

Cinque (2005a) spiega, alla luce <strong>del</strong>la teoria antisimmetrica <strong>del</strong>la sintassi<br />

(Kayne 1994), l’ordine attestato in molte lingue <strong>del</strong> mondo <strong>dei</strong> quattro elementi<br />

(dimostrativo, numerale, aggettivo, nome) e considerati eccezioni <strong>del</strong>l’Universale 20<br />

di Greenberg (1963) il quale prevede solo questi ordini possibili: come ordine<br />

prenominale Dim > Num > Ag > N, come ordine post nominale lo stesso ordine N ><br />

Dim> Num > A oppure il suo ordine speculare N >A > Num > Dim. Cinque precisa<br />

che <strong>dei</strong> 24 ordini possibili solo 14 sembrano essere attestati nelle lingue naturali.<br />

In questo paragrafo considererò l’ordine <strong>dei</strong> quattro elementi attestato <strong>nella</strong><br />

LIS. A tal fine utilizzerò le stesse spiegazioni di Cinque (2005a) il quale assume,<br />

come ordine profondo, l’ordine prenominale <strong>del</strong>l’Universale 20 di Greenberg (Dim ><br />

Num > A >N) e dimostra che tutti gli altri ordini attestati nelle lingue sono <strong>del</strong>le<br />

derivazioni di quest’ordine dovuti a movimenti, totali o parziali, <strong>del</strong>l’NP più<br />

eventuale pied-piping <strong>del</strong>le categorie che dominano l’NP. Spiegherò inoltre come in<br />

LIS sia possibile ottenere ordini diversi da quello non marcato.<br />

Consideriamo una frase in cui aggettivi numerali, dimostrativi e qualificativi<br />

modificano un nome, l’ordine più naturale in LIS risulta essere N > A > Num > Dim.<br />

83


LA MODIIFIICAZIIONE DEL NOME<br />

Gi altri ordini non sono grammaticali oppure necessitano di marcature con specifici<br />

tratti sovrasegmentali. Ad esempio l’ordine degli aggettivi meno marcato è il<br />

seguente:<br />

marcatura di DP<br />

31. LIBRO NUOVO DUE IXi, MIO<br />

Questi due libri nuovi sono miei<br />

Seguendo Cinque (2005a) quest’ordine deriva dai seguenti movimenti: prima<br />

il sollevamento <strong>del</strong>l’NP alla posizione di specificatore di AgrP che domina<br />

l’aggettivo, poi con movimento di pied-piping si solleva tutto il <strong>sintagma</strong> e viene<br />

ospitato <strong>nella</strong> posizione di specificatore <strong>del</strong>l’AgrP che sovrasta NumP e, ancora una<br />

volta, il tutto si solleva più in alto fino all’AgrP che domina il dimostrativi.<br />

Fig. 7<br />

Agr3<br />

Gli altri ordini attestati in LIS sono:<br />

32a. N > Num > A > Dim<br />

Agr3P<br />

DemP<br />

Agr3’<br />

marcatura di DP<br />

LIBRO DUE NUOVO IXi, MIO<br />

’<br />

FP3<br />

Agr2P<br />

’<br />

Agr2’<br />

Agr2<br />

’<br />

84<br />

’<br />

NumP’<br />

FP2<br />

Agr1P<br />

’<br />

Agr1’<br />

Agr1 FP1<br />

’<br />

AP<br />

’<br />

’<br />

NP<br />


Questi due libri nuovi sono miei<br />

CAPIITOLO 3<br />

In 32a l’NP si muove intorno prima all’aggettivo e poi al numerale ed infine, si<br />

solleva, con con pied-piping, attorno al dimostrativo.<br />

32b. Dim > N > Num > A<br />

marcatura di DP<br />

IXi LIBRI DUE NUOVO IXi, MIO<br />

Questi due libri nuovi sono miei<br />

32c. Dim > N > A > Num<br />

marcatura di DP<br />

IXi LIBRI NUOVO DUE IXi, MIO<br />

Questi due libri nuovi sono miei<br />

32b e 32c sono più rari. In essi la posizione prenominale <strong>del</strong> dimostrativo<br />

richiede una ripetizione <strong>del</strong>l’indicazione alla fine <strong>del</strong> costituente, ovvero :<br />

Dim > N > Num > A > Dim<br />

Quest’ordine è derivato dal movimento di NP intorno alla proiezione<br />

funzionale <strong>del</strong>l’aggettivo e poi intorno alla proiezione <strong>del</strong> numerale. Senza pied-<br />

piping in 32b, con pied-piping in 32c.<br />

Oltre quelli indicati, gli altri ordini non sono grammaticali oppure necessitano<br />

di marcature. A titolo di esempio, citerò qualche ordine non grammaticale (frasi 33a-<br />

d) e qualche ordine marcato frasi (34a 34b).<br />

marcatura di D<br />

33a. *DUE QUESTI LIBRI NUOVI<br />

marcatura di DP<br />

33b. *QUESTI DUE LIBRI NUOVI<br />

marcatura di DP<br />

33c. *LIBRI QUESTI NUOVI DUE<br />

marcatura di DP<br />

33d. * NUOVI LIBRI DUE QUESTI<br />

85


LA MODIIFIICAZIIONE DEL NOME<br />

marcatura di DP<br />

occhi socchiusi<br />

34a. LIBRI NUOVI QUESTI, DUE, MIO<br />

Questi libri nuovi, i due, sono miei<br />

marcatura di DP<br />

occhi socchiusi<br />

34b. LIBRI DUE QUESTI, NUOVI, MIO<br />

Questi due libri, nuovi, sono miei<br />

Questi fatti dimostrano come anche la LIS rientra nei casi di lingue citati da<br />

Cinque 2005 per i quali l’ordine speculare degli elementi nel <strong>sintagma</strong> nominale è il<br />

risultato di tutti i possibili movimenti <strong>del</strong> nome e <strong>dei</strong> suoi modificatori.<br />

6. <strong>La</strong> modificazione incorporata al classificatore<br />

Stabilito che gli aggettivi sono <strong>dei</strong> sintagmi, diamo uno sguardo ad un tipo di<br />

modificazione che presenta <strong>del</strong>le caratteristiche particolari perché si manifesta<br />

incorporata al classificatore. Per una discussione più dettagliata <strong>del</strong>la funzione <strong>del</strong><br />

classificatore si rimanda al paragrafo 4.1 <strong>del</strong> secondo capitolo. Poiché <strong>nella</strong> gerarchia<br />

<strong>del</strong>la modificazione diretta ho escluso l’aggettivo di forma e lasciato incompleto<br />

l’aggettivo di dimensione, provvederò a darne una descrizione più dettagliata in<br />

questo paragrafo, senza però esaurire l’argomento che necessita di una trattazione più<br />

approfondita; in questa sede mi limiterò a descrivere il fenomeno e a fare <strong>del</strong>le<br />

possibili ipotesi sulla <strong>struttura</strong>, sulla base di quanto affermato fino ad ora sugli<br />

aggettivi; in sostanza fornirò un’introduzione all’analisi di un elemento che fa parte<br />

<strong>del</strong>la proiezione estesa <strong>del</strong> DP e, relativamente a questo capitolo, contribuisce alla<br />

modificazione <strong>del</strong> nome.<br />

I classificatori nominali vengono selezionati dal nome su base semantica<br />

(Aikhenvald 2000:81). In LIS la selezione si basa sulla forma <strong>del</strong> nome 7 . <strong>La</strong> forma<br />

7 Come è già stato chiarito nel paragrafo 4.1<strong>del</strong> secondo capitolo, i nomi astratti non selezionano<br />

classificatore. Ad esempio il nome scuola seleziona un classificatore che si riferisce all’edificio ma<br />

non all’istituzione.<br />

86


CAPIITOLO 3<br />

determina la scelta <strong>del</strong>la configurazione manuale. Per forma può essere considerata<br />

la superficie, il perimetro, il tipo di presa, il volume. Ad esempio la parola libro può<br />

selezionare la configurazione manuale B 8 (mano aperta con le dita stese e compatte)<br />

se interessa focalizzare l’attenzione sulla sua superficie, può selezionare la<br />

configurazione C (dita curve e pollice che si oppone ad esse) se il focus è la presa <strong>del</strong><br />

libro o il volume <strong>del</strong> libro, può selezionare la configurazione L (pollice ed indice<br />

stesi) se il focus è il suo perimetro 9 .<br />

I classificatori nominali in LIS co-occorrono con il nome e, con i loro<br />

parametri semantici, lo categorizzano e ne definiscono non solo la forma, ma<br />

incorporano anche l’estensione, la dimensione, la consistenza, la funzione, la<br />

localizzazione e il volume – quantità, quest’ultimo riguarda anche i liquidi 10 .<br />

In questo momento focalizziamo la nostra attenzione su forma, volume-<br />

quantità, estensione, dimensione e consistenza mentre rimandiamo ai capitoli<br />

successivi la localizzazione e la quantità mentre la funzione sembra essere una<br />

prerogativa <strong>dei</strong> classificatori verbali.<br />

Consideriamo la frase 8, che qui ripeterò come 35, e le frasi 36 e 37.<br />

87<br />

tratto topic<br />

lingua leggermente protesa e occhi socchiusi<br />

35. OROLOGIO CLperimetro circolare + tratto piccolo IX1p REGALARE2p<br />

Io ti regalo un piccolo orologio circolare<br />

occhi aperti<br />

denti superiori sul labbro inferiore<br />

36. LIBRO CLvolume + tratto grosso IX1p LEGGERE FINITO<br />

Ho letto un voluminoso libro<br />

37. STAMPANTEi IXi VOLERE FOGLIO CL superficie + tratto rigido<br />

Quella stampante vuole un foglio rigido<br />

8 Per la visualizzazione <strong>del</strong>le configurazioni manuali si rimanda alla tabella 1 <strong>del</strong> capitolo 2.<br />

9 Per una morfologia <strong>dei</strong> classificatori in LIS si rimanda a Corazza (1990), che ha analizzato le<br />

configurazioni <strong>del</strong>la LIS selezionate dai vari tipi di classificatori.<br />

10 Quella riportata è solo una descrizione preliminare <strong>dei</strong> classificatori in LIS basata sui parametri<br />

<strong>del</strong>ineati da Aikhenvald (2000). Non si escludono altre forme di categorizzazione. Soprattutto per ciò<br />

che riguarda i classificatori verbali.


LA MODIIFIICAZIIONE DEL NOME<br />

Nella frase 35 il classificatore di perimetro incorpora la modificazione<br />

relativa alla dimensione. Nella frase 36, il classificatore volume incorpora la<br />

dimensione, in 37 il classificatore di superficie incorpora la consistenza. Ciò che<br />

voglio dimostrare qui è che il classificatore, sia di volume, sia di perimetro, sia di<br />

superficie è un classificatore che categorizza la forma, e i tratti che incorpora sono<br />

elementi di modificazione <strong>del</strong> classificatore stesso.<br />

Infatti se <strong>nella</strong> frase 35 al posto <strong>del</strong>l’orologio circolare ne avessimo uno<br />

romboidale, il classificatore sarebbe un classificatore di perimetro romboidale; se<br />

<strong>nella</strong> frase 36 stessimo parlando <strong>del</strong> volume di un cavo anziché di quello di un libro,<br />

avremmo un classificatore idoneo a rappresentare la circonferenza di un cavo<br />

(classificatore C sia con mano destra sia con mano sinistra, che si uniscono per<br />

formare una circonferenza). Nella frase 37, se stessimo parlando <strong>del</strong>la superficie di<br />

un nastro anziché di un foglio, avremmo un classificatore con una configurazione di<br />

superficie più stretta (classificatore H: indice e medio stesi e uniti tra loro). In<br />

sostanza la selezione <strong>dei</strong> classificatori viene fatta sulla base <strong>del</strong>la forma <strong>del</strong> nome.<br />

Ad esempio un classificatore di superficie piatta non può riferirsi ad un filo o al<br />

volume di un cubo.<br />

A questo punto sembra che il classificatore abbia la prerogativa di incorporare<br />

i tratti di estensione, dimensione, consistenza e volume-quantità. In tal senso, alla<br />

luce degli studi sull’incorporazione di Baker (1988) e agli studi da esso ispirati, il<br />

classificatore va trattato come una testa che incorpora le altre teste durante la sua<br />

risalita <strong>del</strong>la proiezione estesa <strong>del</strong> DP. Questo dà ragione di pensare che i tratti di<br />

forma e i tratti relativi alle dimensioni sono <strong>del</strong>le teste. Assumendo la restrizione sul<br />

movimento di testa (Travis,1984) che prevede che il movimento di testa deve essere<br />

locale per cui non può oltrepassare altre teste, dobbiamo necessariamente assumere<br />

che il classificatore si muove passando per ogni testa che incontra e ne incorpora i<br />

tratti; se una di esse fosse riempita, bloccherebbe il movimento <strong>del</strong> classificatore.<br />

Secondo questa interpretazione, il classificatore deve essere generato in una<br />

testa molto vicina all’NP così che risalendo dalla sua posizione incorpori i vari tratti<br />

di ShapeP, WidthP, LenghtP, SizeP (Scott 2002) generati tutti nelle rispettive teste.<br />

88


CAPIITOLO 3<br />

Benché generati nelle teste, i tratti relativi alla dimensione e alla forma ci aiutano a<br />

rispondere al dubbio rimasto in sospeso circa la posizione speculare degli aggettivi di<br />

forma e di dimensione trattati nel paragrafo 4. L’osservazione che il classificatore<br />

viene selezionato sulla base <strong>del</strong>la forma (shape) che eventualmente viene<br />

successivamente modificata dai tratti di dimensione (whidt, lenght, size etc),<br />

concorda con l’assunzione che la gerarchia <strong>del</strong>le proiezioni funzionali che dominano<br />

questi tratti, sia speculare a quella indicata da Sproat e Shih (1988,1991). Resta da<br />

stabilire il tipo di modificazione che il classificatore apporta al nome. A tal proposito<br />

possiamo osservare che se da un lato il classificatore costituisce una proforma <strong>del</strong><br />

nome e i tratti modificano questo proforma in maniera diretta 11 , dall’altro, il nome,<br />

che ricorre con il classificatore, viene modificato dal classificatore stesso. Ad un<br />

primo sguardo ai tratti sovrasegmentali la modificazione, apportata dal classificatore<br />

sul nome, sembra essere indiretta. Ad ogni modo resta da stabilire la relazione tra<br />

nome e classificatore per chiarire questo aspetto.<br />

Il movimento di testa <strong>del</strong> classificatore verrà illustrato nel capitolo sei<br />

(paragrafo 5.4). Questa ipotesi per il momento non è sostenuta da ulteriori dati, nel<br />

capitolo 4, dove illustrerò l’accordo per genere e numero, si chiariranno altri aspetti<br />

per i quali sembra che la proiezione <strong>del</strong> classificatore stia sopra le proiezione degli<br />

aggettivi e, poiché concorda con il nome per la forma, e sia omofono agli aggettivi di<br />

forma per questo l’aggettivo può essere confuso con un classificatore. <strong>La</strong> prova di<br />

questa ipotesi è il fatto che, seppure in forme ridondanti, aggettivo di forma e<br />

classificatore co-occorrono. Questa ipotesi, che vuole che i classificatori non siano<br />

teste, bensì sintagmi, risolverebbe anche il contrasto che si crea tra alcuni aggettivi<br />

che sono sintagmi ed altri che, per essere incorporati al classificatore, devono essere<br />

necessariamente <strong>del</strong>le teste. Ma questo aspetto verrà discusso nel capitolo 4.<br />

L’ipotesi <strong>del</strong>la risalita <strong>del</strong> classificatore da una posizione bassa <strong>del</strong>la<br />

proiezione estesa <strong>del</strong> DP fino alla posizione di <strong>determinante</strong> (capitolo 6 paragrafo<br />

5.4), verrà sostenuta da ulteriori dati nei capitoli successivi.<br />

11 Ad esempio la dimensione può essere costituita da tratti che si incorporano al classificatore.<br />

89


CONCL US IONI<br />

LA MODIIFIICAZIIONE DEL NOME<br />

In questo capitolo ho trattato la modificazione nominale. In LIS gli aggettivi<br />

concordano solo se hanno i tratti di accordo forti, in presenza di un <strong>determinante</strong><br />

l’accordo viene assunto dal <strong>determinante</strong> e gli aggettivi vengono assimilati<br />

nell’accordo, in quest’ultimo caso i tratti di accordo sono deboli.<br />

Dal punto di vista distribuzionale, abbiamo visto che modificatori sia diretti,<br />

sia indiretti seguono obbligatoriamente il nome. Assumendo che il nome viene<br />

generato <strong>nella</strong> posizione più bassa <strong>del</strong>la proiezione estesa <strong>del</strong> DP, se ne deduce che la<br />

risalita di NP è obbligatoria e completa perché si posiziona sempre a sinistra <strong>del</strong>la<br />

frase.<br />

<strong>La</strong> differenza tra modificazione diretta ed indiretta è affidata alle marcature<br />

prosodiche che occorrono nel dominio di precise categorie: quelle relative al dominio<br />

<strong>del</strong> DP e quelle relative al dominio <strong>del</strong>la frase relativa. <strong>La</strong> posizione degli aggettivi<br />

attributivi e predicativi induce a considerare la proposta di Cinque (1994, 2005a,<br />

2005b) sullo status di sintagmi generati in una proiezione FP: la posizione degli<br />

aggettivi attributivi e predicativi rispetto al nome è giustificata dalla risalita <strong>del</strong>l’NP<br />

con materiale pied-piped secondo come previsto da Cinque. <strong>La</strong> presenza di una<br />

proiezione funzionale con valore semantico giustifica anche il fatto che alcune<br />

variazioni linguistiche <strong>del</strong>la LIS, agli aggettivi di provenienza, privilegiano la forma<br />

con marcatore di possessivo.<br />

Abbiamo considerato le proposte di gerarchia <strong>del</strong>la modificazione di Sproat e<br />

Shih (1988, 1991) e quelle <strong>del</strong>l’Universale 20 di Greenberg (1963) ed abbiamo visto<br />

come la risalita <strong>del</strong> nome con materiale pied-piped giustifica anche l’ordine degli<br />

aggettivi in LIS che è speculare rispetto a quello di molte lingue (inglese, cinese<br />

mandarino, ASL) e proposto come gerarchia universale.<br />

Per completare il discorso sull’ordine speculare degli aggettivi rispetto a<br />

quelli proposti da Sproat e Shih (1988, 1991), che prevedevano anche la presenza<br />

<strong>del</strong>l’aggettivo di forma e di dimensione, è stato necessario ricorrere al classificatore<br />

90


CAPIITOLO 3<br />

che veicola questo tipo di modificazione. Abbiamo visto che la modificazione è<br />

diretta sul classificatore (non è chiaro se lo sia anche sul nome). Ho poposto<br />

un’ipotesi che prevede l’icorporazione <strong>dei</strong> tratti degli aggettivi da parte <strong>del</strong><br />

classificatore per la qual cosa, sulla base <strong>del</strong>la teoria <strong>del</strong>l’incorporazione di Baker<br />

(1988), sia il classificatore che i tratti modificatori vanno trattati come teste e il<br />

classificatore nel suo spostamento verso l’alto incorpora i tratti di alcuni aggettivi<br />

come shape, length e size. Questa ipotesi però contrasta con il fatto che alcuni<br />

aggettivi per essere incorporati devono essere <strong>del</strong>le teste, mentre altri sono <strong>dei</strong><br />

sintagmi. Per questo motivo, nel capitolo seguente verrà illustrata un'altra ipotesi che<br />

prevede che il classificatore venga selezionato dal nome e che accorda con esso per<br />

forma.<br />

91


C A P I T O L O 4<br />

L’ACCORDO CON IL NOME: ASPETTI<br />

SINTATTICI SUI TRATTI DI GENERE E NUMERO<br />

Introduzione<br />

Lo scopo di questa sezione è quello di fungere da raccordo tra l’analisi <strong>del</strong>la<br />

parte bassa e quella <strong>del</strong>la parte alta <strong>del</strong>la proiezione estesa <strong>del</strong> DP. Per questo motivo<br />

ho analizzato alcuni aspetti che sono fondamentali per la comprensione di ciò che<br />

determina la flessione di genere e numero <strong>nella</strong> LIS che costituisce il passaggio verso<br />

la parte funzionale <strong>del</strong> DP. Se da un lato la vastità degli aspetti che riguardano la<br />

flessione per genere e numero, che non sono stati ancora indagati, è tale da non poter<br />

essere affrontata in maniera esauriente in un solo capitolo, dall’altra l’esigenza di<br />

chiarire le fasi <strong>del</strong>la risalita <strong>del</strong>l’NP, soprattutto per ciò che concerne l’accordo di<br />

numero, mi ha spinto ad indagare su questa porzione <strong>del</strong> DP almeno per gli aspetti<br />

che riguardano il movimento <strong>del</strong> nome o <strong>del</strong> classificatore. L’argomento affrontato<br />

merita più attenzione, anche per dare dignità di grammatica a fenomeni flessivi che<br />

fin ora sono stati classificati come iconici; lo studio affrontato in questo capitolo


L’’ACCORDO CON IIL NOME<br />

vuole essere una possibile base per ulteriori studi da affrontare successivamente su<br />

questo argomento.<br />

Nella prima parte <strong>del</strong> capitolo, partendo dalle posizioni di Aikhenvald (2000)<br />

Ritter (1991, 1993, 1995) Dryer (1989) Bernstein (1991, 2001), individuerò per la<br />

LIS la proiezione funzionale di numero e i tratti di forma che, per molti aspetti<br />

comuni, possono essere assimilati ai tratti di genere <strong>del</strong> nome. Non focalizzerò la mia<br />

attenzione sull’accordo per genere, ma discuterò <strong>del</strong>la sua definizione in LIS, che<br />

non è mai stata presa in considerazione perché influenza la flessione per numero; in<br />

questa sede con il termine flessione per numero intendo sia l’accordo per numero,<br />

che avviene attraverso la reduplicazione <strong>del</strong> nome, sia l’accordo per numero come la<br />

dualità (vedremo che in alcuni casi esiste anche la specificazione di numero per tre e<br />

quattro).<br />

Poiché il criterio seguito in questo lavoro è quello di osservare le fasi<br />

successive <strong>del</strong>l’incorporazione o <strong>del</strong> controllo (Chomsky, 1995) <strong>dei</strong> tratti <strong>del</strong> nome,<br />

la prima parte <strong>del</strong> capitolo verrà dedicata all’analisi di tratti di accordo che si basano<br />

sulla forma <strong>del</strong> nome. L’analisi <strong>del</strong>l’accordo per forma <strong>del</strong> nome è in sintonia con la<br />

considerazione che essi costituiscano un genere <strong>del</strong> nome. A tal fine assumerò le<br />

posizioni di Ritter (1991, 1993, 1995) che afferma che i tratti di genere partono dalla<br />

posizione più bassa <strong>del</strong>la proiezione estesa <strong>del</strong> DP. Nel secondo paragrafo descriverò<br />

vari aspetti <strong>del</strong>la flessione per numero in LIS. L’accordo per numero <strong>del</strong> costituente<br />

nominale in LIS non ha una soluzione chiara. Come vedremo, ci sono numerosi<br />

aspetti che riguardano la morfologia <strong>del</strong>la reduplicazione che non hanno ancora<br />

trovato una spiegazione. Tutti questi aspetti verranno illustrati nel terzo paragrafo.<br />

Nel quarto paragrafo rileverò alcune costanti che emergono dal quadro <strong>del</strong>ineato<br />

<strong>nella</strong> sezione precedente e, sulla base <strong>del</strong> quadro che emerge, nel quinto paragrafo<br />

tenterò una spiegazione <strong>del</strong>la proiezione di NumberP e di NumeralP in LIS.<br />

1. Il genere in LIS<br />

Aikhenvald (2000) osserva che in molte lingue l’accordo grammaticale è<br />

basato su un nucleo di caratteristiche semantiche come il sesso, l’animatezza,<br />

93


CAPIITOLO 4<br />

eccetera. Nuclei semantici comuni raggruppano i nomi in classi o generi. Il numero<br />

<strong>del</strong>le classi varia tra le lingue e la maniera con la quale il genere, o la classe, marca il<br />

nome può essere costituita da morfemi legati allo stesso nome o all’articolo o<br />

all’aggettivo o a tutti questi. Un altro modo per marcare le classi può essere costituito<br />

dal classificatore. Questo è un elemento che esprime gli aspetti semantici <strong>del</strong> nome e<br />

lo categorizza ricorrendo con esso. In LIS la categorizzazione <strong>dei</strong> nomi per numero,<br />

animatezza e umanità si realizza attraverso il classificatore. <strong>La</strong> classificazione per<br />

forma, che si realizza con tratti specifici, si può trovare all’interno <strong>del</strong> nome stesso o<br />

nel classificatore con il quale il nome ricorre, ad esempio il nome palla ha i tratti<br />

inerenti di forma nel segno che è costituito dalla configurazione 5 curva (tavola n.1<br />

capitolo 2) realizzata con le due mani simmetriche. Il segno per uomo non ha tratti di<br />

forma espliciti, ma essi si realizzano nel classificatore quando è necessaria la sua<br />

esplicitazione. Ad esempio la pluralizzazione viene resa attraverso la reduplicazione<br />

<strong>del</strong> classificatore: la parola uomo può richiedere un classificatore costituito dalla<br />

configurazione G (estensione <strong>del</strong> dito indice) che rimanda alle entità lunghe, oppure<br />

alla configurazione V (estensione di indice e medio) che rimanda alle gambe quando<br />

invece è necessario esprimere la sua posizione nello spazio.<br />

Ritter (1991), sulla base <strong>dei</strong> dati <strong>del</strong>l’ebraico, osserva che nelle lingue in cui<br />

il genere maschile o femminile è specificato nel nome, tale proprietà deve essere<br />

acquisita, mentre non è necessario acquisire la proprietà di singolare o plurale.<br />

Secondo la studiosa il genere è un tratto inerente <strong>del</strong> nome per cui è generato <strong>nella</strong><br />

testa lessicale <strong>del</strong>la proiezione nominale. Verbi e aggettivi invece ottengono la loro<br />

specificazione di genere attraverso l’accordo con una testa funzionale di una<br />

proiezione verbale o aggettivale (AGR). Ritter (1993) specifica che i tratti di genere<br />

sono soggetti a variazione parametrica tra le lingue. Per l’ebraico, ad esempio, essi<br />

sono localizzati <strong>nella</strong> radice nominale, mentre nelle lingue romanze il genere<br />

compare, insieme alla specificazione per numero, <strong>nella</strong> testa di NumP.<br />

Per la LIS, in accordo con le posizioni di Aikhenvald (2000) riguardo alla<br />

considerazione <strong>dei</strong> classificatori come elementi categorizzanti i nomi, assumendo il<br />

punto di vista di Ritter (1991, 1993) sulla considerazione <strong>del</strong> genere come tratto<br />

94


L’’ACCORDO CON IIL NOME<br />

inerente <strong>del</strong> nome o <strong>del</strong> numero, considererò il tratto di forma in LIS come un tratto<br />

inerente <strong>del</strong> nome per i seguenti motivi: innanzitutto la forma, come il genere,<br />

sottocategorizza i nomi determinando, come è già stato accennato più volte (si veda<br />

il capitolo 3 paragrafo 6), la selezione <strong>del</strong> classificatore, in secondo luogo la forma<br />

non solo provoca diversi comportamenti <strong>nella</strong> morfologia di accordo con il numero,<br />

come vedremo in questo capitolo, ma anche con gli aggettivi e i verbi. In terzo luogo,<br />

come il cambiamento di genere per l’ebraico costituisce una strategia per la<br />

produzione di nuovi termini facendoli derivare da quelli già esistenti 1 , in LIS la<br />

forma costituisce un elemento per l’ideazione di termini non codificati. Ad esempio i<br />

termini per designare le specie di foglie non sono codificati; la distinzione può essere<br />

realizzata attraverso il nome accompagnato dal classificatore: la foglia di platano<br />

avrà come segno: FOGLIA CLentità larga con punte sporgenti; la foglia di pino avrà come segno:<br />

FOGLIA CL elemento lungo e appuntito; la foglia di olivo avrà come segno FOGLIA CLelemento<br />

piccolo e allungato, e così via.<br />

Dagli esempi è evidente che in LIS i tratti di forma possono essere inerenti al<br />

nome o al classificatore che costituisce una sua proforma. Per questo motivo la<br />

trattazione di questo argomento non può prescindere dal classificatore, che non verrà<br />

trattato estesamente ma solo come elemento indicatore di tratti <strong>del</strong> nome con il quale<br />

ricorre.<br />

Poiché i tratti di forma <strong>del</strong>la LIS determinano un diverso comportamento <strong>del</strong><br />

nome non solo per ciò che concerne la flessione per numero, ponendomi sulle stesse<br />

posizioni di Ritter (1991,1993), li considererò <strong>dei</strong> tratti indipendenti da quelli di<br />

numero, generati quindi <strong>nella</strong> testa lessicale <strong>del</strong>la proiezione nominale (N°). <strong>La</strong><br />

risalita <strong>del</strong>la proiezione nominale, come abbiamo visto nel capitolo precedente,<br />

consente di controllare i tratti di forma <strong>nella</strong> testa di una proiezione funzionale<br />

(AGR) indipendente da quella di numero, e che provvede all’accordo con gli<br />

aggettivi.<br />

1 Ad esempio il suffisso –it femminile aggiunto al nome maschile maxsan (deposito, magazzino)<br />

deriva un nome femminile correlato maxsan-it (rivista), oppure il maschile toxn-a (programma di<br />

computers) con il suffisso femminile toxn-it significa programma, piano. (Ritter 1991 :796).<br />

95


CAPIITOLO 4<br />

Non mi soffermerò sulla concordanza <strong>del</strong> tratto di forma con i verbi 2 , ma<br />

considererò la forma esclusivamente come elemento di accordo all’interno <strong>del</strong>la<br />

proiezione <strong>del</strong> DP. I dati sulle proprietà morfologiche di alcuni aggettivi da un lato<br />

(ad esempio quelli relativi a forma, dimensioni, consistenza, i quali , come abbiamo<br />

visto nel capitolo 3, variano in relazione alla forma <strong>del</strong> referente predicato) e i dati<br />

che vedremo sulla concordanza per numero, dall’altro lato, ci inducono a ritenere che<br />

il tratto di forma è legato al nome a tutti i livelli di rappresentazione sintattica. Nei<br />

capitoli seguenti accennerò come la forma attraverso il classificatore sarà<br />

rappresentata anche <strong>nella</strong> parte alta <strong>del</strong> DP.<br />

1.1 <strong>La</strong> classe per forma: tratti indipendenti di forma determinano una<br />

diversa flessione per numero.<br />

In questo paragrafo chiarirò perchè i tratti di forma sono inerenti al nome, e<br />

quindi sono indipendenti dalla proiezione di Numero, e come la forma condiziona la<br />

flessione per numero.<br />

Alla fine <strong>del</strong> capitolo precedente ho illustrato come i classificatori sono<br />

elementi selezionati dal nome sulla base <strong>dei</strong> tratti di forma 3 . Il fatto che i nomi che<br />

selezionano un classificatore siano solo quelli numerabili, induce a ritenere che la<br />

funzione <strong>del</strong> classificatore, benché indipendente, sia strettamente connessa con la<br />

proiezione di Numero. Del resto una prima categorizzazione <strong>dei</strong> nomi avviene<br />

proprio in questa direzione: i nomi numerabili selezionano un classificatore<br />

nominale, i nomi non numerabili non lo selezionano 4 . In seguito vedremo che la<br />

2 Alcuni verbi come mangiare, accarezzare, sbucciare concordano con la forma <strong>del</strong>l’oggetto, ad<br />

esempio mangiare un gelato si esprime in maniera diversa da mangiare un panino. Altri verbi come<br />

camminare, correre concordano con la forma <strong>del</strong> soggetto, ad esempio il segno di un cane che<br />

cammina è diverso da quello che esprime la camminata di un uomo.<br />

3 I l classificatore viene selezionato sulla base di tratti semantici come il tipo di presa, la circonferenza<br />

e così via, gli elementi semantici hanno in comune il tratto di forma. Per approfondimenti si rimanda<br />

a Corazza (1990).<br />

4 I liquidi possono selezionare un classificatore che codifica il movimento, vale a dire un classificatore<br />

verbale (Brentari Benedico, 2004), ma non un classificatore che conferisca loro una referenzialità<br />

localizzandoli in un punto <strong>del</strong>lo spazio.<br />

Ad esempio:<br />

i. ACQUA CLforma aperta + movimento<br />

L’acqua scorre<br />

96


L’’ACCORDO CON IIL NOME<br />

stretta connessione tra classificatori e numero è testimoniata anche dalle posizioni di<br />

Greenberg (1975) e Simpson (2005). Vale la pena notare che in LIS, come nel cinese<br />

mandarino, ci sono classificatori che si riferiscono ad aspetti semantici <strong>del</strong>le singole<br />

unità numerabili (che vengono pronunciati sia con il singolare, frasi 1 e 2, sia con il<br />

plurale, frasi 3 e 4) e classificatori di misura che creano unità di misura per i nomi<br />

non numerabili; questi ultimi vengono utilizzati anche in lingue come l’italiano, ad<br />

esempio una ciotola di riso, una bottiglia di liquore (Cheng e Sybesma, 1999).<br />

Tuttavia in LIS come i classificatori per singole unità numerabili, i classificatori<br />

<strong>del</strong>le unità di misura vengono riferiti per la forma, ad esempio il classificatore per un<br />

mazzo di fiori varia in relazione alla dimensione e alla forma <strong>del</strong>la composizione di<br />

fiori, ovvero se si tratta di fiori lunghi o corti e piccoli o se vengono confezionati in<br />

scatole e così via.<br />

Nel secondo capitolo abbiamo visto come i classificatori nominali vengono<br />

utilizzati per stabilire la localizzazione nello spazio in relazione ad altri elementi. Ad<br />

esempio:<br />

1. UOMO’ CLtratto di forma + tratto di luogoj<br />

L’uomo<br />

2. m.d. 5 LIBRO MIO CLtratto di forma+luogoj---------------------LIBRO SUO CLz<br />

m.n.d. ------------------------------------------LIBRO TUO CLy<br />

Il mio libro, il tuo libro e il suo libro<br />

I tratti di luogo, rappresentati dagli indici al pedice <strong>dei</strong> classificatori, marcano<br />

il riferimento di ogni elemento, quindi i classificatori articolati in un luogo specifico<br />

determinano anche la referenzialità. Ogni nome seleziona un tipo diverso di<br />

ii. MARE CLferma aperta + movimento lieve<br />

Il mare è calmo<br />

iii. *ACQUA CL form + locativo<br />

L’acqua<br />

5 Per m.d. si intende mano dominante e per m.n.d. si intende mano non dominante. Per ulteriori<br />

chiarimenti si rimanda alla simbologia.<br />

97


CAPIITOLO 4<br />

classificatore: il classificatore di persona 6 <strong>del</strong>la frase 1 è diverso dal classificatore per<br />

libro (elemento piatto) <strong>del</strong>la frase 2. <strong>La</strong> selezione di un diverso tipo di classificatore<br />

determina l’appartenenza a due categorie di nomi diversi: quella degli elementi alti e<br />

quella degli elementi piatti.<br />

<strong>La</strong> specificazione per il plurale di queste due categorie avviene in diversi<br />

modi: gli elementi lunghi possono essere pluralizzati con le dita <strong>del</strong>la mano (frase 3),<br />

gli elementi piatti possono essere pluralizzati attraverso la reduplicazione <strong>del</strong> segno<br />

(frase 4). In entrambi i plurali viene specificata anche la posizione, (nell’esempio 3 la<br />

posizione richiede l’articolazione con due mani che invece non richiede l’esempio 4).<br />

3. m.d. UOMO CL 7 tratto di forma plurale + tratto di posizione in fila+ tratto di luogo.<br />

n.n.d. CL tratto di forma plurale + tratto di posizione in fila + tratto di luogo.<br />

Gli uomini in fila.<br />

4. LIBRI CL +++ tratto di forma + tratto di posizione.<br />

I libri (in fila, sparsi su un piano, uno sull’altro eccetera).<br />

In sostanza i classificatori, distinguendo i nomi per forma, determinano due<br />

tipi di flessioni per il plurale: <strong>nella</strong> frase 3 la numerosità, rappresentata dalle dita<br />

<strong>del</strong>la mano, è una sorta di “portemanteau” di morfemi di forma, numero, posizione e,<br />

se localizzati in un luogo specifico, anche di referenzialità (come verrà specificato<br />

nei prossimi capitoli); nel secondo tipo di flessione, esemplificato <strong>nella</strong> frase 4, la<br />

reduplicazione <strong>del</strong> classificatore, proforma <strong>del</strong> nome, veicola la numerosità mentre il<br />

classificatore stesso, veicola solo la forma. <strong>La</strong> flessione per il plurale attraverso un<br />

classificatore fornisce informazioni sulla posizione <strong>dei</strong> referenti nello spazio mentre<br />

la localizzazione ne determina la specificità 8 .<br />

Se consideriamo la forma come un elemento di “genere”, dobbiamo<br />

considerare che questi fatti dimostrano che l’interazione tra numero e genere è un<br />

6 Abbiamo due tipi di classificatore per uomo, uno è riferibile alle gambe e viene utilizzato soprattutto<br />

per stabilire la sua posizione nello spazio, l’altro è un classificatore di forma per un elemento lungo. lo<br />

stesso classificatore può essere utilizzato anche per altri elementi stretti e alti come ad esempio albero.<br />

7 Questo classificatore è costituito dalla configurazione 4, vedi in tabella n.1 <strong>del</strong> capitolo 2. In esso<br />

ogni dito rappresenta un elemento lungo e sottile.<br />

8 Questo aspetto sarà argomento di trattazione estesa nei capitoli 5 e 6.<br />

98


L’’ACCORDO CON IIL NOME<br />

fenomeno che interessa non solo le lingue orali (Ritter 1991, 1995, Bernstein 2001)<br />

ma anche le lingue <strong>dei</strong> segni. Se da un lato è evidente la relazione stretta tra forma e<br />

numero, il fatto che gli aggettivi legati alla forma (aggettivi di volume-quantità,<br />

estensione, dimensione e consistenza) hanno un comportamento diverso rispetto agli<br />

altri aggettivi, perché possono incorporarsi al nome e non hanno nessuna relazione<br />

con il numero, (capitolo 3) mostra che il genere costituisce un elemento indipendente<br />

dal numero e che invece esso è un tratto connesso strettamente con il nome. Nella<br />

sezione seguente analizzerò la formazione <strong>del</strong> plurale in LIS e la concordanza per<br />

numero; <strong>nella</strong> discussione <strong>del</strong>la parte <strong>struttura</strong>le ritorneremo sull’argomento.<br />

2. <strong>La</strong> flessione per numero<br />

Ho già accennato al fatto che il luogo di articolazione di un segno è legato al<br />

riconoscimento <strong>del</strong> referente e la modifica <strong>dei</strong> tratti di luogo coinvolge l’accordo <strong>del</strong><br />

nome con gli aggettivi. In diverse occasioni ho chiarito che i nomi articolati nello<br />

spazio neutro sono considerati flessivi mentre quelli articolati sul corpo sono<br />

considerati non flessivi, in tal caso la flessione può essere assunta da un proforma<br />

(classificatore).<br />

In questo capitolo osserveremo la flessione nominale per numero che avviene<br />

attraverso la ripetizione <strong>del</strong> nome, o <strong>del</strong> suo classificatore, in due o più punti <strong>del</strong>lo<br />

spazio. Se i punti sono referenziali, sono definiti. Se invece essi vengono articolati<br />

nello spazio neutro (perciò non sono marcati) sono indefiniti. Questo aspetto verrà<br />

discusso nel dettaglio nei capitoli successivi. Nella figura 1 sono stati individuati i<br />

punti in cui può essere necessaria la ripetizione. I punti possono essere spostati anche<br />

in diagonale o trasversalmente, se è necessaria una descrizione <strong>del</strong>la posizione.<br />

Quella indicata nello schema è una posizione non marcata per luogo.<br />

99


Fig.1<br />

CAPIITOLO 4<br />

<strong>La</strong> reduplicazione <strong>del</strong> nome è un fenomeno iconico diffuso per la formazione <strong>del</strong><br />

plurale in molte lingue orali (Cruse 1994, Dryer 2005). Essa può essere parziale,<br />

ovvero coinvolgere la reduplicazione di un prefisso o di un suffisso, oppure<br />

completa, vale a dire che la reduplicazione coinvolge l’intera parola come nel caso,<br />

ad esempio, <strong>del</strong>la lingua indonesiana in cui il corrispondente plurale di rumah (casa)<br />

è rumah rumah (case) (Dryer, 2005). Nella LIS si può parlare di reduplicazione<br />

completa poiché sono coinvolti tutti i parametri formazionali <strong>del</strong> nome.<br />

2.1 Il plurale <strong>dei</strong> nomi<br />

Uno <strong>dei</strong> sistemi di pluralizzazione in LIS consiste nell’uso <strong>dei</strong> quantificatori 9 .<br />

