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nuova fotografia italiana ny italiensk fotografi - Artericambi

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Moira Ricci<br />

Nata a Orbetello nel 1977, Ricci ha lavorato negli ultimi anni su due serie in particolare. La prima, intitolata 20.12.53-<br />

10.08.04, consiste nell’intrusione, tramite Photoshop, della propria immagine dentro l’album di famiglia della madre.<br />

In atteggiamento sempre affettuoso, Moira appare così accanto alla propria genitrice in un collasso temporale<br />

impossibile nel reale e così significativo in arte. Ripercorrendo tutta la vita della madre, lei ferma all’età di quando<br />

ha messo in atto l’operazione, l’artista si ritrova ad esserne anche più vecchia, rovesciando così la situazione reale:<br />

madre della propria madre, come in effetti qui metaforicamente è. In gioco è infatti una riflessione sulla maternità<br />

come origine, come creazione.<br />

La manipolazione digitale permette oggi queste invenzioni al limite tra simbolico e immaginario. Pur essendo del<br />

tutto verosimili, le immagini contengono di fatto una situazione impossibile. Il rimando essendo evidentemente alla<br />

famosa <strong><strong>fotografi</strong>a</strong> della madre non mostrata del Roland Barthes de La camera chiara, qui è messo in discussione il<br />

valore documentario della <strong><strong>fotografi</strong>a</strong>, prova dell’avvenuto e certezza del passato, di cui l’album di famiglia è il topos<br />

più diffuso e condiviso. Di Barthes Ricci non perde l’affetto del rapporto materno, restituito qui con la delicatezza<br />

dello sguardo di lei in ogni immagine poeticamente fisso sulla madre. L’artista finisce così per essere colei che guarda,<br />

colei che attraverso il suo sguardo identifica la madre.<br />

L’altra serie riguarda tre storie immaginarie, che tuttavia si raccontano – o raccontavano – come vere un po’ in<br />

tutti i villaggi del mondo, di bambini mostruosi, mezzo animali, come la bambina cinghiale, quando non addirittura<br />

mezzo minerali, come il bambino sasso. Ricci ricostruisce una loro documentazione <strong>fotografi</strong>ca – di nuovo una sorta<br />

di loro album di famiglia – corredata di ritagli di giornali, registrazioni di racconti e altro. Anche qui è in questione il<br />

rapporto con il reale: in effetti le storie nascono sempre da spunti<br />

di fatti veramente accaduti, ma che il passaparola e le fantasie poi<br />

deformano fino all’inverosimile.<br />

Sono storie inquietanti di malattie e di paure da cui emerge il<br />

lato “perturbante” – in senso propriamente freudiano: unheimlich<br />

– che nella prima serie era meno visibile ma altrettanto presente.<br />

Fantasmi, apparizioni, doppi attingono al fondo delle nostre<br />

credenze più radicate e del senso stesso dell’immagine come<br />

rappresentazione, questioni che sono a loro volta a monte di<br />

quelle attuali della manipolazione.

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