nuova fotografia italiana ny italiensk fotografi - Artericambi
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umano. Portata ai limiti, la <strong><strong>fotografi</strong>a</strong> sembra svanire e invece si sposta e sposta noi su altri fronti e altre attenzioni.<br />
Sempre nell’ambito del paesaggio, ma con intenzioni e esiti molto diversi, lavorano anche Marco Signorini e<br />
Armin Linke. Signorini cerca un paesaggio e una luce sospesi nell’indecidibilità se sia alba o imbrunire così come<br />
origine o fine, farsi o disfarsi del mondo. Siamo lontani dal mondo urbano e popolato, pieno di gesti e di presenze;<br />
qui tutto è come in attesa che qualcosa avvenga, il formarsi stesso delle cose o il loro consumarsi fino alla sparizione.<br />
Poche persone, una donna e due bambini, osservano o sembrano cercare qualche cosa o qualche segno. Intanto a<br />
dominare, come è giusto per un medium che si chiama letteralmente “scrittura di luce”, è appunto la luce. Il risultato<br />
è un’atmosfera davvero speciale e poetica.<br />
Linke invece sposa la chiarezza, il tutto a fuoco, il reportage classico, cioè la ricerca di luoghi, manufatti e eventi<br />
umani da portare a chi non è sul posto o sul momento, e più sono straordinari e non alla portata di tutti e più sono<br />
efficaci. Ma sorprendente è soprattutto il fatto che Linke riesca sempre a farceli vedere in un modo nuovo e diverso,<br />
benché senza artifici né manipolazioni. La limpidezza del suo sguardo deriva dalla chiarezza del progetto, e in<br />
particolare dallo slancio che esso gli conferisce verso il futuro. Le sue sono immagini per studiare nel presente le<br />
tracce del futuro. Un sovvertimento del tempo <strong>fotografi</strong>co, a ben pensarci, per definizione fissato al passato. Che<br />
le immagini siano poi a disposizione di tutti, siano propriamente l’occasione per mettere tutti in relazione, Linke lo<br />
sottolinea mettendole sul proprio sito web in una formula che chiama “book on demand”, secondo la quale ciascuno<br />
può scegliere le immagini che lo interessano e farsi non solo il proprio percorso e la propria visione ma anche, su<br />
richiesta, il proprio libro.<br />
Seguono un gruppetto di autori che usano la <strong><strong>fotografi</strong>a</strong> come medium più decisamente artistico, quasi strumento<br />
di un’operazione più che tecnica specifica, benché sempre a partire da suoi caratteri peculiari. Questa diversa<br />
attenzione ai caratteri del medium, senza però rivendicarne una “specificità”, ha permesso alla <strong><strong>fotografi</strong>a</strong> di valorizzare<br />
altri modi e nuove espressioni. Due di loro arrivano addirittura dalla scultura e hanno accostato la tecnica <strong>fotografi</strong>ca<br />
come modo di “scolpire” la luce, come indagine sullo spazio e sui corpi non tanto rappresentati quanto restituiti<br />
attraverso l’uso della luce. Così Fabio Sandri recupera il metodo del fotogramma, impronta diretta dell’oggetto sulla<br />
carta emulsionata, per catturare lo spazio per mezzo della luce. Ha realizzato e realizza impronte di intere stanze,<br />
dalla sua abitazione agli spazi delle gallerie, comprese le persone che di volta in volta vi si trovano o vi passano. Ma<br />
ciò che più sorprende e rivela è che la carta emulsionata finché non è fissata resta “viva”, cioè continua, per quanto<br />
lentamente e impercettibilmente, a catturare la traccia di ciò che la luce vi proietta. Anche qui l’origine si tocca con<br />
la scomparsa: la lunga posa necessaria per lasciare l’immagine visibile riprende quella delle origini della <strong><strong>fotografi</strong>a</strong>,<br />
mentre l’emulsione che continua ad assorbire luce finisce con il cancellare ogni immagine distinguibile.<br />
Elisa Sighicelli dal canto suo modella la luce in tutt’altro modo. Prima di tutto attraverso la retroilluminazione,<br />
che significa far uscire la luce dall’immagine invece che riceverla dall’esterno, e poi oscurando alcune parti in modo<br />
da farla agire solo dove desidera. Questo le permette di evidenziare, di creare atmosfere, sottolineature, effetti.<br />
L’immagine diventa un vero e proprio oggetto, non una superficie che rappresenta qualcosa, ma un organismo vivo<br />
che coinvolge lo spettatore. È naturale che lo sviluppo abbia portato l’artista all’uso del video, medium di pura luce su<br />
uno schermo. Poi, dopo alcune sperimentazioni in tal senso, tornata ai lightbox è come se Sighicelli avesse invertito la<br />
rotta: ora la luce sembra racchiusa nella scatola come in uno scrigno, bloccata dal disegno compositivo dell’immagine<br />
che ci ostruisce l’accesso invece che aprirci un mondo al di là della superficie.<br />
Paola Di Bello e Alessandra Spranzi sono altre due facce diverse della <strong><strong>fotografi</strong>a</strong>. Entrambe puntano all’enigma<br />
– un classico italiano, dalla Metafisica di De Chirico in qua – ma con modi del tutto opposti. (Si sarà notato che, per<br />
descrivere la varietà degli approcci nuovi alla <strong><strong>fotografi</strong>a</strong>, stiamo andando per coppie accostate, per modi “polari”<br />
di affrontare una stessa questione. Lo schema che ne deriva va disposto in modo sparso, come una costellazione,<br />
piuttosto che come un elenco incolonnato, dai cui rimandi interni deriverà il disegno complessivo di un’italianità della