In realtà tutte le espressioni di quantità ci permettono di dare uno sguardo alla<br />

morfologia <strong>del</strong>la flessione <strong>del</strong> nome dalla quale partirò per discutere <strong>del</strong>la proiezione<br />

di numero.<br />

Un <strong>sintagma</strong> nominale quantificato in LIS non richiede necessariamente una<br />

flessione per numero, ad esempio sia nomi segnati nello spazio come albero, sia<br />

nomi segnati sul corpo come finestra, non devono necessariamente concordare<br />

morfologicamente. Le frasi 5 e 6 costituiscono un esempio in cui il plurale <strong>del</strong> nome<br />

non viene marcato con la reduplicazione.<br />

9 Sullo status grammaticale <strong>del</strong> quantificatore si rimanda al paragrafo 6<br />

100<br />

x y z


L’’ACCORDO CON IIL NOME<br />

elemento marcato<br />

5. GIARDINO C’Èpredicato di esistenza ALBERO MOLTO<br />

In giardino si sono molti alberi<br />

elemento marcato<br />

6. CASA IX poss 1p, C’Èpredicato di esistenza FINESTRA MOLTO<br />

A casa mia ci sono tante finestre<br />

In queste due frasi il valore di numerosità è dato esclusivamente dal<br />

predicato quantificatore mentre il nome e il verbo non sono marcati per il plurale.<br />

Occorre precisare che il predicato di esistenza, come tutti i verbi, se reduplicato<br />

veicola l’aspetto distributivo 10 . Durante l’osservazione <strong>del</strong>le frasi, ho potuto<br />

constatare che l’interpretazione distributiva è più evidente con i verbi segnati sul<br />

corpo rispetto a quelli segnati nello spazio 11 (lo stesso fenomeno riguarda anche i<br />

nomi, come vedremo tra poco).<br />

Le frasi 5 e 6 prevedono anche una versione con il nome flesso attraverso la<br />

sua ripetizione nello spazio (frasi 7 e 8). In questo caso l’interpretazione è più<br />

marcata, cioè viene evidenziato l’aspetto di molteplicità; l’aspetto marcato, come per<br />

i verbi, è più evidente con il nome segnato sul corpo (finestra) 12 . mentre con un<br />

nome articolato nello spazio (albero) la marcatura è meno evidente.<br />

marca di locativo<br />

7. GIARDINO C’Èpredicato di esistenza ALBERO+++ MOLTO<br />

marca di locativo<br />

8. CASA IX poss 1p, C’Èpredicato di esistenza FINESTRA+++ MOLTO<br />

Nei casi in cui il plurale <strong>del</strong> nome è espresso, il verbo, attraverso la sua<br />

reduplicazione, concorda con il nome. In questo caso l’interpretazione assume<br />

10<br />

Sulla reduplicazione <strong>dei</strong> verbi si rimanda a Klima Bellugi (1979) e a Corazza (2000b).<br />

11<br />

Ringrazio Monica Squizzato, Mirko Santoro, Fabio Poletti, Giovanna Ferotti con i quali ho potuto<br />

discutere di questi argomenti.<br />

12<br />

Il motivo di questa diverso gradi di marcatezza potrebbe trovare una spiegazione nelle differenze<br />

fonologiche: un segno articolato sul corpo richiede oltre alla flessione manuale anche una flessione<br />

<strong>del</strong> corpo, quindi non manuale, rendendo più marcata la flessione. A tal proposito si veda anche<br />

Corazza e Pizzuto (1996).<br />

101


CAPIITOLO 4<br />

l’aspetto di distributività 13 . Da notare che con i nomi segnati sul corpo ci sono <strong>del</strong>le<br />

restrizioni sulla reduplicazione <strong>del</strong> verbo la quale non sempre viene accettata come è<br />

il caso <strong>del</strong>la frase 10.<br />

elemento marcato<br />

9. ALBERO +++ MOLTO, GIANNI ABBATTERE +++<br />

I tanti alberi Gianni li ha abbattuti.<br />

tratto DP<br />

10. ?CASA IX poss 1p, FINESTRA+++ MOLTO, ROTTO+++<br />

Ognuna <strong>del</strong>le molte finestre di casa mia è rotta.<br />

Ci sono alcuni nomi invece che al plurale devono necessariamente<br />

reduplicare. Ad esempio la parola persona, se è plurale (frase 11), deve essere flessa<br />

altrimenti non sempre è accettata (frase 12).<br />

11. PERSONA+++ MOLTO<br />

Molte persone<br />

12. ?PERSONA MOLTO<br />

Con questo tipo di nomi però la reduplicazione non è interpretata come<br />

marcata. Il motivo di questa differenza di comportamento tra i nomi non è ancora<br />

chiaro. Per il momento ho potuto notare una costante di tipo fonologico per la quale i<br />

segni articolati con le due mani non richiedono necessariamente la flessione, mentre i<br />

segni ad una mano è più facile che la richiedano. Ad esempio il segno persona è<br />

articolato con una sola mano: quando viene flesso al plurale può essere articolato<br />

con le due mani, cioè ogni mano alternativamente articola la parola, oppure con una<br />

sola mano che ripete il segno spostandolo nello spazio. I due diversi modi di flettere<br />

persona non influiscono sul significato.<br />

<strong>La</strong> flessione per numero è necessaria anche nel caso in cui il nome è<br />

accompagnato da un classificatore; in questo caso la reduplicazione nel nome si<br />

sposta sul classificatore, come mostra la frase 13; la frase 14 invece, non è corretta<br />

perché il classificatore non viene reduplicato.<br />

13 Per approfondimenti si rimanda a Klima e Bellugi 1979).<br />

102


L’’ACCORDO CON IIL NOME<br />

13. LIBRO CL tratto di forma+ tratto di disposizione +++ TANTI<br />

Tanti libri<br />

14. *LIBRO CL tratto di forma+ tratto di disposizione TANTI<br />

Il motivo per il quale i classificatori vengono reduplicati più facilmente <strong>dei</strong><br />

nomi verrà esaminato nei paragrafi successivi. Per il momento osserviamo l’aspetto<br />

morfologico. Se con i classificatori ad una mano la reduplicazione in caso di plurale<br />

è obbligatoria, con i classificatori a due mani non lo è, ad esempio il classificatore di<br />

forma di una vaso panciuto <strong>del</strong>la frase 15 non richiede necessariamente la flessione<br />

per numero.<br />

15. VASO CL tratto di forma (articolato con due mani) TANTI<br />

Tanti vasi panciuti<br />

16. VASO CL tratto di forma (articolato con due mani)+++ TANTI<br />

In questo caso è necessaria una precisazione: può darsi che quello che chiamo<br />

classificatore di forma probabilmente non è un classificatore vero e proprio ma è un<br />

aggettivo.<br />

Tutte queste difformità di tipo morfologico non hanno trovato ancora una<br />

spiegazione esauriente. <strong>La</strong> costante di tipo fonologico da sola non chiarisce il<br />

fenomeno il quale merita ulteriori indagini per capire quali siano i meccanismi alla<br />

base di una tale diversità 14 . Può darsi che l’omofonia tra aggettivi e classificatori fa sì<br />

che gli aggettivi, che non necessitano di reduplicazione, vengano interpretati come<br />

classificatori da un comportamento anomalo. Nel paragrfao 4.1 discuterò di alcuni<br />

aspetti di questo problema.<br />

Prima di osservare le forme flessive <strong>dei</strong> nomi in LIS, vale la pena osservare<br />

un altro fenomeno già descritto da Klima e Bellugi (1979) per l’ASL e da Miljan<br />

(2000) per l’ESL (Estonian Sign <strong>La</strong>nguage). <strong>La</strong> flessione nominale per numero in<br />

14 Anche in ASL il plurale <strong>dei</strong> nomi avviene attraverso la reduplicazione <strong>del</strong> segno, e come per la LIS<br />

esso può rimanere morfologicamente non espresso e non sono ancora chiari i processi per i quali<br />

avviene la reduplicazione <strong>del</strong> nome. (Mac <strong>La</strong>uglin, Neidle, Bahan e Lee, 2000).<br />

103


CAPIITOLO 4<br />

queste lingue, come in LIS, spesso non è espressa e la pluralità è veicolata<br />

esclusivamente dal verbo. Ad esempio:<br />

17. UCCELLO VOLARE 15 in massa direz. verso il basso BECCARE plurale: con due<br />

mani che sia alternano<br />

Gli uccelli scendono e beccano il cibo.<br />

Nella frase 17 il segno per VOLARE è un plurale semantico perchè indica una<br />

massa che vola verso il basso; allo stesso modo il segno per BECCARE, poiché<br />

realizzato più volte con le due mani alternate che si spostano nello spazio, indica la<br />

pluralità. <strong>La</strong> singolarità in questo tipo di frase è veicolata dal numerale UNO e dal<br />

verbo al singolare come si può notare <strong>nella</strong> frase 18.<br />

18. UCCELLO UNO VOLARE direz. verso il basso BECCARE con una mano e<br />

spostato nello spazio<br />

Un uccello scende e becca il cibo.<br />

<strong>La</strong> distinzione singolare/plurale è determinata dal cambio di morfologia <strong>del</strong><br />

verbo che però non concorda con il nome.<br />

Prima di osservare la <strong>struttura</strong> e tentare di dare qualche spiegazione, diamo<br />

uno sguardo alla formazione di altre forme di plurale di nomi in LIS.<br />

2.2 <strong>La</strong> flessione per numero da due a quattro<br />

<strong>La</strong> LIS possiede <strong>del</strong>le forme di flessione che hanno la peculiarità di flettere la<br />

numerosità <strong>dei</strong> nomi per una quantità da due a cinque unità.<br />

Alcune unità di tempo come le ore possono anche incorporare nel segno i<br />

numeri da due a cinque. Si tratta generalmente di segni composti da una<br />

configurazione manuale numerale e da un movimento iconico che rimanda al<br />

movimento <strong>del</strong>le lancette <strong>del</strong>l’orologio nell’esempio <strong>del</strong>le ore. In sostanza si tratta di<br />

parole composte da un morfema numerale, costituito dalla configurazione manuale,<br />

15 Il significato di numerosità è veicolato dal movimento tremolante <strong>del</strong>le dita mentre articolano il<br />

segno volare.<br />

104


L’’ACCORDO CON IIL NOME<br />

più un morfema nominale costituito dal movimento <strong>del</strong> segno. Come ad esempio la<br />

frase 19.<br />

19. TRE mov. circolare <strong>del</strong>le mani come per il movimento per ora<br />

Tre ore.<br />

Anche i pronomi ed alcuni classificatori incorporano il numero. Per i<br />

pronomi, il numerale (da due a cinque) incorpora i tratti di luogo e di persona, ad<br />

esempio il segno per noi due viene articolato con la configurazione manuale <strong>del</strong><br />

numero (due) e con in movimento che va dalla prima alla seconda persona [fig.2] o<br />

dalla prima alla terza se si esclude la seconda. Il segno per noi quattro, o per noi<br />

cinque, ha come articolazione, rispettivamente, la configurazione manuale quattro o<br />

cinque e il movimento circolare che coinvolge semanticamente le persone incluse<br />

[fig.3]<br />

Fig.2 Fig.3<br />

Un’ attenzione particolare merita la dualità che può essere espressa con tutti i<br />

nomi che si articolano con una sola mano, attraverso l’articolazione contemporanea<br />

<strong>del</strong> segno con le due mani. Abbiamo visto negli esempi 11 e 12 che il nome persona<br />

richiede necessariamente la reduplicazione al plurale; la frase 20 ci mostra come<br />

l’articolazione <strong>del</strong>le due mani che si alternano veicola numerosità, mentre la frase 21,<br />

in cui l’articolazione <strong>dei</strong> due segni con le due mani viene data contemporaneamente,<br />

codifica dualità (frase 21).<br />

20. m.d. : PERSONA------------------<br />

m.n.d.: PERSONA<br />

Persone<br />

21. m.d.: PERSONA<br />

m.n.d.: PERSONA<br />

Due persone<br />

105


CAPIITOLO 4<br />

Bisogna precisare che la reduplicazione di un nome che deve veicolare un<br />

numerale è prosodicamente marcata, vale a dire che viene articolata in maniera più<br />

lenta e marcando luoghi specifici <strong>del</strong>lo spazio. D’altro canto la reduplicazione, se<br />

non venisse realizzata con questa marcatura prosodica, veicolerebbe solo pluralità.<br />

<strong>La</strong> flessione per numero, per le quantità oltre il due ed entro il quattro, molto<br />

raramente per il cinque, si realizza attraverso la ripetizione <strong>del</strong> segno tante volte<br />

quante ne richiede il numero.<br />

Come per i nomi che si articolano con una sola mano, la flessione per<br />

numero può essere espressa anche dai classificatori che si articolano con una sola<br />

mano, seguendo le stesse norme <strong>del</strong> nome. Ad esempio si osservi la frase 22.<br />

22. ISOLA C’È pred. di es. CASE QUATTRO CL tratto di forma+ tratto di disposizione ++++<br />

L’isola ha quattro case<br />

In alcuni casi il tratto di luogo si connota di più significati. Esso non è solo<br />

referenziale ma anche locativo e, se ripetuto uno specifico numero di volte, anche<br />

numerale. <strong>La</strong> possibilità di articolare con le due mani contemporaneamente il<br />

classificatore permette di moltiplicare per due le ripetizioni, simmetriche, <strong>del</strong><br />

classificatore. Ad esempio<br />

22a. ISOLA C’È pred. di es. CASE QUATTRO m.d. CL forma+ tratto disposizione ++<br />

m.n.d. CL forma+ tratto disposizione ++<br />

L’isola ha quattro case (due coppie di case).<br />

Come si può notare dalla glossa ++, la reduplicazione <strong>del</strong> classificatore (uno<br />

per ogni mano) avviene due volte e il computo <strong>del</strong> numerale è possibile anche grazie<br />

alla localizzazione <strong>dei</strong> referenti.<br />

3. Nomi flessivi e non flessivi, alcune osservazioni preliminari<br />

I comportamenti contrastanti <strong>del</strong>la morfologia flessiva <strong>del</strong>le due classi<br />

nominali, quella flessiva e quella non flessiva, sono stati oggetto di indagine di uno<br />

106


L’’ACCORDO CON IIL NOME<br />

studio di Corazza e Pizzuto (1996). Questo paragrafo sarà dedicato all’illustrazione<br />

di questo studio con alcune osservazioni critiche.<br />

L’eterogeneità <strong>dei</strong> comportamenti flessivi <strong>dei</strong> nomi induce a ripensare il<br />

criterio di divisione <strong>del</strong>le classi nominali. L’obiettivo di queste osservazioni è quello<br />

di aprire un campo di indagine, che tenga conto <strong>dei</strong> diversi fenomeni coinvolti, non<br />

solo <strong>nella</strong> flessione per numero ma anche <strong>nella</strong> selezione <strong>del</strong> classificatore, e che sia<br />

in grado di ottenere un sistema di classificazione univoco <strong>dei</strong> nomi.<br />

3.1 Sottoclassi di nomi articolati nello spazio neutro<br />

Uno studio condotto da Corazza e Pizzuto (1996) individua alcuni segni che,<br />

benché articolati nello spazio neutro, non possono essere pluralizzati attraverso la<br />

ripetizione <strong>del</strong> nome nello spazio: essi, come i nomi non flessivi, necessitano di un<br />

classificatore. Le due studiose ipotizzano che l’origine <strong>del</strong>l’eccezione sia legata ai<br />

tratti fonologici distintivi che accomunano i segni. Vengono così considerati due<br />

gruppi di nomi: il primo gruppo (casa [fig.8], salame [fig.7], famiglia, idraulico<br />

[fig.6]) è caratterizzato dall’articolazione a due mani asimmetrica (cioè la mano non<br />

dominante funge da appoggio alla mano dominante); per essi sembra che la necessità<br />

di ricorrere al classificatore per la pluralizzazione, possa essere legata alla<br />

considerazione <strong>del</strong>la mano non dominante come punto di appoggio <strong>del</strong> corpo. In altri<br />

termini è come se quest’ultima costituisse la localizzazione su un punto <strong>del</strong> corpo,<br />

ragione per cui i nomi articolati sulla mano non dominante avrebbero lo stesso<br />

comportamento morfologico <strong>dei</strong> nomi articolati sul corpo; per il secondo gruppo, i<br />

segni hanno in comune l’articolazione con una sola mano e sono caratterizzati da una<br />

breve ripetizione <strong>del</strong> movimento (chiave, forbici [fig.4], penna). E’ come se ad un<br />

ripetizione <strong>del</strong> segno di tipo fonologico non potesse sovrapporsi una ripetizione di<br />

tipo morfologico. Al momento le spiegazioni fornite dalle autrici si limitano<br />

all’identificazione <strong>del</strong> tratto <strong>del</strong> movimento in comune, tanto che ribadiscono la<br />

necessità di ulteriori studi per stabilire se ci siano altri fattori coinvolti.<br />

Qui di seguito illustrerò come questa spiegazione non è sufficiente e fornirò<br />

la mia ipotesi in proposito che prende in considerazione il fenomeno <strong>del</strong>la<br />

107


CAPIITOLO 4<br />

reduplicazione <strong>nella</strong> sua complessità, per cui non guarda solo alla reduplicazione <strong>del</strong><br />

nome ma anche a quella <strong>del</strong> verbo. In tal senso è possibile constatare che quando<br />

nomi “indeclinabili per numero” vengono reduplicati, la loro interpretazione cambia,<br />

in particolare essi assumono il senso <strong>del</strong> verbo, omofono al nome, modificato per<br />

aspetto. I dati ai quali farò riferimento dimostrano che il sistema di pluralizzazione<br />

<strong>dei</strong> nomi necessita di analisi che rilevino sistematicità di tipo grammaticale piuttosto<br />

che di tipo esclusivamente fonologico.<br />

Tutti i nomi numerabili, con una forma o un perimetro classificabile, possono<br />

selezionare un classificatore a prescindere dai tratti fonologici distintivi <strong>dei</strong> nomi.<br />

Quindi possono essere pluralizzati con classificatore, segni a due mani asimmetrici<br />

come casa, salame; segni ad una mano con movimento ripetuto come chiave, forbici,<br />

penna; ma anche segni a due mani simmetrici come tavolo, sedia, computer, libro;<br />

segni ad una mano con movimento non ripetuto come telefono cellulare, i nomi<br />

articolati sul corpo come telefono e così via. Il classificatore nominale viene<br />

selezionato sulla base <strong>del</strong>la forma <strong>del</strong> nome. Consideriamo gli esempi proposti da<br />

Pizzuto e Corazza (1996): casa, salame, famiglia, idraulico e chiave, forbici, penna.<br />

Tutti selezionano un classificatore di forma, anche il nome idraulico, il quale<br />

seleziona un classificatore che si riferisce a uomo, è inteso come entità lunga oppure<br />

come essere a due gambe che occupa una posizione (seduto, in piedi), perciò si tratta<br />

un classificatore di “forma”. L’unica eccezione è costituita dal segno famiglia 16 :<br />

l’elemento che lo farebbe flettere nello spazio potrebbe essere un segno che si<br />

riferisce a gruppo 17 ; tuttavia rimane da verificare se si tratti di un classificatore<br />

perché sembra non consentire le stesse possibilità degli altri classificatori, ad<br />

esempio non può sostituirsi al nome come proforma, inoltre, aggiungendo specifici<br />

tratti <strong>del</strong> movimento, a differenza degli altri classificatori, non può diventare un<br />

predicato verbale 18 .<br />

16<br />

Molti sordi concordano che tale nome può essere reduplicato nello spazio anche se assumerebbe<br />

significato marcato.<br />

17<br />

Nello studio di Corazza e Pizzuto non sono specificati i tipi di classificatori utilizzati.<br />

18<br />

per uno studio sui classificatori verbali si rimanda a Benedico Brentari 2004<br />

108


L’’ACCORDO CON IIL NOME<br />

Per quanto riguarda i nomi citati (casa, salame, famiglia, idraulico, chiave,<br />

forbici, penna), vale a dire nomi invariabili per numero benché articolati nello spazio<br />

neutro, ho potuto constatare l’omofonia rispetto alla categoria verbale corrispondente<br />

anche se, probabilmente, c’è un tratto <strong>del</strong> movimento che li differenzia dalla forma<br />

citazionale: il nome è caratterizzato da un movimento breve e ripetuto, il verbo da un<br />

movimento più allungato. Durante la flessione, però, la differenza <strong>dei</strong> tratti di<br />

movimento, propri <strong>del</strong>la forma citazionale, si perde perché il parametro formazionale<br />

<strong>del</strong> movimento assume i tratti flessivi che sono comuni sia a verbo che a nome: la<br />

forma flessiva neutralizza la distinzione tra nome e verbo. <strong>La</strong> categoria verbale<br />

sembra essere preponderante rispetto al nome poichè il segno flesso assume valore<br />

verbale con modificazioni aspettuali come distributività o ripetitività. Ad esempio<br />

consideriamo il nome e il verbo corrispondente: forbici – tagliare con forbici [fig.5],<br />

il segno per il nome si articola nello spazio ed ha un movimento ripetuto nello stesso<br />

punto; il verbo corrispondente condivide gli stessi parametri <strong>del</strong> nome eccetto quello<br />

per il movimento, che consiste nello spostamento <strong>del</strong> segno nello spazio tramite<br />

l’estensione <strong>del</strong> gomito, lungo un’asse che semanticamente rimanda al verso <strong>del</strong><br />

taglio. Il segno, che ha per significato forbici, ripetuto nello spazio in diversi punti<br />

non significa tante forbici, quanto piuttosto tagliuzzare, dare tanti colpi di forbice.<br />

<strong>La</strong> ripetizione cioè, veicola un significato corrispondente ad una variazione<br />

morfologica <strong>del</strong> verbo che per questo acquisisce un interpretazione diversa. Lo stesso<br />

vale la coppia penna - scrivere: i due segni condividono tutti i parametri eccetto il<br />

movimento, se il segno corrispondente a penna è ripetuto nello spazio, significa:<br />

scrivere tante volte invece che tante penne o le penne. Nella coppia chiave - chiudere<br />

a chiave 19 , la ripetizione <strong>del</strong> segno significa chiudere tante porte se spostato nello<br />

spazio, chiudere tante volte la stessa porta se articolato sempre nello stesso punto. Il<br />

segno per idraulico, se ripetuto più volte nello spazio, significa riparare diversi tubi.<br />

Il segno per salame, se ripetuto, significa affettare tante volte. 20 Tale distinzione si<br />

19 Ho citato come esempio chiudere ma potrebbe essere anche aprire poiché i due segni sono<br />

differenziati solo dal verso <strong>del</strong> verbo che semanticamente rimanda all’atto <strong>del</strong> chiudere o <strong>del</strong>l’aprire.<br />

20 Per i nomi famiglia e casa i dati sono contrastanti poiché, secondo molti i segnanti, possono essere<br />

flessi per numerosità.<br />

109


CAPIITOLO 4<br />

può estendere a tutti i nomi che condividono parametri di formazione <strong>del</strong> segno con<br />

la categoria verbale semanticamente corrispondente (in taluni casi fa eccezione il<br />

parametro di formazione <strong>del</strong> movimento <strong>nella</strong> forma citazionale). A sostegno<br />

<strong>del</strong>l’ipotesi appena descritta osserviamo un comportamento analogo sia con altre<br />

coppie di segni in cui il nome è articolato a due mani e asimmetrico (come ferita-<br />

ferire), sia con i nomi articolati con una sola mano e con movimento ripetuto (come<br />

pennello [fig.9] e tinteggiare), sia con tutte le coppie di segni per le quali la categoria<br />

nominale è omofona alla corrispondente verbale a prescindere dai tratti fonologici<br />

distintivi: porta-chiudere, giocattolo-giocare, ospite-ospitare, fallimento-fallire,<br />

ladro-rubare, cellulare-inviare messaggi 21 . Nel paragrafo seguente vedremo come<br />

tale restrizione si estenda anche ai nomi articolati sul corpo.<br />

Un’ulteriore prova a sostegno <strong>del</strong>l’inadeguatezza <strong>del</strong>l’ipotesi che si basa<br />

esclusivamente sui tratti fonologici distintivi <strong>dei</strong> segni, è data dal nome bambino che<br />

consiste in un segno ad una sola mano, ripetuto nello spazio neutro (come i nomi<br />

chiave, forbici, penna). Esso non ha una categoria verbale con la quale condividere i<br />

parametri formazionali e può essere reso plurale attraverso la ripetizione <strong>del</strong> segno<br />

nello spazio. Anche il segno per risultato, che è un segno asimmetrico articolato<br />

nello spazio neutro (come famiglia, idraulico, casa, salame), può essere flesso con la<br />

ripetizione <strong>del</strong> segno nello spazio 22 . Mentre osserviamo che i nomi come villa,<br />

palazzo e tetto, che nello studio di Pizzuto e Corazza (98) erano stati forniti come<br />

esempio di segni simmetrici a due mani che possono essere pluralizzati, seguendo<br />

l’ipotesi da me sostenuta, possono essere flessi senza classificatore perché non hanno<br />

una categoria verbale corrispondente.<br />

Un test che prova la correttezza di questa intuizione si basa su<br />

un'osservazione di Kyle e Woll (1994: 3899) i quali notano che la durata <strong>del</strong><br />

movimento modifica il significato <strong>del</strong> verbo ma non <strong>del</strong> nome. Applicando il<br />

21 Il cellulare viene utilizzato dai sordi prevalentemente per inviare messaggi. Per questo motivo il<br />

corrispondente verbale <strong>del</strong> portatile è relativo all’invio <strong>dei</strong> messaggi.<br />

22 Esempi analoghi a questi (olio, bandiera, martedì, molle, frutta per citarne qualcuno) nello studio di<br />

Corazza e Pizzuto ‘98 non vengono presi in considerazione<br />

110


L’’ACCORDO CON IIL NOME<br />

parametro formazionale <strong>del</strong>la durata 23 alla reduplicazione di segni quali penna<br />

idraulico, salame, pennello, modificheremo il significato <strong>dei</strong> verbi, applicando tale<br />

parametro formazionale a segni come la reduplicazione di bambino o casa non<br />

otterremmo nessun cambiamento di significato. Ad esempio:<br />

23. BAMBINOarticolato lentamente+++ GIOCARE<br />

I bambini giocano<br />

24. PENNELLO/IMBIANCAREarticolato lentamente +++spostato nello spazio<br />

Imbiancare con calma tante pareti<br />

*tanti pennelli<br />

25. PENNELLO/IMBIANCAREarticolato lentamente +++nello stesso spazio<br />

Imbiancare con calma tante volte sempre la stessa parete<br />

*tanti pennelli<br />

dal confronto <strong>del</strong>le frasi si deduce che l'articolazione <strong>del</strong> verbo coinvolge variazioni<br />

morfologiche che il nome non ammette.<br />

Fig.4 [Radutzky 1992:383.2] Fig.5 [Radutzky 1992:383.1]<br />

FORBICI TAGLIARE-CON-FORBICI<br />

23 Per ulteriori dettagli sul valore prosodico <strong>del</strong>la durata si rimanda al paragrafo 3 <strong>del</strong> capitolo 7.<br />

111


CAPIITOLO 4<br />

Fig.6 [Radutzky 1992:374.2] Fig.7 [Radutzky 1992:119.2]<br />

IDRAULICO SALAME-AFFETTARE<br />

Fig.8 [Radutzky 1992:126.1] Fig.9 [Radutzky 1992:132.3]<br />

CASA PENNELLO, IMBIANCARE<br />

3.2 Sottoclasse di nomi articolati sul corpo.<br />

Nello studio di Corazza e Pizzuto (1996) è stata individuata una sottoclasse di<br />

nomi articolati sul corpo che può essere marcata per numerosità, attraverso la<br />

ripetizione <strong>del</strong> contatto con il corpo o di alcuni tratti <strong>del</strong> movimento. <strong>La</strong> flessione per<br />

numero coinvolge anche alcuni tratti non manuali come l’abbassamento <strong>del</strong>la testa<br />

ad ogni ripetizione.<br />

Anche per questi nomi le eccezioni sono state individuate esaminando i<br />

parametri fonologici che accomunano il gruppo <strong>dei</strong> nomi; tuttavia, anche in questo<br />

caso, le spiegazioni fornite non sono generalizzabili. Ad esempio sono pluralizzabili<br />

nomi come uomo [fig.12], cane, madre, padre, che sono caratterizzati da un solo tipo<br />

112


L’’ACCORDO CON IIL NOME<br />

di movimento che consiste nel contatto <strong>del</strong>la configurazione con il corpo una o due<br />

volte. Il plurale è dato dall’iterazione <strong>del</strong> contatto contemporaneamente alla flessione<br />

<strong>del</strong>la testa: (ad ogni iterazione corrisponde un piegamento). <strong>La</strong> regola però non è<br />

generalizzabile perché un nome come occhiali pur condividendo gli stessi tratti<br />

fonologici, vale a dire il contatto <strong>del</strong>la configurazione con il corpo, non è ammette la<br />

stessa forma di pluralizzazione. Un’altra regolarità fonologica rilevata nello studio<br />

menzionato, che ammetterebbe la pluralizzazione senza uso <strong>del</strong> classificatore,<br />

consiste nelle aperture e nelle chiusure <strong>del</strong>la configurazione in alcuni segni come<br />

gatto [fig.10]. Anche questa regola viene contraddetta dal segno per orecchino, che<br />

ha lo stesso tipo di apertura, articolato però sull’orecchio, al quale non è consentita la<br />

flessione per numero. Tali incongruenze conducono alla necessità di realizzare<br />

ulteriori approfondimenti prendendo in esame altri aspetti oltre quello fonologico.<br />

Uno di questi è la possibilità per alcuni nomi di avere un tratto inerente plurale.<br />

Tuttavia anche per questo gruppo di nomi, tra le restrizioni ammesse, vale quella<br />

ipotizzata nel paragrafo precedente: i nomi omofoni al verbo semanticamente<br />

corrispondente, se flessi per numero, assumono valore verbale con modifiche<br />

aspettuali. Ad esempio telefono-telefonare, cibo-mangiare, sigaretta-fumare<br />

condividono tutti i parametri formazionali, e se ripetuti due o più volte con flessione<br />

<strong>del</strong>la testa significano rispettivamente telefonare a più persone e mangiare più cose.<br />

Per questo motivo, questo tipo di nomi non ammette flessione per numero.<br />

Al di la <strong>del</strong>le restrizioni sui plurali di questi nomi, ciò che viene rilevato<br />

anche in Corazza e Pizzuto (1996) è che l’uso di questi plurali marcati da una<br />

componente non manuale possa essere legato alla volontà di dare una certa enfasi al<br />

discorso. Vale a dire che la flessione, che non è obbligatoria, se espressa è marcata e<br />

provvede a focalizzare il carattere di numerosità e di distribuitività.<br />

In conclusione sembra proprio che la ripetizione <strong>dei</strong> segni nello spazio, sia<br />

quelli segnati sul corpo che quelli segnati nello spazio, sia una forma marcata,<br />

mentre la forma non marcata non ha bisogno di flessione morfologica ma solo <strong>del</strong><br />

quantificatore. Alla luce di questo concetto va riconsiderata l’idea <strong>del</strong>la flessività per<br />

numero che, come ribadirò più avanti, nelle forme non marcate non è manifesta.<br />

113


CAPIITOLO 4<br />

Fig.10 [Radutzky 1992:559.3] Fig.11 [Radutzky 1992:163.2] Fig.12 [Radutzky 1992:91.2]<br />

GATTO DONNA UOMO<br />

4. Riepilogando: tratti deboli e forti <strong>del</strong>la reduplicazione<br />

Nelle frasi in LIS il plurale con aspetto distributivo è costituito dalla<br />

reduplicazione <strong>del</strong> verbo. Alcuni nomi possono essere pluralizzati senza assumere un<br />

interpretazione marcata (albero, persona); altri, se vengono reduplicati assumono<br />

l’interpretazione di pluralità marcata (donna, gatto). Le forme di pluralizzazione <strong>dei</strong><br />

nomi non flessivi richiedono l’uso di un classificatore. <strong>La</strong> reduplicazione <strong>del</strong><br />

classificatore è una forma di pluralità non marcata ed è obbligatoria. Gli agettivi<br />

omofoni ai classificatori non seguono questa regola, su questo aspetto fornirò<br />

ulteriori dettagli nel paragrafo 4.1.<br />

<strong>La</strong> pluralizzazione <strong>dei</strong> nomi è frequente, ma non obbligatoria, con alcuni<br />

verbi non flessivi come ad esempio il predicato di esistenza (frasi 5, 6, 7 e 8). Se il<br />

verbo è flesso per numero, la reduplicazione <strong>del</strong> nome non è necessaria a meno che<br />

non si intenda marcare la numerosità e la distributività. Nel caso in cui in nome è<br />

omofono al verbo, viene reduplicato il suo classificatore nominale.<br />

Per i nomi abbiamo così due tipi di plurali: quelli marcati, attraverso la<br />

reduplicazione, e quelli non marcati.<br />

Questi dati, benché frammentari in molti aspetti e morfologicamente non<br />

omogenei, tracciano, a grandi linee, un quadro sintattico alquanto coerente.<br />

Innanzitutto la reduplicazione sembra costituire un tratto forte quando è pertinente al<br />

verbo, se il plurale viene espresso a livello <strong>del</strong> verbo non è necessario che concordi<br />

114


L’’ACCORDO CON IIL NOME<br />

con il nome. Vale a dire che in una frase, lo spell-out per il plurale avviene a livello<br />

<strong>del</strong> verbo piuttosto che a livello <strong>del</strong> nome. Per questo motivo il tratto di plurale <strong>del</strong><br />

nome non è sempre realizzato fonologicamente e l’interpretazione <strong>del</strong> plurale è<br />

affidata per lo più al verbo, la presenza di un classificatore <strong>nella</strong> proiezione nominale<br />

rende la reduplicazione un tratto forte anche <strong>nella</strong> proiezione nominale. In sintesi<br />

sembra proprio che la reduplicazione sia affidata per lo più ai predicati. Nel capitolo<br />

5 vedremo come l’interpretazione singolare/plurale <strong>dei</strong> nomi è affidata anche al<br />

dimostrativo quando è presente. Il nome in LIS quando non è marcato, è<br />

morfologicamente neutro rispetto all’interpretazione singolare/plurale.<br />

Nella sezione che segue, sulla base <strong>dei</strong> dati raccolti, analizzerò la proiezione<br />

di NumberP dove si realizza il controllo <strong>dei</strong> tratti forti di numero, questa proiezione<br />

va distinta da NumeralP, dove è generato il controllo <strong>dei</strong> tratti <strong>del</strong> numerale.<br />

Vedremo anche che il tratto di genere che, come abbiamo visto, condiziona la<br />

flessione, per numero, <strong>del</strong> nome, viene codificato sul nome o sul classificatore.<br />

4.1 Osservazioni sui classificatori nominali omofoni agli<br />

aggettivi.<br />

Nel paragrafo 6 <strong>del</strong> capitolo 3 ho ipotizzato che il classificatore sia generato<br />

in una testa in una posizione molto prossima a quella nominale perchè esso,<br />

sollevandosi da questa posizione, può incorporare i tratti <strong>dei</strong> diversi aggettivi (forma,<br />

estensione, dimensione, consistenza, eccetera). In questo paragrafo, alla luce di<br />

ulteriori dati, fornirò un’altra alternativa come già anticipato nel paragrafo 6 <strong>del</strong><br />

capitolo 3.<br />

Consideriamo le frasi 15, 16 e 22 ( i classificatori <strong>del</strong>la frase 15 e 16 sono<br />

identici <strong>nella</strong> forma manuale).<br />

15. VASO CL tratto di forma (articolato con due mani) TANTI<br />

Tanti vasi panciuti<br />

16. VASO CL tratto di forma (articolato con due mani)+++ TANTI<br />

115


CAPIITOLO 4<br />

22. ISOLA C’È predicato di esistenza CASE QUATTRO CL tratto di forma+ tratto di disposizione<br />

++++<br />

L’isola ha quattro case<br />

Nel paragrafo 2.1 di questo capitolo, nel discutere le frasi 15 e 16, ho<br />

accennato al fatto che l’elemento glossato come classificatore <strong>nella</strong> frase 15 non sia<br />

un classificatore quanto piuttosto un aggettivo, per questo motivo non va reduplicato<br />

a differenza <strong>del</strong> classificatore, omofono, <strong>del</strong>la frase 16 che invece viene reduplicato.<br />

Un altro modo per distinguere il classificatore dall’aggettivo è costituito<br />

dall’inserimento <strong>del</strong> numerale. <strong>La</strong> frase 22 ha un numerale con un classificatore con<br />

tratti di forma che lo segue e che viene ripetuto il numero di volte espresso dal<br />

numerale. Se provassimo ad inserire un aggettivo constateremmo che la sua<br />

posizione è necessariamente precedente il numerale (22a), se lo seguisse renderebbe<br />

agrammaticale la frase (22b):<br />

22a. CASE GRANDI QUATTRO CL CL tratto di forma+ tratto di disposizione ++++<br />

22b. *CASE QUATTRO GRANDI CL CL tratto di forma+ tratto di disposizione ++++<br />

Le frasi 22a e 22b non a caso hanno un aggettivo di dimensione che non si<br />

può incorporare al classificatore.<br />

Un altro fatto che vale la pena evidenziare è che per le frasi 15 e 16, aggettivo<br />

e classificatore di forma e dimensione benché omofoni possono ricorrere insieme. <strong>La</strong><br />

frase 16a ne è un esempio; gli elementi in neretto sono omofoni.<br />

16a. VASO TONDO TRE CL tratto di forma (articolato con due mani) +++<br />

Tre vasi tondi<br />

Benché si tratti di una forma ridondante che normativamente non sempre è<br />

accettata, è facile trovarla nelle forme di segnato spontaneo.<br />

Da questi indizi ricaviamo due informazioni: la prima è che classificatore e<br />

aggettivo, anche se omofoni, appartengono a due categorie grammaticali diverse che<br />

possono essere facilmente confuse se non ci sono altri elementi, come un numerale,<br />

116


L’’ACCORDO CON IIL NOME<br />

che ci permette di distinguerle; la seconda è che ognuna <strong>del</strong>le due categorie occupa<br />

una posizione diversa <strong>nella</strong> proiezione estesa <strong>del</strong> DP. Nel corso <strong>del</strong> capitolo si<br />

chiariranno queste posizioni che verranno illustrate nei dettagli nel paragrafo 5.3.<br />

5. Il plurale marcato: la proiezione Num(ber)P<br />

Ritter (1991), partendo dai dati sull’ebraico moderno, ha proposto l’esistenza<br />

<strong>del</strong>la proiezione Num(ber)P tra DP e NP. <strong>La</strong> studiosa parte dall’assunto in base al<br />

quale nelle costruzioni <strong>del</strong> genitivo in ebraico moderno, dove il nome precede il<br />

possessore, la testa nominale sale oltre il possessore che è generato <strong>nella</strong> posizione di<br />

specificatore di NP. Nello Stato Costrutto, che non ammette l’articolo, il nome risale<br />

dalla posizione di testa nominale generata più in basso e viene ad occupare la testa<br />

<strong>del</strong> DP. Invece nello Stato Libero, che ammette l’articolo, la risalita <strong>del</strong>la testa<br />

nominale deve necessariamente fermarsi in una proiezione intermedia che Ritter<br />

(1991) propone essere la testa di NumP, dove sono codificati i tratti<br />

singolare/plurale. <strong>La</strong> proposta di Ritter (1991) è stata sostenuta anche da Bernstein<br />

(1991, 2001) per i dati <strong>del</strong> vallone.<br />

Alla luce degli studi sulle proiezioni di accordo per numero (Ritter 1991,<br />

1993, 1995, Dryer 1989, Bernstein, 1991, 2001), la reduplicazione in LIS può<br />

essere considerata la realizzazione morfologica <strong>dei</strong> tratti forti di flessione per<br />

numero; il controllo di questi tratti avviene nelle proiezione NumberP. Gli affissi <strong>del</strong><br />

numero, secondo l’analisi di Ritter (1991,1995), vengono incorporati al nome<br />

attraverso il movimento il testa <strong>del</strong> nome. In LIS possiamo considerare la risalita <strong>del</strong><br />

nome dalla posizione più bassa come una necessità dettata dall’esigenza <strong>del</strong> controllo<br />

<strong>dei</strong> suoi tratti forti (Chomsky, 1995), i quali consistono <strong>nella</strong> reduplicazione generata<br />

<strong>nella</strong> testa <strong>del</strong>la proiezione funzionale NumberP.<br />

Nel capitolo precedente ho mostrato che il movimento <strong>del</strong> nome verso le<br />

posizioni più alte <strong>del</strong>la proiezione estesa <strong>del</strong> DP in LIS, è di tipo <strong>sintagma</strong>tico. L’NP<br />

risalendo la proiezione estesa <strong>del</strong> DP controlla i suoi tratti in Num(ber)P e continua il<br />

suo movimento verso la posizione di specificatore <strong>del</strong>la proiezione più alta (XP). Ad<br />

