Senso e valore della vita quotidiana
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solo a poco a poco su tale strada, mentre in oriente viene presa la strada del cesaropapismo<br />
(che subordina il potere ecclesiastico a quello politico-temporale). La<br />
teocrazia non è mai stata, in Occidente, una tentazione politica forte, se intesa<br />
come subordinazione del potere temporale a quello religioso. Ma la distinzione<br />
fra le due sfere non è mai stata facile, così come non è ancor oggi facile l’interpretazione<br />
<strong>della</strong> dottrina cristiana secondo cui ogni autorità proviene da Dio.<br />
In ogni caso, per farla breve, la questione laicale è stata posta in maniera<br />
decisiva solo all’inizio dell’epoca moderna, e però in termini del tutto riduttivi:<br />
precisamente, in termini di potere, a partire dal potere <strong>della</strong> conoscenza, che<br />
certo non è la maniera migliore per risolvere i problemi delle relazioni fra gerarchia<br />
e laicato. Con il passaggio all’età moderna, in effetti, il termine “laico” — per<br />
dirla in breve —: (i) viene definito in negativo (l’Oxford Dictionary lo definisce<br />
«not belonging to the clergy», «not having expert knowledge», «not professionally<br />
qualified») e (ii) diventa sinonimo di secolare in un senso peculiare, ossia<br />
come punto di vista mondano, che prescinde da ogni significato spirituale o religioso<br />
(sempre secondo l’Oxford Dictionary, il termine secular significa «not concerned<br />
with spiritual or religious affairs, wordly»). Se ne danno molte versioni,<br />
alcune più moderate altre più radicali, sulla scorta di una diversa lettura dell’«Etsi<br />
Deus non daretur». Sta di fatto che, per la modernità illuminista (a partire dal<br />
secolo XVIII), il laico è colui che pensa, giudica, osserva, agisce in modo indipendente<br />
dal fatto che Dio esista o meno. La laicità, nel migliore dei casi (laddove<br />
non è lotta aperta alla religione e alla Chiesa), viene a significare in-differenza<br />
verso Dio. La distinzione-guida qui diventa laico/religioso, secondo una ambiguità<br />
che tuttora perdura.<br />
L’Illuminismo elabora due accezioni di laicità, una interna e l’altra esterna<br />
alla società religiosa (i cui prodromi erano tuttavia già emersi alla fine del medioevo).<br />
Nel primo caso, la semantica <strong>della</strong> laicità si riferisce alla stratificazione<br />
interna alla Chiesa: con essa, si traccia la contrapposizione fra i ceti sacerdotali<br />
(come detentori del potere e del sapere religioso) e gli strati composti da coloro<br />
che ne risultano estromessi e rivendicano l’accesso ad una gestione, diretta o par-<br />
tica, economia, ecc.) e nello stabilire che chi ha una certa posizione in una sfera non è detto<br />
che l’abbia nell’altra, ossia che in ogni sfera valgono criteri differenti, in base a quanto per<br />
primo Cristo ha detto: «date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio». Non<br />
significa indifferenza o razionalismo o addirittura anti-religiosità, come l’ha tradotto l’Illuminismo<br />
moderno occidentale. La laicità, in senso positivo, non significa prescindere da Dio<br />
(e, in generale, dal punto di vista religioso), ma significa invece che la religiosità è una questione<br />
di libertà e responsabilità personale, non di gruppo o di tribù, e che la religione non<br />
deve essere un elemento di privilegio o di discriminazione fra le persone in altre sfere (civili)<br />
di <strong>vita</strong>.<br />
SENSO E VALORE DELLA VITA QUOTIDIANA - 257