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COMUNICAZIONE<br />

INTERVISTA AL REGISTA LUCA GUADAGNINO<br />

Come il brand<br />

diventa un FILM<br />

Ha girato due corti per Armani e Sergio Rossi.<br />

E adesso scommette sulla voglia di stupire della moda<br />

Luca Guadagnino, regista, sceneggiatore<br />

e produttore, pluripremiato<br />

da giurie internazionali e molto<br />

apprezzato dal pubblico, anche quello<br />

americano (ricordiamo “Melissa P” e “Io<br />

sono l’amore” con Tilda Swinton). Amante<br />

e studioso del cinema, fin da quando era<br />

ragazzino, potrebbe essere definito come<br />

un purista del linguaggio cinematografico,<br />

che oggi invece appare spesso inquinato<br />

da quello televisivo: “La tv - dice - rappresenta<br />

infatti sceneggiature in modo estremamente<br />

semplificato e riduttivo, spesso<br />

anche schematico; il cinema però può<br />

declinare i più svariati temi, creando desiderio<br />

e restituendo la complessità dell’immaginario.”<br />

Guadagnino è stato avvicinato<br />

anche dal mondo della moda: solo in questo<br />

ultimo anno ha diretto e realizzato<br />

due short movie, uno per Giorgio Armani<br />

(One plus One) e uno per Sergio Rossi<br />

(Skin to Skin). Nel 2012 ha quindi fondato<br />

una società, la Frenesy Film Company,<br />

che ha l’ambizione di creare proprio<br />

fashion film per il mondo moda.<br />

Quale è il rapporto fra fashion e film oggi,<br />

e come questo rapporto riesce a produrre<br />

i risultati migliori?<br />

Oggi il rapporto fra cinema e moda non è<br />

ancora in una fase matura. Il cinema non<br />

sempre comprende il mondo della moda:<br />

il cinema è attesa, disincanto, speranza,<br />

lungaggini, senso della non contemporaneità,<br />

non immediatezza. La moda invece<br />

è immediatezza, riconfigurazione costante<br />

del senso della contemporaneità, nello<br />

sforzo di renderla precedente a sé stessa.<br />

A chi fa moda interessa creare una forma<br />

di iconicità molto forte, producendo una<br />

grande distanza dal pubblico, mentre il<br />

cinema è avvitato su se stesso, nella riproduzione<br />

della realtà sociale che avvicina il<br />

pubblico. Il fashion film consente però di<br />

creare un evento. Adesso, addirittura, esistono<br />

trailer degli short movie: un trailer di<br />

10 secondi di un film che dura 3 minuti. Il<br />

tutto è teso dunque a creare attesa.<br />

Ed è il concetto di evento che credo<br />

andrebbe analizzato. Nella moda, per il<br />

proliferare di blog e siti vari, c’è la necessità<br />

di creare sempre nuovi eventi che si generano<br />

in ogni bit. Ma la moda non sempre<br />

accetta di cedere il controllo sulle storie<br />

che racconta. Capita così di vedere dei<br />

fashion film che sono shooting in movimento.<br />

Quando però la moda alza la posta<br />

in gioco e si affida a creatività sferzanti,<br />

quindi in parte sacrifica il suo desiderio di<br />

guidare, ma spesso ottiene risultati decisamente<br />

differenti e crea una novità, un vero<br />

e proprio evento.<br />

E torniamo allo story building a discapito<br />

dello story telling. Nei suoi ultimi corti,<br />

One plus One e Skin to Skin, il plot narrativo<br />

ha un mood fortemente onirico e<br />

fiabesco.<br />

Sì, quello realizzato per Giorgio Armani,<br />

ad esempio, è nato da un mio incontro<br />

con lo stilista, che mi ha indicato in pochi<br />

minuti di colloquio cosa desiderava: voleva<br />

vedere un certo tipo di energia che<br />

esprime il desiderio, in un certo tipo di<br />

ambientazione. Il plot può essere estremamente<br />

semplificato: una donna che<br />

sta ripensando ai due amanti, fra cui<br />

deve scegliere e - forse nella sua testa,<br />

forse nella realtà - alla fine decide di averli<br />

entrambi. Ma quando li ha, forse i due<br />

sono più interessati a un rapporto fra loro<br />

che non con lei. E l’ultima inquadratura<br />

è dedicata allo sguardo della donna, che<br />

ammicca rivolta alla macchina. Un film,<br />

dunque, che gioca con le allusioni, le illusioni,<br />

gli sguardi, le forme di seduzione.<br />

Libere di essere interpretate.<br />

Ultima domanda: il Journeys Awards di<br />

Louis Vuitton. Un premio al cinema d’autore<br />

riconosciuto dalla moda, che lei – in<br />

qualità di Presidente di Giuria - ha consegnato<br />

l’8 novembre a Roma.<br />

Sì, questi di Lv non sono fashion film: il Ja<br />

è un concorso per trovare cineasti in grado<br />

di rischiare, con un punto di vista profondo,<br />

che mostrino di saper lavorare con il<br />

linguaggio cinematografico, rispondendo<br />

al brief, ovvero tradurre il core value della<br />

maison: viaggio come incontro. Un evento,<br />

dunque, che celebra un possibile tipo di<br />

matrimonio fra film e fashion. A testimonianza<br />

delle molte possibilità di sviluppo<br />

comunicazionale che questo rapporto può<br />

avere. (s. b.)<br />

22 novembre 2012 PAMBIANCO MAGAZINE 87

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