117


CAPIITOLO 4<br />

esempio con un nome reduplicato, come quello <strong>del</strong>la frase 7 (indicata qui come 7a),<br />

abbiamo il seguente movimento:<br />

7a. ALBERO IX+++<br />

Fig.13<br />

Più avanti si chiarirà che in presenza di un numerale (da due a quattro) la<br />

proiezione Num(ber)P concorderà con il numerale.<br />

5.1. I tratti di genere<br />

Nel paragrafo 1.1 abbiamo visto come i tratti di forma condizionano diverse<br />

forme flessive <strong>del</strong> plurale; abbiamo visto che essi, indipendentemente dal plurale,<br />

hanno effetti anche sull’accordo <strong>del</strong> verbo e <strong>del</strong>l’aggettivo. All’inizio <strong>del</strong> capitolo ho<br />

spiegato perché considero i tratti di forma come tratti peculiari di genere. Questi fatti<br />

ci spingono a considerare le posizioni di Ritter (1991,1993) che considera i tratti di<br />

genere come indipendenti da quelli di numero e come tratti inerenti <strong>del</strong> nome. In<br />

quest’ottica sembra che in LIS i tratti di genere <strong>del</strong> nome, condizionando la flessione<br />

per numero, determinino un plurale forte, marcato dalla reduplicazione <strong>del</strong> nome,<br />

oppure debole, vale a dire foneticamente non realizzato.<br />

NP<br />

[albero]i<br />

XP<br />

X°<br />

A questo punto sembra che in LIS al nome siano associati una serie di tratti<br />

inerenti di genere che diventano visibili a livello <strong>del</strong>la forma fonetica con la<br />

selezione <strong>del</strong> classificatore. Attraverso il classificatore diventano visibili anche i<br />

fenomeni relativi alle proiezioni di Number e Numeral che verranno illustrate nel<br />

118<br />

X’<br />

NumP<br />

Num NP<br />

[tratto +++]<br />

[t]i (albero)


L’’ACCORDO CON IIL NOME<br />

paragrafo seguente. per questo motivo la trattazione di questi argomenti non può<br />

prescindere dalla trattazione <strong>del</strong> classificatore.<br />

5.2 Num(ber)P e classificatore<br />

Nell’ultimo paragrafo <strong>del</strong> capitolo 3 ho affermato che se guardiamo al<br />

classificatore come un elemento che incorpora i tratti di estensione, dimensione,<br />

consistenza e volume-quantità, alla luce degli studi sull’incorporazione (Baker,1988<br />

e seguenti) il classificatore deve essere generato in una testa molto vicina all’NP così<br />

che risalendo dalla sua posizione incorpori i vari tratti di ShapeP, WidthP, LenghtP,<br />

SizeP (Scott 2002) generati tutti nelle rispettive teste. Nella proiezione di accordo per<br />

numero, questa posizione ci allinea con le affermazioni di Simpson (2005) che<br />

considera i classificatori numerali <strong>del</strong>le teste distinte dai numerali. Come abbiamo<br />

già visto, in LIS la flessione per numero si realizza in due modalità: se le entità sono<br />

lunghe, il morfema <strong>del</strong>la pluralità può incorporarsi nel classificatore come si può<br />

osservare <strong>nella</strong> frase 26:<br />

tratto DP<br />

26. m.d.: UOMO Cl entità lunga + plurale + luogo definito<br />

m.n.d.: Cl entità lunga + plurale + luogo definito ASPETTARE<br />

Gli uomini aspettano<br />

Se si tratta di entità di un’altra forma, il plurale è scisso dal nome o dal<br />

classificatore e la sua forma fonologica è costituita dalla reduplicazione come mostra<br />

le frase 27, in cui viene reduplicato il classificatore, e la frase 28 in cui viene<br />

reduplicato il nome:<br />

tratto DP<br />

27. LIBRO Cl tratto di forma+ tratto di disposizione +++ MIO<br />

I libri sono miei<br />

28. PERSONA+++ASPETTARE<br />

Le persone aspettano<br />

119


CAPIITOLO 4<br />

Nella frase 26, il classificatore è costituito dall’estensione <strong>del</strong>le cinque dita<br />

<strong>del</strong>la mano; in esso ogni dito, veicolando ogni singola entità predicata,<br />

semanticamente ne costituisce la forma; l’insieme <strong>del</strong>le dita costituisce il numero. Il<br />

fatto che si presentino in un'unica unità fonologica, porta a considerare il<br />

classificatore come una forma fonologicamente ridotta. Nel secondo tipo di flessione<br />

abbiamo o la reduplicazione di un nome (frase 28) o la reduplicazione di una<br />

proforma <strong>del</strong> nome rappresentato dal classificatore (frase 27). Quest’ultimo, essendo<br />

costituito da una morfema indipendente e reduplicato, può essere considerato una<br />

testa funzionale indipendente. Tale valutazione è comprovata dal fatto che il<br />

classificatore ricorre, indipendentemente dal tratto plurale, anche con altri elementi<br />

come ad esempio con il verbo; se ne incorpora i tratti di movimento (Benedico e<br />

Brentari, 2004) diventa classificatore verbale, oppure condiziona la modificazione<br />

<strong>del</strong> nome come abbiamo visto nel capitolo 3.<br />

Resta da capire se i due tipi di classificatori siano distinti, in particolare<br />

occorre capire se il classificatore che incorpora la pluralità possa essere considerato<br />

un classificatore numerale indipendente dal classificatore di forma che veicola<br />

numerosità perché reduplicato e quindi flesso. Simpson (2005) sostiene che i<br />

classificatori e i numerali siano due teste distinte e a tal proposito critica le posizioni<br />

di Gil (1994) che considera il classificatore e il numerale un'unica testa funzionale e<br />

ritiene che il classificatore non sia altro che un suffisso attaccato al numerale.<br />

L’esempio di classificatore riportato <strong>nella</strong> frase 26 esprime, in una sola unità<br />

fonologica, la forma di entità lunghe (costituita dalle dita) e il numero, (l’insieme<br />

<strong>del</strong>le dita come insieme di entità), questo dato potrebbe condurre a concordare con le<br />

posizioni di Gil (1994) e a rivedere, sulla base <strong>dei</strong> dati di Ritter (1993), la forma<br />

come un tratto inerente <strong>del</strong> numero e non <strong>del</strong> nome, per cui la LIS sarebbe<br />

assimilabile alle lingue romanze piuttosto che all’ebraico, come invece è stato<br />

ipotizzato nel paragrafo 1. Il fatto che esistano altre forme attraverso le quali il<br />

classificatore esprime la flessione per numero e il valore <strong>del</strong> numerale, come<br />

dimostra la frase 27, conduce ad assumere l’ipotesi di Simpson (2005) il quale<br />

afferma che classificatore e numerale costituiscono due teste distinte anche se<br />

120


L’’ACCORDO CON IIL NOME<br />

adiacenti e a ritenere valida la posizione di Ritter (1993) illustrata nel paragrafo 1,<br />

che considera il tratto di forma un tratto inerente <strong>del</strong> nome. Questa ipotesi si rafforza<br />

se si prende in considerazione il fatto che il classificatore è indipendente dal numero<br />

perché è legato al nome a diversi livelli di rappresentazione sintattica: nel capitolo 3<br />

lo abbiamo incontrato a livello <strong>del</strong>la modificazione <strong>del</strong> nome; in questo capitolo<br />

stiamo osservando la sua rappresentazione a livello <strong>del</strong> numerale; nel capitolo 6 lo<br />

incontreremo a livello <strong>del</strong> DP. L’assunzione <strong>del</strong>le ipotesi di Simpson (2000) consente<br />

di trattare ambedue le forme espresse nelle frasi 26 (che vede il classificatore<br />

incorporare la forma e numero in un unico morfema) e 27 (che vede il classificatore<br />

di forma flesso per numero) per con un'unica sola spiegazione che verrà illustrata nel<br />

paragrafo seguente.<br />

C’è un altro aspetto da considerare: la reduplicazione, quando deve veicolare<br />

anche il valore di un numero (Numeral), come abbiamo visto <strong>nella</strong> flessione per i<br />

numeri da due a quattro, è consentita al massimo per quattro volte, molto raramente<br />

cinque. Allo stesso modo l’identificazione <strong>del</strong> classificatore numerale, costituito<br />

dall’insieme <strong>del</strong>le dita <strong>del</strong>la mano per le entità lunghe, è consentito fino ad un valore<br />

di quattro, molto raramente cinque unità. Questo fatto porta a considerare che le due<br />

forme (la reduplicazione <strong>del</strong> nome un determinato numero di volte o <strong>del</strong><br />

classificatore e l’incorporazione <strong>del</strong> numero nei classificatori per le entità lunghe)<br />

come la conseguenza <strong>del</strong>la flessione per numero di due generi diversi. L’insieme<br />

<strong>del</strong>le dita, potrebbe essere considerato come l’iterazione di un singolo classificatore<br />

di forma costituito dal singolo dito. L’interpretazione <strong>del</strong>le due modalità, sia quella<br />

reduplicata, sia quella che integra in un solo segno numero e forma, è identica, vale a<br />

dire che ambedue denotano l’individualità e il numero specifico.<br />

5.3 NumeralP e classificatore<br />

In questo paragrafo vedremo come assumendo la posizione di Simpson<br />

(2005) riusciamo a spiegare con un'unica regola sintattica le diverse modalità<br />

attraverso le quali si esprime la flessione per numero.<br />

121


CAPIITOLO 4<br />

I due tipi di classificatori descritti nel paragrafo precedente, se uniti ad un<br />

numerale compreso tra uno e quattro, hanno la specificazione per numero. Ad<br />

esempio osserviamo la frase 29:<br />

tratto DP<br />

29. m. d.: UOMO TRE Cl entità lunga + numero+ luogo definito<br />

m.n.d.: ------------------------------------------ ASPETTARE<br />

I tre uomini aspettano<br />

tratto DP<br />

30. LIBRO TRE Cl tratto di forma+ tratto di disposizione +++( ripetuto tre volte) MIO<br />

I tre libri sono miei<br />

In queste frasi viene espresso il numero attraverso due forme: <strong>nella</strong> prima<br />

(frase 29), il classificatore incorpora il numerale specificandolo di nuovo attraverso<br />

la determinazione <strong>del</strong> numero <strong>dei</strong> referenti, che poi costituisce anche il tratto di<br />

forma di ognuna <strong>del</strong>le entità; <strong>nella</strong> seconda (frase 30), il classificatore viene<br />

reduplicato tante volte quante ne esprime il numerale 24 . L’interpretazione <strong>dei</strong> nomi in<br />

entrambi i casi è definita: questo significa che il classificatore non solo denota la<br />

quantità ma, se vincolato a luoghi specifici, anche la referenzialità e di conseguenza<br />

esiste una proiezione di DP, non riempita, che conferisce questa interpretazione al<br />

classificatore con il numerale. Dettagli sulla parte alta <strong>del</strong> DP verranno forniti nei<br />

capitoli seguenti, per il momento ci soffermiamo sul numerale e sul classificatore che<br />

realizzano le proiezioni di accordo <strong>del</strong>la parte intermedia <strong>del</strong> DP .<br />

Se aggiungiamo un aggettivo alle frasi 29 e 30 abbiamo il seguente ordine:<br />

[DP N Agg Num CL]<br />

tratto DP<br />

31. m. d.: UOMO ALTO TRE Cl entità lunga + numero+ luogo definito<br />

m.n.d.: ------------------------------------------ ASPETTARE<br />

I tre uomini alti aspettano<br />

24 Ricordo che la reduplicazione è ammessa massimo quattro volte, in rari casi anche cinque.<br />

122


L’’ACCORDO CON IIL NOME<br />

tratto DP<br />

32. LIBRO ROSSO TRE Cl tratto di forma+ tratto di disposizione +++( ripetuto tre volte) MIO<br />

I tre libri rossi sono miei<br />

Il classificatore segue sempre il numerale e non può essere diviso da esso sia<br />

che si tratti di flessione per incorporazione sia che si tratti di flessione per<br />

reduplicazione, come mostra l’agrammaticalità <strong>del</strong>le frasi 31a e 31a.<br />

31a. *UOMO TRE ALTO CL entità lunga + numero+ luogo definito<br />

32a. *LIBRO TRE ROSSO CL tratto di forma+ tratto di disposizione +++( ripetuto tre volte)<br />

Il comportamento diverso <strong>dei</strong> due classificatori sul modo di flettere per<br />

numero potrebbe considerarsi in relazione con fattori di tipo selezionale propri <strong>del</strong>la<br />

morfologia nominale. Ulteriori dettagli sulla posizione di classificatore e aggettivo<br />

sono forniti nel paragrafo 4.1.<br />

Come già previsto da Simpson (2005) per le lingue <strong>del</strong> sud-est asiatico,<br />

sembra che il numerale e il classificatore abbiano una posizione fissa e che gli<br />

spostamenti all’interno <strong>del</strong>la proiezione estesa <strong>del</strong> DP riguardino le altre proiezioni.<br />

In sostanza l’NP si solleva muovendosi intorno al numerale e al classificatore.<br />

Nel capitolo 3, assumendo la teoria di Cinque (2005a), ho illustrato il<br />

movimento <strong>del</strong> <strong>sintagma</strong> nominale che avviene con pied piping degli aggettivi, in<br />

particolare si muove prima l’NP che va <strong>nella</strong> posizione di specificatore <strong>del</strong>l’AgrP che<br />

domina l’aggettivo poi, con movimento di pied-piping, si solleva tutto il <strong>sintagma</strong> e<br />

viene ospitato <strong>nella</strong> posizione di specificatore <strong>del</strong>l’AgrP che sovrasta NumP e,<br />

ancora una volta, il tutto si solleva più in alto fino all’AgrP che domina il<br />

dimostrativo.<br />

Abbiamo visto come il classificatore si trova immediatamente dopo il<br />

numerale, continuando ad assumere il movimento pied piping anche con il<br />

classificatore ed il numerale dovremmo concludere che la posizione <strong>del</strong> classificatore<br />

è sopra il numerale visto che il rovesciamento <strong>del</strong>la posizione degli elementi<br />

123


CAPIITOLO 4<br />

porterebbe all’ordine N > Agg > Num > CL. Il numerale però, nelle frasi incontrate<br />

fin ora, ha portata anche sul classificatore visto che coinvolge la reduplicazione <strong>del</strong><br />

classificatore perciò deve per forza dominare la posizione <strong>del</strong> classificatore. Poiché<br />

in LIS si muove l’intero NP, e non la sola testa N°, esso non è soggetto alle<br />

restrizioni <strong>del</strong> movimento di testa (Travis, 1984) che vuole che il movimento di testa<br />

sia locale per cui non può oltrepassare altre teste. Questo fatto ci permette di<br />

assumere l’ipotesi di Simpson (2005) per lingua Thai per la quale l’autore prevede<br />

che la posizione <strong>del</strong> numerale e <strong>del</strong> classificatore siano fisse. Quindi l’NP salirebbe<br />

insieme agli aggettivi oltre il numerale lasciando in situ il classificatore il quale se<br />

nelle fasi successive si deve muovere, lo fa insieme al numerale. Schematicamente i<br />

movimenti sarebbero i seguenti:<br />

Struttura profonda:<br />

[DP…[XPNumeral…[YP CL …[WPAP …[NPN]]]]]<br />

Movimento di NP sopra la proiezione di AP<br />

[DP…[XPNumeral…[YP CL …. [WP[NP N] AP …]]]]<br />

Movimento di NP con pied piping di AP sopra la posizione di Numeral con il<br />

classificatore in situ.<br />

[DP…[XP[WP[NP N] AP] Numeral…[YP CL …]]]<br />

In questo modo si giustifica l’ordine degli elementi <strong>nella</strong> frase 16a che è<br />

appunto nome > aggettivo > numerale > classificatore.<br />

A questo punto è opportuno ribadire perché considero ambedue i tipi di<br />

classificatore una proiezione distinta dal numerale. Innanzitutto i classificatori che<br />

vengono reduplicati e i classificatori che incorporano il numero categorizzano il<br />

nome per la forma (infatti le dita <strong>del</strong>la mano iconicamente classificano le entità<br />

lunghe per i nomi come uomo; la configurazione manuale assunta dalla mano per le<br />

altre entità reduplicate rimanda comunque alla forma <strong>del</strong> referente). In secondo luogo<br />

124


L’’ACCORDO CON IIL NOME<br />

i classificatori non si possono flettere per un numero maggiore di quattro (in rari casi<br />

anche cinque).<br />

Il fatto che in LIS la forma, sotto forma di classificatore, si presenti in diverse<br />

posizioni funzionali, (aggettivo, verbo, numerale, determinate) induce a considerare<br />

che i tratti di genere siano legati al nome, ad ogni livello di rapporto sintattico: nel<br />

capitolo 3 abbiamo visto come la forma influenzi la modificazione relativa ai suoi<br />

tratti. Nel corso di questo capitolo abbiamo verificato che la forma determina un<br />

diverso comportamento anche nell’accordo per numero.<br />

Questa posizione, corroborata da Ritter (1993), concorda con la posizione di<br />

Simpson (2005) che assume che la proiezione di Num e la proiezione di CL siano<br />

distinte anche se adiacenti e non esclude la possibilità che, come già accennato nel<br />

paragrafo 6 <strong>del</strong> capitolo 3, essendo in una posizione di testa, possano cliticizzarsi.<br />

L’indipendenza <strong>del</strong>le proiezioni di NumberP, NumeralP e CL è attestata dalla<br />

seguente frase.<br />

33. UOMO 2 CLforma +numero+ posizione +++<br />

tante coppie di uomini<br />

Come si può notare è possibile che il classificatore che incorpora il numerale<br />

possa essere flesso per numerosità attraverso la reduplicazione. Non è possibile<br />

invece flettere con la reduplicazione un classificatore già flesso per numerosità con<br />

l’icorporazione come esemplifica la frase 34 25 :<br />

34. *UOMO Cl entità lunga + numero + luogo definito +++<br />

Quest’ultima frase ci conferma l’esattezza <strong>del</strong>l’ipotesi di considerare la<br />

flessione per numerosità <strong>dei</strong> classificatori per le entità lunghe che incorporano il<br />

tratto di numerosità nelle dita <strong>del</strong>la mano. Nella stessa maniera <strong>del</strong>la flessione per<br />

25 Come ho già specificato i classificatori codificano un numerale fino a 4 per le entità lunghe, la<br />

configurazione manuale 5, se non è preceduta da un numerale codifica la pluralità in generale. Nella<br />

frase 34 ci si riferisce a questo tipo di pluralità.<br />

125


CAPIITOLO 4<br />

numerosità degli altri classificatori di forma e <strong>dei</strong> nomi. Per questo motivo i tratti di<br />

numerosità sono tutti controllati a livello di NumberP.<br />

Gli aspetti che riguardano la relazione tra il numerale e il classificatore sono<br />

molteplici, ad esempio Greenberg (1975: 34-35) osservando diverse lingue e dialetti<br />

rileva che esiste un processo per il quale quanto più il valore <strong>del</strong> numerale è basso<br />

tanto più è alta la probabilità che il classificatore di quantità segua il nome. Man<br />

mano che cresce, in particolare dopo il cinque, il classificatore tende a precedere il<br />

nome. Questa costante in LIS potrebbe essere messa in relazione con il fatto che i<br />

classificatori incorporano il numero fino ad una quantità di quattro-cinque; poi<br />

diventano elementi la cui funzione è quella di pluralizzare.<br />

Un altro aspetto che accomuna la LIS alle lingue analizzate da Greenberg<br />

(1975) è il fatto che l’ordine degli elementi nelle lingue con classificatori è spesso<br />

identico all’ordine <strong>del</strong>le costruzioni che includono i numerali o le misure. Ad<br />

esempio in LIS abbiamo le seguenti costruzioni:<br />

trattoDP tratto DP<br />

35. BAMBINO PICCOLO TRE, BAMBINO +++ (ripetuto tre volte nello spazio definito)<br />

Ognuno <strong>dei</strong> tre bambini piccoli<br />

tratto DP<br />

36. BAMBINO PICCOLO TRE CL classificatore di forma + numero<br />

I tre bambini piccoli<br />

tratto DP tratto DP<br />

37. BAMBINO PICCOLO TRE, CL +++ (ripetuto tre volte nello spazio definito)<br />

Ogni gruppo di tre bambini<br />

Nella frase 35 il nome viene flesso per numero, <strong>nella</strong> frase 36 il numerale<br />

viene incorporato al classificatore, nelle frase 37 viene reduplicato il classificatore<br />

con la flessione <strong>del</strong> numerale incorporato. Le tre frasi dimostrano come la<br />

reduplicazione può essere generica plurale o specifica numerale, ad esempio in<br />

presenza <strong>del</strong> classificatore, esso può essere reduplicato solo due volte se si parla di<br />

due gruppi di tre bambini o tre o quattro volte se si parla rispettivamente di tre o di<br />

quattro gruppi di tre bambini.<br />

126


L’’ACCORDO CON IIL NOME<br />

In realtà occorrono studi approfonditi sui classificatori volti ad indagare gli<br />

aspetti morfologici e semantici. Data la vastità <strong>del</strong> fenomeno, in questo paragrafo mi<br />

limito solo a rilevarne le costruzioni al fine di chiarire il ruolo all’interno <strong>del</strong> DP in<br />

relazione alle proiezioni di accordo. Per il momento, sulla base <strong>dei</strong> dati descritti nel<br />

paragrafo 6 <strong>del</strong> capitolo 3, e considerando anche i dati sulle lingue <strong>del</strong> sud-est<br />

asiatico in Simpson (2005), sembra che il classificatore costituisca una singola testa<br />

funzionale distinta anche dal nome.<br />

Tra la proiezione <strong>del</strong> DP e la proiezione di NP ci sono diverse proiezioni di<br />

AgrP che controllano le proiezioni (FP) in cui sono generate le proiezioni <strong>del</strong><br />

<strong>del</strong>l’aggettivo, come abbiamo visto nel capitolo 3, <strong>del</strong> numerale (NumeralP), e <strong>del</strong>la<br />

flessione per numero (NumberP), (Cinque 1994, 2005). Tra gli aggettivi troviamo<br />

proiezioni come ShapeP, PositionP, ColorP etc.; salendo abbiamo le proiezioni di<br />

NumberP, NumeralP, e il dimostrativo. Il nome, o la sua proforma data sottoforma<br />

di classificatore, risalendo dalla posizione più bassa, incorpora o controlla i diversi<br />

tratti generati nelle teste <strong>del</strong>le proiezioni <strong>dei</strong> diversi AgrP .<br />

Osserviamo nel dettaglio i movimenti all’interno di un costituente con un<br />

classificatore nominale, che specifica la forma, che viene reduplicato .<br />

38. CASE TRE CL forma + luogo +++<br />

Le tre case<br />

Il tratto di luogo rende referenziale il nome. <strong>La</strong> reduplicazione <strong>del</strong><br />

classificatore, tante volte quante ne specifica il numerale, fa intuire che la proiezione<br />

di NumberP, <strong>nella</strong> cui testa avviene il controllo <strong>dei</strong> tratti di numero, sia comandata<br />

dal numerale (almeno quando è specificato il numerale da due a quattro); per questo<br />

motivo la proiezione di NumeralP <strong>nella</strong> <strong>struttura</strong> profonda deve stare<br />

necessariamente prima di NumberP. Assumendo le posizioni di Simpson (2005), ho<br />

anche affermato che la posizione <strong>del</strong> numerale si compatta con il classificatore. Alla<br />

luce di questi elementi sembra che il movimento sia il seguente.<br />

127


Struttura profonda:<br />

CAPIITOLO 4<br />

[DP…[XPNumeral…[WP CL… [YPNumber…. [ZPAP …[NPN]]]]]]<br />

NP si muove intorno all’aggettivo:<br />

[DP…[XPNumeral…[WP CL… [YPNumber…. [ZP[NPN] AP …]]]]]<br />

NP con l’aggettivo controlla i sui tratti in Number:<br />

[DP…[XPNumeral…[WP CL… [YP [NPN] AP] Number…][ZP ]]]<br />

NP con aggettivo e numero risalgono la posizione otre il numerale per controllarne i<br />

tratti lasciando in situ <strong>del</strong> classificatore:<br />

[DP…[XP [NPN…] AP…] Number….] Numeral…[WP CL…[YP [ZP]]]<br />

Nel capitolo sesto (paragrafo 5.4) si chiarirà come la posizione <strong>del</strong> DP potrà<br />

essere occupata dal classificatore.<br />

CONCLUSIONI<br />

In questo capitolo ho individuato la presenza <strong>del</strong> genere <strong>del</strong>la forma che,<br />

insieme ad alcuni aspetti fonologici, condiziona il comportamento <strong>del</strong>la morfologia<br />

<strong>del</strong> plurale <strong>dei</strong> nomi <strong>del</strong>la LIS. Ho illustrato diverse forme di plurale e la loro<br />

realizzazione anche attraverso l’uso <strong>dei</strong> classificatori nonché l’accordo con il<br />

numerale. Dal quadro complessivo, benché frammentario <strong>nella</strong> spiegazione <strong>dei</strong><br />

motivi <strong>del</strong>l’eterogeneità <strong>del</strong> comportamento <strong>del</strong>la flessione <strong>dei</strong> nomi, si evince che il<br />

plurale in LIS può essere realizzato foneticamente oppure rimanere non realizzato<br />

per cui il controllo <strong>dei</strong> tratti di plurale avviene in forma logica.<br />

Il plurale <strong>nella</strong> proiezione nominale viene codificato dalla reduplicazione <strong>del</strong><br />

nome o <strong>del</strong> classificatore oppure dall’incorporazione <strong>dei</strong> tratti <strong>del</strong> numerale nel<br />

classificatore solo per le forme che ironicamente possono essere ricondotte alla<br />

forma di un dito il plurale da due a quattro può essere dato o dall’estensione <strong>del</strong>le<br />

128


L’’ACCORDO CON IIL NOME<br />

dita <strong>del</strong>la mano oppure dalla reduplicazione <strong>del</strong> segno fino a quattro volte. Ho<br />

considerato la realizzazione <strong>del</strong>le due forme di plurale, quella specificata per numero<br />

(da due a quattro) e quella specificata per numerosità in generale anche in relazione a<br />

due tipi di classificatori: quelli che consentono l’incorporazione <strong>dei</strong> tratti di forma e<br />

numero e quelli che invece richiedono la reduplicazione ed ho constatato che<br />

sintatticamente non differiscono. Abbiamo visto come il controllo <strong>del</strong>la<br />

reduplicazione si realizza <strong>nella</strong> testa di NumberP comandata da NumeralP, quando<br />

specificata per numero (da due a quattro).<br />

Questo capitolo ha il limite di non offrire spiegazioni circa i diversi<br />

comportamenti <strong>dei</strong> nomi <strong>nella</strong> formazione <strong>del</strong> plurale e, per quanto riguarda la<br />

spiegazione <strong>del</strong> genere, si limita a fornire solo gli elementi per la sua determinazione.<br />

Il suo scopo, però, è quello di dotare la proiezione estesa <strong>del</strong> DP di passaggi chiave<br />

per comprendere il movimento <strong>del</strong>l’NP verso l’area <strong>del</strong>la referenzialità alla quale<br />

saranno dedicati i capitoli successivi.<br />

129


C A P I T O L O 5<br />

LE INDICAZIONI E I TRATTI DELLO SPAZIO<br />

Introduzione<br />

Lo scopo di questo breve capitolo è quello di introdurre alla questione che<br />

riguarda lo status <strong>del</strong>le indicazioni che saranno trattate in maniera più approfondita<br />

nei due capitoli successivi. Nel capitolo precedente abbiamo visto la realizzazione<br />

<strong>dei</strong> tratti di accordo per numero e forma; in questo capitolo introdurrò l’accordo per<br />

persona che verrà discusso in maniera più estesa nei prossimi capitoli.<br />

Nella prima parte <strong>del</strong> capitolo discuterò il valore grammaticale <strong>dei</strong> punti <strong>del</strong>lo<br />

spazio (paragrafo 1), mentre nel secondo paragrafo discuterò <strong>dei</strong> tratti semantici<br />

<strong>del</strong>lo spazio (paragrafo 2). Va precisato che, poiché lo scopo di questa tesi è quello di<br />

comprendere i movimenti <strong>del</strong> <strong>sintagma</strong> nominale all’interno <strong>del</strong>la sua proiezione<br />

estesa (DP), nell’osservazione <strong>del</strong>le indicazioni ho tenuto conto soprattutto <strong>del</strong> loro<br />

status di dimostrativi e di pronomi, mentre ho considerato meno i locativi. In realtà,<br />

in questo ambito, i locativi hanno un ruolo molto importante, soprattutto dal punto di<br />

vista semantico. Essi tuttavia verranno solo citati come elementi <strong>del</strong>lo spazio e,


LE IINDIICAZIIONII E II TRATTII DELLO SPAZIIO<br />

successivamente, quando occorrono <strong>nella</strong> frase, ma non ho dedicato loro uno spazio<br />

tale da analizzarli nel dettaglio.<br />

1. Lo spazio come categoria grammaticale <strong>del</strong>le lingue segnate<br />

Gli studi condotti fin ora sulla LIS (Volterra ed altri 1987, Caselli ed altri<br />

1994, Radutzky 1992, per citarne qualcuno) hanno definito lo spazio antistante al<br />

segnante come “spazio neutro”, vale a dire che esso non è distinto in punti specifici,<br />

come invece lo spazio sul corpo che è stato suddiviso nei diversi punti sui quali un<br />

segno può essere articolato. Da un punto di vista fonologico è stato osservato<br />

(Verdirosi 1987) che non è necessario specificare ulteriori punti <strong>del</strong>lo spazio neutro<br />

perché non esistono coppie minime di segni che, identiche negli altri parametri<br />

formazionali (configurazione <strong>del</strong>le mani, orientamento e movimento), si<br />

differenziano per un diverso luogo di esecuzione nello spazio neutro. In morfologia e<br />

in sintassi però, la distinzione si rende necessaria perchè la specificità e la<br />

definitezza sono legate all’individuazione di un punto <strong>del</strong>lo spazio distinguibile<br />

rispetto agli altri punti indistinti e per il fatto che i punti specifici <strong>del</strong>lo spazio<br />

equivalgono ai morfemi che consentono ai predicati di concordare con il nome. Per<br />

questo motivo in questa sede mi riferirò al termine “spazio non definito” per<br />

intendere lo spazio neutro, mentre con “spazio definito” mi riferirò al punto già<br />

citato nell’ambito di un discorso e per la cui specificazione, viene fatto riferimento<br />

ad esso attraverso un’indicazione o la concordanza che, ricordo, è di luogo. I segni<br />

che concordano hanno lo stesso punto di articolazione nello spazio.<br />

Il riferimento allo spazio, come veicolo di specificità, non è una peculiarità<br />

esclusiva <strong>del</strong>le lingue <strong>dei</strong> segni. Già altri autori (Quine 1960, Lyons 1975, Stokoe<br />

1997) hanno parlato <strong>del</strong> puntamento in uno specifico punto come forma di referenza<br />

principalmente utilizzata dai bambini, tanto da ipotizzare che, nello sviluppo<br />

filogenetico <strong>del</strong>la lingua umana, l’indicazione sia stata un elemento precursore <strong>dei</strong><br />

nomi perché discrimina un elemento rispetto ad un altro e gli conferisce<br />

referenzialità. Lyons (1975) afferma che articoli definiti e pronomi personali in<br />

inglese e in altre lingue sono dimostrativi deboli e che il loro uso anaforico è derivato<br />

131


CAPIITOLO 5<br />

dalle <strong>dei</strong>ssi. Vale a dire che una lingua allo “stadio embrionale”, per esprimere<br />

referenti definiti, utilizza forme di ostensione che successivamente evolvono in<br />

distinte categorie grammaticali.<br />

<strong>La</strong> definizione <strong>dei</strong> vari punti nello spazio neutro non è semplice in quanto<br />

dipende dal contesto d’uso e dal segnante che colloca le persone grammaticali nei<br />

diversi punti <strong>del</strong>lo spazio. Per questo motivo la determinazione <strong>dei</strong> punti specifici<br />

non è univoca. A tal fine, per descrivere la grammatica <strong>del</strong>la LIS, si rende necessaria<br />

l’individuazione di alcune norme che identifichino i punti <strong>del</strong>lo spazio relativi al<br />

segnante.<br />

Il problema <strong>del</strong>lo status linguistico <strong>del</strong>lo spazio segnico è stato molto<br />

discusso per l’American Sign <strong>La</strong>nguage (Klima e Bellugi 1979, Padden 1988, Bahan<br />

1996, Meier 1990, Lid<strong>del</strong> 1995, 2002,). Per la LIS, invece, l’argomento è stato<br />

trattato marginalmente in quanto lo spazio è stato analizzato prevalentemente dal<br />

punto di vista fonologico. Tuttavia, data la somiglianza tra molte forme flessive <strong>del</strong>la<br />

LIS e <strong>del</strong>l’ASL, non si può fare a meno di considerare gli studi realizzati per l’ASL<br />

che hanno stimolato alcune considerazioni sull’uso in sintassi <strong>del</strong>lo spazio che<br />

verranno illustrate nel corso di questo capitolo.<br />

1.1. Status linguistico <strong>dei</strong> punti <strong>del</strong>lo spazio.<br />

<strong>La</strong> questione <strong>del</strong>la natura <strong>dei</strong> loci spaziali <strong>del</strong>l’ASL ha portato a diverse<br />

posizioni che possono essere ricondotte a due filoni: il primo attribuisce loro un<br />

valore grammaticale (ad esempio Klima e Bellugi 1979, Padden 1988, 1990. Bahan<br />

1996, Meier 1990, Meir 2002); il secondo è discusso principalmente da Lid<strong>del</strong><br />

(1995, 2002) per il quale, poiché lo spazio è composto da un numero infinito di<br />

punti, non è possibile individuarli in un modo fonologicamente determinato, per cui<br />

egli afferma che i punti <strong>del</strong>lo spazio non possiedono il valore di loci grammaticali.<br />

Lid<strong>del</strong>l (1995) li ritiene piuttosto <strong>dei</strong> simboli che rappresentano un’entità mentre il<br />

puntamento verso di loro costituirebbe un sistema pragmatico di determinazione.<br />

Questa premessa mi porta a chiarire i fatti che mi conducono a definire i punti<br />

<strong>del</strong>lo spazio come loci grammaticali giustificando così la condivisione con le<br />

132


LE IINDIICAZIIONII E II TRATTII DELLO SPAZIIO<br />

posizioni <strong>del</strong> primo gruppo. Una prima evidenza è costituita dagli studi sui segnanti<br />

con lesioni cerebrali che hanno dimostrato che c’è una netta distinzione tra capacità<br />

visivo-spaziale e uso linguistico <strong>del</strong>lo spazio (ad es. Hickok et al. 1998). Oltre a<br />

questo fatto, fenomeni puramente linguistici conducono a corroborare l’ipotesi <strong>dei</strong><br />

loci grammaticali. Ad esempio un fenomeno che prova che i punti <strong>del</strong>lo spazio hanno<br />

valore grammaticale è costituito dal fatto che nell’articolazione <strong>dei</strong> verbi flessivi il<br />

parametro <strong>del</strong> luogo definisce i ruoli tematici <strong>del</strong> verbo. Ad esempio<br />

1. 1pUCCIDERE2p<br />

io ti uccido<br />

2. 2pUCCIDERE3p<br />

tu lo uccidi<br />

I punti di articolazione iniziale e finale sono associati all’agente e al paziente. In caso<br />

di argomenti manifesti i punti di articolazione devono essere necessariamente<br />

coindicizzati con essi, pena l’agrammaticalità <strong>del</strong>la frase.<br />

3. IX1p PIETRO3p 1pUCCIDERE3p<br />

io uccido Pietro<br />

4. *IX1p PIETRO3p 2pUCCIDERE3p<br />

5. *IX2p PIETRO3p 3pUCCIDERE1p<br />

L’esplicitazione <strong>del</strong>la persona verbale avviene con l’indicazione, vale a dire<br />

che l’indice punta verso i referenti, il punto di articolazione quindi è determinato,<br />

per analogia, dalla localizzazione <strong>del</strong> referente. L’indicazione <strong>del</strong> referente è un<br />

ostensione, la grammaticalizzazione <strong>dei</strong> tratti <strong>del</strong>lo spazio definiti dall’ostensione è<br />

costituita dall’accordo verbale. Gli accordi di luogo non vengono realizzati solo dai<br />

verbi ma anche da altri tipi di predicati come gli aggettivi e i classificatori. Ad<br />

esempio :<br />

133


CAPIITOLO 5<br />

topic<br />

6. CUSCINO, IXy DUROy IXj CL(molle)j IX-DUE MIO<br />

Ambedue i cuscini, quello duro e quello soffice, sono miei.<br />

134<br />

DP<br />

Ciò conduce alla conclusione, che verrà discussa in dettaglio nel capitolo 6,<br />

che i punti <strong>del</strong>lo spazio costituiscono la forma fonetica <strong>del</strong>l’accordo per persona e<br />

che la referenzialità <strong>dei</strong> tratti <strong>del</strong>lo spazio interessa tutta la proiezione estesa <strong>del</strong> DP.<br />

Riguardo alla questione <strong>dei</strong> punti infiniti <strong>del</strong>lo spazio discussi da Lid<strong>del</strong><br />

(1995, 2002), occorre chiarire due aspetti. In primo luogo se nello spazio geometrico<br />

i punti <strong>del</strong>lo spazio sono infiniti, non vuol dire che lo siano anche <strong>nella</strong> grammatica<br />

<strong>del</strong>le lingue <strong>dei</strong> segni: in LIS in un discorso non possono essere introdotte più di tre<br />

(molto raramente quattro) persone. Vale a dire che oltre la prima e la seconda<br />

persona è possibile specificare un'altra o al massimo due persone. Introdurre più di<br />

due persone grammaticali oltre la prima e la seconda, rende impossibile<br />

l’associazione <strong>del</strong>la flessione e soprattutto il computo mentale che consente di<br />

associare lo spazio alla persona. In secondo luogo bisogna osservare che una volta<br />

stabiliti i luoghi <strong>dei</strong> referenti, i successivi puntamenti <strong>del</strong>l’indice <strong>nella</strong> loro direzione<br />

non hanno più valore ostensivo o <strong>dei</strong>ttico, bensì anaforico. Questo aspetto verrà<br />

discusso nel dettaglio nel capitolo seguente.<br />

Nei paragrafi seguenti vedremo come il puntamento in uno specifico luogo<br />

veicola definitezza e specificità, mentre la mancanza <strong>del</strong> puntamento, insieme a<br />

specifici tratti sovrasegmentali, è sinonimo di indefinitezza e di non specificità.<br />

topic<br />

7. LIBRO IXy IX1p PIETROj 1pREGALAREj<br />

Quel libro l’ho regalato a Pietro<br />

indef<br />

8. IX1p PIETROj 1pREGALAREj LIBRO IXindef<br />

Ho regalato a Pietro un libro


LE IINDIICAZIIONII E II TRATTII DELLO SPAZIIO<br />

Una volta definito il luogo, l’articolazione di un nome flessivo, vale a dire i<br />

nomi che hanno come parametro <strong>del</strong> luogo un punto <strong>del</strong>lo spazio (vedi capitolo2), in<br />

punto specificato <strong>del</strong>lo spazio, lo rende specifico e definito.<br />

9. TOPOj SCAPPAREj<br />

Il topo è scappato<br />

<strong>La</strong> questione degli accordi nello spazio è un punto alquanto controverso<br />

perché se è vero che ai punti specifici sono associati <strong>dei</strong> referenti e qualsiasi<br />

indicazione deve concordare con quel punto, è anche vero che nei discorsi spontanei<br />

tale concordanza non è così marcata, vale a dire che se nel discorso sono state<br />

introdotte più persone oltre la prima e la seconda, per fare riferimento ad ognuna di<br />

esse non basta il semplice puntamento ma occorre specificare un altro elemento di<br />

discriminazione (ad esempio un aggettivo relativo alla persona indicata) così che è<br />

possibile associare l’indicazione al referente. Ad esempio è possibile distinguere le<br />

persone non presenti fisicamente come quella vecchia, quella giovane, quella bionda<br />

etc.. Quando invece la terza persona è una sola, l’indicazione verso l’esterno è<br />

sufficiente e non è necessario nessun accordo di luogo. A questo proposito Zimmer e<br />

Patschke (1990) segnalano un esempio per l’ASL che è significativo anche per la<br />

LIS. Nell’esempio ci si riferisce ad una terza persona che è seduta sul sedile<br />

posteriore <strong>del</strong>l’auto; in questo caso il parlante non utilizzerà come determinate<br />

l’indicazione dietro le proprie spalle.<br />

10. DET (to the left) WOMAN LOC (to the back)<br />

‘The woman in the back….’ [Zimmer e Patschke 1990:208]<br />

L’indicazione <strong>determinante</strong>, in questo caso, punta verso sinistra, mentre il<br />

locativo punta dietro le spalle. Questa situazione è riscontrabile anche per la LIS, non<br />

solo per le persone che stanno dietro le spalle ma anche per quelle assenti. Questo<br />

esempio chiarisce il senso di ‘referenzialità <strong>del</strong>l’indicazione’, con la quale non<br />

135


CAPIITOLO 5<br />

intendo la coincidenza geometrica <strong>del</strong> punto indicato con il referente ma, nel caso in<br />

cui il referente è assente, all’inferenza che tale indicazione richiede per riconoscerlo.<br />

2. I tratti <strong>del</strong>lo spazio<br />

Il problema <strong>del</strong>la definizione <strong>dei</strong> punti <strong>del</strong>lo spazio è una questione che non<br />

ha ancora trovato una soluzione capace di rispondere, con un'unica simbologia, alle<br />

esigenze di rappresentazione fonologica, morfologica e sintattica <strong>del</strong>la LIS.<br />

