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Senso e valore della vita quotidiana

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La teologia <strong>della</strong> VQ assume con lui valenze che non erano presenti nell’Ora<br />

et Labora di antica memoria. Le differenze sono eclatanti, anche se, talvolta,<br />

qualcuno, in modo superficiale, ne richiama le somiglianze. La regola benedettina,<br />

che è certamente stata il punto di riferimento di una grande stagione<br />

monacale e di civiltà, ha rappresentato e tuttora rappresenta il binomio di una<br />

<strong>vita</strong> ordinata secondo una complementarità fra contemplazione e azione, fra cultum<br />

e labor. Una complementarità che è asimmetrica, perché il lavoro è una pausa<br />

del momento sacro. Al sacro viene attribuito uno status superiore. Lo spirito<br />

espresso dal Beato apre invece la strada ad un modo cristiano di <strong>vita</strong> secolare (ma<br />

non secolarizzato) che trasforma l’agire pratico (il lavoro) in contemplazione e la<br />

preghiera (la contemplazione) in lavoro. Qui non si può parlare di complementarità,<br />

tantomeno di asimmetria fra contemplazione e attività pratica, perché le due<br />

cose si compenetrano e sono fatte <strong>della</strong> stessa stoffa e dello stesso spirito. È in<br />

questa co-rispondenza, in questa relazione vissuta con amore, che egli vede l’operatio<br />

Dei, l’opus Dei. Ciò che questa visione dice del lavoro riguarda parimenti la<br />

famiglia, il divertimento, lo sport, l’amicizia, i sentimenti, le piccole difficoltà e le<br />

piccole gioie, le cose pratiche di ogni giorno, la <strong>vita</strong> sociale con gli altri, le responsabilità<br />

civiche, e anche le norme di pietà, in breve tutta la VQ, perché in tutto è<br />

messa al centro la sostanza relazionale di quella co-rispondenza. «Devi essere<br />

molto umano, perché altrimenti non potrai essere divino»: questa è la logica del<br />

Beato.<br />

Una siffatta teologia <strong>della</strong> VQ è oggi solo agli inizi. Il Beato ha aperto uno<br />

scenario che appare sconfinato. Siamo qui di fronte ad una teologia <strong>della</strong> <strong>vita</strong><br />

umana che ridefinisce anche i confini dell’antropologia, perché il cristiano che<br />

vive una VQ intesa in questo modo, pur senza distinguersi all’esterno dagli altri<br />

(che magari hanno una diversa fede o nessuna fede), opera una particolare sintesi<br />

fra azione pratica, ascesi e <strong>vita</strong> mistica, “nel mondo”.<br />

Non si deve pensare che si tratti di un “ritorno” <strong>della</strong> teologia al passato o<br />

di un “aggiornamento” o “adattamento” <strong>della</strong> teologia al secolo presente, come<br />

se la teologia dovesse adattarsi alla moderna scoperta e costruzione etnometodologica<br />

<strong>della</strong> VQ. Si tratta di una sintesi che non ha precedenti e neppure paragoni.<br />

La visione del Beato non è una risposta all’alienazione moderna del lavoro<br />

(capitalistico), non è una critica <strong>della</strong> VQ definita all’interno di un particolare<br />

sistema sociale. Così come non è una risposta ai limiti delle concezioni <strong>della</strong> VQ<br />

emerse nelle epoche premoderne o di altre concezioni che potrebbero sorgere in<br />

futuro. Essa è una sorgente di senso che affiora da falde profonde, che sono presenti<br />

nel mondo sin dalla sua creazione, ma che sono emerse in un certo punto e<br />

in un certo momento <strong>della</strong> storia. Perciò essa fertilizza la terra come un messaggio<br />

allo stesso tempo antico e nuovo.<br />

Non sono ancora molti quelli che hanno colto la dimensione profetica di<br />

un messaggio che contiene in nuce quella che potrebbe diventare la teologia <strong>della</strong><br />

SENSO E VALORE DELLA VITA QUOTIDIANA - 245

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