06.09.2013 Views

nuova fotografia italiana ny italiensk fotografi - Artericambi

nuova fotografia italiana ny italiensk fotografi - Artericambi

nuova fotografia italiana ny italiensk fotografi - Artericambi

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

10<br />

umano. Portata ai limiti, la <strong><strong>fotografi</strong>a</strong> sembra svanire e invece si sposta e sposta noi su altri fronti e altre attenzioni.<br />

Sempre nell’ambito del paesaggio, ma con intenzioni e esiti molto diversi, lavorano anche Marco Signorini e<br />

Armin Linke. Signorini cerca un paesaggio e una luce sospesi nell’indecidibilità se sia alba o imbrunire così come<br />

origine o fine, farsi o disfarsi del mondo. Siamo lontani dal mondo urbano e popolato, pieno di gesti e di presenze;<br />

qui tutto è come in attesa che qualcosa avvenga, il formarsi stesso delle cose o il loro consumarsi fino alla sparizione.<br />

Poche persone, una donna e due bambini, osservano o sembrano cercare qualche cosa o qualche segno. Intanto a<br />

dominare, come è giusto per un medium che si chiama letteralmente “scrittura di luce”, è appunto la luce. Il risultato<br />

è un’atmosfera davvero speciale e poetica.<br />

Linke invece sposa la chiarezza, il tutto a fuoco, il reportage classico, cioè la ricerca di luoghi, manufatti e eventi<br />

umani da portare a chi non è sul posto o sul momento, e più sono straordinari e non alla portata di tutti e più sono<br />

efficaci. Ma sorprendente è soprattutto il fatto che Linke riesca sempre a farceli vedere in un modo nuovo e diverso,<br />

benché senza artifici né manipolazioni. La limpidezza del suo sguardo deriva dalla chiarezza del progetto, e in<br />

particolare dallo slancio che esso gli conferisce verso il futuro. Le sue sono immagini per studiare nel presente le<br />

tracce del futuro. Un sovvertimento del tempo <strong>fotografi</strong>co, a ben pensarci, per definizione fissato al passato. Che<br />

le immagini siano poi a disposizione di tutti, siano propriamente l’occasione per mettere tutti in relazione, Linke lo<br />

sottolinea mettendole sul proprio sito web in una formula che chiama “book on demand”, secondo la quale ciascuno<br />

può scegliere le immagini che lo interessano e farsi non solo il proprio percorso e la propria visione ma anche, su<br />

richiesta, il proprio libro.<br />

Seguono un gruppetto di autori che usano la <strong><strong>fotografi</strong>a</strong> come medium più decisamente artistico, quasi strumento<br />

di un’operazione più che tecnica specifica, benché sempre a partire da suoi caratteri peculiari. Questa diversa<br />

attenzione ai caratteri del medium, senza però rivendicarne una “specificità”, ha permesso alla <strong><strong>fotografi</strong>a</strong> di valorizzare<br />

altri modi e nuove espressioni. Due di loro arrivano addirittura dalla scultura e hanno accostato la tecnica <strong>fotografi</strong>ca<br />

come modo di “scolpire” la luce, come indagine sullo spazio e sui corpi non tanto rappresentati quanto restituiti<br />

attraverso l’uso della luce. Così Fabio Sandri recupera il metodo del fotogramma, impronta diretta dell’oggetto sulla<br />

carta emulsionata, per catturare lo spazio per mezzo della luce. Ha realizzato e realizza impronte di intere stanze,<br />

dalla sua abitazione agli spazi delle gallerie, comprese le persone che di volta in volta vi si trovano o vi passano. Ma<br />

ciò che più sorprende e rivela è che la carta emulsionata finché non è fissata resta “viva”, cioè continua, per quanto<br />

lentamente e impercettibilmente, a catturare la traccia di ciò che la luce vi proietta. Anche qui l’origine si tocca con<br />

la scomparsa: la lunga posa necessaria per lasciare l’immagine visibile riprende quella delle origini della <strong><strong>fotografi</strong>a</strong>,<br />

mentre l’emulsione che continua ad assorbire luce finisce con il cancellare ogni immagine distinguibile.<br />

Elisa Sighicelli dal canto suo modella la luce in tutt’altro modo. Prima di tutto attraverso la retroilluminazione,<br />

che significa far uscire la luce dall’immagine invece che riceverla dall’esterno, e poi oscurando alcune parti in modo<br />

da farla agire solo dove desidera. Questo le permette di evidenziare, di creare atmosfere, sottolineature, effetti.<br />

L’immagine diventa un vero e proprio oggetto, non una superficie che rappresenta qualcosa, ma un organismo vivo<br />

che coinvolge lo spettatore. È naturale che lo sviluppo abbia portato l’artista all’uso del video, medium di pura luce su<br />

uno schermo. Poi, dopo alcune sperimentazioni in tal senso, tornata ai lightbox è come se Sighicelli avesse invertito la<br />

rotta: ora la luce sembra racchiusa nella scatola come in uno scrigno, bloccata dal disegno compositivo dell’immagine<br />

che ci ostruisce l’accesso invece che aprirci un mondo al di là della superficie.<br />

Paola Di Bello e Alessandra Spranzi sono altre due facce diverse della <strong><strong>fotografi</strong>a</strong>. Entrambe puntano all’enigma<br />

– un classico italiano, dalla Metafisica di De Chirico in qua – ma con modi del tutto opposti. (Si sarà notato che, per<br />

descrivere la varietà degli approcci nuovi alla <strong><strong>fotografi</strong>a</strong>, stiamo andando per coppie accostate, per modi “polari”<br />

di affrontare una stessa questione. Lo schema che ne deriva va disposto in modo sparso, come una costellazione,<br />

piuttosto che come un elenco incolonnato, dai cui rimandi interni deriverà il disegno complessivo di un’italianità della

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!