In questo paragrafo tenterò di rispondere ad alcune istanze di descrizione<br />

<strong>del</strong>la sintassi <strong>del</strong>le indicazioni <strong>del</strong>la LIS partendo dagli studi compiuti sui pronomi e<br />

sui dimostrativi (Lyons 1999). Nel primo sottoparagrafo suddivido lo spazio in tratti<br />

semantici distintivi che individuano i riferimenti rispetto allo spazio antistante il<br />

segnante. Lo spazio, se è neutro rispetto al segnante e all’interlocutore, si traduce in<br />

impersonalità, non specificità, indefinitezza. Esso è definito quando segnante e<br />

interlocutore costituiscono <strong>dei</strong> punti di riferimento per l’identificazione <strong>del</strong>le<br />

persone grammaticali e per le concordanze verbali. Nel secondo sottoparagrafo<br />

specificherò i tratti relativi al puntamento nello spazio. In esso si chiarirà come il<br />

puntamento che veicola la funzione di pronome sia distinto fonologicamente dal<br />

puntamento che veicola il significato di dimostrativo per quanto riguarda la prima e<br />

la seconda persona grammaticale, mentre vedremo che la terza persona non è distinta<br />

fonologicamente dalla corrispondente coppia dimostrativo-locativo ma lo è solo<br />

sintatticamente.<br />

2.1 I tratti semantici<br />

Lyons (1999) osserva che l’opposizione <strong>dei</strong>ttica <strong>dei</strong> dimostrativi viene<br />

espressa dai tratti +/- prossimale. In tal senso i pronomi di terza persona sono forme<br />

di articoli e di dimostrativi caratterizzati dal tratto [-prox] perché non codificano<br />

qualche grado di distanza o di prossimità. In LIS invece, come abbiamo già<br />

specificato, è necessaria la presenza <strong>del</strong>l’interlocutore anche quando si parla di<br />

pronomi, per cui essi possono essere considerati <strong>dei</strong>ttici, e quindi è necessario<br />

disporre, sia per i dimostrativivi sia per i pronomi, <strong>dei</strong> tratti [+/- prox]. Tale<br />

136


LE IINDIICAZIIONII E II TRATTII DELLO SPAZIIO<br />

prospettiva costituisce il punto di partenza per l’individuazione <strong>dei</strong> punti <strong>del</strong>lo<br />

spazio. Partendo dal segnante e dall’interlocutore, si possono individuare i punti più<br />

o meno prossimali, o distali, al segnante e all’interlocutore, specificati dai tratti<br />

semantici di [+/-Prox] e [+/-Dist].<br />

Nella figura 1 è schematizzato il segnante visto dall’alto (elemento grigio) e<br />

lo spazio antistante (o spazio non definito) rappresentato dal semicerchio<br />

tratteggiato. All’interno <strong>del</strong> semicerchio ogni cerchietto scuro rappresenta un punto<br />

di articolazione.<br />

Fig.1<br />

C<br />

Il punto A è quello molto vicino al segnante e, quando specificato, si riferisce<br />

a qualcosa di molto vicino a lui oppure al segnante stesso (in questo caso c’è contatto<br />

con il corpo <strong>del</strong> segnante). Il tratto semantico pertinente al punto A è [+ prox]; il<br />

punto B è il punto più prossimo all’interlocutore e, se specificato, è chiaramente<br />

distante dal segnante e vicino all’interlocutore e, per questo motivo possiede il tratto<br />

semantico [-prox]. Di conseguenza i punti pertinenti alla prima e alla seconda<br />

persona sono caratterizzati dai tratti [+/-prox]. Per opposizione, i punti <strong>del</strong>lo spazio<br />

specifici, che non appartengono né alla prima né alla seconda persona, poiché<br />

possiedono evidenti tratti semantici di luogo anche se si riferiscono alle persone,<br />

verranno definiti come [+dist] perché sono distanti sia dalla prima sia dalla seconda<br />

persona. Per i punti caratterizzati dal tratto [+dist] (nello schema rappresentato dal<br />

punto C) la localizzazione nello spazio segnico viene stabilita dal segnante. I punti<br />

non specificati <strong>del</strong>lo spazio (lo spazio racchiuso nel semicerchio tratteggiato)<br />

semanticamente sono punti neutri e quindi non definiti; in tal senso la distanza tra<br />

137<br />

B<br />

A


CAPIITOLO 5<br />

interlocutore e segnante non è significativa, per questo motivo i punti neutri vengono<br />

identificati negativamente come [-dist]. Occorre precisare che gli spazi caratterizzati<br />

dal tratto [+dist] sono gli spazi che escono fuori dall’asse parlante-interlocutore che è<br />

segnalato dalla direzione <strong>del</strong>lo sguardo <strong>del</strong> segnante, vale a dire che se lo sguardo <strong>del</strong><br />

segnante è diretto verso un punto <strong>del</strong>lo spazio che non è proprio quello di fronte a<br />

lui, come esemplificato nello schema, ma è verso un'altra direzione, quella direzione<br />

costituisce l’asse segnante-interlocutore con i tratti [+/- prox]. I punti che esulano da<br />

esso sono i punti caratterizzati dai tratti [+/-dist].<br />

Se i cerchietti rappresentano un singolo luogo, le linee tratteggiate in<br />

corrispondenza <strong>del</strong>le lettere rappresentano un insieme di luoghi definiti rilevati da un<br />

breve movimento nello spazio <strong>del</strong>l’indice che traccia un arco (o una linea), oppure<br />

rappresentano il luogo di ripetizione di un segno (per esempio i plurali da due a<br />

quattro). Il movimento, che semanticamente racchiude un insieme di punti in uno<br />

specifico spazio, veicola significato di numerosità. Ad esempio il puntamento in A è<br />

legato a significati come questo qui, io (con indice direzionato verso il segnante),<br />

mentre il puntamento più il movimento <strong>del</strong>la mano o <strong>del</strong>l’avambraccio, che traccia<br />

una linea nello spazio, veicola significati come questi, qui, noi (con indice<br />

direzionato verso il segnante); il puntamento in B significa codesto, lì, tu (se l’indice<br />

è direzionato verso l’interlocutore), mentre il puntamento più il movimento significa<br />

codesti, voi (se l’indice è direzionato verso l’interlocutore).<br />

<strong>La</strong> tabella 1. riepiloga la corrispondenza tra la combinazione <strong>dei</strong> tratti<br />

semantici [+/-Prox][+/-Dist] e il significato corrisponde<br />

138


TRATTI<br />

SPAZIALI<br />

Tabella n.1<br />

LE IINDIICAZIIONII E II TRATTII DELLO SPAZIIO<br />

LUOGO DI ARTICOLAZIONE RISPETTO AL<br />

SEGNANTE<br />

139<br />

SIGNIFICATO<br />

[+Prox] Spazio definito avanti al segnante. qui, questo, adesso, io*mio**<br />

[-Prox] Spazio definito compreso tra il segnante Lì,vicino-a-te, codesto,<br />

e l’interlocutore.<br />

domani, futuro, tu* tuo**<br />

[+ Dist] Spazio definito lontano dal segnante e lì-quello, tempo storico (un<br />

dall’interlocutore, segnalato anche dalla giorno, un domani) , egli*<br />

direzione <strong>del</strong>lo sguardo che va fuori suo**<br />

dalla direzione segnante-interlocutore.<br />

[- Dist] spazio non definito dove?, da qualunque parte, in<br />

qualsiasi luogo, sempre-mai,<br />

qualcuno<br />

* ai tratti <strong>del</strong>lo spazio occorre aggiungere i tratti di persona verbale che sono specificati<br />

dalla direzione <strong>del</strong>l’indice è rivolto al segnante.<br />

** il possesso è specificato da configurazioni manuali e direzione di movimento un<br />

po’diverso dalle altre.<br />

Questi tratti di luogo si combinano con altri tratti di movimento che veicolano<br />

altri significati come aspetto di continuità, anteriorità, posteriorità, distribuzionalità,<br />

reciprocità, che non saranno oggetto di discussione in questa sede, e per i quali si<br />

rimanda a Klima e Bellugi (1979) Corazza (2000b), Pizzuto ed altri (1995).<br />

Nel paragrafo seguente illustrerò come il puntamento <strong>dei</strong> luoghi distinti dai<br />

tratti fonologici, sia distinto in tratti fonologici e grammaticali.<br />

2.2 Tratti fonologici e grammaticali <strong>del</strong>lo spazio<br />

Il puntamento in specifici luoghi semanticamente indicati dai tratti [+/- prox]<br />

e [+/-dist] veicola la categoria <strong>del</strong> dimostrativo, <strong>del</strong> locativo e <strong>del</strong> pronome. In<br />

questo paragrafo vedremo come la coppia locativo-dimostrativo caratterizzata dal<br />

tratto [+/-prox] sia distinta dal pronome di prima e di seconda persona<br />

fonologicamente e grammaticalmente, mentre la coppia dimostrativo-locativo<br />

caratterizzata dal tratto [+/-dist] non è distinta dal pronome di terza persona<br />

fonologicamente ma solo grammaticalmente .<br />

I pronomi personali, esprimendo le specifiche persone grammaticali, devono<br />

identificarle nello spazio definito. Da questa necessità ne consegue che i tratti


CAPIITOLO 5<br />

semantici <strong>del</strong>lo spazio che appartengono ai pronomi personali, coincidono con quelli<br />

<strong>dei</strong> locativi e quelli <strong>dei</strong> dimostrativi (tabella 1). Il puntamento relativo alla prima e<br />

alla seconda persona grammaticale è fonologicamente distinto dal verso <strong>del</strong><br />

puntamento relativo alla coppia dimostrativo-locativo. In particolare il pronome vede<br />

la mano parallela al piano orizzontale e l’indice che indica la persona. Il dimostrativo<br />

e il locativo richiedono, invece, la mano perpendicolare al piano orizzontale per cui<br />

l’indice punta verso il basso. <strong>La</strong> terza persona grammaticale invece non è<br />

fonologicamente distinta dal dimostrativo e dal locativo: in ogni caso la mano è<br />

parallela al piano orizzontale e l’indice punta verso l’esterno, mai verso il basso 1 .<br />

Benché la prima e la seconda persona siano fonologicamente distinte dal<br />

dimostrativo e dal locativo corrispondente, segnando, questa differenza si perde.<br />

Poiché il dimostrativo e il pronome di terza persona non sono distinti<br />

fonologicamente, viene da chiedersi se lo siano anche sintatticamente. Considerando<br />

i criteri distribuzionali <strong>del</strong>l’indicazione con tratto [+/- prox] e <strong>del</strong>l’indicazione con<br />

tratto [+/- dist] rispetto al <strong>sintagma</strong> nominale possiamo verificare alcuni dati.<br />

tratto DP<br />

11. [IX [-prox] 2p plu SORDO]DP COMUNICARE POTERE<br />

Voi sordi potete comunicare<br />

tratto DP<br />

12. [SORDO IX[-prox] 2p plu]DP COMUNICARE POTERE<br />

Voi sordi potete comunicare<br />

tratto DP<br />

13. [LIBRO IX[-prox] dim plu]DP INTERESSANTE<br />

Codesti libri sono interessanti<br />

tratto DP<br />

14. *[IX[-prox] dim plu LIBRO]DP INTERESSANTE<br />

Come si può osservare le indicazioni nelle frasi 11 e 12, che si riferiscono<br />

alla seconda persona plurale, possono essere sia prenominali che postnominali. Le<br />

indicazioni <strong>del</strong>le frasi 13 e 14 sono dimostrativi per il fatto che a differenza di quelle<br />

<strong>del</strong>le frasi 11 e 12 hanno l’indice che punta verso il basso. Al dimostrativo, a<br />

1 L’indice puntato verso il basso in questo caso significa lì in basso, vale a dire che ha il valore di<br />

locativo.<br />

140


LE IINDIICAZIIONII E II TRATTII DELLO SPAZIIO<br />

differenza <strong>del</strong> pronome, è consentita solo la posizione postnominale come si vede<br />

dalla agrammaticalità <strong>del</strong>la frase 14. Quindi sembra che il pronome abbia una<br />

posizione più libera rispetto al dimostrativo. Ulteriori specificazioni sui pronomi<br />

verranno fatte nei capitoli successivi.<br />

Osserviamo ora la distribuzione <strong>del</strong>l’indicazione caratterizzata dai tratti<br />

[+dist]. Le frasi seguenti sono caratterizzate dal fatto che l’indicazione si riferisce al<br />

tratto [+ umano]. In esse è possibile constatare che l’indicazione è consentita <strong>nella</strong><br />

posizione postnominale (frase 15), mentre <strong>nella</strong> posizione prenominale non è<br />

consentita (frase 16), a meno che il tratto sovrasegmentale non marchi<br />

esclusivamente l’indicazione (frase 17).<br />

tratto DP<br />

15. [SORDO IXi]DP PENSIONE POTERE<br />

Quel sordo può avere la pensione<br />

tratto DP<br />

16. ?[IX3p SORDO]DP PENSIONE POTERE<br />

tratto DP<br />

17. [IX3p]DP SORDO PENSIONE POTERE<br />

Lui è sordo e può avere la pensione<br />

In sostanza il tratto sovrasegmentale <strong>del</strong>la frase 17 marca il soggetto<br />

costituito dal pronome mentre SORDO non fa parte <strong>del</strong>lo stesso costituente<br />

<strong>del</strong>l’indicazione, per cui il costituente nominale è composto esclusivamente<br />

dall’indicazione. Nel caso in cui l’indicazione con tratto [+dist] è caratterizzata dal<br />

tratto [-umano], l’indicazione prenominale è esclusa come si può notare dalla coppia<br />

minima di frasi 18 e 19.<br />

tratto DP<br />

18. [LIBRO IXj]DP INTERESSANTE<br />

Quel libro è interessante<br />

tratto DP<br />

19. *[IXj LIBRO]DP INTERESSANTE<br />

A questo punto sembra che l’indicazione prenominale sia riferibile solo al<br />

tratto [+ umano] mentre quella postnominale al tratto [+/–umano]. Inoltre,<br />

141


CAPIITOLO 5<br />

l’indicazione, se è riferibile alla prima o alla seconda persona, come avviene per i<br />

pronomi <strong>del</strong>le lingue orali, seleziona un NP. <strong>La</strong> selezione <strong>del</strong>l’NP da parte<br />

<strong>del</strong>l’indicazione alla terza persona suscita qualche riserva, tuttavia è più accettabile<br />

<strong>del</strong>l’indicazione prenominale caratterizzata dal tratto [+umano] (frase 16) rispetto a<br />

quelle con tratto [-umano] (frase 19). Ulteriori approfondimenti su questo aspetto<br />

verranno forniti nel capitolo 7.<br />

In sintesi, questi dati ci suggeriscono che la distribuzione <strong>del</strong>le indicazioni<br />

caratterizzate dal tratto[+dist] segue le stesse regole <strong>dei</strong> pronomi di prima e seconda<br />

persona se hanno il tratto [+umano]; se invece si riferiscono ad esseri inanimati<br />

seguono le stesse regole <strong>dei</strong> dimostrativi, che come avremo modo si vedere in<br />

seguito, hanno una posizione postnominale. Questi fatti ci spingono a ritenere che,<br />

l’indicazione caratterizzata dal tratto [+dist] veicola sia il pronome sia il<br />

dimostrativo.<br />

CONCLUSIONI<br />

Con questo breve capitolo ho introdotto il parametro <strong>del</strong>lo spazio che è il<br />

parametro di accordo per le persone grammaticali che verranno discusse nei prossimi<br />

due capitoli. Abbiamo visto che lo spazio, morfologicamente e sintatticamente, non<br />

è neutro. Poiché le coordinate spaziali vengono fissate dall’asse “segnante-<br />

interlocutore”, stabilito dalla direzione <strong>del</strong>lo sguardo, ho ritenuto opportuno<br />

suddividere lo spazio in tratti di prossimità e distalità da questo asse. Poiché è<br />

necessaria la presenza <strong>del</strong>l’asse segnante interlocutore per stabilire i punti <strong>del</strong>lo<br />

spazio che sono relativi agli argomenti <strong>del</strong>la discussione, tali argomenti, quando non<br />

sono specificati per nome ma solamente identificati nello spazio, sono <strong>dei</strong>ttici. Per<br />

cui non solo i dimostrativi, ma anche i pronomi sono <strong>dei</strong>ttici.<br />

142


C A P I T O L O 6<br />

LE INDICAZIONI COME DIMOSTRATIVI<br />

Introduzione<br />

Uno <strong>dei</strong> problemi <strong>del</strong>la grammatica <strong>del</strong>la LIS è capire se le indicazioni che<br />

accompagnano il nome possono essere considerate articoli o dimostrativi. Questo<br />

capitolo sarà dedicato all’analisi <strong>del</strong>le indicazioni che accompagnano il nome. <strong>La</strong><br />

prima parte (paragrafi 1-4) sarà dedicata agli aspetti semantici <strong>del</strong> problema.<br />

Innanzitutto chiarirò il senso <strong>dei</strong> termini specificità e di definitezza; poi mi<br />

soffermerò ad illustrare come viene espressa la definitezza e l’indefinitezza in LIS.<br />

Successivamente, nel paragrafo 3, analizzerò l’indicazione che accompagna il nome<br />

e in esso esporrò i motivi che mi conducono ad affermare che si tratta di un<br />

dimostrativo e non di un articolo. Ai fini <strong>del</strong>la comprensione <strong>del</strong>la <strong>struttura</strong> <strong>del</strong> DP<br />

analizzerò le situazioni in cui le indicazioni sono obbligatorie. Nel quarto paragrafo<br />

guarderò da vicino l’occorrenza <strong>del</strong> <strong>sintagma</strong> <strong>determinante</strong> vuoto in LIS e le possibili<br />

interpretazioni. <strong>La</strong> seconda parte <strong>del</strong> capitolo, costituita essenzialmente dal quinto<br />

paragrafo, riguarderà l’analisi <strong>del</strong>la <strong>struttura</strong> <strong>del</strong> DP, in esso verranno spiegate le


LE IINDIICAZIIONII COME DIIMOSTRATIIVII<br />

situazioni in cui il DP ricorre senza indicazione e le situazioni in cui esso ricorre con<br />

l’indicazione, in ultimo darò uno sguardo anche al classificatore che ha funzione di<br />

<strong>determinante</strong> in LIS.<br />

1. Specificità e definitezza<br />

Un referente, quando viene associato ad un punto <strong>del</strong>lo spazio stabilito dal<br />

parlante, rende quel punto specifico. <strong>La</strong> specificità intesa in questa sede è quella<br />

<strong>del</strong>ineata da <strong>La</strong>mbrecht (1994), per la quale un <strong>sintagma</strong> nominale è specifico<br />

quando il suo referente è identificabile dal parlante. Ad esempio è specifico un libro<br />

che si richiede in biblioteca: la frase: sto cercando un libro, enunciata mentre si è in<br />

biblioteca, significa che chi la pronuncia ha in mente uno specifico libro,<br />

l’identificazione però può non essere condivisa dall’interlocutore.<br />

In LIS, nel momento in cui un punto <strong>del</strong>lo spazio viene associato ad un<br />

referente, il punto <strong>del</strong>lo spazio diventa referenziale. L’indicazione che punta ad esso<br />

si riferisce a quella determinata entità e, come tale, il punto <strong>del</strong>lo spazio è anche<br />

specifico. Poiché un punto <strong>del</strong>lo spazio nel momento in cui viene indicato diventa<br />

visibile, e quindi manifesto sia al parlante sia ai suoi interlocutori, esso diventa<br />

referenziale, specifico e identificabile. In sostanza l’identificazione di un referente<br />

con un punto <strong>del</strong>lo spazio fa sì che l’indicazione sia portatrice <strong>del</strong> significato di<br />

specificità, data dal segnante, e di identificabilità, perché tutti, parlante e<br />

interlocutori, riconoscono in quel punto la sua referenzialità. Poiché un <strong>sintagma</strong><br />

nominale è “definito” quando è identificabile (<strong>La</strong>mbrecht, 1994; Lyons, 1999), in<br />

LIS un punto <strong>del</strong>lo spazio quando viene puntato è innanzitutto “specifico” (la<br />

condivisione con i parlanti lo rende definito), se poi durante la conversazione viene<br />

ripreso esso, diventa anaforico. In conclusione, il puntamento in una direzione <strong>del</strong>lo<br />

spazio veicola significato sia di specificità che di definitezza.<br />

2. Definitezza e indefinitezza<br />

Il <strong>sintagma</strong> nominale definito è marcato dall’indicazione oppure, più<br />

raramente, dall’articolazione <strong>del</strong> nome flessivo, o di un suo proforma, in quello<br />

144


CAPIITOLO 6<br />

specifico punto. <strong>La</strong> definitezza è caratterizzata da particolari espressioni <strong>del</strong> volto<br />

costituite essenzialmente dall’inarcamento <strong>del</strong>le sopracciglia, dal sollevamento <strong>del</strong>la<br />

testa, dalla contrazione <strong>del</strong>le guance e da una lieve apertura <strong>del</strong>la bocca. ( figura 2<br />

alla fine <strong>del</strong> paragrafo)<br />

Le stesse espressioni caratterizzano anche il <strong>sintagma</strong> topicalizzato. Ognuna<br />

di queste espressioni è coestensiva, singolarmente o con le altre, all’intero <strong>sintagma</strong><br />

<strong>determinante</strong> o solo all’indicazione. <strong>La</strong> loro co-occorrenza varia in base al segnante e<br />

al tipo di enfasi che viene data al <strong>sintagma</strong> nominale. Occorre precisare che le<br />

espressioni <strong>del</strong> volto costituiscono una sorta di richiamo all’argomento già citato,<br />

esse sono un’enfatizzazione <strong>del</strong> punto individuato come referenziale. Viste in<br />

quest’ottica non meraviglia il fatto che siano identiche alle espressioni che<br />

caratterizzano il topic.<br />

Poiché l’interesse principale di questo lavoro è l’analisi <strong>del</strong> <strong>sintagma</strong><br />

<strong>determinante</strong>, non ho focalizzato l’attenzione sulla ricorrenza <strong>dei</strong> diversi tratti<br />

sovrasegmentali, ma mi sono concentrata a raccogliere i dati limitatamente al fatto<br />

che esse differenziano i diversi tipi di sintagmi. Sono necessarie analisi più<br />

approfondite per rilevare se l’occorrenza di ognuna di queste espressioni <strong>del</strong> volto si<br />

leghi a determinate circostanze grammaticali. Ad esempio Aarons (1994) distingue<br />

per L’ASL tre tipi di topics: uno mosso e altri due generati alla base. <strong>La</strong> loro<br />

differenza viene rilevata dai diversi marcatori non manuali che caratterizzano ognuno<br />

di essi.<br />

In LIS, la definitezza è marcata da particolari espressioni <strong>del</strong> volto che si<br />

distribuiscono sull’intero DP. Tali espressioni caratterizzano anche i sintagmi<br />

topicalizzati. Se l’indicazione è esplicita le espressioni possono essere limitate anche<br />

solo all’indicazione, o addirittura essere <strong>del</strong> tutto omesse; se invece l’indicazione<br />

viene omessa, è necessario che le espressioni <strong>del</strong> volto marchino l’intero DP. Nella<br />

frase 1, il DP occorre senza indicazione ed è marcato da specifiche espressioni <strong>del</strong><br />

volto.<br />

145


LE IINDIICAZIIONII COME DIIMOSTRATIIVII<br />

marc. DP (topic)<br />

1. [LIBRO “SIGNORE ANELLO”] PER FAVORE 2pDARE1p<br />

Per favore dammi il libro “il signore degli anelli”<br />

Se il puntamento in una specifica direzione <strong>del</strong>lo spazio denota definitezza<br />

(singolare in un solo punto, plurale se il puntamento prende più punti su una linea),<br />

il segno, che semanticamente racchiude più punti <strong>del</strong>lo spazio, esprime indefinitezza:<br />

esso è costituito dalla stessa configurazione manuale <strong>del</strong>l’indicazione, ovvero la<br />

configurazione G 1 , la quale, anziché essere puntata in uno specifico punto, esegue un<br />

movimento circolare.<br />

2. [DP LIBRO IXj] 2pDARE1p<br />

Dammi quel libro<br />

3. [DP LIBRO UNOnum] 2pDARE1p<br />

Dammi un libro (numerale)<br />

ind<br />

4. [DP LIBRO UNOmov.circolare] 2pDARE1p<br />

Dammi un libro(indefinito)<br />

ind<br />

5. [DP LIBRO UNO-QUALIASI] 2pDARE1p<br />

Dammi un libro qualsiasi<br />

Nella frase 5 la parola UNO-QUALSIASI è caratterizzata dal movimento<br />

<strong>del</strong>l’avambraccio, 6. LIBRO UNO-QUALIASI mentre l’UNO indefinito 2pDARE1p <strong>del</strong>la un frase libro 4 qualsiasi<br />

è distinto dall’UNO numerale<br />

<strong>del</strong>la frase 3 da due elementi: dal movimento tremolante <strong>del</strong>l’avambraccio e da un<br />

particolare tratto sovrasegmentale costituito da un atteggiamento <strong>del</strong>le labbra con la<br />

rima labiale ad U rovesciata verso il basso (fig. 3 alla fine <strong>del</strong> paragrafo). Lo stesso<br />

tipo di differenza tra definito e indefinito lo si riscontra anche per l’ASL (Mac<br />

<strong>La</strong>ughlin 1986, Neidle ed altri 2000). Una prova a sostegno di questa distinzione è<br />

costituita dal fatto che il numerale può ricorrere insieme ad un’indicazione locativa<br />

definita (frase 6) mentre l’articolo indefinito no (frase 7).<br />

ind<br />

1 <strong>La</strong> configurazione G, ovvero puntamento <strong>del</strong>l’indice, è quella utilizzata per l’indicazione.<br />

146


6. LIBRO UNOnum IXj 2pDARE1p<br />

Dammi quell’unico libro<br />

CAPIITOLO 6<br />

indef<br />

7. *LIBRO UNOindef IXj 2pDARE1p<br />

Dammi un libro quello<br />

I segni che veicolano indefinitezza non vengono localizzati in uno specifico<br />

punto, essi sono articolati in uno spazio neutro (<strong>nella</strong> figura 1 segnalato come un<br />

cerchio grigio al centro <strong>del</strong>lo spazio segnico) che corrisponde allo spazio posizionato<br />

in un punto non marcato, “comodo”, per chi segna.<br />

Il segno di indefinito (o di numerale) può essere localizzato in una zona<br />

distinta dalle altre <strong>nella</strong> figura 1 segnalate dai cerchi tratteggiati (A,B,C) in tal caso il<br />

luogo, costituisce un elemento di accordo con le persone.<br />

Fig.1<br />

L’indicazione con movimento circolare nel punto A significa in quest’area,<br />

fra questi (con indice puntato verso il basso) oppure uno tra noi (con indice puntato<br />

verso l’alto). L’indicazione con movimento circolare nel punto B corrisponde al<br />

significato tra codesti (con indice puntato verso il basso) uno di voi (con indice<br />

puntato verso l’interlocutore), e nel punto C, con indice puntato verso le persone,<br />

uno tra loro, uno di quelli.<br />

C<br />

147<br />

B<br />

A


LE IINDIICAZIIONII COME DIIMOSTRATIIVII<br />

Fig.2 Fig.3<br />

ESPRESSIONE DI DEFINITEZZA ESPRESSIONE DI INDEFINITEZZA<br />

Riepilogando<br />

I tratti <strong>del</strong>lo spazio sono riferibili a concordanze di persona, e , come è stato<br />

spiegato nel capitolo 5, di tempo e luogo.<br />

Un solo punto localizzato è definito, singolare, e necessariamente concorda.<br />

Più punti in fila localizzati sono definiti e plurali, e concordano. Un insieme<br />

raggruppato di punti è indefinito e può concordare. Se non concorda è impersonale.<br />

L’indicazione, se è orientata verso gli interlocutori, è riferibile alle persone<br />

grammaticali (singolari o plurali); se invece è orientata verso il basso, caratterizzato<br />

dai tratti [+/- prox], si riferisce allo spazio. L’indicazione orientata verso l’esterno<br />

non è distinta fonologicamente: essa si riferisce sia alle persone grammaticali<br />

(singolari e plurali) sia allo spazio.<br />

3. Sullo status grammaticale <strong>del</strong>l’ indicazione: <strong>dei</strong>ssi e anafora<br />

Da quanto detto fin ora risulta chiaro che l’interpretazione <strong>dei</strong> vari punti <strong>del</strong>lo<br />

spazio necessita di coordinate spaziali contestuali introdotte dalla presenza <strong>del</strong><br />

segnante e <strong>del</strong>l’interlocutore; per questo motivo le informazioni veicolate dallo<br />

spazio sono <strong>dei</strong>ttiche. Attraverso la simbologia (indicata nell’appendice), viene<br />

specificata la localizzazione nello spazio: la glossa IX corrisponde ad un indicazione,<br />

se marcata nello spazio, in basso presenta degli indici che corrispondono a specifiche<br />

148


CAPIITOLO 6<br />

persone verbali (1p, 2p, 3p, 1p-plu, 2p-plu, 3p-plu) o specifici punti (3p/a 3p/b). I<br />

segni localizzati in un medesimo punto sono coindicizzati con lo stesso referente.<br />

L’indicazione in un determinato punto è la principale forma di <strong>dei</strong>ssi, essa<br />

può riferisi a persone (<strong>dei</strong>ssi personale), a luoghi (<strong>dei</strong>ssi spaziale) e a tempi (<strong>dei</strong>ssi<br />

temporale). Prima di analizzare i vari tipi di <strong>dei</strong>ssi vale la pena soffermarsi sul senso<br />

di tale termine per chiarire il suo uso in questa sede.<br />

Lyons (1999:160) individua due sensi di <strong>dei</strong>ssi: il primo è dato dalla la <strong>dei</strong>ssi<br />

propriamente detta che distingue un referente per associazione o prossimità a<br />

coordinate definite dal parlante, il secondo è costituito dall’“ostensione” il cui<br />

compito è indirizzare l’attenzione <strong>del</strong>l’interlocutore attraverso un riferimento. In<br />

sostanza l’ostensione definisce mostrando, la <strong>dei</strong>ssi definisce con <strong>dei</strong> riferimenti.<br />

Lyons (1999) nota che in Lyons (1975), il termine “<strong>dei</strong>ssi” viene utilizzato<br />

indistintamente in entrambi i sensi, in questo modo la <strong>dei</strong>ssi sarebbe alla base <strong>del</strong>la<br />

definitezza <strong>del</strong>la referenza: poiché in tal senso la <strong>dei</strong>ssi equivale ad ostensione,<br />

sarebbero ostensivi i dimostrativi e gli articoli, considerati invece da Lyons (1999)<br />

<strong>dei</strong>tticamente neutri perché non danno informazioni riguardo ai tratti prossimale-<br />

distale. Inoltre secondo Lyons (1975), come forma semplice di riferimento ad<br />

un’entità presente <strong>nella</strong> situazione comunicativa, la <strong>dei</strong>ssi può essere usata per<br />

riferirsi ad eventi nel presente, nel passato e nel futuro e quindi distale o prossimale<br />

allo stesso modo <strong>dei</strong> dimostrativi così da includere <strong>nella</strong> sua funzione anche quella di<br />

anafora. Lyons (1999) critica questa posizione aggiungendo che, se è l’ostensione,<br />

piuttosto che l’anafora, il tipo di definitezza archetipica, ci si dovrebbe aspettare che<br />

esistano lingue che hanno solo questo tipo di definitezza, in cui l’articolo definito si<br />

riferisce unicamente a qualcosa di effettivamente percepibile. Nel paragrafo seguente<br />

sarà possibile verificare come in LIS l’indicazione si riferisce solo a qualcosa di<br />

effettivamente percepibile, ma vedremo anche che, in concordanza con le posizioni<br />

di Lyons (1999), che l’indicazione possiede lo status di dimostrativo piuttosto che di<br />

articolo.<br />

Prima di passare ad esaminare i dati <strong>del</strong>la LIS, vale la pena riconsiderare<br />

alcune argomentazioni che sulla <strong>dei</strong>ssi che semanticamente illustrano bene alcuni<br />

149


LE IINDIICAZIIONII COME DIIMOSTRATIIVII<br />

aspetti, non solo <strong>del</strong>la LIS, ma <strong>del</strong>le lingue che utilizzano lo spazio come strumento<br />

per la referenzialità. In primo luogo, se consideriamo la distinzione di Hawkins<br />

(1978) tra articolo e dimostrativo, secondo la quale l’articolo dà istruzioni per trovare<br />

i riferimenti <strong>nella</strong> situazione comunicativa mentre il dimostrativo dà istruzioni per<br />

identificare il referente stesso (per questo la visibilità fa parte <strong>del</strong> suo significato)<br />

assistiamo ad una sovrapposizione, di due piani: in LIS è evidente che i riferimenti<br />

<strong>del</strong>la particolare situazione comunicativa sono dati dallo spazio e l’indicazione su di<br />

loro richiede visibilità. In secondo luogo la posizione di Lyons (1975), non condivisa<br />

da Lyons (1999), che vede la <strong>dei</strong>ssi come referenza anaforica, può essere applicata<br />

alla LIS, per la quale i dimostrativi distale e prossimale si legano semanticamente<br />

all’evento più o meno recente, come all’entità citata più o meno recentemente. Vale a<br />

dire che la referenza anaforica impone il trasferimento <strong>dei</strong> concetti <strong>dei</strong>ttici di base<br />

spaziale, alla dimensione temporale <strong>del</strong> discorso 2 .<br />

Ciò significa che non solo la distinzione semantica e fonologica tra le <strong>dei</strong>ssi<br />

spaziale, temporale e personale è alquanto sottile tanto che in LIS esse condividono<br />

gli stessi tratti semantici spaziali (tabella 1 capitolo 5), ma anche la distinzione tra<br />

ostensione e <strong>dei</strong>ssi, realizzata da Lyons (1999) non è molto evidente perchè in LIS<br />

nelle situazioni in cui il referente è presente l’indicazione equivale all’ostensione.<br />

Solo se il referente non è fisicamente presente, l’indicazione mostra il punto <strong>del</strong>lo<br />

spazio associabile al referente, in questo caso è la <strong>dei</strong>ssi definita da Lyons (1999).<br />

Occorre osservare però che ci sono casi in cui l’indicazione punta verso uno<br />

spazio che non necessariamente è associabile al referente come il caso <strong>del</strong>la frase 10<br />

<strong>del</strong> capitolo 5. Inoltre nelle conversazioni spontanee è possibile osservare che le<br />

indicazioni non sempre concordano con lo spazio <strong>del</strong> referente. Ciò dimostra che<br />

anche i punti <strong>del</strong>lo spazio, benché costituiscano lo strumento di specificazione di<br />

relazioni grammaticali, possono subire un astrazione tale da estraniare l’indicazione<br />

da essi. Cioè il segno <strong>del</strong>l’indicazione può arrivare ad assumere un valore<br />

grammaticale che non necessariamente è inferibile dal luogo puntato.<br />

2 Sulla dimensione temporale <strong>del</strong>la <strong>dei</strong>ssi si veda in Pizzuto et al. (1995) e Traugott E.C. (1978)<br />

150


3.1. <strong>La</strong> <strong>dei</strong>ssi è anche articolo?<br />

CAPIITOLO 6<br />

Gli studi sull’identificazione <strong>del</strong>la definitezza (Hawkins 1978, Christophersen<br />

1939, Lyons 1999), hanno rilevato alcune costanti sull’occorrenza degli articoli<br />

definiti. <strong>La</strong> prima è data dalla familiarità <strong>del</strong> referente. Ad esempio <strong>nella</strong> frase: hai<br />

parcheggiato l’auto? Sia il parlante che l’interlocutore sanno di quale auto si sta<br />

parlando. Un secondo fenomeno, in presenza <strong>del</strong> quale ritroviamo l’articolo, è<br />

l’identificabilità, in questo caso il referente è immediatamente visibile o inferibile<br />

dall’interlocutore. Ad esempio il parlante sta su una scala e parla con un suo amico,<br />

nelle immediate vicinanze c’è un solo martello, la frase: passami il martello si<br />

riferisce all’unico martello individuabile in quel contesto, oppure se si arriva in<br />

ritardo ad un appuntamento e si dice: il treno era in ritardo, l’interlocutore deduce di<br />

quale treno si sta parlando. Un terzo elemento di definitezza è dato dall’unicità: un<br />

elemento unico nel suo genere è, specifico e definito, ad esempio il sole, il Papa, in<br />

un matrimonio lo sposo è unico. Con i nomi plurali e di massa l’unicità diventa<br />

anche inclusività, ad esempio la frase quella di Abano è la migliore acqua termale<br />

include tutta l’acqua di Abano; oppure I primi visitatori <strong>del</strong>la biennale è l’insieme<br />

<strong>del</strong>le persone che arrivano per prime alle biennale.<br />

In tutte queste situazioni in LIS l’occorrenza <strong>del</strong> segno manuale di definitezza<br />

costituito dall’indicazione non è obbligatoria. Nelle frasi che seguono si possono<br />

osservare situazioni di familiarità, identificabilità, unicità e inclusività che sono<br />

grammaticali anche senza l’indicazione.<br />

______________ __________ _sopracciglia inarcate<br />

8. PRIMA SCARPE (IX) PULIRE BENE, DOPO ENTRARE [familiarità]<br />

prima ci si pulisce le scarpe poi si entra<br />

espr.DP<br />

9. [CANE (IX)] ATTENTI [identificabilità]<br />

attenti al cane<br />

testa indietro<br />

10. PER FAVORE LUNAi (IX)i iPRENDEREx [unicità]<br />

per favore prendi la luna<br />

guance tese<br />

151


LE IINDIICAZIIONII COME DIIMOSTRATIIVII<br />

11. [PRIMO VISITATORE (IX)] AMERICA VENIRE [inclusività]<br />

I primi visitatori sono americani<br />

12. [PRESIDENTE REPUBBLICA]j [PRIMO MINISTRO]i jNOMINAREi [unicità]<br />

Il Presidente <strong>del</strong>la Repubblica nomina il Primo Ministro<br />

Nonostante le indicazioni non siano obbligatorie (come si può notare dal fatto<br />

che sono state inserite tra parentesi), nell’uso comune esse ricorrono molto spesso.<br />

Osserviamo adesso le situazioni in cui è necessaria l’indicazione.<br />

3.2. Occorrenza <strong>del</strong>l’indicazione<br />

Prendiamo come esempio le situazioni in cui ricorre l’indicazione con gli<br />

elementi unici.<br />

tratto DP<br />

13. OGGI IXj SOLE IXj CALDO TANTO<br />

Il sole di oggi/questo sole scotta.<br />

tratto DP<br />

14. [PRESIDENTE REPUBBLICA XI]j [PRIMO MINISTRO]i jNOMINAREi<br />

FATTO<br />

Il Presidente <strong>del</strong>la Repubblica ha nominato il Primo Ministro<br />

Abbiamo visto nel paragrafo precedente che l’unicità non richiede<br />

necessariamente l’indicazione; nelle frasi 13 e 14 però il sole e il Presidente <strong>del</strong>la<br />

Repubblica sono identificati in un preciso momento, vale a dire che si tratta di un<br />

sole specifico, quello di oggi, e <strong>del</strong> Presidente <strong>del</strong>la Repubblica attualmente in carica.<br />

<strong>La</strong> frase 14, infatti, se intesa in senso generico non ammette indicazione come si<br />

vede dal confronto con la frase 12.<br />

Un altro caso in cui la <strong>dei</strong>ssi è obbligatoria è quella in cui l’indicazione ha un<br />

valore anaforico, vale a dire si riferisce ad un elemento appena citato (frase 15).<br />

15. DONNA ELEGANTE UNO, UOMO UNO, BAR ENTRARE,<br />

Una donna elegante ed un uomo sono entrati in un bar<br />

tratto di definitezza<br />

IX1p VEDEREj DONNA IXj IX1p CONOSCERE IXj<br />

io ho visto la donna e l’ho riconosciuta<br />

152


CAPIITOLO 6<br />

Le occasioni in cui le indicazioni occorrono sono comunque riconducibili a<br />

situazioni che possono essere veicolate da un dimostrativo (questo sole, questo<br />

Presidente <strong>del</strong>la Repubblica, quella donna). 3<br />

D’altro canto, come si può notare dalle frasi 16 e 17, i nomi astratti non<br />

ammettono indicazione:<br />

16. FORTUNA[spazio indefinito] (*IX) AIUTARE2p<br />

<strong>La</strong> fortuna ti ha aiutato<br />

17. GIANNI DIO (*IX) CREDERE<br />

Gianni crede in dio<br />

A meno che non vengano personificati (frase18), oppure ci si riferisca ad essi come<br />

peculiari rispetto ad altri (frase 19).<br />

DP<br />

18. DIO PE 4 i IXi IX2p PREGARE<br />

Quel Dio che tu preghi<br />

dp negativa<br />

19. ACQUA PE XI BERE BUONA NEG<br />

Quest’acqua non è buona da bere<br />

Da quanto detto si evince che gli elementi <strong>dei</strong>ttici sono <strong>dei</strong> marcatori di<br />

esistenza e di referenzialità. Essi occorrono solo se si riferiscono a qualcosa di<br />

percepibile concretamente (la frase 18 infatti è possibile se c’è una personificazione<br />

di dio, ad esempio davanti ad una sua immagine) e fungono da veicolo di referenza<br />

specifica ad un’entità presente <strong>nella</strong> situazione comunicativa oppure <strong>nella</strong> mente <strong>dei</strong> i<br />

membri <strong>del</strong>la conversazione. Un’ulteriore prova a sostegno di questa ipotesi è<br />

costituita dal fatto che l’identificazione di specifiche parti <strong>del</strong> corpo avviene<br />

attraverso l’indicazione. In altri termini l’ostensione ha in sé i tratti di definitezza; a<br />

