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Senso e valore della vita quotidiana

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propria posizione nel mondo dovrebbe essere “altra”: è questo che specifica la<br />

vocazione laicale qua talis. L’opposto di quella che il Beato chiamava “la mistica<br />

del magari”, ossia quel modo di vivere di chi vorrebbe sempre trovarsi in altre<br />

situazioni o condizioni (per esempio di chi vive pensando: “magari non fossi sposato”,<br />

“magari facessi un altro mestiere”, “magari potessi ritirarmi dal mondo”).<br />

Se vissuta come vocazione, così come Dio vuole (“secondo i sentimenti di Cristo”),<br />

la propria condizione — purché umanamente dignitosa e onesta — è già<br />

lotta contro ogni alienazione <strong>della</strong> VQ (ogni estraneazione da sé, dagli altri, dal<br />

mondo), attraverso l’amore. La qual cosa non significa passiva accettazione di<br />

tutto ciò che capita come se fosse un destino fatale, né ripiegamento su un’etica<br />

servile, ma significa risposta alla sfida di trarre il bene dal male di quella condizione<br />

che fa il mondo. Il comune cristiano <strong>della</strong> strada è chiamato alla stessa santità<br />

del religioso, del sacerdote o del vescovo, ma in un modo affatto diverso: la<br />

sua perfezione la deve cercare nella cura <strong>della</strong> VQ. È nel rispetto e nella promozione<br />

<strong>della</strong> diversità <strong>della</strong> VQ per ciascuna di queste figure che si specifica in<br />

modo distinto lo spirito propriamente laicale.<br />

La quotidianità è diversa per ogni status o condizione umana. C’è sostanza<br />

sociologica, oltreché teologica, in questa asserzione, perché è innanzitutto la<br />

“materialità <strong>della</strong> <strong>vita</strong> <strong>quotidiana</strong>” che contraddistingue gli status. Non a caso il<br />

Beato insiste sul fatto che occorre “materializzare la <strong>vita</strong> cristiana”: «è consentito,<br />

pertanto, di parlare di un materialismo cristiano, che si oppone audacemente ai<br />

materialismi chiusi allo spirito». Il laico santifica la famiglia e il lavoro, non i compiti<br />

di una missione ecclesiale assegnatagli dal parroco o dal vescovo, non certamente<br />

l’impegno pastorale (compito di “pastore”), che è proprio del chierico. E<br />

l’uno non è inferiore o superiore all’altro, ma ha solo una qualità differente.<br />

4.3. I riflessi di questa prospettiva sul modo di pensare la Chiesa vanno in<br />

parallelo al discorso teologico e sono di grande portata.<br />

Bisogna fare attenzione. La teologia del Beato non ci riporta ad uno stadio<br />

di indifferenziazione <strong>della</strong> Chiesa, allorché l’idea di “laico” coincideva con la<br />

nozione generica di popolo (Laos) 50 . La sua ecclesiologia viene dopo duemila<br />

50 Vale la pena di ricordare che la parola laico deriva dal verbo greco lao, che presenta tre significati:<br />

a) osservare; b) afferrare, tener fermo; c) assumere su di sé. Indica dunque un atteggiamento<br />

verso la realtà. Laico è chi guarda le cose con spirito di osservatore e agisce di conseguenza,<br />

in quanto, dopo aver osservato, si assume in proprio la responsabilità dell’agire. Il<br />

sostantivo Laòs significa popolo, schiera in armi, quindi anche esercito, popolo eletto. Esso<br />

indica i soggetti che agiscono con autonomia, determinazione, responsabilità. Pur nella chiarezza<br />

simbolica di ciò che sta a significare, il termine contiene tuttavia una ampia indeterminazione.<br />

Infatti, se l’agire laico consiste nel guardare le cose con spirito di osservatore e agire<br />

con responsabilità sulla base dell’osservazione, ciò può essere fatto in molti e diversi modi.<br />

SENSO E VALORE DELLA VITA QUOTIDIANA - 249

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