3 Queste frasi sono tutte elicitate e non frutto di una conversazione spontanea. Nelle conversazioni<br />

spontanee è più facile trovare <strong>del</strong>le indicazioni. Questo aspetto verrà trattato più dettagliatamente nel<br />

prossimo capitolo.<br />

4 <strong>La</strong> glossa PE indica un segno che viene utilizzato per riferirsi ad un entità <strong>del</strong>la quale si è già parlato,<br />

si tratta di una forma pronominale.<br />

153


LE IINDIICAZIIONII COME DIIMOSTRATIIVII<br />

tal fine risulta più economico articolare con la mano non dominante che non<br />

specificare con tratti sovrasegmentali come è mostrato <strong>nella</strong> frase 21.<br />

20. GIANNI BRACCIO(tocco <strong>del</strong> braccio sinistro con la mano destra) ROMPERE 5<br />

Gianni si è rotto un braccio /il braccio sinistro<br />

21. GIANNI BRACCIOtocco braccio sin. con mano des. IXtocco braccio des. con la mano sin.<br />

ROMPERE<br />

Gianni si è rotto il braccio destro<br />

Una situazione simile è stata già descritta per L’ASL da Zimmer e Patschke<br />

(1990). Le due autrici rilevano che in ASL i determinanti non possono occorrere con<br />

i nomi astratti e possono riferirsi solo a situazioni concrete.<br />

Si verifica quindi la condizione, illustrata nel paragrafo precedente e criticata<br />

da Lyons (1999), per la quale se l’ostensione è archetipica ci si dovrebbe aspettare<br />

che esistano lingue in cui l’articolo definito si riferisce solo a qualcosa di<br />

effettivamente percepibile; le situazioni descritte per la LIS sono tutte relative a<br />

condizioni di reale percepibilità. Tuttavia, in accordo con l’autore, tutte le situazioni<br />

in cui la <strong>dei</strong>ssi ricorre, possono essere rese con un dimostrativo: in LIS, gli elementi<br />

<strong>dei</strong>ttici come dimostrativi sono “matching constraints” (Hawkins 1978); vale a dire<br />

che di fatto sono <strong>del</strong>le ostensioni poiché la situazione comunicativa richiede<br />

visibilità.<br />

L’indicazione, associando ad un luogo specifico un NP specifico, può avere<br />

valore pronominale o anaforico. Vale a dire che i dimostrativi possono essere utili ad<br />

indicare i referenti menzionati in precedenza in un discorso. Un esempio <strong>del</strong> genere è<br />

dato dalla frase 17 <strong>nella</strong> quale l’indicazione IXi (indicata in neretto) è coindicizzata<br />

con città e può essere tradotta con un dimostrativo.<br />

tratto DP tratto DP<br />

22. CITTAi’ IX2p VISITARE FATTO, IXi IX1p VEDERE NON-ANCORA<br />

<strong>La</strong> città che tu hai visitato (quella) non l’ho ancora vista<br />

5 Le due frasi sono specificate come se ad essere dominate fosse la mano destra.<br />

154


CAPIITOLO 6<br />

<strong>La</strong> coindicizzazione al pedice <strong>del</strong>le glosse segnala coincidenza (non sempre<br />

geometrica) <strong>dei</strong> luoghi di articolazione. Tale coincidenza sembra essere una regola<br />

normativa più che una regola di tipo sintattico, infatti nei discorsi spontanei non di<br />

rado le indicazioni puntano in un luogo diverso dal referente. Questo fatto fa<br />

propendere per una funzione puramente grammaticale <strong>del</strong>le <strong>dei</strong>ssi che, in alcuni casi,<br />

sembra prescindere dalle ostensioni. Può darsi che l’indicazione evolva verso un<br />

valore meno iconico e più astratto 6 .<br />

Proseguendo il percorso <strong>del</strong>le frasi elicitate, continuando a seguire il discorso<br />

critico di Lyons (1999), un altro fenomeno che ci dovremmo aspettare nel caso in cui<br />

l’ostensione piuttosto che l’anafora sia essenziale per la definitezza, è di trovare<br />

lingue in cui occorrano due tipi di articoli, uno per situazioni ostensive e uno per<br />

situazioni anaforiche. Le situazioni sono accomunate dal fatto che hanno il referente<br />

immediatamente accessibile. Il feringio (dialetto <strong>del</strong> nord <strong>del</strong>la Frisia) possiede due<br />

tipi di articoli: il primo (l’articolo D) il cui riferimento è anaforico, cataforico e<br />

ostensivo, vale a dire che ha riferimenti nel testo stesso o riferibile ad un contesto<br />

visivo, il secondo (l’articolo A) il cui riferimento richiede un’inferenza cognitiva, una<br />

conoscenza più ampia <strong>del</strong> mondo 7 . Aggiunge Lyons (1999) che può darsi che la<br />

situazione in cui sia richiesto l’articolo D sia un dimostrativo e che invece il vero<br />

articolo sia l’articolo A. In LIS abbiamo una distinzione analoga al feringio; vale a<br />

dire che l’indicazione viene ampiamente utilizzata sia quando ha significato<br />

anaforico e cataforico sia quando il referente è mentalmente visibile e che in tutte<br />

queste situazioni l’ostensione può essere resa con un dimostrativo. Nella situazione<br />

in cui per riconoscimento <strong>del</strong> referente è richiesta un’inferenza cognitiva, invece,<br />

l’indicazione viene omessa anche se si tratta di referenti unici (il sole) o familiari,<br />

conosciuti ad entrambi gli interlocutori (le scarpe). Nel paragrafo 4 si chiarirà perché<br />

questo tipo di <strong>determinante</strong> non è fonologicamente realizzato.<br />

6 A tal proposito si veda anche la frase 10 <strong>del</strong> capitolo 4.<br />

7 Lyons (1999), Howkins (1978)<br />

155


LE IINDIICAZIIONII COME DIIMOSTRATIIVII<br />

3.3. Criteri distribuzionali <strong>del</strong>la <strong>dei</strong>ssi<br />

Osservando le frasi <strong>del</strong> paragrafo precedente è possibile notare che<br />

l’indicazione segue il nome. Dal confronto <strong>dei</strong> criteri distribuzionali con l’ASL<br />

emergono altri dati significativi sulla definizione <strong>del</strong> suo status.<br />

In ASL (Neidle ed al.2000) il DP è interpretato come definito quando viene<br />

marcato da specifici tratti sovrasegmentali e quando l’indicazione è prenominale.<br />

L’indicazione prenominale non è obbligatoria con il <strong>sintagma</strong> nominale definito se la<br />

marcatura non manuale si distribuisce su tutto il DP.<br />

23. IXpro1p KNOW [IXdeti OLD MAN]DP<br />

I know the old man [Neidle et al. 2000 p.98]<br />

egi<br />

24. IXpro1p KNOW [ OLD MAN]DP 8<br />

I know the old man [Neidle et al., 2000 p.98]<br />

hti<br />

L’indicazione postnominale in ASL può ricorrere in sintagmi nominali sia<br />

definiti sia indefiniti ed ha valore locativo. L’indicazione locativa può ricorrere con il<br />

<strong>determinante</strong>.<br />

25. [IXi MAN IXi]DP ARRIVE<br />

The/that man there is arriving [Mac <strong>La</strong>ughlin, 1986:117]<br />

In LIS la <strong>dei</strong>ssi, quando occorre con l’NP, è postnominale e può avere<br />

entrambe le interpretazioni.<br />

tratto DP<br />

26. PIETRO [UOMO IXi] CONOSCERE<br />

Pietro conosce quell’uomo/ l’uomo lì<br />

Anche in LIS possono occorrere due <strong>dei</strong>ssi, in questo caso una è prenominale<br />

e l’altra è postnominale, in questo caso però la prima indicazione è appena<br />

accennata mentre la seconda è più marcata. <strong>La</strong> durata <strong>del</strong>l’articolazione <strong>del</strong>le<br />

indicazioni molto probabilmente è riferibile ad indicazioni forti o deboli,<br />

8 ht sta per head tilt e eg sta per eye gaze.<br />

156


CAPIITOLO 6<br />

sembrerebbe quindi che esistano <strong>dei</strong> dimostrativi deboli così come i pronomi deboli<br />

che verranno illustrati nel capitolo seguente. Non approfondirò questo aspetto: in<br />

questa sede vengono considerate solo indicazioni forti; i casi dubbi, come la prima<br />

indicazione <strong>del</strong>la frase 27 verranno solo segnalati.<br />

tratto DP tratto DP<br />

27. PIETRO, IXi UOMO IXi, CONOSCERE<br />

Pietro conosce quell’uomo lì<br />

Nella frase 27 occorre capire se entrambe le indicazioni appartengono alla<br />

stessa categoria o se una di esse sia un locativo. In ASL esiste una situazione analoga<br />

attestata da Mac <strong>La</strong>ughlin (1997). A tal proposito la studiosa afferma che la prima<br />

indicazione è un articolo mentre la seconda è un locativo. <strong>La</strong> flessione per il plurale,<br />

che è possibile per la categoria degli articoli ma non <strong>dei</strong> locativi, è ammessa solo<br />

<strong>nella</strong> prima indicazione (frase 28) e non <strong>nella</strong> seconda (frase 29)<br />

28. [IXpl-arci MAN IXi]DP KNOW PRESIDENT<br />

Those men over there know the president [Mac <strong>La</strong>ughlin 1997:122]<br />

29. *[IXi “over there” MAN IXpl-arci]DP KNOW PRESIDENT<br />

[Mac <strong>La</strong>ughlin 1997:122]<br />

In LIS è vero il contrario: è più facile che concordi la seconda indicazione<br />

piuttosto che la prima come dimostrano le frasi 30 e 30a, occorre però ribadire che la<br />

prima indicazione è quella che presenta una durata più breve.<br />

30. *[IXpl-arci UOMO IXi]DP PRESIDENTE CONOSCERE<br />

30a [IXi UOMO IXpl-arci]DP PRESIDENTE CONOSCERE<br />

A questo punto si potrebbe ipotizzare che la prima indicazione sia un locativo<br />

e la seconda un dimostrativo, ma è necessario che tale ipotesi venga confermata da<br />

ulteriori dati. E’ possibile anche che la prima indicazione sia un dimostrativo debole,<br />

157


LE IINDIICAZIIONII COME DIIMOSTRATIIVII<br />

visto che la durata <strong>del</strong>l’articolazione è inferiore alla quella <strong>del</strong>la seconda indicazione,<br />

e che la seconda indicazione sia o un dimostrativo forte 9 .<br />

Brugè (2000:144) analizza la sequenza dimostrativo-locativo nello spagnolo,<br />

come ad esempio la frase 31 (42 in Brugè, 2000).<br />

31. El libro este da aquì està mal hecho<br />

Il libro questo [di] qui è malfatto<br />

L’autrice propone che la funzione <strong>del</strong> locativo è quella di rafforzare il valore<br />

<strong>dei</strong>ttico <strong>del</strong> dimostrativo. Anche nello spagnolo, come <strong>nella</strong> LIS (vedi frasi 26 e 27),<br />

la presenza <strong>del</strong> locativo non incide sull’interpretazione <strong>del</strong> DP; <strong>del</strong> resto l’autrice<br />

nota che la <strong>dei</strong>ssi indipendente, con valore rafforzativo, può essere espressa anche in<br />

maniera gestuale.<br />

Riepilogando: le indicazioni in LIS veicolano il dimostrativo, il locativo e,<br />

vedremo nel capitolo 7, il pronome. In questa sezione mi sono soffermata<br />

sull’indicazione postnominale ed ho chiarito che si tratta di un dimostrativo.<br />

Nonostante in alcuni casi essa possa sembrare un articolo, ho dimostrato come la sua<br />

occorrenza sia dovuta più a significati legati all’esistenza che non a situazioni in cui<br />

generalmente ricorre l’articolo (unicità, familiarità, identificabilità, eccetera). Nel<br />

paragrafo seguente si chiariranno alcuni elementi che riguardano la proiezione<br />

estesa <strong>del</strong> DP riguardo alla posizione <strong>del</strong> dimostrativo.<br />

9 I pronomi nelle frasi interrogative Sì/No seguono il verbo, tuttavia i pronomi possono anche<br />

precedere il verbo, in tal caso devono avere un pronome eco alla fine; ad esempio:<br />

ad es.<br />

USCIRE TU?<br />

esci?<br />

*TU USCIRE?<br />

TU USCIRE TU?<br />

Abbiamo già notato che dimostrativi e pronomi hanno comportamenti molto simili. Un altro indizio<br />

potrebbe essere costituito dal fatto che, come i pronomi nelle interrogative, anche i dimostrativi<br />

richiedono una ripetizione <strong>del</strong> luogo.<br />

158


4. Il <strong>determinante</strong> vuoto<br />

CAPIITOLO 6<br />

In LIS un DP senza indicazione e senza nessun tratto sovrasegmentale è<br />

ambiguo tra l’interpretazione definita, indefinita, generica ed esistenziale. E’<br />

interessante notare come anche in ASL l’assenza di indicazione, quindi il “bare<br />

noun”, possa essere interpretato sia come definito che come indefinito e che la sua<br />

interpretazione dipenda dal contesto .<br />

32. ASL: HALEY WANT BUY BOOK (Mac<strong>La</strong>uhlin 1997 p.128)<br />

Haley vuole comprare un/il libro<br />

33. LIS: GIANNI LIBRO COMPRARE VOLERE<br />

Gianni vuole comprare un libro/ il libro/<strong>dei</strong> libri<br />

Nel paragrafo precedente abbiamo visto come il tratto sovrasegmentale che<br />

caratterizza il DP in LIS, in assenza di un dimostrativo lessicale è obbligatorio con i<br />

nomi definiti. Se non c’è nessun tratto sovrasegmentale che caratterizza il DP<br />

nessuna localizzazione nello spazio <strong>del</strong> nome, ci sono due possibili interpretazioni: o<br />

l’interpretazione viene definita dal contesto, ad esempio il libro è l’argomento <strong>del</strong>la<br />

conversazione per cui, essendo conosciuto da entrambi gli interlocutori, la sua<br />

interpretazione è definita; oppure, se il libro non è l’argomento di conversazione,<br />

l’interpretazione è indefinita o generica o esistenziale.<br />

Ho già accennato al fatto che il tratto sovrasegmentale che caratterizza il DP,<br />

che ho indicato come tratto DP, è lo stesso tratto che caratterizza il topic. Per questo<br />

motivo è molto probabile che si tratti di un topic; <strong>del</strong> resto molti comportamenti <strong>del</strong>la<br />

LIS sono caratteristici <strong>del</strong>le lingue “topic prominent” (Huang, 1984). In LIS se<br />

l’argomento è noto ad entrambi gli interlocutori viene localizzato nello spazio<br />

attraverso l’indicazione o il classificatore o il nome stesso; tale localizzazione viene<br />

accompagnata da una marcatura con i tratti sovrasegmentali. Se non viene espresso<br />

almeno uno di questi elementi, l’argomento può essere interpretato anche come<br />

indefinito o generico o esistenziale. Le frasi che seguono mostrano tre tipi di DP: un<br />

soggetto (frasi 34, 35) in cui l’indicazione non è obbligatoria ai fini <strong>del</strong>la definitezza<br />

ma è obbligatorio il tratto sovrasegmentale; un DP oggetto in posizione postverbale<br />

159


LE IINDIICAZIIONII COME DIIMOSTRATIIVII<br />

in cui l’indicazione è essenziale perché il DP non venga interpretato come generico o<br />

esistenziale (frase 36); un DP oggetto in posizione preverbale in cui l’indicazione ai<br />

fini <strong>del</strong>la definitezza è opzionale ma è obbligatorio il tratto sovrasegmentale (frase<br />

37). Quest’ultima posizione è sicuramente più marcata rispetto alla posizione<br />

postverbale.<br />

DP SOGGETTO<br />

___ __trattoDP<br />

34. MELA IXi, BUONO<br />

quella mela è buona.<br />

_trattoDP<br />

35. MELA BUONO<br />

la/le mela/mele è/sono buone<br />

DP OGGETTO<br />

tratto DP<br />

36. IX1p VISITARE CITTÀi IXi PIACERE<br />

Mi piace visitare quella città<br />

___ __trattoDP<br />

37. IX1p CITTÀi (IXi), X1p VISITARE PIACERE<br />

Mi piace visitare quella città<br />

Nella frase 38 CITTÀ può essere marcato per pluralità (tratto+++) 10 in questo<br />

caso l’articolazione <strong>del</strong> segno in uno spazio specifico conferisce un’interpretazione<br />

definita e non generica, <strong>nella</strong> frase 39 il nome città non è marcato né da un<br />

indicazione né dal plurale e la sua interpretazione può essere definita, generica o<br />

esistenziale, essa dipende dal contesto.<br />

tratto DP<br />

38. IX1p (GENOVA,TORINO..) CITTÀ +++VISITARE +++ PIACERE<br />

Mi piace visitare le città (di Genova,Torino ecc.)<br />

39. IX1p VISITARE CITTÀ PIACERE<br />

Mi piace visitare città – mi piace visitare la/<strong>del</strong>le città<br />

L’NP MILITARE <strong>del</strong>la frase 40 ha un’interpretazione definita ma non marcata.<br />

10 Se il nome fosse articolato sul corpo la numerosità e la specificità di ogni elemento sarebbe ancora<br />

più marcata. Per approfondimenti si rimanda al capitolo 4.<br />

160


CAPIITOLO 6<br />

40. PRESIDENTE DIRE IXi IRANi MILITARE IXi iRITIRARE1p<br />

Il Presidente ha detto che ritirerà i militari dall’Iran<br />

I nomi CITTÀ, MILITARE e MELA non sono marcati per il plurale e sono neutri<br />

riguardo alla distinzione singolare plurale così come è neutro il nome ACQUA <strong>del</strong>la<br />

frase 17 che qui riprenderemo con il numero 41.<br />

41. GIANNI ACQUA BERE<br />

Gianni beve acqua<br />

Nella figura 1 <strong>del</strong> capitolo 5, abbiamo visto che la distinzione tra singolare e<br />

plurale nel dimostrativo è data da specifici tratti morfologici. In questo caso vediamo<br />

che il nome è morfologicamente neutro rispetto all’interpretazione singolare/plurale.<br />

Il fatto che il nome possa ricorrere anche senza un <strong>determinante</strong> foneticamente<br />

realizzato, e in tal caso la sua interpretazione può essere generica o esistenziale,<br />

supporta l’assunzione di Longobardi (1994:633) circa l’esistenza di un <strong>determinante</strong><br />

vuoto che avrebbe la funzione di ospitare un operatore che lega una variabile la cui<br />

estensione spesso è costituita dal tipo di testa nominale che esso seleziona. In<br />

particolare Longobardi (2001), partendo dai precedenti studi sull’individuazione<br />

<strong>del</strong>le proprietà comuni <strong>del</strong>le lingue che presentano un nome senza articolo<br />

(Longobardi 1994) distingue il gruppo <strong>del</strong>le lingue romanze (ad eccezione <strong>del</strong><br />

francese moderno) da quello <strong>del</strong>le lingue germaniche e <strong>del</strong>l’inglese. I due gruppi<br />

differiscono in distribuzione sintattica e in interpretazione semantica; in particolare,<br />

nel primo gruppo i nomi senza articolo sono solo in posizione di oggetto, non<br />

possono essere soggetti preverbali perchè devono essere lessicalmente governati e<br />

ricevono solo l’interpretazione indefinita o esistenziale e, in alcuni casi, anche<br />

generica; nel secondo gruppo invece, i nomi senza articolo ricorrono in tutte le<br />

posizioni argomentali e, oltre alle possibilità interpretative <strong>del</strong> primo gruppo, i nomi<br />

senza articolo sono anche riferibili al genere o ai generici definiti. A tal proposito si<br />

osservi la differenza tra le seguenti frasi:<br />

161


LE IINDIICAZIIONII COME DIIMOSTRATIIVII<br />

42. I pomodori furono introdotti in Europa dopo il 1492<br />

43. *Pomodori furono introdotti in Europa dopo il 1492<br />

44. Tomatoes were introduced in Europe after 1492<br />

(Longobardi 2001:583)<br />

45. *acqua vien giù dalle montagne<br />

46. vien giù acqua dalle montagne. (Longobardi, 1994: 616)<br />

Sulla base <strong>dei</strong> dati forniti nelle frasi di questo paragrafo (34-41), in LIS<br />

ritroviamo la stessa situazione parametrizzata da Longobardi (1994) per il gruppo<br />

<strong>del</strong>le lingue germaniche e per l’inglese. Ovvero il nome senza articolo può stare in<br />

qualsiasi posizione argomentale e la sua interpretazione è generica, esistenziale,<br />

indefinita o definita. Nelle frasi 47 e 48 è possibile osservare che il nome senza<br />

indicazione può stare in una posizione lessicalmente non retta ed essere interpretato<br />

in maniera definita.<br />

47. ACQUA MONTAGNE CL (movimento <strong>del</strong>l’acqua che scorre)<br />

L’acqua scorre dalle montagne<br />

tratto DP<br />

48. POMODORO DIFFONDERE EUROPA 1492 DOPO<br />

I pomodori furono diffusi in Europa dopo il 1492<br />

In LIS, però, a differenza <strong>del</strong>le lingue germaniche il “bare noun” è introdotto<br />

al singolare e non al plurale come in 44. A tal proposito Longobardi (2001) specifica<br />

con la stessa interpretazione <strong>dei</strong> nomi senza determinanti, come l’inglese o le lingue<br />

germaniche. Per tali lingue, come la LIS, gli argomenti senza articolo sarebbero<br />

parametricamente limitati ad una forma non marcata. Come sostiene Longobardi<br />

(2001), esistono lingue che possedendo solo l’articolo definito, il nome senza<br />

articolo al singolare ha un interpretazione esclusivamente indefinita, di conseguenza<br />

è alquanto improbabile che esistano lingue che realizzino un insieme complementare<br />

a queste, ovvero che possiedono solo l’articolo indefinito mentre il nome senza<br />

articolo riceve un interpretazione definita. In questa situazione, sostiene l’autore, è<br />

possibile concepire un nome senza articolo e non marcato oppure un nome con<br />

162


CAPIITOLO 6<br />

articolo e marcato. In LIS il nome senza articolo non riceve un’interpretazione<br />

marcata e, come abbiamo già visto, essa è ambigua tra la definita e l’indefinita.<br />

Quando il nome è ripetuto in punti diversi <strong>del</strong>lo spazio, veicola il significato marcato<br />

di numerosità. Allo stesso modo il nome è definito quando viene articolato in un<br />

punto specifico <strong>del</strong>lo spazio; infine sono marcate le indicazioni, sia singolari che<br />

plurali, che accompagnano il nome e gli conferiscono il senso <strong>del</strong>la definitezza.<br />

E’ stato chiarito che la manifestazione evidente <strong>del</strong>l’esistenza <strong>del</strong> DP in LIS è<br />

costituita dai tratti sovrasegmentali (lievi espressioni <strong>del</strong> volto o un sollevamento <strong>del</strong><br />

mento) che occorrono sull’intera proiezione estesa. E’ necessario un esame<br />

approfondito <strong>del</strong>l’occorrenza di tali espressioni per escludere la possibilità che<br />

ognuna di esse abbia altre funzioni. A questo punto è chiaro che il DP in LIS ricorre<br />

senza che vi sia un <strong>determinante</strong> foneticamente realizzato, esso perciò può costituire<br />

una categoria vuota, Nel paragrafo successivo passerò ad analizzare la <strong>struttura</strong> <strong>del</strong><br />

DP.<br />

5. Struttura <strong>del</strong> DP<br />

Nei paragrafi precedenti ho affermato che l’indicazione che accompagna un<br />

<strong>sintagma</strong> nominale ha le proprietà <strong>del</strong> dimostrativo piuttosto che quelle <strong>del</strong>l’articolo.<br />

Questo paragrafo sarà dedicato all’analisi <strong>del</strong>la <strong>struttura</strong> in LIS.<br />

5.1 Quadro teorico<br />

Per l’analisi <strong>del</strong> DP in LIS, adotterò il quadro teorico sul DP di Giusti (1993,<br />

1994) la quale, differenziando lo statuto categoriale tra articolo e dimostrativo,<br />

concepisce quest’ultimo non come una testa ma come una proiezione massimale<br />

generata nello specificatore di una proiezione funzionale (AgrP) posizionata appena<br />

sotto il DP. Giusti (1993), prendendo in esame i dati di alcune lingue in cui articolo e<br />

dimostrativo ricorrono insieme, propone che il dimostrativo quando è post-nominale<br />

rimanga <strong>nella</strong> posizione in cui è generato mentre l’articolo rimane in posizione<br />

prenominale; quando invece il dimostrativo ricorre in posizione pre-nominale e senza<br />

articolo, si sollevi dalla sua posizione originaria e prenda il posto <strong>del</strong>lo specificatore<br />

163


LE IINDIICAZIIONII COME DIIMOSTRATIIVII<br />

<strong>del</strong> DP. Tuttavia Giusti (1997, 2002) e Brugè (2000, 2002) propongono che la<br />

proiezione <strong>del</strong> dimostrativo sia generata in una posizione molto vicina al nome per<br />

cui molto bassa; più avanti vedremo come possono essere spiegate queste posizioni<br />

per la LIS. Giusti (1993, 1994, 1997) propone di considerare il DP come la<br />

proiezione funzionale più alta <strong>del</strong> nome, dove il nome risale da una posizione più<br />

bassa per controllare i suoi tratti di accordo. Giusti (2005), seguendo la linea di<br />

assimilazione <strong>del</strong> DP al CP, assume l’analisi di Rizzi (1997) sullo split CP,<br />

proponendola per uno split DP in cui la proiezione funzionale più alta è il DP che è<br />

la controparte nominale di ForceP. D’altro canto la proiezione funzionale dp è la<br />

controparte nominale di FinP. Tra le due proiezioni ci sono le proiezioni di TopicP e<br />

FocusP:<br />

DP > TopP* > FocP > TopP*> dp [Giusti 2005]<br />

<strong>La</strong> testa <strong>del</strong> DP controlla i tratti di caso assegnati all’NP, lo specificatore<br />

invece ospita l’operatore che consente l’interpretazione <strong>del</strong> <strong>sintagma</strong> nominale.<br />

L’operatore può essere nullo oppure essere un dimostrativo che conferisce<br />

l’interpretazione <strong>del</strong>l’NP a livello di forma logica. In sostanza lo specificatore di DP<br />

è rilevante ai fini <strong>del</strong>l’interpretazione in forma logica. <strong>La</strong> proiezione DP ha lo scopo<br />

di selezionare gli elementi che marcano la classe nominale come ad esempio gli<br />

articoli. Le due proiezioni sono disgiunte sole se le proiezioni di TopP e FocP<br />

intermedie sono riempite, altrimenti si presentano in un'unica proiezione DP.<br />

5.2 <strong>La</strong> <strong>struttura</strong> <strong>del</strong> DP in LIS<br />

Nei capitoli 2 e 4 abbiamo visto la modalità con la quale avviene l’accordo tra<br />

il nome e il verbo: è stato chiarito che i punti <strong>del</strong>lo spazio fissati dal segnante sono<br />

specifici e definiti, essi perciò costituiscono la referenzialità <strong>del</strong> nome; con questi<br />

punti concordano nomi, indicazioni, 11 nonchè i classificatori, che costituiscono una<br />

proforma <strong>dei</strong> nomi che non consentono variazioni di luogo perché articolati sul<br />

11 Gli stessi punti costituiscono l’accordo anche con i possessivi e con i verbi.<br />

164


CAPIITOLO 6<br />

corpo; per questo i classificatori accordano con i punti definiti <strong>del</strong>lo spazio in luogo<br />

<strong>del</strong> nome.<br />

Si capisce così come il parametro <strong>del</strong> luogo costituisca un parametro di<br />

accordo sia <strong>del</strong>la morfologia verbale (capitolo 2) sia <strong>del</strong>la morfologia nominale<br />

(capitoli 3, 4, 5 e 6).<br />

Nei paragrafi precedenti ho proposto che l’indicazione che accompagna un<br />

<strong>sintagma</strong> nominale abbia le proprietà <strong>del</strong> dimostrativo e non <strong>del</strong>l’articolo come<br />

avviene per l’ASL. Ho chiarito che il nome è introdotto da una categoria funzionale<br />

lessicalmente vuota che ho assunto essere il DP. <strong>La</strong> presenza di questa categoria è<br />

dimostrata da alcuni tratti sovrasegmentali evidenti e/o dai tratti <strong>del</strong>lo spazio resi<br />

evidenti dall’indicazione oppure dall’articolazione <strong>del</strong> nome in un punto specifico<br />

<strong>del</strong>lo spazio. Nel caso in cui il nome è sostituito da una sua proforma, come il<br />

classificatore 12 , i tratti definiti <strong>del</strong>lo spazio specifico, in cui il classificatore viene<br />

articolato, costituiscono lo “spell-out” <strong>del</strong> DP.<br />

Considerato che in LIS la referenzialità e l’accordo per persona è costituito<br />

dai punti specifici <strong>del</strong>lo spazio, la specificazione di un punto <strong>del</strong>lo spazio potrebbe<br />

costituire la realizzazione morfologica <strong>del</strong> caso astratto. Seguendo Giusti (2005)<br />

assumerò che la realizzazione morfologica <strong>del</strong> caso è collocata <strong>nella</strong> testa D°, per cui<br />

i tratti <strong>del</strong>lo spazio sono generati in D° mentre la posizione di specificatore <strong>del</strong>la<br />

proiezione DP, che conferisce valore all’interpretazione <strong>del</strong> DP, seguendo l’ipotesi di<br />

Longobardi (1994), è disponibile per ospitare l’operatore nullo la cui esistenza è<br />

dimostrata dalla marcatura con tratto sovrasegmentale che, in assenza di un<br />

dimostrativo, deve distribuirsi obbligatoriamente su tutto il costituente nominale. In<br />

tal senso, la <strong>struttura</strong> <strong>del</strong> DP senza indicazione, in cui il nome è marcato dai tratti<br />

sovrasegmentali ma non da un dimostrativo (ad esempio quello <strong>del</strong>la frase 9 che qui<br />

ripeterò con il n. 49), considerato anche quanto spiegato nei capitoli precedenti, è la<br />

seguente:<br />

12 Per questo aspetto si rimanda al paragrafo 5.4 in cui si accenna al movimento <strong>dei</strong> classificatori<br />

lungo la proiezione estesa <strong>del</strong> DP.<br />

165


espr.DP<br />

49. [CANE] ATTENTI<br />

attenti al cane<br />

LE IINDIICAZIIONII COME DIIMOSTRATIIVII<br />

Una seconda ipotesi considera che la posizione di specificatore <strong>del</strong> DP sia una<br />

posizione vuota.Ho già spiegato che quando l’articolazione manuale <strong>del</strong> nome è<br />

localizzata in un punto definito, conferisce all’NP interpretazione definita. In tal<br />

caso, poiché siamo in presenza di tratti di luogo forti, è possibile ipotizzare il<br />

sollevamento <strong>del</strong>l’NP fino alla posizione di Spec DP. In tal senso l’NP si solleva per<br />

controllare i suoi tratti morfologici di spazio in DP, prima <strong>del</strong>lo “spell-out”<br />

(Chomsky 2005). Spec DP riempito dall’NP rende visibili i tratti <strong>del</strong>lo spazio e<br />

conferisce referenzialità al nome.<br />

Ad esempio <strong>nella</strong> frase 50 il DP è caratterizzato dall’articolazione in uno<br />

specifico punto <strong>del</strong>lo spazio.<br />

tratto DP<br />

50. MOBILEi ANTICOi (IXi) ROTTO<br />

Il mobile antico è rotto<br />

Il movimento <strong>del</strong> <strong>sintagma</strong>, MOBILE ANTICO è analogo a quello illustrato <strong>nella</strong><br />

figura 5 per l’NP PRESIDENTE REPUBBLICA (pag.168).<br />

5.3. Il dimostrativo post nominale<br />

Fig. 4<br />

In questo paragrafo osserveremo alcune frasi in cui è presente il dimostrativo<br />

in posizione postnominale. Ho specificato che gli elementi <strong>dei</strong>ttici in LIS sono <strong>dei</strong><br />

marcatori di esistenza. Essi infatti ricorrono solo in presenza di entità percepibili<br />

(vedi frasi 16-18). Abbiamo visto che un nome numerabile o di massa senza<br />

dimostrativo non deve essere necessariamente interpretato come esistenziale (vedi<br />

frasi 33, 39, 40 e 48). Con questi dati sembra proprio possiamo assumere l’ipotesi di<br />

166<br />

OP [+def]<br />

DP<br />

D’<br />

D°<br />

[tratti <strong>del</strong>lo spazio] NP<br />

cane


CAPIITOLO 6<br />

Casterns (1991): l’autrice, presentando i dati <strong>del</strong>la lingua Kiswahili, che non ha<br />

articoli ma solo dimostrativi prenominali o postnominali, propone che quando il<br />

dimostrativo è prenominale, si comporti da <strong>determinante</strong>; quando invece è<br />

postnominale, poiché si colloca dopo il nome e prima di altri elementi come i<br />

possessivi, l’unico sistema per spiegare questa distribuzione è trattalo come un<br />

aggettivo e quindi assumere che sia un aggiunto generato in una posizione di<br />

specificatore di una proiezione funzionale.<br />

In LIS il dimostrativo è postnominale ma, a differenza <strong>del</strong>la situazione<br />

appena descritta, segue anche tutti gli altri elementi appartenenti alla proiezione <strong>del</strong><br />

DP come gli aggettivi, i numerali e i possessivi. Abbiamo visto che la distribuzione<br />

degli elementi indagata nei capitoli precedenti, è: N > A > Num > Dim.<br />

Se assumessimo la posizione di Casterns (1991) e quella di Giusti (1993)<br />

potremmo spiegare la distribuzione degli elementi <strong>nella</strong> proiezione estesa <strong>del</strong> DP<br />

ipotizzando il sollevamento <strong>del</strong>l’NP con pied piping degli aggettivi e <strong>del</strong> numerale<br />

che, scavalcando la proiezione di DimP posizionata appena sotto il DP, si colloca<br />

nello specificatore <strong>del</strong> DP. In questo modo si spiega la distribuzione speculare<br />

<strong>del</strong>l’NP con i suoi modificatori rispetto alla <strong>struttura</strong> profonda (per ulteriori<br />

siegazioni si rimanda al par. 5 e 5.1 <strong>del</strong> cap.3 e al par. 5 <strong>del</strong> cap.4) e si spiega anche<br />

la posizione finale <strong>del</strong> dimostrativo. Se invece assumiamo con Giusti (1997, 2002) e<br />

Brugè (2000, 2002) che DimP è generato in una posizione molto vicina al nome,<br />

possiamo dar conto <strong>del</strong>la distribuzione degli elementi ipotizzando lo stranding <strong>del</strong><br />

dimostrativo.<br />

Nella frase 14, che qui indico con 50, si parla di un referente individuato in<br />

uno specifico momento. Va puntualizzato che la situazione di momentaneità è data<br />

dall’aspettuale FATTO. Il PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA <strong>del</strong>la frase 12, qui indicata<br />

con 52, benché unico, è riferibile ad una situazione generica.<br />

tratto DP<br />

51a [PRESIDENTE REPUBBLICA XI]j [PRIMO MINISTRO]i jNOMINAREi<br />

FATTO<br />

Il presidente <strong>del</strong>la repubblica ha nominato il primo ministro.<br />

167


LE IINDIICAZIIONII COME DIIMOSTRATIIVII<br />

51b [PRESIDENTE REPUBBLICA]j [PRIMO MINISTRO]i jNOMINAREi [unicità]<br />

Il presidente <strong>del</strong>la repubblica nomina il primo ministro.<br />

In questo caso la posizione <strong>del</strong> dimostrativo rimarrebbe nello specificatore<br />

<strong>del</strong>la proiezione di AgrP immediatamente dominata dalla proiezione <strong>del</strong> DP. In LIS<br />

abbiamo una situazione analoga per quanto riguarda il dimostrativo post-nominale.<br />

Fig.5<br />

presidente.<br />

repubblica<br />

DP<br />

Un'altra possibile ipotesi prende in considerazione gli studi di Tasmowsky<br />

(1990) sui dimostrativi, di Progovac (1998) sulla definitezza e quelli di Giusti<br />

(2005). L’indicazione in LIS è il principale veicolo <strong>del</strong>la definitezza e questa può<br />

essere <strong>dei</strong>ttica o anaforica, come già specificato nel paragrafo 3. Tasmowsky (1990)<br />

individua per il francese un dimostrativo tematico (<strong>dei</strong>ssi), preposto al nome, mentre<br />

per il rumeno un dimostrativo rematico (anafora) posposto al nome. Nel quadro<br />

teorico <strong>del</strong>ineato da Giusti (2005) ambedue le situazioni trovano una risposta, vale a<br />

dire che se l’indicazione è tematica controlla i sui tratti <strong>nella</strong> posizione di Topic P <strong>del</strong><br />

DP diviso, se è rematica, il “checking” avviene nel FocusP <strong>del</strong> DP diviso. In LIS<br />

abbiamo una <strong>dei</strong>ssi tematica quando l’informazione è nuova; quando invece<br />

l’informazione non è nuova, il riferimento spaziale è anaforico e quindi rematico.<br />

D’<br />

D°<br />

[tratti <strong>del</strong>lo spazio]<br />

DimP<br />

IX<br />

I casi visti finora sembrerebbero essere tutti casi di indicazioni tematiche<br />

eccetto quelli <strong>del</strong>le frasi 15, 18 e 19. In queste ultime due, che qui riprendo<br />

rispettivamente con i n 52 e 53, occorre un elemento anaforico glossato come PE<br />

168<br />

AgrP<br />

Agr’<br />

NP<br />

t (pres. repubblica)


CAPIITOLO 6<br />

(perché durante la sua articolazione viene pronunciata labilmente questa sillaba) e ha<br />

la precipua funzione di riferimento all’elemento già citato.<br />

trattoDP<br />

52. DIO PE 13 i IXi IX2p PREGARE<br />

Quel Dio che tu preghi<br />

tratto DP<br />

53. ACQUA PE XI BERE BUONA NEG<br />

Quest’acqua non è buona da bere<br />

Resta da stabilire dove è generato questo elemento anaforico, sulla base degli studi di<br />

Cecchetto ed altri (2004) e Branchini e Donati (2005), e sulla base <strong>dei</strong> dati<br />

riscontrabili nelle conversazioni in LIS, il suo status è quello di un pronome. In<br />

questo caso però, ricorrendo con il nome sembra trattarsi di un elemento più simile al<br />

dimostrativo.<br />

5.4. Il classificatore <strong>determinante</strong><br />

Come è già stato specificato più volte, in questa sede non intendo esaurire<br />

l’argomento <strong>dei</strong> classificatori né fornirne una descrizione completa. Come per gli<br />

aggettivi, per esigenze di completezza <strong>del</strong>la trattazione <strong>del</strong> DP mi sembra opportuno<br />

soffermarmi su questo aspetto che fornisce alcuni dati sulla funzione <strong>del</strong>la<br />

definitezza <strong>dei</strong> tratti di luogo.<br />

Nel capitolo 2 (paragrafo 4.1), nel capitolo 3 e nel capitolo 4 ho spiegato che i<br />

classificatori costituiscono <strong>del</strong>le proforme <strong>del</strong> nome e che vengono impiegati in<br />

diverse situazioni. Ho accennato al fatto che l’articolazione <strong>del</strong> classificatore<br />

nominale in un punto specifico <strong>del</strong>lo spazio ha effetti sull’interpretazione<br />

definita/indefinita <strong>del</strong> nome; per questo motivo una <strong>del</strong>le modalità attraverso le quali<br />

il nome può essere specificato come definito o indefinito è l’articolazione <strong>del</strong><br />

classificatore nominale in un punto definito o indefinito <strong>del</strong>lo spazio. Tale modalità è<br />

13 <strong>La</strong> glossa PE indica un segno che viene utilizzato per riferirsi ad un entità <strong>del</strong>la quale si è già<br />

parlato, si tratta di un pronome.<br />

169


LE IINDIICAZIIONII COME DIIMOSTRATIIVII<br />

possibile solo con i nomi classificabili per forma, (cap. 4). Ad esempio non può<br />

avvenire per i nomi astratti o per i nomi non numerabili 14 (con i liquidi, ad esempio il<br />

classificatore fa riferimento al contenitore cf. par.1.1 cap.4). In questo caso i tratti di<br />

luogo in cui viene articolato il classificatore, sono coreferenziali con il nome. In<br />

sostanza i tratti di luogo codificano la referenza <strong>del</strong> <strong>sintagma</strong> nominale che precede il<br />

suo classificatore.<br />

Ad esempio in una libreria dove i libri sono disposti uno accanto all’altro<br />

l’identificazione di uno di essi può avvenire attraverso l’uso di un classificatore con<br />

specifici tratti di luogo.<br />

Il classificatore, evidenziato dal carattere in neretto, definisce la forma e il<br />

locativo. Quest’ultimo, in virtù <strong>dei</strong> suoi tratti di luogo, costituisce la referenza <strong>del</strong><br />

libro. Va notata anche un’accentuazione <strong>dei</strong> tratti sovrasegmentali in corrispondenza<br />

<strong>del</strong> classificatore.<br />

Nei capitoli 3 (par. 6) e 4 (par.5.2 e 5.3) ho presentato due possibili soluzioni<br />

per il movimento <strong>del</strong> classificatore, esso può essere un movimento di testa (par. 6 <strong>del</strong><br />

cap. 3) oppure può essere un movimento <strong>del</strong> <strong>sintagma</strong> (par. 5.3 cap. 4). Qui di<br />

seguito considererò per prima il primo caso e poi il secondo.<br />

5.4.1 Movimento di testa<br />

tratto DP<br />

+inarcatura <strong>del</strong>le sopracciglia<br />

54. LIBRO ULTIMO Cl forma + luogo, GIALLO<br />

L’ultimo libro <strong>del</strong>la libreria è giallo<br />

Se consideriamo i classificatori <strong>del</strong>le teste, possiamo verificare che <strong>nella</strong> loro<br />

risalita lungo la proiezione estesa <strong>del</strong> DP incorporano i vari tratti morfologici come<br />

14 I nomi che non hanno forma e i non numerabili possono selezionare un classificatore verbale. Ad<br />

esempio il classificatore che ha come configurazione 5 (mano aperta con dita separate) è riferibile a<br />

tutte le entità trasparenti come la nebbia o l’acqua, tuttavia non può essere fissato in un punto <strong>del</strong>lo<br />

spazio, come vogliono i classificatori nominali, la caratteristica principale <strong>dei</strong> classificatori verbali<br />

invece è il movimento. Per cui nomi come acqua o nebbia selezionano il classificatore 5 che può<br />

essere utilizzato solo come classificatore verbale (acqua che scorre, nebbia che si dirada) non<br />

nominale.<br />

170


CAPIITOLO 6<br />

estensione, lunghezza, dimensione, consistenza, numero e così via, fino ai tratti di<br />

luogo che costituiscono la testa <strong>del</strong> D°. Questi ultimi potrebbero essere considerati<br />

come i pronomi clitici perché mancano <strong>del</strong>la proiezione lessicale N, vale a dire che<br />

mancando <strong>del</strong>la proiezione lessicale, costituiscono solo una proiezione funzionale<br />

che può ospitare il classificatore. Ad esempio prendiamo le frasi:<br />

tratto DP<br />

54. [DP CASA Cl tratti di forma + tratti di luogoj ] BRUCIAREj<br />

<strong>La</strong> casa brucia<br />

171<br />

tratto DP<br />

tratto di relativa<br />

55. [DP UOMO Cl uomo + posizione+luogo]j NOI-DUE[prox] [prox]VEDEREj,<br />

L’uomo in piedi che abbiamo visto<br />

ZIO IX1p poss.<br />

è mio zio<br />

In esse si può osservare che il classificatore (evidenziato in neretto) possiede<br />

diversi tratti, quelli che veicolano la definitezza <strong>del</strong> nome sono i tratti di luogo.<br />

L’interpretazione definita <strong>del</strong> nome, accompagnato dal classificatore, induce ad<br />

ipotizzare che il classificatore incorpori i tratti referenziali <strong>del</strong>la testa <strong>del</strong> DP. Poiché<br />

i tratti di luogo sono tratti referenziali forti, tale movimento è dovuto all’esigenza di<br />

incorporare i tratti (Baker 1988) oppure è dovuto all’ esigenza <strong>del</strong> loro controllo<br />

(Chomsky 1995).<br />

L’occorrenza <strong>dei</strong> classificatori come espressioni di definitezza, non è una<br />

peculiarità esclusiva <strong>del</strong>la LIS, ma anche di un sottogruppo di lingue <strong>del</strong> sud est<br />

asiatico e <strong>del</strong> cantonese (Cheng e Sybesma, 1999). Per queste espressioni nominali<br />

con i classificatori, che hanno un’interpretazione definita, Simpson (2005) suggerisce<br />

il sollevamento <strong>del</strong>la testa CL° a DP°.<br />

In LIS, sulla base <strong>del</strong> quadro <strong>del</strong>ineato, possiamo giustificare anche le<br />

espressioni nominali che ricorrono con il classificatore dimostrativo come la frase<br />

seguente:


LE IINDIICAZIIONII COME DIIMOSTRATIIVII<br />

tratto DP<br />

56. [DP UOMO Cl forma + posizione+luogo]j IXi ZIO IX1p poss.<br />

Quell’uomo in piedi è mio zio<br />

uomo<br />

DP<br />

D’<br />

D°<br />

[tratti <strong>del</strong>lo spazio]<br />

CL<br />

DemP<br />

IXi<br />

Seguendo questa ipotesi, quello <strong>del</strong> classificatore è un movimento di testa. Il<br />

suo sollevamento avviene da testa a testa (Travis 1984). Il classificatore controlla i<br />

sui tratti nelle teste <strong>del</strong>le varie proiezioni che incontra, fino alla posizione finale <strong>nella</strong><br />

testa <strong>del</strong> DP; avendo assunto che il movimento <strong>del</strong> nome è di tipo <strong>sintagma</strong>tico, esso<br />

non ostacola il movimento <strong>del</strong> classificatore perché si posiziona nello specificatore<br />

<strong>del</strong>le proiezioni di AgrP fino alla proiezione di specificatore <strong>del</strong> DP.<br />

5.4.2 Movimento di <strong>sintagma</strong><br />

Fig.8<br />

AgrP<br />

Un’altra opzione, sostenuta nel capitolo 4 e che ha maggiori riscontri con la<br />

LIS perché a differenza <strong>del</strong>la prima presenta omogeneità dim movimento rispetto al<br />

nome, è considerare che il classificatore si sollevi con un movimento di tipo<br />

172<br />

. . .<br />

CLP<br />

CL°<br />

t (CL)<br />

CL’<br />

NP<br />

t (uomo)


CAPIITOLO 6<br />

<strong>sintagma</strong>tico. Questa ipotesi non presenta le contraddizioni <strong>del</strong>la prima la quale<br />

ammette nel DP due tipi di movimento (<strong>sintagma</strong>tico <strong>del</strong>l’NP e di testa <strong>del</strong> CLP).<br />

Nel capitolo 4 (paragrafo 5.3) sulla base <strong>dei</strong> dati <strong>del</strong> numerale ho ipotizzato che il<br />

classificatore costituisce un <strong>sintagma</strong> generato tra la proiezione di NumberP e<br />

NumeralP, il <strong>sintagma</strong> nominale nel suo processo di risalita con pied piping degli<br />

aggettivi scavalca la posizione <strong>del</strong> classificatore, che assumendo la teoria di<br />

Simpson (2005) si trova in un unione fissa con NumeralP. Considerando questo tipo<br />

di movimento, l’alternativa al movimento di testa è costituita dal movimento <strong>del</strong><br />

<strong>sintagma</strong> nominale con pied piping anche <strong>del</strong> classificatore che risale la proiezione<br />

estesa <strong>del</strong> DP per essere ospitato nello specificatore <strong>del</strong> DP. Prendendo ad esempio la<br />

frase 57, i passaggi sono quelli illustrati qui di seguito:<br />

tratto DP<br />

57. [DP UOMO ALTO Cl forma + posizione+luogo]j IXi ZIO IX1p poss.<br />

Quell’uomo in piedi è mio zio<br />

Struttura profonda:<br />

[DP…[XPNumeral…[WP CLforma … [YPNumber…. [ZPAP alto[NPuomo]]]]]]<br />

NP si muove intorno all’aggettivo:<br />

[DP…[XPNumeral…[WP CLforma… [YPNumber…. [ZP[NP uomo] AP alto…]]]]]<br />

NP con l’aggettivo controlla i sui tratti in Number:<br />

[DP…[XPNumeral…[WP CLforma… [YP [NP uomo] AP alto] Number…] [ZP.]]]<br />

NP con aggettivo e numero risalgono la posizione otre il numerale per controllarne i<br />

tratti lasciando in situ <strong>del</strong> classificatore:<br />

[DP…[XP [NPuomo] APalto] Number….] Numeral…[WP CLforma.…] [YP [ZP]]<br />

173


LE IINDIICAZIIONII COME DIIMOSTRATIIVII<br />

NP insieme ai modificatori e il classificatore con i tratti di forma e di numero, vanno<br />

nello specificatore <strong>del</strong> DP dove controllano i tratti di referenzialità costituiti dal<br />

luogo.<br />

[DP [NPuomo] APalto] Number….] Numeral…[WP CLforma.…] [XP[YP[ZP]]]<br />

CONCLUSIONI<br />

In questo capitolo, ho analizzato la funzione <strong>del</strong>l’indicazione in LIS ed ho<br />

concluso che il suo ruolo può essere assimilato a quello <strong>dei</strong> dimostrativi. Seguendo<br />

il quadro teorico di Longobardi (1994) e poi di Giusti (2005) abbiamo visto come si<br />

giustifica il fatto che in LIS, il nome, benché senza articolo, possa essere interpretato<br />

come definito: abbiamo visto come l’NP, nel suo processo di risalita dalla posizione<br />

di base, va a posizionarsi nello specificatore <strong>del</strong>la proiezione <strong>del</strong> DP <strong>nella</strong> cui testa<br />

sono generati i tratti <strong>del</strong>lo spazio che conferiscono referenzialità al nome.<br />

Abbiamo constatato l’indicazione postnominale, come i dimostrativi, è una<br />

proiezione massimale generata nello specificatore di una proiezione funzionale. Nel<br />

quadro teorico <strong>del</strong>ineato da Giusti (2005) il dimostrativo può spostarsi in topicP <strong>del</strong>la<br />

proiezione <strong>del</strong> DP quando è tematico, in focusP <strong>del</strong>la proiezione <strong>del</strong> DP quando<br />

invece è rematico. Quest’ultimo sembra essere il ruolo di un pronome anaforico<br />

indicato come PE.<br />

Nel quadro <strong>del</strong>ineato si giustifica anche la posizione <strong>del</strong> classificatore quando<br />

ha funzioni di <strong>determinante</strong> che, come abbiamo visto, può risalire la proiezione<br />

estesa <strong>del</strong> DP con movimento di testa per essere ospitato <strong>nella</strong> testa D° oppure con<br />

movimento di <strong>sintagma</strong> per essere ospitato nello specificatore <strong>del</strong> DP.<br />

174


Introduzione<br />

C A P I T O L O 7<br />

LE INDICAZIONI COME PRONOMI<br />

In questo capitolo descriverò le indicazioni che appartengono alla categoria<br />

<strong>dei</strong> pronomi. Ad un primo sguardo, il sistema <strong>dei</strong> pronomi <strong>del</strong>la LIS sembra essere<br />

molto semplice perché iconico (fig.1 e schema 1 cap. 5). Con questo capitolo<br />

illustrerò come l’apparente chiarezza nasconda molti lati oscuri finora mai analizzati.<br />

Innanzitutto, data l’omofonia tra dimostrativo e pronome di terza persona, non è mai<br />

stato spiegato come avvenga la discriminazione tra le due categorie <strong>nella</strong> LIS; in<br />

secondo luogo, attraverso l’analisi <strong>dei</strong> pronomi è stato possibile rilevare una<br />

differenza tra segnato spontaneo e segnato elicitato: nel primo si possono notare una<br />

serie di indicazioni rapide che vengono omesse in frasi analoghe elicitate.<br />

Osservando le frasi, queste differenze verranno descritte nel corso <strong>del</strong> capitolo, dove<br />

per prima esaminerò una serie di differenze tra la prima e la seconda persona da una<br />

parte e la terza dall’altra (paragrafo 1); successivamente, dopo una breve<br />

introduzione <strong>del</strong> quadro teorico di riferimento (paragrafo 2), sulla linea indicata da<br />

Cardinaletti e Starke (1999), analizzerò gli aspetti prosodici e distribuzionali <strong>dei</strong>


LE IINDIICAZIIONII COME PRONOMII<br />

pronomi che ci aiuteranno ad individuare, anche per la LIS, i pronomi clitici, deboli e<br />

forti (paragrafo 3). Dopo aver assunto l’esistenza <strong>dei</strong> clitici, nel paragrafo 4<br />

esaminerò l’analogia <strong>del</strong> comportamento <strong>dei</strong> clitici <strong>del</strong>la LIS con alcuni clitici <strong>del</strong><br />

dialetto toscano e trentino esaminati da Brandi e Cordin (1989). Questo studio<br />

fornisce utili spunti per comprendere lo status grammaticale <strong>dei</strong> clitici in LIS e per<br />

interpretare il parametro <strong>del</strong> soggetto nullo <strong>nella</strong> LIS che ancora non ha trovato una<br />

spiegazione. L’ultimo paragrafo (il n. 5) sarà dedicato alla posizione <strong>struttura</strong>le <strong>dei</strong><br />

pronomi in LIS.<br />

1. <strong>La</strong> categoria <strong>dei</strong> pronomi in LIS<br />

Il concetto <strong>del</strong>lo spazio come elemento di accordo non è nuovo per le lingue<br />

<strong>dei</strong> segni 1 . Abbiamo visto come in LIS i tratti <strong>del</strong>lo spazio costituiscano il veicolo di<br />

accordo di persona; i pronomi e i dimostrativi sono l’evidente manifestazione,<br />

attraverso il sistema <strong>del</strong>l’ostensione, <strong>dei</strong> tratti di persona. Abbiamo visto nel capitolo<br />

precedente come le indicazioni costituiscano <strong>del</strong>le marche di referenzialità e che i<br />

punti non determinati <strong>del</strong>lo spazio veicolino l’indefinito e l’impersonalità come si<br />

può verificare dalle frasi seguenti, dove l’indicazione occorre solo se riferibile ad una<br />

persona (frase 1), mentre non può occorrere se è riferibile ad un soggetto<br />

impersonale (frase 3).<br />

1. PRIMO MINISTRO IXJ SEGNARE TASSE AUMENTARE NON<br />

Il primo Ministro ha detto che non aumenterà le tasse<br />

2. QUALCUNO DIRE TU LIBERO<br />

Qualcuno dice che tu sia libero<br />

3. *QUALCUNO IX DIRE TU LIBERO<br />

I pronomi personali, esprimendo specifiche persone grammaticali, devono<br />

identificarle in uno spazio definito. Nella tabella n.1 <strong>del</strong> capitolo 5 si può osservare<br />

1 Per la LIS si parla <strong>del</strong>lo spazio come elemento di accordo in Pizzuto (1987), Pizzuto ed altri (1990),<br />

Pizzuto ed altri (1997). Per l’ ASL gli ultimi studi sono quelli di Bahan (1996), <strong>La</strong>ughlin (1997),<br />

Neidle ed altri (2000) per citarne qualcuno.<br />

176


CAPIITOLO 7<br />

come i tratti semantici <strong>del</strong>lo spazio sono i medesimi sia per i pronomi che per i<br />

dimostrativi. Abbiamo già notato come la corrispondenza <strong>dei</strong> tratti sia corroborata<br />

dall’omofonia <strong>del</strong> dimostrativo-locativo con il pronome, vale a dire che il segno per<br />

il pronome personale e per il dimostrativo è costituito dall’indicazione <strong>del</strong> punto<br />

<strong>del</strong>lo spazio; l’unica differenza, che riguarda la prima e la seconda persona, ma che<br />

nel segnato si perde, è costituita dal verso <strong>del</strong>l’indicazione 2 . Benché il dimostrativo e<br />

il pronome di terza persona non siano distinti foneticamente, ci sono alcune<br />

differenze di tipo sintattico: in linea generale possiamo affermare che il pronome<br />

personale è caratterizzato dal tratto [+umano] e, se seleziona un NP, lo precede,<br />

mentre il dimostrativo è caratterizzato dal tratto [-umano] quando seleziona un NP lo<br />

segue.<br />

Il fatto che il dimostrativo ed il pronome personale di terza persona siano<br />

omofoni e spesso non distinguibili, conduce ad assimilare il pronome personale di<br />

terza persona al dimostrativo. <strong>La</strong> prima e la seconda persona, invece, benché<br />

accomunate ai dimostrativi dai tratti <strong>del</strong>lo spazio, non sono omofone ai dimostrativi.<br />

Questa differenza tra prima e seconda persona da una parte e terza persona dall’altra<br />

non è una peculiarità esclusiva <strong>del</strong>la LIS ma di molte lingue orali tanto che diversi<br />

studiosi si sono interessati all’argomento. Nel paragrafo che segue illustrerò un breve<br />

percorso che ci condurrà allo studio <strong>del</strong>la categoria <strong>del</strong> pronome.<br />

1.1. Differenza tra prima-seconda persona e terza persona: quadro teorico<br />

Nel capitolo 5 ho accennato al fatto che i tratti di prima e seconda persona<br />

sono diversi da quelli di terza, infatti la prima e la seconda persona sono<br />

caratterizzati dal tratto [+/- prossimale] mentre la terza persona dal tratto [+ distale].<br />

Un’importante evidenza di questa differenza è che, escluso i punti inerenti la prima e<br />

la seconda persona, gli argomenti vengono disposti nello spazio dal segnante e ogni<br />

punto <strong>del</strong>lo spazio che riguarda la terza persona, viene definito nell’istante in cui<br />

viene segnato, per questo motivo esso è <strong>dei</strong>ttico, vale a dire che per individuare la<br />

terza persona sono necessarie <strong>del</strong>le coordinate di riferimento che nell’ambito di una<br />

2 Per approfondimenti si rimanda al capitolo 5 paragrafo 2.2.<br />

177


LE IINDIICAZIIONII COME PRONOMII<br />

frase sono costituite dall’asse segnante-interlocutore segnalato dalla direzione <strong>del</strong>lo<br />

sguardo 3 , in definitiva tutti i punti che non sono pertinenti al segnante o<br />

all’interlocutore individuano una terza persona.<br />

In questa prospettiva possiamo osservare come la prima e la seconda persona<br />

hanno <strong>dei</strong> riferimenti di luogo fissi, esse sono sempre presenti (mentre la terza<br />

persona può essere assente) e, in un dialogo, sono intercambiabili, cioè la seconda<br />

persona, se prende la parola, può diventare prima e viceversa. D’altro canto i<br />

riferimenti spaziali <strong>del</strong>la terza persona variano nello spazio perché il tratto [+dist] è<br />

localizzato in uno <strong>dei</strong> tanti punti lontani dal segnante e dall’interlocutore, ma la terza<br />

persona, non prendendo parte alla conversazione, rimane esterna al discorso.<br />

Diversi studi sulle lingue hanno evidenziato che esistono <strong>del</strong>le differenze tra i<br />

pronomi di prima e di seconda persona da una parte e quelli di terza dall’altra<br />

(Moravcsik (1978), Abney (1987), Forchheimer (1953), Ritter (1995), Harley e<br />

Ritter (2002), Bernstein (2006)) 4 .<br />

<strong>La</strong> peculiarità <strong>dei</strong> pronomi di prima e di seconda è che sono associati al<br />

parlante a all’ascoltatore, invece quelli di terza sono associati non solo ad esseri<br />

animati 5 ma anche ad esseri inanimati e fungono da pronomi nulli. Bernstein (2006)<br />

interpreta la terza persona come una categoria di persona non marcata.<br />

<strong>La</strong> distinzione tra prima e seconda persona da una parte e terza persona<br />

dall’altra viene codificata anche nell’organizzazione geometrica <strong>dei</strong> tratti fonologici<br />

operata da Harley e Ritter (2002) (figura n. 1) .<br />

3 Per approfondimenti si rimanda al capitolo 5.<br />

4 Meier (1990) per l’ASL afferma che la distinzione grammaticale va fatta tra prima e non prima<br />

persona. A tal riguardo evidenzia differenze per il fatto che la prima persona è fissa mentre le altre<br />

variano tra i segnanti; in secondo luogo l’uso <strong>del</strong>l’impersonamento coinvolge solo la prima persona<br />

(per dettagli sull’impersonamento si rimanda al secondo paragrafo <strong>del</strong> capitolo 2); in terzo luogo <strong>nella</strong><br />

formazione <strong>del</strong> plurale in ASL la non-prima persona è composta dalla combinazione <strong>dei</strong> tratti <strong>del</strong>la<br />

configurazione manuale e <strong>del</strong> luogo propri <strong>del</strong>la forma singolare con un movimento ad arco che<br />

denota pluralità, mentre per la prima persona plurale non si combinano diversi tratti fonetici perché il<br />

movimento di indicazione <strong>del</strong>la prima persona singolare viene ripetuto.<br />

Per la LIS è possibile ribattere che se si considera l’asse segnante interlocutore indicato dalla<br />

direzione <strong>del</strong>lo sguardo vengono a cedere i primi due punti in discussione, il terzo punto è una<br />

peculiarità <strong>del</strong>l’ASL e non <strong>del</strong>la LIS.<br />

5 Benveniste (1971:217) afferma che la categoria di persona appartiene solo alla prima o alla seconda<br />

persona mentre la terza ne è priva.<br />

178


Figura n.1<br />

PARTECIPANT<br />

Speaker Addresse<br />

e<br />

[Harley e Ritter 2002:486]<br />

CAPIITOLO 7<br />

Nel loro disegno teorico, le espressioni referenziali come i pronomi, sono<br />

determinate da due nodi principali: i partecipanti e gli elementi individuati. Al primo<br />

nodo - i partecipanti - appartengono il parlante e l’interlocutore; il secondo nodo -<br />

gli elementi individuati - si ramifica in tre categorie: il gruppo, l’individuo e la<br />

classe. Le espressioni referenziali che riguardano la terza persona non sono previste<br />

nel nodo <strong>dei</strong> partecipanti ma negli elementi individuati da tratti di numero (gruppo e<br />

individuo) e dai tratti <strong>del</strong>la classe di appartenenza. Questo quadro può essere<br />

tradotto nello spazio segnico <strong>del</strong>la LIS, associando al primo nodo, l’asse segnante-<br />

interlocutore (tratti [+/-prox]), al secondo nodo il resto <strong>dei</strong> punti <strong>del</strong>lo spazio<br />

caratterizzati dal tratto [+dist].<br />

Referring Expression<br />

Forchheimer (1953) ha identificato una varietà di generalizzazioni<br />

morfologiche che mostrano che le lingue utilizzano la terza persona in maniera<br />

diversa rispetto alle prime due. Tra queste generalizzazioni egli indica il fatto che<br />

molte lingue distinguono la prima e la seconda persona mentre per la terza persona<br />

utilizzano il dimostrativo (Forchheimer 1953:36); abbiamo visto che anche per la<br />

LIS i pronomi di terza persona, a differenza <strong>dei</strong> pronomi di prima e seconda persona,<br />

sono omofoni ai dimostrativi. Dall’altro canto, Roehrs (2005: 273), operando un<br />

parallelismo tra determinanti e pronomi, afferma che nelle lingue senza articolo, al<br />

posto <strong>del</strong>l’articolo, che essendo un <strong>determinante</strong> corrispondente alla forma clitica <strong>del</strong><br />

179<br />

INDIVIDUATION<br />

Group Minimal CLASS<br />

Argumented Animate Inanimate/neuter<br />

Feminine<br />

Masculine


LE IINDIICAZIIONII COME PRONOMII<br />

pronome è una testa, ci dovremmo aspettare di trovare il pronome di terza persona; a<br />

tal proposito cita il caso <strong>del</strong> giapponese discusso da Furuya (2003) in cui sono<br />

discussi <strong>dei</strong> casi dove il pronome di terza persona plurale ricorre con il nome, mentre<br />

il pronome di prima persona plurale non può ricorrere con il nome. Qui di seguito<br />

sono citati gli esempi citati in Roehrs (2005) (Es. n.39 in che corrispondono alle frasi<br />

7c e 19 in Furuya (2003)).<br />

a. kare-ra sensei<br />

he-PL teacher<br />

“They teachers”<br />

b. *[watashi-tachi-(ga/no) sensei-ga] heikinjumyo-ga nagai.<br />

I-pl-(NOM-GEN) teacher-NOM average span-NOM long<br />

“The average lifespan of us teachers is long<br />

[Roerhs 2005:39]<br />

Sempre riguardo alla similarità tra articoli e pronomi, Postal (1969) assimila<br />

la definitezza <strong>dei</strong> pronomi agli articoli definiti dai quali deriverebbero, mentre Abney<br />

(1987: 282) sostiene che la mancanza <strong>del</strong> pronome di terza persona nelle forme come<br />

*they idiots è dovuta alla funzione suppletiva <strong>del</strong> dimostrativo nel paradigma, per cui<br />

abbiamo espressioni come those idiots. Lo studio di Abney (1987) ha evidenziato<br />

che in inglese i pronomi he, she e it sarebbero teste D che differiscono da the per il<br />

fatto che non selezionano complemento, per cui sarebbe diversa la<br />

sottocategorizzazione. Diverso è il caso di we e you che possono selezionare un<br />

complemento: come nel caso we linguists, you linguists mentre *they linguists è<br />

agrammaticale. Lyons (1977, 1999) evidenzia come i pronomi hanno tratti in<br />

comune con gli articoli, ma soprattutto con i dimostrativi, per il fatto che i pronomi<br />

di terza persona sono in distribuzione complementare con i dimostrativi. Questa<br />

osservazione, benché non si riscontri per l’ebraico (Ritter 1995), per la LIS, per la<br />

quale l’indicazione può essere articolata una sola volta, è vera, come si può notare<br />

dall’agrammaticalità <strong>del</strong>la frase 4. A meno che il DP venga topicalizzato come<br />

mostrano i tratti sovrasegmentali <strong>del</strong>la frase 5 dove la seconda indicazione<br />

costituisce il soggetto <strong>del</strong> verbo giocare.<br />

180


CAPIITOLO 7<br />

Tratto DP<br />

4. BAMBINO3p:a IX3p:a (*IX 3p:a) GIOCARE<br />

Quel (*lui) bambino gioca<br />

topic tratto DP<br />

5. BAMBINO3p:a IX3p:a, IX 3p:a GIOCARE 6<br />

Quel bambino, gioca<br />

Tutti questi studi possono essere applicati all’indicazione <strong>del</strong>la LIS; nel corso<br />

<strong>del</strong>la trattazione infatti vedremo che alcune indicazioni sono <strong>dei</strong> pronomi che<br />

sostituiscono la funzione <strong>del</strong>l’articolo (Rhoers, 2005), e che molte differenze tra<br />

pronomi e dimostrativi in LIS sono difficili da cogliere.<br />

2. Pronomi come categoria D in LIS<br />

In questo paragrafo, alla luce <strong>del</strong> quadro appena <strong>del</strong>ineato, al fine di operare<br />

una distinzione tra le indicazioni che veicolano il pronome e quelle che invece<br />

veicolano il dimostrativo, propongo di interpretare i pronomi in LIS come parte <strong>del</strong>la<br />

coppia <strong>determinante</strong>-pronome, in questo modo ogni tipo di indicazione può ricorrere<br />

come <strong>determinante</strong> quando seleziona un NP o come pronome quando non lo<br />

seleziona.<br />

Se Postal (1969) e Abney (1987) propongono di considerare i pronomi come<br />

teste intransitive di D°, Cardinaletti (1994) estende tale proposta ai clitici, e intuisce<br />

che solo i clitici realizzano la porzione funzionale <strong>del</strong> DP, tanto che clitici e<br />

determinanti sono in distribuzione complementare. Cardinaletti e Starke (1999)<br />

distinguono i pronomi in tre classi: clitici, deboli e forti. Ogni classe è caratterizzata<br />

da un progressivo alleggerimento <strong>del</strong>la <strong>struttura</strong> sintattica evidenziata anche dalla<br />

riduzione morfologica e dalla conseguente adeguamento <strong>dei</strong> processi prosodici alla<br />

forma morfologica. In particolare ogni classe di pronomi è caratterizzata da<br />

specifiche proprietà comuni che distinguono i propri membri da quelli appartenenti<br />

6 Le due indicazioni sono separate anche da un movimento <strong>del</strong>la testa caratterizzato da due<br />

sollevamenti: il primo durante l’articolazione <strong>del</strong> topic, il secondo durante l’articolazione <strong>del</strong>la<br />

seconda indicazione indicazione.<br />

181


LE IINDIICAZIIONII COME PRONOMII<br />

alle altre classi di pronomi. Strutturalmente i pronomi forti e deboli si distinguono<br />

dai clitici perché occupano una posizione XP <strong>nella</strong> <strong>struttura</strong> superficiale mentre i<br />

clitici occupano una posizione X°; d’altro canto clitici e deboli sono accomunati dal<br />

fatto che sono entrambi non forti e quindi soggetti ad alcune restrizioni rispetto ai<br />

pronomi forti. <strong>La</strong> differenza tra le tre classi di pronomi viene trattata nei suoi aspetti<br />

morfologici, distribuzionali, semantici, fonologici e prosodici.<br />

L’analisi di Cardinaletti (1994) e Cardinaletti e Starke (1999) ci induce a<br />

guardare più da vicino i pronomi <strong>del</strong>la LIS al fine di distinguere gli elementi deboli<br />

da quelli forti. In LIS i pronomi, come i dimostrativi, sono costituiti dalle<br />

indicazioni. In questa sede considererò come pronomi le indicazioni che non<br />

selezionano un NP. Osserveremo come le indicazioni non sono tutte uguali ma<br />

variano in relazione ad alcuni tratti prosodici costituiti principalmente dalla durata di<br />

articolazione <strong>del</strong>l’indicazione. Il paragrafo che segue illustrerà come la durata<br />

<strong>del</strong>l’articolazione influisce <strong>nella</strong> distribuzione <strong>del</strong>le diverse tipologie di indicazione<br />

individuate.<br />

3. Il valore prosodico di “durata”<br />

Nel capitolo precedente ho analizzato le indicazioni che veicolano i<br />

dimostrativi principalmente dal punto di vista semantico e distribuzionale; ho<br />

introdotto questo capitolo evidenziando, attraverso la distinzione <strong>dei</strong> pronomi di<br />

prima e seconda persona da una parte dai pronomi di terza dall’altra, l’omofonia tra i<br />

pronomi di terza persona e i dimostrativi; abbiamo visto anche che i tratti<br />

sovrasegmentali costituiscono un utile strumento per individuare il <strong>sintagma</strong><br />

<strong>determinante</strong>. Per questo motivo essi ci consentono di distinguere il dimostrativo in<br />

quanto interno al DP; lo stesso dimostrativo però, quando costituisce da solo il DP, è<br />

anche un pronome di terza persona. Le frasi 6 e 7 mostrano che tratti<br />

sovrasegmentali diversi individuano due tipi di predicati, uno interno al DP (frase 6)<br />

l’altro esterno al DP (frase 7) Nel primo caso, l’indicazione, poiché seleziona un NP,<br />

è un <strong>determinante</strong>, nel secondo caso, invece è un pronome, vale a dire che costituisce<br />

l’intero costituente nominale.<br />

182


tratto DP<br />

6. [DP INTERESSANTE IXj] MIO<br />

Quello interessante è mio<br />

tratto DP<br />

7. [DP IXj ] INTERESSANTE<br />

Quello/egli è interessante<br />

CAPIITOLO 7<br />

In questa sezione, concentrerò l’attenzione soprattutto sul secondo tipo di<br />

indicazioni per <strong>del</strong>ineare un quadro di riferimento entro il quale studiare la categoria<br />

<strong>dei</strong> pronomi. Vedremo che specifici processi prosodici ci consentono di individuare<br />

le diverse classi di pronomi indicate da Cardinaletti e Starke (1999).<br />

Al fine <strong>del</strong>la distinzione <strong>del</strong>le varie classi di pronomi in LIS, ho individuato<br />

un elemento coinvolto <strong>nella</strong> prosodia <strong>del</strong>l’indicazione: il parametro prosodico <strong>del</strong>la<br />

durata. 7<br />

Gli studi condotti sulle lingue <strong>dei</strong> segni, tra le varie rilevazioni <strong>dei</strong> tratti<br />

sovrasegmentali coinvolti nelle articolazioni <strong>dei</strong> segni, benché hanno sottolineato la<br />

necessità di osservare i tempi di articolazione, non hanno mai rilevato il tempo<br />

impiegato nell’articolazione di un segno ai fini grammaticali 8 . Nel caso <strong>del</strong>le<br />

indicazioni, la misura <strong>del</strong>la durata <strong>del</strong>l’articolazione si è rivelata essere significativa<br />

ai fini <strong>del</strong>la distinzione tra i vari tipi di pronomi. Attraverso un programma di<br />

glossatura <strong>del</strong>le frasi in lingua <strong>dei</strong> segni che consente di rilevare la durata, è possibile<br />

individuare diverse durate per le indicazioni. Avvalendomi <strong>del</strong> programma di<br />

glossatura SignStream 9 , ne ho adottato il sistema per la rilevazione <strong>del</strong>la durata <strong>dei</strong><br />

segni. Gli indici di durata rilevati sono costituiti dai valori numerici trascritti su ogni<br />

indicazione, simboleggiata dalla glossa IX. In realtà la durata da sola non è<br />

sufficiente a determinare la differenza tra i pronomi: occorrerebbe misurare anche la<br />

pausa tra un segno ed un altro. In maniera alquanto approssimativa, posso affermare<br />

7 Il senso <strong>del</strong>la parola parametro è da intendersi come criterio di rilevazione <strong>del</strong>le unità fonologiche<br />

minime <strong>del</strong>l’articolazione <strong>dei</strong> segni. Ho deciso di usare questo termine per conformarmi al senso dato<br />

alla parola parametro nel paragrafo 1 <strong>del</strong> capitolo 2 in cui vengono esposti i parametri fonologici<br />

<strong>del</strong>la LIS costituiti da configurazione, luogo, direzione e orientamento <strong>del</strong>le mani.<br />

8 Studi sulla durata <strong>dei</strong> segni riguardano la fonologia. Per approfondimenti si rimanda a Wilbur<br />

(1993).<br />

9 Neidle ed altri (2003).<br />

183


LE IINDIICAZIIONII COME PRONOMII<br />

che in presenza di indicazioni con valori di durata molto bassi, che assumo essere<br />

pronomi clitici, non c’è pausa tra l’indicazione e il segno successivo che,<br />

generalmente, è un verbo, mentre tra l’indicazione di un pronome forte ed il segno<br />

successivo ci può essere un’interruzione costituita dalla chiusura <strong>del</strong>la mano o da una<br />

posizione di sospensione <strong>del</strong>la stessa.<br />

È possibile applicare un secondo elemento di distinzione tra i pronomi forti e<br />

i pronomi “non forti”. Per pronomi “non forti” intendo l’insieme <strong>dei</strong> pronomi che<br />

non sono forti e che secondo la distinzione di Cardinaletti e Starke (1999) sono o<br />

clitici o deboli. Questo tratto distintivo è di tipo fonologico: esso consiste <strong>nella</strong><br />

ripetizione <strong>del</strong> segno mantenendo inalterati tutti gli altri tratti fonologici. <strong>La</strong><br />

reduplicazione è possibile anche con i dimostrativi, come abbiamo visto nel<br />

paragrafo 3.3 <strong>del</strong> capitolo 6, ma se con i dimostrativi sembra che si tratti di un<br />

locativo, per il pronome la ripetizione <strong>del</strong>l’indicazione è una forma di marcatura<br />

generalmente utilizzata come focus contrastivo. Nei paragrafi seguenti verrà<br />

illustrata la differenza prosodica tra le varie tipologie di pronomi, prima però è<br />

necessario precisare alcuni problemi di metodo.<br />

3.1. Alcuni problemi di metodo<br />

Una <strong>del</strong>le costanti rilevate nelle sedute di registrazione <strong>dei</strong> dati in LIS è la<br />

costante difformità di dati tra frasi segnate in contesti spontanei e frasi elicitate. Nei<br />

contesti spontanei le frasi presentano <strong>del</strong>le indicazioni, appena accennate, che nelle<br />

frasi corrispondenti elicitate solitamente vengono omesse. Una spiegazione potrebbe<br />

essere costituita da una sorta di grammatica normativa che si esprime nel contesto<br />

artificiale, come quello <strong>del</strong>l’elicitazione, attraverso un controllo volontario <strong>del</strong>la<br />

produzione <strong>del</strong>le frasi. Viceversa nel contesto spontaneo, venendo meno il controllo,<br />

è possibile rilevare anche la grammatica naturale. Per fare un paragone con l’italiano<br />

sarebbe come chiedere a qualcuno di esprimere in una frase che gli piace il pesce. E’<br />

difficile che il parlante pronunci la frase a me mi piace il pesce, egli pronuncerà<br />

molto probabilmente, la forma, normativamente corretta, a me piace il pesce anche<br />

se la prima forma esiste nel parlato. Poiché ciò che interessa questo studio non è<br />

184


CAPIITOLO 7<br />

descrivere la grammatica normativa ma quella naturale, mi sono avvalsa <strong>del</strong>le<br />

produzioni spontanee dalle quali ho estratto le frasi glossate di seguito.<br />

3.2. Pronomi forti, pronomi deboli, pronomi clitici in LIS: alcune distinzioni.<br />

In questo paragrafo, dimostrerò come in LIS ad un diverso valore di durata<br />

<strong>del</strong> pronome corrisponda un diverso tipo di pronome, e, sulla base <strong>del</strong>le affermazioni<br />

di Cardinaletti (1994) e Cardinaletti e Starke (1999) che riguardano le caratteristiche<br />

<strong>del</strong>le diverse tipologie di pronomi, verificheremo che ad ogni tipo di indicazione in<br />

LIS corrisponde una diversa distribuzione all’interno <strong>del</strong>la frase. Data l’omofonia<br />

<strong>del</strong>le indicazioni in LIS, non è possibile applicare i test sulla distribuzione di ogni<br />

tipologia, tuttavia è possibile operare una prima discriminazione tra i pronomi forti<br />

da una parte e quelli “non forti” dall’altra. A tal fine, sulla linea <strong>del</strong>le spiegazioni<br />

fornite da Cardinaletti e Starke (1999) per queste frasi assumerò l’esistenza di un<br />

processo di riduzione prosodica progressiva <strong>del</strong>le forme pronominali. Vale a dire che<br />

la forma pronominale forte ha un valore di durata superiore a circa 1/6 di secondo,<br />

quella debole possiede valore inferiore a 1/6 di secondo e la forma clitica ha un<br />

valore inferiore a 1/12 di secondo.<br />

3.2.1. Alcuni chiarimenti sulla metodologia<br />

Gli strumenti <strong>del</strong>la tecnologia oggi ci aiutano a valutare la quantità di tempo<br />

in cui un’indicazione viene mantenuta; tuttavia i sistemi variano a seconda degli<br />

strumenti utilizzati; pertanto la rilevazione <strong>del</strong> tempo di un’indicazione è un compito<br />

che richiede molta precisione ma anche una certa elasticità nell’interpretazione <strong>dei</strong><br />

dati. Ad esempio con il programma “I Movie” per il Mac OSX ogni secondo di<br />

registrazione contiene 24 fotogrammi perciò un fotogramma equivale ad un<br />

ventiquattresimo di secondo. Esportando i filmati in una risoluzione più bassa<br />

diminuiscono i fotogrammi per secondo di circa la metà. Ridurre la “pesantezza” di<br />

un filmato rende più agevole lavorare con una quantità più alta di informazioni e<br />

185


LE IINDIICAZIIONII COME PRONOMII<br />

soprattutto consente di glossare le frasi con Sign Strem 10 , però un filmato con un<br />

minor numero di fotogrammi per secondo non consente di leggere con chiarezza<br />

l’inizio e la fine di un indicazione, soprattutto se si tratta di una quantità di tempo<br />

molto bassa. Le durate <strong>dei</strong> segni sono state scoperte per caso lavorando con Sign<br />

Stream che mi ha dato la possibilità di fare una prima rilevazione <strong>dei</strong> dati. Ad<br />

esempio l’indice di durata rilevato per le indicazioni che affermo essere pronomi<br />

clitici corrisponde ad un valore inferiore a 1/12 di secondo 11 ; quello <strong>dei</strong> pronomi<br />

deboli, anche se vale il doppio (ha come valore di durata1/6 di secondo), in<br />

considerazione <strong>del</strong>la durata infinitamente bassa, tanto da essere quasi impercettibile,<br />

è davvero poco significativa e suscettibile di cambiamenti. <strong>La</strong> necessità di dare un<br />

valore di tempo univoco mi ha spinto ad analizzare i filmati con “I Movie”, un<br />

programma che consente una risoluzione più alta, per contare il numero fotogrammi<br />

per ogni indicazione e, attraverso una proporzione, ricondurli ai valori di tempo. Tale<br />

operazione ha necessariamente richiesto una certa approssimazione <strong>dei</strong> valori che,<br />

nonostante tutto, rimangono abbastanza omogenei.<br />

Entrando nel dettaglio ho potuto constatare tre tipi di indicazioni: una che<br />

prende circa due fotogrammi, un’altra che ne prende circa quattro ed un ultima che<br />

ne prende da 7 a 13. Tradotto in tempi questi valori equivalgono a un dodicesimo di<br />

secondo (1/12) per il primo tipo, un sesto per il secondo (1/6) per il secondo tipo e<br />

circa mezzo secondo (1/2) per il terzo tipo di indicazione. Qust’ultimo tipo di<br />

indicazione è caratterizzata anche dalla ripetizione <strong>del</strong> movimento, in tal senso, il<br />

valore di durata assume un significato ancora più importante per cui l’indicazione,<br />

ben visibile, è connotata da una forte referenzialità. Benché il valore <strong>del</strong>la durata non<br />

costituisca una forte discriminante per la differenza tra i pronomi clitici e deboli, ma<br />

solo per la distinzione di pronomi forti e non forti, deve essere preso in<br />

considerazione per due motivi: innanzitutto perché costituisce una discriminate utile<br />

per la determinazione <strong>dei</strong> parametri prosodici ed in secondo luogo perché<br />

l’osservazione <strong>dei</strong> dati serve come base teorica per fatto che i punti <strong>del</strong>lo spazio<br />

10 Programma di glossatura <strong>del</strong>le frasi elaborato da Neidle ed altri (2003)<br />

11 Si tratta di valori numerici di tempo <strong>del</strong> programma.<br />

186


CAPIITOLO 7<br />

costituiscono i tratti di accordo e che il meccanismo di distribuzione <strong>dei</strong> pronomi<br />

all’interno di una frase segue gli stessi meccanismi <strong>del</strong>le altre lingue. Vale la pena<br />

anche sottolineare che anche se i dati vengono approssimati, la distribuzione <strong>dei</strong><br />

pronomi all’interno <strong>del</strong>la frase, secondo le indicazioni di Cardinaletti e Starke<br />

(1999), corrisponde alla posizione canonica di pronomi deboli, clitici e forti per cui<br />

l’approssimazione è compensata dalla costanza <strong>dei</strong> dati.<br />

Occorre fare <strong>del</strong>le ulteriori precisazioni sulla rilevazione <strong>del</strong> segno, come gli<br />

elementi validi per la <strong>del</strong>imitazione <strong>del</strong>l’inizio e <strong>del</strong>la fine di un’indicazione, perché<br />

la loro variazione comporta la variazione <strong>dei</strong> valori. I valori di durata che considero<br />

in questa sede sono stati rilevati nel momento in cui il puntamento in un luogo è già<br />

in essere fino a quando finisce e prima che cominci il segno successivo. In ciò si può<br />

rilevare che con i clitici il fotogramma successivo corrisponde all’inizio <strong>del</strong> segno<br />

seguente mentre con i pronomi forti ad una sospensione <strong>del</strong> segnato. Questo dimostra<br />

che oltre a valori di tempo diversi per ogni tipo di pronome, occorre considerare<br />

anche i valori prosodici che legano i segni per cui si può verificare che i pronomi<br />

clitici presentino fenomeni di coarticolazione 12 mentre i pronomi forti si presentano<br />

prosodicamente staccati dai segni, sia da quelli che li precedono sia da quelli che li<br />

seguono, da una pausa intonativa costituita dalla chiusura e riapertura <strong>del</strong>la mano<br />

oppure da una sospensione <strong>del</strong>la mano che non articola nessun segno, ovvero è in<br />

posizione neutra.<br />

3.2.2. Tratti prosodici distintivi: analisi <strong>dei</strong> dati<br />

Passiamo adesso all’analisi di due frasi segnate in un contesto spontaneo.<br />

1/6 1/2<br />

8. PRIMO MINISTRO IXJ SEGNARE IXJ+<br />

Il primo ministro l’ha detto/ è proprio il primo ministro che l’ha detto<br />

12 Fenomeni di coarticolazione riferibili alla cliticizzazione vengono riportati in Lillo-Martin e Sandler<br />

(2006). Non vengono fatti riferimenti però al valore di durata <strong>del</strong>le indicazioni, né alla loro differenza<br />

con i pronomi deboli e con i pronomi forti.<br />

187


LE IINDIICAZIIONII COME PRONOMII<br />

In questa frase, entrambe le indicazioni si riferiscono a PRIMO MINISTRO. I<br />

numeri che sovrastano le indicazioni esprimono il valore temporale <strong>del</strong> segno: la<br />

prima indicazione è articolata in un tempo breve (1/6 di secondo), la seconda ha un<br />

valore temporale che vale il triplo <strong>del</strong>la prima (1/2). Con questi dati osserviamo che<br />

benché le due indicazioni siano omofone, la prima ha una versione prosodica ridotta<br />

rispetto alla seconda; possiamo inoltre osservare che la seconda indicazione è<br />

ripetuta mentre la prima viene articolata una sola volta; la ripetizione <strong>del</strong>la prima<br />

indicazione renderebbe la frase agrammaticale. L’interpretazione <strong>del</strong> secondo<br />

pronome è di tipo marcato. vale a dire che la reduplicazione veicola non solo una<br />

focalizzazione di tipo contrastivo, ma come pronome forte, può apparire in posizione<br />

periferica. Il pronome debole (con valore 1/6 di secondo) invece, deve<br />

necessariamente riferirsi al suo antecedente PRIMO MINISTRO. 13 Come già affermato in<br />

Kayne (1975), Cardinaletti (1994), Cardinaletti e Starke (1999), solo i pronomi forti<br />

possono essere marcati contrastivamente.<br />

Esaminiamo un altro esempio.<br />

tratto DP<br />

1/2 1/8 1/6<br />

9. PRESIDENTE STATI UNITI IXj IXj DIRE SICURO IX1p<br />

Il presidente degli Stati Uniti ha detto: “sicuramente<br />

1/2<br />

IXi AFGHANISTAN jAIUTAREi<br />

aiuterò l’Afghanistan”<br />

Nella frase 9 la prima indicazione fa parte <strong>del</strong> costituente nominale (DP)<br />

PRESIDENTE STATI UNITI. Non si tratta di un articolo: l’indicazione ha la funzione di<br />

localizzare nello spazio il referente la cui funzione può essere assimilata ad un<br />

dimostrativo (Lyons 1999), infatti la sua omissione non rende la frase<br />

agrammaticale. <strong>La</strong> seconda indicazione è un pronome coindicizzato con l’NP che lo<br />

precede. L’indicazione, che costituisce il soggetto <strong>del</strong> verbo DIRE, è articolata in un<br />

13 Questa indicazione che ha valore di durata 1/6 di secondo potrebbe essere anche una sorta di<br />

dimostrativo debole che nel capitolo precedente non è stato considerato perché non sono stati rilevati<br />

dati sufficienti a giustificare un elemento simile, tuttavia non si esclude che esistano anche questo tipo<br />

di elementi. Occorrono ulteriori indagini in proposito per chiarire questo aspetto.<br />

188


CAPIITOLO 7<br />

tempo ridotto che associo al clitico per la posizione perché il valore <strong>del</strong>la sua durata<br />

che è tra il clitico ed il debole (1/8). Anche il soggetto, di AIUTARE, come il soggetto<br />

di DIRE è espresso con un valore di tempo un po’ meno basso (1/6) ed è coindicizzato<br />

con lo stesso NP. L’indicazione che si riferisce all’oggetto, coindicizzata con<br />

AFGHANISTAN ha invece un valore di tempo più lungo (1/2).<br />

Per operare <strong>dei</strong> confronti tra pronomi clitici e pronomi deboli, consideriamo<br />

anche la frase 10 anch’essa estratta da un contesto più ampio:<br />

In questa frase le prime due indicazioni si riferiscono alla prima persona (1p).<br />

Le indicazioni con indice (j) si riferiscono all’autista, costituito dai segni<br />

AUTO+UOMO; è assai probabile che l’indicazione tra i due nomi faccia parte <strong>del</strong> nome<br />

stesso.<br />

<strong>La</strong> prima indicazione con valore ½ secondo corrisponde al pronome forte di<br />

prima persona. Esso non è anaforico, infatti può essere sostituito da un nome: i<br />

pronomi forti, essendo connotati di forti tratti referenziali, non richiedono un<br />

antecedente come invece fanno i pronomi deboli. Tra poco vedremo che i pronomi<br />

con un valore inferiore a 1/6 di secondo, possono essere considerati <strong>dei</strong> pronomi<br />

deboli. L’ultima indicazione è il complemento di DIRE ed ha una durata dal valore<br />

alto (1/2).<br />

Confrontando i valori temporali <strong>del</strong>le indicazioni, il valore di durata più alto<br />

corrisponde a ½ secondo. <strong>La</strong> prima indicazione con questo valore fa parte <strong>del</strong> DP<br />

PRESIDENTE STATI UNITI (frase 9) ed è un dimostrativo; le altre due indicazioni, di<br />

durata ½ secondo, corrispondono al dativo rispettivamente <strong>del</strong> verbo AIUTARE (frase<br />

9) e DIRE (frase 10). <strong>La</strong> flessione <strong>dei</strong> verbi AIUTARE e DIRE marca sia il soggetto che il<br />

complemento, tuttavia <strong>nella</strong> frase 10 il pronome forte complemento segue il verbo,<br />

189<br />

guance tese<br />

1/2 1/12 1/2 1/6 1/12<br />

10. IX1p PER-FORZA TAXI IX1p PRENDERE IXj AUTOj IXj UOMO IXj<br />

Inevitabilmente ho preso un taxi l’autista (auto+uomo)<br />

1/2<br />

jDIRE1p IX1p AUTOBUS SCIOPERO<br />

mi ha detto che c’era lo sciopero degli autobus.


LE IINDIICAZIIONII COME PRONOMII<br />

per cui è <strong>nella</strong> sua posizione di base; <strong>nella</strong> frase 9 invece lo precede quindi non è<br />

<strong>nella</strong> sua posizione di base. Tale differenza potrebbe essere dovuta a proprietà<br />

selezionatrici <strong>dei</strong> verbi stessi. Del resto nel capitolo 2, nel quale ho illustrato le<br />

proprietà <strong>dei</strong> verbi <strong>del</strong>le tre classi, abbiamo visto che una caratteristica <strong>del</strong>le frasi con<br />

i verbi flessivi, come aiutare, è la possibilità di avere soggetto e oggetto preverbale,<br />

mentre le frasi con i verbi articolati sul corpo presentano più limiti <strong>nella</strong><br />

distribuzione degli argomenti <strong>del</strong> verbo. Dire è un verbo segnato sul corpo che, oltre<br />

la flessione non manuale, costituita dalla direzione <strong>del</strong>lo sguardo, ammette una<br />

flessione manuale consistente nel prolungamento <strong>del</strong>la sua articolazione, (con la<br />

configurazione G, la stessa <strong>del</strong>le indicazioni 14 ), verso gli argomenti <strong>del</strong> verbo. In<br />

altre parole, poiché l’estensione <strong>del</strong>l’indice è la configurazione comune sia alle<br />

indicazioni che al verbo dire, le indicazioni relative al soggetto e al complemento <strong>del</strong><br />

verbo sono costituite dal prolungamento <strong>del</strong>l’articolazione <strong>del</strong> verbo prima, in<br />

direzione <strong>del</strong> soggetto, e dopo, in corrispondenza <strong>del</strong> complemento. Questo aspetto,<br />

inerente a fenomeni di coarticolazione tra i due segni, costituisce un’ulteriore prova a<br />

sostegno <strong>del</strong>la continuità prosodica tra il verbo e i suoi argomenti.<br />

Ciò che emerge da questi dati è che la flessione da sola non è sufficiente a<br />

legittimare l’assenza di soggetto e oggetto, ma oltre i clitici (costituiti dalle<br />

indicazioni pre e postnominali), ammette anche un pronome dativo forte.<br />

3.3 Alcune osservazioni sui pronomi clitici deboli e forti<br />

Le frasi analizzate fin ora sono state uno strumento utile ad individuare<br />

alcune differenze tra i pronomi in LIS. In questa sezione <strong>del</strong> paragrafo verificherò<br />

l’analisi di ciascun tipo di pronome e, con l’ausilio di altre frasi, questa volta elicitate<br />

e non prelevate da contesti spontanei, <strong>del</strong>ineerò meglio il quadro <strong>del</strong>la differenza tra i<br />

vari tipi di pronomi introdotti nel paragrafo precedente.<br />

14 Per la lista <strong>del</strong>le configurazioni si rimanda alla tabella 1 <strong>del</strong> capitolo 2<br />

190


3.3.1. I pronomi clitici<br />

CAPIITOLO 7<br />

Dal confronto <strong>del</strong>le frasi 9 e 10 possiamo osservare che tutti i valori che<br />

corrispondono a 1/12 appartengono alle indicazioni legate al verbo, per questo<br />

motivo assumerò che esse corrispondono ai pronomi clitici.<br />

Con gli esempi seguenti si può constatare che le indicazioni che precedono e<br />

seguono il verbo dire non possono essere separate dal verbo introducendovi, ad<br />

esempio, un avverbio. Nella frase 12 dove l’avverbio ricorre tra il soggetto clitico e il<br />

verbo la frase non è grammaticale. Nella frase 13, dove l’avverbio si trova tra verbo<br />

e oggetto clitico, la frase seguente ha un’altra interpretazione.<br />

11. PIETRO SEMPRE IXj jDIRE1p IX1p STUDIARE<br />

Pietro mi dice sempre di studiare<br />

12. *PIETRO IXj SEMPRE jDIRE1p IX1p STUDIARE<br />

13. PIETRO IXj jDIRE1p SEMPRE IX1p STUDIARE<br />

Pietro mi dice sempre che io studio<br />

L’avverbio SEMPRE, <strong>del</strong>la frase 11, come anche l’avverbio SICURO<br />

(sicuramente) <strong>del</strong>la frase 9, modifica tutto il CP e non il clitico. Secondo le<br />

indicazioni di Cardinaletti e Starke (1999:151) nessun modificatore, interno o esterno<br />

all’NP, può modificare un clitico. Questa proprietà <strong>dei</strong> clitici la troviamo in LIS per i<br />

pronomi che nelle frasi 11, 12 e 13 sono coindicizzate con il primo punto di<br />

articolazione <strong>del</strong> verbo e sono tutti adiacenti al verbo. Infatti se volessimo modificare<br />

solamente il pronome con un avverbio, occorrerebbero non <strong>dei</strong> clitici ma <strong>dei</strong><br />

pronomi forti, come si può verificare nell’esempio 14 in cui il pronome è anche<br />

reduplicato.<br />

14. PIETROj SOLO IXj+ DIRE IX1p STUDIARE<br />

Pietro, solo lui mi dice di studiare<br />

Da questi fatti possiamo osservare che in LIS i soggetti preverbali hanno un<br />

clitico di ripresa attaccato al verbo (frasi 9,10, 11). Con l’oggetto postverbale e il<br />

191


LE IINDIICAZIIONII COME PRONOMII<br />

dativo postverbale, non è raro trovarsi un’indicazione che ricorre dopo il nome (frase<br />

15) e fa parte <strong>del</strong> costituente nominale perché non può precedere il nome e legarsi al<br />

verbo (frase 16), a meno che non venga marcato.<br />

tratto topic<br />

15. LIBRO, IX1p 1pDAREj MARIOj IXj<br />

Il libro lo do a Mario<br />

tratto topic<br />

16. *LIBRO, IX1p 1pDAREj IXj MARIOj<br />

Non è escluso che tale indicazione post nominale sia da mettere in relazione con la<br />

posizione <strong>del</strong> nome all’interno <strong>del</strong>la frase: poiché nelle frasi con i verbi che<br />

concordano con due argomenti (come dare), il nome, di norma, risale alla posizione<br />

preverbale, nel caso rimanga in situ, è possibile che necessiti di una marca di<br />

referenzialità costituita dall’indicazione postnominale.<br />

Dal punto di vista prosodico vale la pena soffermarsi su alcuni aspetti che<br />

finora sono stati solo accennati. Abbiamo visto come possono essere considerati<br />

clitici quei pronomi con una riduzione prosodica <strong>del</strong> pronome stesso tale da essere<br />

quasi irrilevabili senza l’ausilio di uno strumento capace di rallentare o bloccare il<br />

tempo come la videocamera: l’indicazione in molti casi si integra nel verbo<br />

rendendone talvolta difficile il rilevamento ad occhio nudo. Nelle frasi descritte nel<br />

paragrafo 3.3.2, ho rilevato come l’indicazione si integri con il verbo DIRE<br />

caratterizzato dalla medesima configurazione manuale <strong>del</strong>l’indicazione. Proviamo ad<br />

osservare un'altra frase:<br />

topic<br />

1/2 1/6 1/12<br />

17. MAGLIA IXj++ MAMMA IX1p IXj jREGALARE1p<br />

Quella maglia mamma me l’ha regalata<br />

Nella frase 17, il verbo REGALARE marca il complemento diretto (MAGLIA,<br />

indicizzato con j) e il beneficiario. Il pronome clitico, coindicizzato con maglia,<br />

precede immediatamente il verbo ed è integrato completamente nel segno. Nel<br />

192


CAPIITOLO 7<br />

dettaglio abbiamo questa situazione: nel verbo regalare, raffigurato <strong>nella</strong> figura 1, le<br />

mani hanno la stessa configurazione manuale, consistente nell’estensione di pollice e<br />

indice (L), e si muovono simmetricamente. Il movimento, che <strong>nella</strong> figura 1 parte<br />

dalla prima persona, <strong>nella</strong> forma flessa <strong>del</strong>la frase 17 parte dallo spazio coindicizzato<br />

con MAGLIA (J) e finisce verso la prima persona (1p) (figura 2). Nella frase 17 il verbo<br />

è preceduto da due indicazioni la prima con durata 1/6 di secondo (pronome debole),<br />

la seconda con durata 1/12 di secondo (clitico). L’indicazione che si riferisce alla<br />

prima persona (1p) punta prima sul segnante, poi, mantenendo l’indice steso, mentre<br />

punta verso l’esterno, in direzione <strong>del</strong> luogo indicato come j, prepara l’articolazione<br />

<strong>del</strong> segno regalare estendendo anche il pollice. Questa articolazione, con pollice e<br />

indice stesi che va dal segnante al punto esterno <strong>del</strong>lo spazio, ha un indice di durata<br />

che vale 1/12, tale durata viene considerata da quando la mano dominante finisce di<br />

indicare la prima persona (articolato con la mano dominante) per puntare poi verso<br />

l’esterno, fino a quando è raggiunta dall’altra mano per articolare il segno regalare<br />

(articolato con le due mani). In una situazione in cui il verbo non è preceduto da un<br />

indicazione, ambedue le mani si comportano come fa la mano non dominante, cioè la<br />

configurazione manuale diventa visibile quando la mano è già verso la fine <strong>del</strong><br />

percorso che la conduce al punto J, dal quale parte per articolare il segno che finisce<br />

verso la prima persona.<br />

Fig.1<br />

REGALARE<br />

[Radutzky 1992:262.2]<br />

193<br />

j<br />

Punti <strong>del</strong>lo spazio con i quali concorda il verbo regalare<br />

<strong>del</strong>la frase 17. <strong>La</strong> freccia indica il verso <strong>del</strong> verbo<br />

1p


LE IINDIICAZIIONII COME PRONOMII<br />

In questa situazione può sembrare che il clitico indicizzato j non venga<br />

pronunciato perché il fenomeno <strong>del</strong>la coarticolazione rende talmente impercettibile<br />

l’indicazione da farla rientrare nell’articolazione <strong>del</strong> verbo stesso.<br />

Spesso i clitici <strong>del</strong>la LIS sono così impercettibili che sembra che non vengano<br />

pronunciati nelle frasi elicitate, dove il controllo <strong>del</strong> segnante è molto forte<br />

soprattutto in presenza di verbi direzionali, vale a dire quei verbi che, in virtù <strong>del</strong>la<br />

loro direzionalità, marcano due argomenti e quindi concordano con i loro tratti <strong>del</strong>lo<br />

spazio. In questa prospettiva, può darsi che l’assenza di un clitico con determinati<br />

verbi potrebbe essere considerata una sorta di evoluzione fonologica <strong>del</strong>l’indicazione<br />

la quale, nel suo conformarsi al verbo che segue, si integra con esso fino a<br />

scomparire. <strong>La</strong> traccia rimanente potrebbe essere costituita dai tratti <strong>del</strong>lo spazio. In<br />

questi termini il punto <strong>del</strong>lo spazio, senza che questo venga indicato ma solo marcato<br />

dalla concordanza <strong>del</strong> verbo, manuale o non manuale (consistente cioè <strong>nella</strong><br />

direzione <strong>del</strong>lo sguardo), può essere considerato un clitico. A sostegno di questa<br />

ipotesi c’è l’evidenza di molti segni atmosferici pur non realizzando foneticamente<br />

l’espletivo, hanno il punto di articolazione che non è impersonale, cioè articolato<br />

nello spazio neutro [- dist], ma uno spazio definito [+ distale]. Ad esempio segnando<br />

la frase “PIOVE”, la localizzazione <strong>del</strong> segno avviene in un luogo <strong>del</strong>lo spazio<br />

immediatamente più in alto di quello considerato come neutro. Il verbo non richiede<br />

necessariamente l’articolazione <strong>del</strong> pronome, tuttavia i tratti spaziali <strong>del</strong> luogo in cui<br />

viene articolato il verbo meteorologico portano a considerare i tratti di spazio come<br />

elementi di tipo pronominale. Cardinaletti e Starke (1999) evidenziano che i pronomi<br />

personali forti non sono interpretabili se non hanno una posizione referenziale forte<br />

per cui costruzioni espletive richiedono pronomi deficitari. Su questo aspetto tornerò<br />

nel paragrafo 4, nel quale sulla linea degli studi seguita da Brandi e Cordin,<br />

considererò i clitici come la realizzazione <strong>del</strong>la testa di AgrP.<br />

Se assumiamo che i tratti di luogo marcati dalle concordanze verbali possono<br />

essere considerati <strong>dei</strong> clitici, sulla base di quanto affermato nel capitolo 5, otterremo<br />

i seguenti clitici per ogni tipo di tratto: [+ prossimale] clitico di prima persona, [-<br />

194


CAPIITOLO 7<br />

prossimale] clitico di seconda persona, [+ distale] clitico di terza persona, [- distale]<br />

clitico impersonale.<br />

3.3.2. I pronomi deboli<br />

Una discussione a parte meritano i pronomi deboli. Se da un lato ci sono<br />

sufficienti dati dal punto di vista prosodico e distributivo per discutere <strong>del</strong>le <strong>del</strong>le<br />

ipotesi fatte sui pronomi clitici e forti, non possiamo affermare con le stesse<br />

motivazioni che le indicazioni che hanno una durata compresa tra 1/12 e 1/6 di<br />

secondo siano corrispondenti ai pronomi deboli. In questo paragrafo farò alcune<br />

considerazioni su questo tipo di indicazione, che in maniera approssimativa,<br />

possiamo associare ai pronomi deboli. Una reale evidenza è data dalle frasi 9 e 17 in<br />

cui i rispettivi pronomi con valore 1/6 di secondo devono essere necessariamente<br />

deboli: non possono essere clitici perché sono separati dal verbo da altri pronomi,<br />

non possono essere pronomi forti perché <strong>nella</strong> frase 9 l’indicazione è coreferente<br />

con il soggetto estratto dalla sua posizione di base (PRESIDENTE STATI UNITI); <strong>nella</strong><br />

frase17 il pronome è un dativo estratto dalla sua posizione di base. Rimane un<br />

dubbio sul pronome debole legato al DP <strong>nella</strong> frase 8. Esso può essere un<br />

dimostrativo debole, oppure un pronome di terza persona che, come i pronomi di<br />

prima e di seconda persona <strong>del</strong>l’italiano, può selezionare un complemento.<br />

Quest’ultima potrebbe essere una caratteristica che accomuna la LIS all’italiano.<br />

Riguardo al pronome debole <strong>del</strong>la frase 10, come ho già osservato, potrebbe trattarsi<br />

di un’indicazione interna all’NP AUTO + UOMO che significa autista, quindi è parte<br />

integrante <strong>del</strong> nome stesso 15 .<br />

frasi elicitate.<br />

Per corroborare l’ipotesi sui pronomi deboli considererò un'altra coppia di<br />

15 Questa categoria di composti, come quelli già indicati nel capitolo 3 meritano uno studio<br />

approfondito.<br />

topic<br />

1/3<br />

18. LIBRO, IX1p 1pREGALAREj PIETROj<br />

Il libro io lo regalo a Pietro<br />

195


topic<br />

LE IINDIICAZIIONII COME PRONOMII<br />

1/2 1/6<br />

19. LIBRO, PE IXy++, IX1p PIETROj 1pREGALAREj<br />

Il libro, proprio questo, l’ho regalato a Pietro<br />

In queste due frasi abbiamo un argomento marcato (LIBRO) come topic. Il<br />

verbo regalare, che come abbiamo già visto, marca due argomenti, in questo caso<br />

marca il soggetto e il beneficiario coindicizzato con PIETRO. Le due frasi sono state<br />

elicitate una di seguito all’altra vale a dire che è stato chiesto al segnante di<br />

esprimere che aveva donato IL LIBRO, oggetto familiare sia al segnante che<br />

all’interlocutore, A PIETRO; in sostanza, il contesto in cui sono state richieste le frasi<br />

era un altro, l’obiettivo era di individuare la presenza <strong>del</strong>l’articolo definito <strong>nella</strong><br />

frase. Il segnante ha articolato le due frasi glossate l’una di seguito all’altra. Il<br />

pronome anaforico PE IXJ++, <strong>del</strong>la frase 19, induce a pensare che la seconda frase<br />

faccia riferimento alla prima. Da questo fatto scaturisce che <strong>nella</strong> prima frase il<br />

pronome di prima persona è un pronome forte; <strong>nella</strong> seconda frase, invece, essendo<br />

articolata in un contesto in cui era già stata espressa la prima frase, il pronome di<br />

prima persona è debole. In quest’ottica il pronome IO <strong>del</strong>la seconda frase è un<br />

pronome debole perché ha un antecedente nel pronome IO, forte, <strong>del</strong>la prima frase.<br />

Va anche osservato che il pronome debole non può essere un clitico perché il<br />

beneficiario (PIETRO), essendo in posizione preverbale, si interpone tra il pronome e<br />

il verbo; i pronomi deboli infatti non devono essere adiacenti al verbo (Cardinaletti e<br />

Starke, 1999) Un'altra spiegazione di questo fatto è costituita dal fatto che i pronomi<br />

di prima e seconda persona essendo <strong>dei</strong>ttici, cioè sono articolati in presenza <strong>del</strong><br />

parlante e <strong>del</strong>l’interlocutore, a differenza <strong>dei</strong> pronomi di terza persona, possono<br />

essere anche deboli per questo <strong>nella</strong> frase 19 il pronome di prima persona (IX1p)ha un<br />

valore di durata che equivale a 1/6.<br />

In sintesi, analizzando queste frasi, da un punto di vista sintattico, possiamo<br />

assumere con Cardinaletti e Starke (1999:152) che i pronomi deboli e i clitici, che in<br />

LIS corrispondono a quelli con valore inferiore a 1/6 di secondo, non possono stare<br />

in posizione periferica. I pronomi forti, che in LIS corrispondono a quelli con valore<br />

196


CAPIITOLO 7<br />

superiore ad 1/6 di secondo invece, possono stare in posizione periferica. Riguardo al<br />

fatto che i pronomi deboli devono occorrere in una posizione derivata e non possono<br />

stare <strong>nella</strong> loro posizione tematica alcune osservazioni verranno fatte nel paragrafo<br />

seguente in cui illustrerò alcune caratteristiche <strong>dei</strong> pronomi che possono essere<br />

reduplicati e che assumo essere pronomi forti.<br />

3.3.3. <strong>La</strong> reduplicazione e i pronomi forti: alcunti tests<br />

Al fine di dimostrare che la reduplicazione <strong>del</strong>l’indicazione è applicabile solo<br />

ai pronomi forti proverò a sostituire l’indicazione reduplicata ad alcuni pronomi con<br />

valore di durata fino a 1/6, <strong>del</strong>le frasi 8, 9 e 10 che qui ripeterò come 20, 21 e 22.<br />

1/6 1/2<br />

20. PRIMO MINISTRO IXJ SEGNARE IXJ+<br />

Il primo ministro l’ha detto/ è proprio lui che l’ha detto<br />

20a. PRIMO MINISTRO IXJ(*+) SEGNARE IXJ+<br />

1/2 1/8 1/6<br />

21. PRESIDENTE STATI UNITI IXj IXj DIRE SICURO IX1p<br />

Il presidente degli Stati Uniti ha detto: “sicuramente<br />

1/2<br />

IXi AFGHANISTAN jAIUTAREi<br />

aiuterò l’Afghanistan<br />

21a. PRESIDENTE STATI UNITI IX 16 j+ IXj(*+) DIRE SICURO IXj(*+) IXi<br />

AFGHANISTAN jAIUTAREi<br />

1/2 1/12 1/12 1/6 1/12<br />

22. IX1p PER-FORZA TAXI IX1p PRENDERE IXj AUTOj IXj UOMO IXj<br />

Inevitabilmente ho preso un taxi l’autista (auto+uomo)<br />

1/2<br />

jDIRE1p IX1p AUTOBUS SCIOPERO<br />

mi ha detto che c’era lo sciopero degli autobus.<br />

22a. IX1p + COSTRETTO TAXI IX1p (*+) PRENDERE IXj (*+) AUTOj IXj<br />

UOMO IXj (*+) jDIRE1p IX1p AUTOBUS SCIOPERO<br />

16 In questo caso potrebbe trattarsi di un dimostrativo più un locativo <strong>del</strong> tipo incontrato nelle frasi 26<br />

e 27 <strong>del</strong> capitolo 6, piuttosto che di un pronome forte perché, come ho già specificato, le indicazioni<br />

che selezionano un nome potrebbero essere <strong>dei</strong> dimostrativi più che <strong>dei</strong> pronomi.<br />

197


LE IINDIICAZIIONII COME PRONOMII<br />

Come si può osservare dalle glosse, la sostituzione di un pronome debole con<br />

un pronome reduplicato (indicato il simbolo +), lasciando inalterate tutte le altre<br />

condizioni, rende la frase agrammaticale. Occorre precisare che se la reduplicazione<br />

è una caratteristica <strong>dei</strong> pronomi forti, non è detto che i pronomi forti possano essere<br />

reduplicati in tutti i casi. Sembra che esistano <strong>del</strong>le restrizioni sulla reduplicazione.<br />

Se la reduplicazione è una caratteristica <strong>dei</strong> pronomi forti, attraverso essa sarà<br />

possibile applicare alcuni test difficilmente applicabili ai diversi pronomi rilevati<br />

sulla base <strong>del</strong>la durata perché, come abbiamo detto, nelle frasi elicitate, i pronomi<br />

deboli spesso non vengono pronunciati e in loro luogo, nel caso di verbi non flessivi,<br />

viene realizzata una flessione di tipo non manuale. Ad esempio:<br />

torsione <strong>del</strong>le spalle verso j<br />

23. GIANNIi MARIAj iTROVAREj<br />

Gianni va a trovare Maria<br />

In sostanza durante l’articolazione <strong>del</strong> verbo il segnante sposta la direzione<br />

<strong>del</strong> segno (che in ogni caso parte dal corpo) e <strong>del</strong>le spalle verso l’oggetto. Si tratta di<br />

una condizione di “role shifting”, nel senso di Zucchi (2004), <strong>del</strong> segnante sul<br />

soggetto.<br />

Per concludere applicherò la reduplicazione al test di cliticità di Kayne (1975)<br />

che fornisce un ulteriore elemento a sostegno <strong>del</strong>le ipotesi fatte fin qui; con esso è<br />

possibile verificare come la reduplicazione sia una caratteristica <strong>dei</strong> pronomi forti.<br />

Kayne individua specifiche proprietà <strong>dei</strong> pronomi forti che, per contrasto, i clitici<br />

non possiedono. Tra quelle applicabili alla LIS ho individuato le seguenti:<br />

a) I clitici non possono essere marcati contrastivamente mentre i pronomi<br />

forti posseggono questa abilità. Un primo esempio è costituito dalla frase 8, che<br />

come ho già specificato, ha un’interpretazione marcata. Prendiamo adesso una frase<br />

con una focalizzazione contrastiva.<br />

marcato<br />

24. GIANNI INCONTRARE IX+, MARIA NO<br />

Gianni ha incontrato LUI non Maria<br />

25. GIANNI INCONTRARE IX MARIA NO<br />

198


CAPIITOLO 7<br />

Il segno <strong>del</strong>l’indicazione marcato, <strong>del</strong>la frase 24, è accompagnato anche da<br />

uno specifico tratto sovrasegmentale costituito dall’inarcamento <strong>del</strong>le sopracciglia.<br />

Un pronome reduplicato è un pronome foneticamente marcato, mentre un pronome<br />

debole non lo è, per questo motivo questi ultimi non possono stare in posizione<br />

periferica né essere marcati contrastivamente (Cardinaletti e Starke, 1999).<br />

b) Tra un verbo e un pronome forte si può inserire un altro elemento mentre<br />

tra un verbo ed un clitico non è possibile. Questo fenomeno in LIS è riscontrabile<br />

con le frasi 11,12 e 13 descritte sopra.<br />

4. <strong>La</strong> posizione <strong>dei</strong> clitici <strong>del</strong>la LIS: alcune analogie con uno studio sul<br />

toscano e sul trentino.<br />

In uno studio sui pronomi <strong>del</strong> toscano e <strong>del</strong> trentino, Brandi e Cordin (1989)<br />

osservano che i due dialetti richiedono il soggetto clitico non solo lì dove le<br />

corrispondenti frasi in italiano hanno il soggetto nullo (ad esempio la frase in italiano<br />

Parli ha il soggetto nullo mentre in trentino ha esplicito un clitico: te parli) 17 , ma<br />

anche nelle frasi in cui il soggetto è espresso (ad esempio la Maria la parla).<br />

Contrariamente a lingue come il francese e similmente all’italiano, questi due dialetti<br />

ammettono liberamente l’inversione di soggetto verbo (ad esempio Gl’ha telefonato<br />

<strong>del</strong>le ragazze).<br />

Sulla base <strong>del</strong>le assunzioni di Chomsky (1982), Brandi e Cordin (1989)<br />

ipotizzano che anche il trentino e il toscano siano lingue a soggetto nullo e che il<br />

clitico non sia altro che la realizzazione fonetica <strong>del</strong>la testa di Agr che in una lingua<br />

come l’italiano non ha realizzazione fonetica, mentre in toscano e trentino la testa<br />

Agr viene espressa. Quindi, in questi dialetti, quando le frasi presentano solo il<br />

clitico senza il soggetto pieno, si tratta di una caduta <strong>del</strong> soggetto tonico secondo lo<br />

schema seguente:<br />

17 Per maggiori approfondimenti si rimanda a Brandi e Cordin (1989).<br />

199


Fig.3<br />

LE IINDIICAZIIONII COME PRONOMII<br />

Il fatto che in LIS coesistano nello stesso <strong>sintagma</strong> due indicazioni, una forte,<br />

con una durata elevata e con tratti referenziali forti, e una debole con una durata<br />

molto bassa, conduce all’assunzione di due possibili soluzioni illustrate in Brandi e<br />

Cordin (1989). <strong>La</strong> prima soluzione, caratteristica <strong>del</strong>le lingue pro drop, può essere<br />

assimilata alla situazione <strong>del</strong> toscano e <strong>del</strong> trentino dove i clitici occupano una<br />

posizione di testa <strong>del</strong>la proiezione INFL mentre il pronome, come NP occupa la<br />

posizione di specificatore di INFL. Le due posizioni possono essere ambedue<br />

riempite come nel caso <strong>del</strong>la figura 4 che mostra un <strong>sintagma</strong> <strong>del</strong>la frase 10 che qui<br />

numererò come 27 .<br />

guance tese<br />

1/6 1/12<br />

27. AUTOj IXj UOMO IXj DIRE<br />

l’autista ha detto<br />

Fig.4<br />

NP<br />

INFL’’<br />

INFL<br />

INFL’<br />

200<br />

VP<br />

pro tu parli<br />

NP<br />

1/6<br />

AUTO IXJ UOMO<br />

autista<br />

INFL’’<br />

INFL<br />

1/12<br />

IXJ<br />

clitic<br />

INFL’<br />

[Brandi e Cordin 1989:116]<br />

VP<br />

DIRE


CAPIITOLO 7<br />

<strong>La</strong> posizione <strong>del</strong> clitico può rimanere fonologicamente vuota, come nel caso<br />

<strong>del</strong>le frasi elicitate dove abbiamo visto che spesso i clitici vengono omessi. <strong>La</strong> frase<br />

18, che qui ripeterò con 27, ne costituisce un esempio: in essa il pronome di prima<br />

persona (IX1P), in qualità di pronome forte è un NP pieno e occupa la posizione di<br />

specificatore <strong>del</strong>la proiezione di INFL, mentre la posizione <strong>del</strong> clitico rimane<br />

foneticamente non realizzata.<br />

1/3<br />

27. LIBRO, IX1p 1pREGALAREj PIETROj<br />

Il libro io lo regalo a Pietro<br />

Fig.5<br />

NP<br />

1/3<br />

IX1P<br />

INFL’’<br />

INFL°<br />

<strong>La</strong> seconda soluzione prevede una situazione in cui il clitico è solo fonologico<br />

e non sintattico (come nel caso precedente) e che la sua posizione reale è quella di<br />

specificatore di INFL con un antecedente in posizione di topic. In realtà osservando i<br />

tratti sovrasegmentali <strong>del</strong>la frase 9 <strong>del</strong>la quale qui riprenderemo solo la parte iniziale<br />

con il n. 28 questa soluzione non può essere esclusa.<br />

tratto DP<br />

INFL’<br />

1/2 1/8<br />

28. PRESIDENTE STATI UNITI IXj IXj DIRE…<br />

Il presidente degli Stati Uniti ha detto …<br />

Sembra che il tratto sovrasegmentale che indico con DP sia una dislocazione<br />

a sinistra in quanto, come ho già affermato in altre situazioni, è caratterizzato dalle<br />

stesse espressioni <strong>del</strong> topic, in tal caso il clitico costituisce la sua ripresa.<br />

Strutturalmente la situazione sarebbe la seguente:<br />

201<br />

VP<br />

regalare


Fig.4<br />

LE IINDIICAZIIONII COME PRONOMII<br />

TOP<br />

presidente 1/2<br />

stati uniti IX<br />

TOP<br />

Riepilogando, nessuna <strong>del</strong>le due analisi illustrate è esclusa perché negli<br />

esempi che ho rinumerato con 26 e 27 non c’è nessuna evidenza che il soggetto<br />

costituisca un topic, nel secondo esempio invece, i tratti sovrasegmentali marcano il<br />

<strong>sintagma</strong> PRESIDENTE STATI UNITI IX distribuendosi su tutta la sua estensione.<br />

4.1 Alcune considerazioni sul soggetto nullo<br />

Le analogie descritte nel paragrafo precedente costituiscono un preludio ad<br />

uno studio <strong>del</strong> parametro <strong>del</strong> soggetto nullo in LIS. A tal proposito vale la pena<br />

riprendere alcuni aspetti ai quali ho già accennato nel corso di questo lavoro.<br />

Nel capitolo 2 (par.5) ho indicato il diverso comportamento di verbi flessivi e<br />

non flessivi in LIS. I primi, in virtù <strong>del</strong>la flessione forte, ammetterebbero l’assenza<br />

<strong>del</strong> soggetto, i secondi invece, hanno un comportamento differente ed in particolare<br />

sembra che prima e seconda persona verbale richiedano sempre l’esplicitazione <strong>del</strong><br />

soggetto, con la terza persona, invece, è possibile omettere l’indicazione<br />

pronominale, la direzione <strong>del</strong>lo sguardo e/o la rotazione <strong>del</strong>la testa o/e <strong>del</strong>le spalle<br />

marcherebbero le persone verbali. In realtà abbiamo anche visto che non sempre la<br />

marcatura non manuale è sufficiente a giustificare il soggetto nullo; inoltre nelle frasi<br />

prodotte spontaneamente è stata registrata la presenza di numerosi clitici, sia con la<br />

prima persona sia con la terza persona, anche con i verbi flessivi.<br />

NP<br />

1/8<br />

IXj<br />

202<br />

INFL’’<br />

INFL<br />

INFL’<br />

VP<br />

dire


CAPIITOLO 7<br />

Nel paragrafo 3.4.1 di questo capitolo, in cui ho illustrato il ruolo <strong>dei</strong> pronomi<br />

con un tempo di produzione molto basso, e che in considerazione anche <strong>del</strong>la loro<br />

distribuzione affermo essere <strong>dei</strong> clitici, ho descritto il fenomeno coarticolatorio tra il<br />

verbo ed il clitico che lo precede. Ho anche accennato alla possibilità di<br />

un’evoluzione <strong>del</strong> fenomeno tale che il pronome clitico si incorpori nel verbo,<br />

lasciando, come unica evidenza <strong>del</strong>la sua esistenza, i suoi tratti di luogo con i quali il<br />

verbo concorda. In questa prospettiva, i tratti di luogo costituirebbero lo “spell-out”<br />

<strong>del</strong>l’accordo ovvero ciò che rimane <strong>del</strong> clitico. Per sostenere questa ipotesi ho<br />

indicato i verbi metereologici che durante l’articolazione vengono localizzati in uno<br />

spazio sopra allo spazio neutro. In questa sezione puntualizzerò meglio questo<br />

aspetto. Un verbo come piovere ha la stessa articolazione <strong>del</strong> nome, semanticamente<br />

corrispondente, pioggia; <strong>nella</strong> forma citazionale sia verbo che nome vengono<br />

articolati nello spazio neutro. Per capire se <strong>nella</strong> frase si sta usando un verbo<br />

piuttosto cheun nome, è necessario verificare la flessione <strong>del</strong> verbo. Visto che la<br />

concordanza avviene con un pronome di terza persona probabilmente nullo, la<br />

flessione per persona non è significativa perché avverrebbe nello spazio neutro.<br />

L’unica flessione possibile, è quella per aspetto che, come abbiamo visto nel capitolo<br />

4, in caso di omofonia tra verbo e nome, marca il verbo. Ad esempio se si ripete il<br />

segno per pioggia significa piove continuamente. Questa frase può essere espressa<br />

nelle seguenti maniere:<br />

29. IXindicando verso l’alto PIOVERE+++<br />

30. PIOVERE+++ sguardo verso l’alto o articolazione <strong>del</strong> segno in un punto più alto <strong>del</strong>lo spazio neutro<br />

Sintetizzando, le modalità di articolazione sono le seguenti: a) si può<br />

anteporre un’ indicazione, b) il verbo è localizzato in un punto <strong>del</strong>lo spazio più alto<br />

rispetto al piano <strong>del</strong>lo spazio neutro, c) lo sguardo punta verso l’alto.<br />

I verbi metereologici si comportano come i verbi che ho indicato essere non<br />

flessivi, vale a dire che in caso di assenza <strong>del</strong>la flessione manuale questa viene<br />

sostituita da quella non manuale. Ciò porta a concludere che potrebbe esistere un<br />

203


LE IINDIICAZIIONII COME PRONOMII<br />

soggetto espletivo costituito dai tratti <strong>del</strong>lo spazio. In sostanza i tratti <strong>del</strong>lo spazio<br />

potrebbero costituire la forma fonetica <strong>del</strong> clitico. Nella figura 1 è possibile<br />

constatare che il primo punto di articolazione <strong>del</strong> verbo regalare coincide con il<br />

luogo <strong>del</strong>l’agente e il secondo punto con il luogo <strong>del</strong> beneficiario.<br />

Cardinaletti e Starke (1999) affermano che i pronomi espletivi sono deficitari.<br />

Il pleut<br />

**lui (il) pleut [Cardinaletti e Starke, 1999:154]<br />

In LIS, infatti l’indicazione <strong>del</strong>la corrispondente frase 29 è breve e non può<br />

essere ripetuta.<br />

5. Posizione <strong>struttura</strong>le <strong>dei</strong> pronomi in LIS<br />

Riguardo alla posizione <strong>struttura</strong>le <strong>dei</strong> diversi tipi di pronomi, in LIS<br />

assumerò gli studi di Cardinaletti e Starke (1999) i quali, partendo dalle posizioni <strong>del</strong><br />

DP, la cui proiezione più alta non solo viene considerata come la realizzazione <strong>dei</strong><br />

tratti di accordo e <strong>dei</strong> tratti referenziali, affermano che esistono numerose proiezioni<br />

funzionali associate alla testa nominale che dividono il DP in diversi livelli<br />

funzionali. Il livello più alto, che realizza i tratti referenziali, è il livello CP nominale.<br />

Il pronome forte contiene tutti i livelli funzionali anche se non li realizza<br />

foneticamente. I pronomi deboli e i pronomi clitici mancando <strong>del</strong> livello CP, il<br />

livello <strong>dei</strong> tratti referenziali, non possono essere né coordinati né modificati e, a<br />

livello di <strong>struttura</strong> superficiale, i clitici devono occorrere in una proiezione<br />

funzionale capace di assegnare loro i tratti di caso. Per questo motivo i pronomi<br />

deboli e clitici devono ricorrere in una relazione <strong>struttura</strong>le con AGR°. Il pronome<br />

debole, essendo un XP, è nello specificatore di AgrP in una configurazione locale<br />

con X°; i clitici invece, come teste, occorrono in una testa funzionale FP che<br />

Cardinaletti e Starke (1999) ipotizzano essere una testa associata ai tratti prosodici<br />

mancanti nei clitici ma presenti nelle altre tipologie di pronomi. Pertanto i pronomi<br />

deboli sono referenziali solo se sono associati ad un antecedente (un NP o pronome<br />

forte), da soli non possono essere interpretati.<br />

204


CAPIITOLO 7<br />

In LIS semanticamente, un nome articolato in un punto <strong>del</strong>lo spazio, connota<br />

in maniera specifica quel punto: i riferimenti, realizzati dal puntamento <strong>del</strong>l’indice<br />

<strong>nella</strong> stessa direzione, si caricano <strong>dei</strong> tratti referenziali <strong>del</strong> nome. In assenza <strong>del</strong>la<br />

specificazione di un nome in un punto <strong>del</strong>lo spazio, quest’ultimo, abbiamo visto, va<br />

interpretato in relazione al segnante e all’interlocutore, ovvero attraverso i tratti <strong>del</strong>lo<br />

spazio [+/-prossimale] [+/-distale]. Quando il puntamento è foneticamente forte,<br />

caratterizzato cioè da un indice di durata superiore a 1/6 di secondo oppure dalla<br />

reduplicazione <strong>del</strong> puntamento, la referenzialità è forte. Quando il puntamento è<br />

debole, con indice di durata inferiore a 1/6 di secondo, la referenzialità è debole e<br />

pertanto è ancorata all’NP che precede il puntamento <strong>del</strong> luogo definito <strong>del</strong>lo spazio.<br />

Attraverso le frasi elicitate, sottoposte quindi al controllo <strong>del</strong>la grammatica<br />

normativa, si è potuto verificare che i riferimenti allo spazio specifico possono essere<br />

realizzati attraverso la concordanza forte, vale a dire attraverso i verbi flessivi, che<br />

con la loro “direzionalità” marcano lo spazio riferibile ai due argomenti che<br />

selezionano oppure, in presenza di un verbo non flessivo, attraverso i tratti<br />

sovrasegmentali 18 . Una maniera per interpretare questa differenza di comportamento<br />

tra i due tipi di frasi, quella elicitata e quella spontanea, è assumere che in LIS<br />

esistano due possibilità di “spell-out” <strong>dei</strong> pronomi clitici: la prima è costituita<br />

dall’indicazione debole, la seconda, che viene rilevata nelle frasi elicitate, è data<br />

dalla marcatura <strong>dei</strong> punti <strong>del</strong>lo spazio attraverso la concordanza, manuale o non<br />

manuale, <strong>dei</strong> verbi. Se assumiamo che i punti <strong>del</strong>lo spazio marcati da questi verbi<br />

costituiscono una forma “spell-out” <strong>del</strong>la forma debole oppure clitica, possiamo<br />

verificare che verbi flessivi e non flessivi alla fine possiedono tutti un pronome di<br />

ripresa debole. Questa interpretazione consente di rivedere il parametro <strong>del</strong> “pro-<br />

drop” in una nuova luce.<br />

Concordando con Cardinaletti (1994), è possibile affermare che i clitici sono<br />

<strong>del</strong>le teste D mentre i pronomi forti possono essere considerati come N°. Seguendo il<br />

sistema di Chomsky (1992, 1995), postulerò che il pronome forte, in virtù <strong>dei</strong> suoi<br />

18 In questo senso va inteso anche gli argomenti “role-shifted” in cui il segnante, partecipando in<br />

prima persona al discorso, usa il proprio corpo come luogo di referenzialità.<br />

205


LE IINDIICAZIIONII COME PRONOMII<br />

tratti referenziali, è generato in N° <strong>nella</strong> forma flessa, quindi con tutti i suoi tratti di<br />

luogo, si muove dalla posizione più bassa per risalire lungo tutta la proiezione estesa<br />

<strong>del</strong> DP fino D°, al fine di controllare tali tratti flessivi.<br />

[DP IXj [NP t ] ]<br />

In LIS il pronome forte si comporta come il nome quando è localizzato in un<br />

determinato punto perché acquisisce una ricca morfologia di accordo dai tratti <strong>del</strong>lo<br />

spazio.<br />

CONCLUSIONI<br />

In questo capitolo ho illustrato l’indicazione con funzione di pronome.<br />

Poiché l’indicazione di terza persona è omofona al dimostrativo, ho considerato<br />

come pronome l’indicazione che non seleziona un NP, assumendo così la posizione<br />

di Abney (1987) per il quale i pronomi di terza persona, a differenza di quelli di<br />

prima e di seconda, non selezionano un NP. Abbiamo visto che le frasi <strong>del</strong>le<br />

produzioni spontanee, a differenza di quelle elicitate, sono ricche di indicazioni che<br />

spesso sono difficili da cogliere ad occhio nudo perché coarticolate con il segno che<br />

le segue. Misurando il valore <strong>del</strong>la durata di tali indicazioni è possibile individuare<br />

tre tipologie di valori che, anche rispetto alla loro distribuzione <strong>nella</strong> frase,<br />

corrispondono ai pronomi clitici deboli e forti. <strong>La</strong> riduzione progressiva <strong>del</strong> valore<br />

<strong>del</strong>la durata dalla forma forte a quella clitica, ci pone sulla stessa posizione <strong>del</strong>ineata<br />

da Cardinaletti e Starke (1999) i quali, ad una riduzione <strong>struttura</strong>le progressiva <strong>del</strong><br />

pronome forte, ne fanno corrispondere una prosodica. Assumendo che il pronome<br />

forte contiene tutti i livelli <strong>struttura</strong>li <strong>del</strong> DP anche se non li realizza foneticamente,<br />

ho affermato che il pronome forte è come un NP che dalla sua posizione di base<br />

risale in DP per controllare i forti tratti referenziali, mentre il pronome debole ed il<br />

clitico, mancando <strong>dei</strong> tratti referenziali forti, devono ricorrere ad una relazione<br />

<strong>struttura</strong>le con i tratti di accordo. Alla luce <strong>dei</strong> dati rilevati dalle frasi nelle<br />

206


CAPIITOLO 7<br />

produzioni spontanee, associando l’uso <strong>dei</strong> clitici a certe varietà, è possibile anche<br />

rilevare dati utili per un’eventuale discussione <strong>del</strong> parametro <strong>del</strong> pro drop.<br />

207


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI<br />

Aarons, D. (1994) Aspects of the Syntax of American Sign <strong>La</strong>nguage. Doctoral<br />

dissertation, Boston University.<br />

Abney, S. (1987) The English Noun Phrase and Its Sentential Aspect. MIT PhD<br />

dissertation.<br />

Ahlgren, I. (1990) “Deictic Pronouns in Swedish and Swedish Sign <strong>La</strong>nguage”.<br />

Theoretical Issue in Sign <strong>La</strong>nguage Research. Susan D. Fischer and Patricia<br />

Siple (a cura di) Linguistics, Vol.1, 167-174. Chicago: University of Chicago<br />

Press.<br />

Aikhenvald, A.Y. (2000) Classifier, a typology of noun categorization devices.<br />

Oxford: Oxford University Press.<br />

Ajello, R.(1997) “Lingue vocali, lingue <strong>dei</strong> segni e ‘L’illusion mimetique’”. In F.<br />

Motta (a cura di), Miscellanea in onore di Enrico Campanile, 1-14. Pisa:<br />

Pacini.<br />

Anderson, L. (1978). Phonological Process in Sign <strong>La</strong>nguage. Manoscritto non<br />

pubblicato, Washington: Gallaudet College.


RIIFERIIMENTII BIIBLIIOGRAFIICII<br />

Bahan, B., J. Kegl, D. Mac <strong>La</strong>ughlin, C. Neidle (1995) “Convergent Evidence for the<br />

Structure of Determiner Phrase in American Sign <strong>La</strong>nguage”. In L. Gabriele,<br />

D. Hardison, R. Westmoreland, (a cura di) FLSM VI. Proceedings of the<br />

Sixth Annual Meeting of the Formal Linguistics Society of Mid-America, 2, 1-<br />

12. Bloomington: Indiana University Linguistics Club.<br />

Bahan, B. (1996) Nonmanual Realization of Agreement in American Sign <strong>La</strong>nguage.<br />

Doctoral dissertation, Boston University, Boston Mass.<br />

Bahan, B., J. Kegl, R.G. Lee, D. Mac <strong>La</strong>ughlin, C. Neidle (2000). “The Licensing of<br />

Null Arguments in American Sign <strong>La</strong>nguage”. Linguistic Inquiry 31, 1-27.<br />

Baker, M. (1985) “The Mirror Principle and Morphosyntactic Explanation”.<br />

Linguistic Inquiry 16, 373-416.<br />

Baker, M. (1988) Incorporation: A Theory of Grammatical Function Changing.<br />

Chicago: University of Chicago Press.<br />

Baker, M. (2003) Lexical Categories. Verbs, Nouns, and Adjective. Cambridge:<br />

Cambridge University Press.<br />

Battison, R. (1974) “Phonological Deletion in American Sign <strong>La</strong>nguage”. In Sign<br />

<strong>La</strong>nguage Studies 5, 1-19.<br />

Battison, R., Markowicz H., Woodward J. (1975) “A good rule of thumb: Variable<br />

phonology in American Sign <strong>La</strong>nguage”. In R. Shuy, R. Fasold (a cura di)<br />

New Ways of Analyzing in English, Washington D.C.: Georgetown University<br />

Press.<br />

Belletti, A. (1990) Generalized Verb Movement. Torino: Rosenberg e Sellier.<br />

Belletti, A. (2004) Structures and Beyond: the Cartography of Syntactic Structures.<br />

vol. 3. New York: Oxford University Press.<br />

Benedicto, E., D. Brentari (2004) “Where did all the arguments go? Argument<br />

Changing properties of classifiers in American Sign <strong>La</strong>nguage”. Natural<br />

<strong>La</strong>nguage and Linguistic Theory, 22:4, 743-810.<br />

Benveniste, E. (1971) “The nature of pronouns”. In C. Gables (a cura di), Problems<br />

in general linguistics, 217-222. FL: University of Miami Press.<br />

209


RIIFERIIMENTII BIIBLIIOGRAFIICII<br />

Bergman, B. P. Boyes-Braem, T. Hanke, E. Pizzuto (2001) “Sign Transcription and<br />

Database Storage of Sign Information”. Edizione speciale di Sign <strong>La</strong>nguage<br />

& Linguistics 4:1/2.<br />

Bernstein, J.B. (1991) “DPs in French and Wallon: Evidence for Parametric<br />

Variation in Nominal Head Movement”. Probus 3.2, 101-126.<br />

Bernstein, J.B. (1993) “The syntactic role of word markers in null nominal<br />

construction”. Probus, 5, 5-38.<br />

Bernstein, J.B. (2001). “The DP Hypothesis: Identifying Clausal Properties in the<br />

Nominal Domain”. In M. Baltin, C. Collins (a cura di), The Handbook of<br />

Contemporary Syntactic Theory, 537-561. Oxford: Blackwell.<br />

Bernstein, J.B. (2006) Where’s person?. Seminario di studio <strong>del</strong> 30 maggio 2007,<br />

Università Ca’ Foscari di Venezia,.<br />

Bolzonello, M. (2004) Accordo verbale <strong>nella</strong> lingua <strong>dei</strong> segni italiana: prospettive<br />

per un’analisi sintattica. Tesi di laurea non pubblicata, Università Ca’<br />

Foscari Venezia.<br />

Branchini, C., C. Donati (2005) Exploring the Chinese Trail. Intervento presentato al<br />

workshop “Signa Volant” 22-24 giugno 2005, Università degli Studi Bicocca,<br />

Milano.<br />

Brandi L. P. Cordin (1989) “Two Italian Dialects and the Null Subject Parameter”.<br />

O. Jaeggli, K.J. Safir (a cura di) The Null Subject Parameter, 111-142.<br />

Dordrecht: Rei<strong>del</strong>.<br />

Brentari, D. (1998) A Prosodic Mo<strong>del</strong> of Sign <strong>La</strong>nguage Phonology. MIT Press.<br />

Brugè, L. (2000) “Le categorie funzionali <strong>del</strong> nome nelle lingue romanze”. Milano:<br />

Cisalpino.<br />

Brugè, L. (2002) “The Position of Demonstratives in the Extended Nominal<br />

Projection”. In G. Cinque (a cura di), Functional Structure in DP and IP: The<br />

Cartography of Syntactic Structures, vol.1, 15-53. New York: Oxford<br />

University Press.<br />

Cardinaletti, A. (1994) “On the internal structure of pronominal DPs”. The Linguistic<br />

Review, 11, 195-219.<br />

210


RIIFERIIMENTII BIIBLIIOGRAFIICII<br />

Cardinaletti, A., M. Starke (1999) “The typology of structural deficiency: A case<br />

study of the three classes of pronouns”. In H. Van Riemsdijk (a cura di.)<br />

Clitic in the <strong>La</strong>nguages of Europe, 145-234. Berlin, New York: Mouton de<br />

Gruyter.<br />

Caselli, M.C., S. Maragna, L. Pagliari Rampelli, V. Volterra (1994) <strong>Lingua</strong>ggio e<br />

Sordità, Firenze: <strong>La</strong> Nuova Italia.<br />

Cecchetto, C., C. Geraci, A. Zucchi (2004a) Strategies of Relativization in LIS,<br />

manoscritto, Homepage Zucchi, www.filosofia.unimi.it<br />

Cecchetto, C., C. Geraci, S. Zucchi (2004b) "Why is Spec, CP on the Right in Sign<br />

<strong>La</strong>nguages?", extended handout, GLOW 2004. Homepage Zucchi,<br />

www.filosofia.unimi.it<br />

Cheng, L., R. Sybesma (1999) “Bare and Not-So-Bare Nouns and the structure of<br />

NP.” Linguistics Inquiry 30, 509-542.<br />

Chomsky, N. (1981) Lecures on Government and Binding. Foris: Dordrecht.<br />

Chomsky, N. (1986) Barriers. Cambridge. Mass.: MIT Press.<br />

Chomsky, N. (1995) The Minimalist Program. Cambridge, Mass.: MIT Press<br />

Cinque, G. (1994) ”On the Evidence for Partial N-movement in the Romance DP”.<br />

In G. Cinque, J. Koster, J.Y. Pollock, L. Rizzi, R. Zanuttini, (a cura di), Paths<br />

towards Universal Grammar: Studies in honour of Richard S. Kayne, 85-110.<br />

Washington: Georgetown University Press.<br />

Cinque, G. (1999) Adverbs and Functional Heads: A Cross-Linguistic Perspective.<br />

New York: Oxford University Press.<br />

Cinque, G. (2000) “On Greenberg‘s Universal 20 and Semitic DP”. University of<br />

Venice Working Papers in Linguistics, vol.10 (2), 45-61.<br />

Cinque, G.(2002) “Mapping Functional Structure: A Project”. In G. Cinque ( a cura<br />

di), Functional Structure in DP and IP: The Cartography of Syntactic<br />

Structures, vol.1, 3-11. New York: Oxford University Press.<br />

Cinque, G. (2005a) “Deriving Greenberg’s Universal 20 and Its Exceptions”.<br />

Linguistic Inquiry, 36, 315-332.<br />

211


RIIFERIIMENTII BIIBLIIOGRAFIICII<br />

Cinque, G. (2005b) “The Dual Source of Adjective and Phrasal Movement in The<br />

Romance DP”. Manoscritto, University of Venice.<br />

Corazza S. (1990) “The Morphology of Classifier Handshapes in Italian Sign<br />

<strong>La</strong>nguage (LIS)”. In C. Lucas (a cura di) Sign <strong>La</strong>nguage Research:<br />

Theoretical Issues, 71-82. Washington D.C.: Gallaudet University Press.<br />

Corazza S., E. Pizzuto (1996) “Noun Morphology in Italian Sign <strong>La</strong>nguage (L.I.S.)”.<br />

<strong>Lingua</strong> 98, 169-196.<br />

Corazza, S., E. Pizzuto (2000a) “<strong>Segni</strong> senza parole: osservazioni sui “classificatori”<br />

<strong>del</strong>la LIS”. In C. Bagnara, G. Chiappini, M.P. Conte, M. Ott, (a cura di),<br />

Viaggio <strong>nella</strong> città invisibile. Atti <strong>del</strong> secondo convegno nazionale sulla<br />

<strong>Lingua</strong> <strong>Italiana</strong> <strong>dei</strong> <strong>Segni</strong>, 50-59. Tirrenia (PI): Del Cerrro.<br />

Corazza, S. (2000b) “Aspetti morfofonologici <strong>dei</strong> verbi in LIS”. In L. Gran, C. K.<br />

Bidoli (a cura di), L’interpretazione nelle lingue <strong>dei</strong> segni: aspetti teorici e<br />

pratici <strong>del</strong>la formazione. Università degli Studi di Trieste, Dipartimento di<br />

Scienze <strong>del</strong> <strong>Lingua</strong>ggio.<br />

Corina, D. P., U. Bellugi, J. Reilly (1999) “Neuropsychological Studies of Linguistic<br />

and Affective Facial Expression in Deaf Signers”. <strong>La</strong>nguage and Speech 42<br />

(2-3), 307-331.<br />

Cruse, D. A. (1994) “Number and Number Systems”. In R.E Asher (a cura di), The<br />

Encyclopaedia of <strong>La</strong>nguage and Linguistics, vol. V: 2857-2861. Oxford:<br />

Pergamon Press.<br />

D’Este, F. (2003) Gli aggettivi <strong>nella</strong> <strong>Lingua</strong> <strong>dei</strong> <strong>Segni</strong> <strong>Italiana</strong>. Tesina d’esame per il<br />

corso di linguistica, <strong>La</strong>urea Specialistica in Linguistica. Venezia:<br />

Dipartimento di Scienze <strong>del</strong> <strong>Lingua</strong>ggio.<br />

Dryer, M. (1989) “Plural Words”. Linguistics 27, 865-895.<br />

Dryer, M. (2005) “Coding of Nominal Plurality”. In M. Haspelmath, M. S. Dryer, D.<br />

Gil, and B. Comrie (a cura di), The World Atlas of <strong>La</strong>nguage Structures.<br />

Oxford University Press.<br />

Emonds, J. (1976) A Transformational Approach to English Syntax: root, structure-<br />

preserving and local transformations. New York: Academic Press.<br />

212


RIIFERIIMENTII BIIBLIIOGRAFIICII<br />

Engberg-Pedersen, E. (1995) “The Point of View Expressed Through Shifters”. In K.<br />

Emmorey, J. S. Reilly (a cura di), <strong>La</strong>nguage, Gesture, and Space, 133-154.<br />

Hillsdale, N.J.: <strong>La</strong>wrence Erlbaum.<br />

Fabbretti, D., E.Pizzuto (2000) “Dalle mani alla carta: aspetti teorici e metodologici<br />

<strong>del</strong>la notazione <strong>del</strong>la <strong>Lingua</strong> <strong>Italiana</strong> <strong>dei</strong> <strong>Segni</strong>”. Rassegna di Psicologia 2<br />

vol XVII, 101-122.<br />

Friedman, L. (1977). “Formational Properties of American Sign <strong>La</strong>nguage”. In L.<br />

Friedman (a cura di) On the Other Hand: New Perspectives on American Sign<br />

<strong>La</strong>nguage, New York: Academic Press.<br />

Forchheimer, P. (1953) The category of person in language. Berlin: Walter de<br />

Gruyter.<br />

Furuya, K. (2003) “Us linguists”. Proceedings of the workshop on Altaic in Formal<br />

Linguistics. MIT.<br />

Geraci, C. (2006) “Negation in LIS”. In L. Baterman, C. Ussery, (a cura di)<br />

Proceedings of the35th annual meeting of the North East Linguistic Society,<br />

vol.1.<br />

Gil, D. (1994) “Summary: Numeral Classifier”. Linguist List, 5:466.<br />

Giusti, G. (1993) <strong>La</strong> sintassi <strong>dei</strong> determinanti. Padova: Unipress.<br />

Giusti, G. (1994) “Enclitic Article and Double Definiteness. A Comparative Analysis<br />

of Nominal Structure in Romance and Germanic”. The Linguistic Review 11,<br />

241-255.<br />

Giusti, G. (1997) “The Categorial Status of Determiners” in Haegeman, L. (a cura di)<br />

The New Comparative Germanic Syntax, 95-123. London: Longman.<br />

Giusti, G. (2002) “The functional structure of Noun Phrase. A bare structure<br />

approach”. In G. Cinque, (a cura di) Functional Structure in DP and IP: The<br />

Cartography of Syntactic Structures, vol.1, 54-90. New York: Oxford<br />

University Press.<br />

Giusti, G. (2005) “At the left periphery pf the Rumenian noun phrase”. In M. Coene<br />

e L. Tasmowsky (a cura di) Proceedings of the Tense and Aspect Conference.<br />

Cluj (Romania): Clusium.<br />

213


RIIFERIIMENTII BIIBLIIOGRAFIICII<br />

<strong>La</strong>udanna, A. (1987) “Ordine <strong>dei</strong> segni <strong>nella</strong> frase”. In Volterra V. (a cura di) <strong>La</strong><br />

<strong>Lingua</strong> <strong>Italiana</strong> <strong>dei</strong> <strong>Segni</strong>. <strong>La</strong> comunicazione visivo gestuale <strong>dei</strong> sordi, 211-<br />

230. Bologna: Il Mulino.<br />

<strong>La</strong>udanna, A., V. Volterra (1991) “Orders of words, signs and gestures: A first<br />

comparison”. Applied Psycolinguistics 12, 135-150.<br />

Lid<strong>del</strong>l, Scott K. and R. Johnson (1989) “American Sign <strong>La</strong>nguage: the phonological<br />

base”. In Sign <strong>La</strong>nguage Studies, 18:64, 195-277.<br />

Lid<strong>del</strong>l, Scott K. (1995) “Real, Surrogate, and Token Space: grammatical<br />

Consequences in ASL”. In K. Emmorey, J. S. Reilly, <strong>La</strong>nguage, Gesture, and<br />

Space, 19-41. Hillsdale, N.J.: <strong>La</strong>wrence Erlbaum<br />

Lid<strong>del</strong>l, Scott K. (2002) Indicating verbs and Pronouns, Pointing away from<br />

Agreement. In K. Emmorey, H. <strong>La</strong>ne (a cura di), The Sign of <strong>La</strong>nguage<br />

Revisited, 303-320. Hillsdale, NJ: Erlbaum.<br />

Lillo-Martin, D., E. S. Klima. (1990) “Pointing out Differences: ASL Pronouns in<br />

Syntactic Theory”. In S. D. Fischer, P. Siple, Theoretical Issue in Sign<br />

<strong>La</strong>nguage Research, Vol.1, 191-210. Chicago: University of Chicago Press.<br />

Lillo-Martin, D. (1991) Universal Grammar and American Sign <strong>La</strong>nguage.<br />

Dordrecht: Kluwer.<br />

Lillo-Martin, D. (1995) “The Point of View Predicate in American Sign <strong>La</strong>nguage”.<br />

In K. Emmorey, J. S. Reilly, (a cura di) <strong>La</strong>nguage, Gesture, and Space. 155-<br />

170. Hillsdale, N.J.: <strong>La</strong>wrence Erlbaum.<br />

Lillo-Martin, D., W. Sandler (2006) Sign <strong>La</strong>nguage and Linguistic Universals.<br />

Cambridge University Press.<br />

Lyons, C. (1999) Definiteness. Cambridge University Press.<br />

Lyons, J. (1975) “Deixis as the source of reference”. In E. L. Keenan (a cura di)<br />

Formal semantics of natural language, 61-83. Cambridge University Press.<br />

Longobardi, G. (1994) “Reference and proper names: a theory of N-movement in<br />

syntax and logical form”. Linguistic Inquiry 25, 609-65.<br />

215


RIIFERIIMENTII BIIBLIIOGRAFIICII<br />

Longobardi, G. (2001) “The structure of DPs: Some Principles, Parameters, and<br />

Problems”. In Baltin, M. C. Collins, (a cura di), The Handbook of<br />

Contemporary Syntactic Theory, 563-603. Oxford University Press.<br />

Mac <strong>La</strong>ughlin, D. (1997) The Structure of Determiner Phrase: Evidence From<br />

American Sign <strong>La</strong>nguage. PhD Dissertation, Boston University.<br />

Mac <strong>La</strong>ughlin, D., C. Neidle, B. Bahan, R.G. Lee. (2000) “Morphological Inflections<br />

and Syntactic Representation of Person and Number in ASL”. Recherches<br />

Linguistiques de Vincennes 29, 73-100.<br />

Man<strong>del</strong>, M.A. (1981). Phonotactics and Morphophonology in American Sign<br />

<strong>La</strong>nguage. Tesi di dottorato non pubblicata, Berkely, University of<br />

California.<br />

Meier, R. P. (1990) “Person Deixis in American Sign <strong>La</strong>nguage” In S. D. Fischer, P.<br />

Siple Theoretical Issue in Sign <strong>La</strong>nguage Research. Vol.1, 175-190. Chicago:<br />

University of Chicago Press.<br />

Meir, I. (2002) “A cross-modality perspective on verb agreement”. Natural<br />

<strong>La</strong>nguage & Linguistic Theory 20, 413-450.<br />

Miljan, M. (2000) The noun phrase in Estonian Sign <strong>La</strong>nguage from the typological<br />

perspective. B. A. Thesis Estonian Institute of Humanities Department of<br />

English. Tallinn.<br />

http://sinine.ehi.ee/ehi/oppetool/lopetajad/merilin/contents.html<br />

Moravcsik, E. (1978) “Agreement”. In J. H. Greenberg, Universal of Human<br />

<strong>La</strong>nguage 4: Syntax, 331-374. California: University Press Standford.<br />

Neidle, C., D. Mac<strong>La</strong>ughlin, G. R. Lee (1997) Syntactic Structure and Discourse<br />

Function: An Examination of Two Construction in American Sign <strong>La</strong>nguage.<br />

Report n.4 American Sign <strong>La</strong>nguage, Linguistic Research Project (versione<br />

pdf).<br />

Neidle, C., J. Kegl, D. Mac <strong>La</strong>ughlin, B. Bahan, G. R. Lee (2000) The Sintax of<br />

American Sign <strong>La</strong>nguage: functional categories and hierarchical structure.<br />

M.I.T. Press.<br />

216


RIIFERIIMENTII BIIBLIIOGRAFIICII<br />

Neidle, C., D. Mac <strong>La</strong>ughlin (2002) “The Distribution of functional Projection in<br />

ASL: Evidence from overt expressions of Syntactic Feature”. In G. Cinque, (a<br />

cura di), Functional Structure in the DP and IP: The Cartography of<br />

Syntactic Structures, Vol.1, 195-224. Oxford University Press.<br />

Neidle, C., D. Mac <strong>La</strong>ughlin, B. Bahan, R.G. Lee, O. Foelsche, J. Kegl, D.<br />

Greenfield (2003) SignStream. http://www.bu.edu/asllrp/SignStream/.<br />

Ouhalla, J. (1991) Functional Categories and Parametric Variation. London:<br />

Routledge.<br />

Padden, C. (1983) Interaction of morphology and Syntax in American Sign<br />

<strong>La</strong>nguage. Ph.D. dissertation, University of California, San Diego. Versione<br />

pubblicata (1988) New York: Garland.<br />

Padden, C. (1990) “The relation between Space and Grammar in ASL Verb<br />

Morphology”. In C. Lucas (a cura di), Sign <strong>La</strong>nguage Research, Theoretical<br />

Issues, 118-132. Washington, D.C.: Gallaudet University Press.<br />

Picallo, M.C. (1991) “Nominal and nominalization in Catalan”. Probus, 3, 279-316.<br />

Pizzuto, E. (1987) “Aspetti morfosintattici”. In V. Volterra (a cura di) <strong>La</strong> lingua<br />

italiana <strong>dei</strong> segni. <strong>La</strong> comunicazione visivo gestuale <strong>dei</strong> sordi, 179-209.<br />

Bologna: Il Mulino.<br />

Pizzuto, E., E. Giuranna, G. Gambino (1990) “Manual and Nonmanual Morphology<br />

in Italian Sign <strong>La</strong>nguage: Grammatical Constrains and Discourse Processes”.<br />

In C. Lucas (a cura di), Sign <strong>La</strong>nguage Research: Theoretical Issues, 83 –<br />

102. Washington, D.C.: Gallaudet University Press.<br />

Pizzuto, E., E. Cameracanna, S. Corazza, V. Volterra (1995) “Terms for spatio-<br />

temporal relations in Italian Sign <strong>La</strong>nguage”. In R. Simone (a cura di),<br />

Iconicity in language, 237-256. Amsterdam: Benjamin.<br />

Pizzuto, E., E. Cameracanna, S. Corazza, V. Volterra (1997) “Morfologia <strong>dei</strong> nomi e<br />

classificatori <strong>nella</strong> lingua <strong>dei</strong> segni italiana”. In Caselli M.C., Corazza S. (a<br />

cura di): LIS- Studi, esperienze e ricerche sulla <strong>Lingua</strong> <strong>dei</strong> <strong>Segni</strong> in Italia, atti<br />

<strong>del</strong> 1 Convegno Nazionale Sulla <strong>Lingua</strong> <strong>dei</strong> <strong>Segni</strong>, 34-41. Tirrenia (PI)<br />

Edizioni Del Cerro.<br />

217


RIIFERIIMENTII BIIBLIIOGRAFIICII<br />

Pizzuto, E., P. Pietrandrea (2001) “The notation of signed text”. Sign <strong>La</strong>nguage &<br />

Linguistics 4:1/2, 29-45.<br />

Pollock, J.Y. (1989) “Verb Movement, Universal Grammar and the Structrure of IP”.<br />

Linguistic Inquiry 20, 365-424.<br />

Postal, P. (1969) “On so-called ‘pronouns’ in English”. In D. Reibel, S. Shane, (a<br />

cura di), Modern Studies in English, 201-224. Englewood Cliffs, NJ:<br />

Prentice-Hall.<br />

Poulin, C., C. Miller (1995) “On Narrative Discourse and Point of View in Quebec<br />

Sign <strong>La</strong>nguage”. In K. Emmorey, J. S. Reilly (a cura di) <strong>La</strong>nguage, Gesture,<br />

and Space. 117-132. Hillsdale, N.J.: <strong>La</strong>wrence Erlbaum.<br />

Progovac, L. (1998) “Determiner phrase in a language without determiners”.<br />

Linguistics 34: 165-179.<br />

Verdirosi, M.L. (1987) “Luoghi”. In Volterra (a cura di) <strong>La</strong> lingua italiana <strong>dei</strong> segni.<br />

<strong>La</strong> comunicazione visivo gestuale <strong>dei</strong> sordi, 23-48. Bologna: Il Mulino .<br />

Radutzky, E. (1987) “Alfabeto manuale”. In Volterra (a cura di) <strong>La</strong> lingua italiana<br />

<strong>dei</strong> segni. <strong>La</strong> comunicazione visivo gestuale <strong>dei</strong> sordi, 231-240. Bologna: Il<br />

Mulino.<br />

Radutzky, E., B. Santarelli (1987) “Movimenti e Orientamenti”. In Volterra (a cura<br />

di) <strong>La</strong> lingua italiana <strong>dei</strong> segni, 109-158. <strong>La</strong> comunicazione visivo gestuale<br />

<strong>dei</strong> sordi. Bologna: Il Mulino.<br />

Radutzky, E. (1990): “The changing handshape in Italian Sign <strong>La</strong>nguage”. In<br />

Edmondson, W.H., Karlsson, F. (a cura di), SRL ’87 paper from The Fourth<br />

International Symposium on Sign <strong>La</strong>nguage Research. <strong>La</strong>ppeenranta,<br />

Finlandia. Hamburg: Signum Press.<br />

Radutzky, E. (2000) “Cambiamento storico <strong>del</strong>la lingua <strong>dei</strong> segni”. In C. Bagnara, G.<br />

Chiappini, M.P. Conte, M. Ott (a cura di), Viaggio <strong>nella</strong> città invisibile. Atti<br />

<strong>del</strong> secondo convegno nazionale sulla <strong>Lingua</strong> <strong>Italiana</strong> <strong>dei</strong> <strong>Segni</strong>, 120-139.<br />

Tirrenia (PI):Del Cerrro.<br />

Radutzky, E.(a cura di) (1992) Dizionario bilingue elementare <strong>del</strong>la lingua italiana<br />

<strong>dei</strong> segni. Roma: Edizioni Kappa.<br />

218


RIIFERIIMENTII BIIBLIIOGRAFIICII<br />

Ritter, E. (1991) “Two functional categories in noun phrases: Evidence from<br />

Hebrew”, S. D. Rothstein (a cura di), Perspective on Phrase Structure: heads<br />

and licensing, Syntax and Semantics 25, 37-62. San Diego: Academic Press.<br />

Ritter, E. (1993) “Where’s Gender?” Linguistic Inquiry 24, 795-803.<br />

Ritter, E. (1995) “On The syntactic Category of Pronouns and Agreement”. Natural<br />

<strong>La</strong>nguage and Linguistic Theory 13, 405-443.<br />

Rizzi, L. (1982) Issue in Italian Syntax. Dordrecht: Foris.<br />

Rizzi, L. (1986) “Null objects in Italian and the theory of pro”. Linguistic Inquiry 17,<br />

501-557.<br />

Rizzi, L. (1997) “The fine structure of the left periphery”. In L. Haegeman (a cura di)<br />

Elements of Grammar. Dordrecht: Kluwer.<br />

Rizzi, L. (2004)”On the Cartography of Syntactic Structures”. In L. Rizzi (a cura di)<br />

The structure of CP and DP, 3-15. New York: Oxford University Press.<br />

Roehrs, D. (2005)“Pronouns are determiners after all”. In M. Den Dikken, C. Tortora<br />

(a cura di), The Function of Function Words and Functional Categories 251-<br />

285. Amsterdam: John Benjamins.<br />

Scott, G.J. (2002) “Stacked Adjectival Modification and Structure of Nominal<br />

Phrases. In G. Cinque (a cura di), Functional Structure in DP and IP: The<br />

Cartography of Syntactic Structures, vol. 1, 91-120. New York: Oxford<br />

University Press.<br />

Simpson, A. (2005) “Classifier and DP Structure in Southest Asia”. In G. Cinque, R.<br />

Kayne (a cura di), The Oxford Handbook of Comparative Syntax, 806-838.<br />

New York, Oxford University Press.<br />

Sproat, R., C. Shih. (1988) “Prenominal Adjectival Ordering in English and<br />

Mandarin”. In Proceeding of the Eighteenth Annual Meeting of North Eastern<br />

Linguistics Society 18, 465-489.<br />

Sproat, R., C. Shih. (1990) “The Cross-Linguistic distribution of Adjective Ordering<br />

Restriction”. In C. Georgopoulos, R. Ishihara (a cura di), Interdisciplinary<br />

Approaches to the <strong>La</strong>nguage, 565-593. Dordrecht: Kluwer.<br />

219


RIIFERIIMENTII BIIBLIIOGRAFIICII<br />

Stokoe W. (1960) Sign <strong>La</strong>nguage Structure: An outline of the visual communication<br />

system of the American deaf. Studies in Linguistics, Occasional Papers, 8,<br />

University of Buffalo.<br />

Supalla T., E. Newport. (1978) “How Many Seats in a Chair? The Derivation of<br />

Nouns and Verbs in American Sign <strong>La</strong>nguage”. In P. Siple (a cura di)<br />

Understanding <strong>La</strong>nguage through Sign <strong>La</strong>nguage Research. New York:<br />

Academic Press.<br />

Sutton V. (1999) “Sign Writing”. Sign <strong>La</strong>nguage & Linguistics, 2, 271-281.<br />

Tasmowsky, L. (1990) “Le démonstratifs français roumains dans al phrase et dans le<br />

texte”. <strong>La</strong>ngages 97, 82-99.<br />

Traugott E.C. (1978) “On the expression of spatio-temporal relation in language” In<br />

Greenberg (a cura di) Universal of Human <strong>La</strong>nguage, vol.3, 369-400.<br />

Standford CA: Stanford University Press.<br />

Travis, L. (1984) Parameters and effects of word order variation. Tesi di dottorato,<br />

MIT Cambridge, Mass.<br />

Volterra,V. (1981) (a cura di) I segni come le parole: la comunicazione <strong>dei</strong> sordi.<br />

Torino: Boringhieri.<br />

Wilbur, R. (1993) “Syllables and Segments: Hold the Movement and Move the<br />

Holds!”. In G. R. Coulter (a cura di) Phonetics and Phonology, volume 3<br />

Current Issue in ASL Phonology, 135-168. New York: academic Press<br />

Zimmer, J., C. Patschke (1990) “A Class of Determiners in ASL”. In C. Lucas Sign<br />

<strong>La</strong>nguage Research: Theoretical Issues, 201-210. Washington, D.C.:<br />

Gallaudet University Press.<br />

Zucchi, A. (2004) Monsters in the visual mode. Manoscritto, Dipartimento di<br />

Filosofia, Università degli Studi di Milano, disponibile in Homepage Zucchi,<br />

www.filosofia.unimi.it<br />

220

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!