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Senso e valore della vita quotidiana

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enza dei chierici e, in parte, dei consacrati, avviene a partire dal di dentro delle<br />

realtà temporali (=del tempo) per elevarle a Dio. Il chierico e, in parte, il consacrato,<br />

invece, hanno una connotazione istituzionalizzata che li ha, già in precedenza,<br />

separati dalla condizione secolare del semplice fedele, essi debbono “rappresentare”<br />

la fede; la qual cosa li pone in un altro status, diverso dal laico,<br />

cosicché essi, quando trattano delle cose temporali, lo fanno a partire “dal di<br />

fuori” <strong>della</strong> realtà secolari, per entrare (penetrare) in esse, in base alla loro missione<br />

e/o ufficio. Ciò che ingenera confusione è il fatto che “il quotidiano” è un<br />

luogo per tutti, chierici, consacrati e laici. Ma qui precisamente giace il punto: la<br />

VQ non è uguale per tutti. In questo “luogo” che è la VQ, ciascuno si rivela diversamente,<br />

ex parte laici ed ex parte clerici.<br />

Chi “rappresenta” qualcuno o qualcosa, quando agisce, non è libero e<br />

responsabile nello stesso modo in cui lo è chi non rappresenta quel qualcuno o<br />

quel qualcosa. Ora precisamente la rappresentanza è un primo elemento distintivo<br />

fra condizione laicale e non-laicale: quando si chiede al laico di “rappresentare”<br />

la Chiesa, con ciò la sua VQ viene ridefinita in modo non-laicale. Il laico è<br />

portato a vivere un’altra VQ, che non è quella propria che deve santificare.<br />

Certamente, la libertà intesa come facoltà interiore è la stessa in ogni persona<br />

umana, ma non quella esterna, per quanto attiene ai modi di manifestarsi ed<br />

esercitarsi: in concreto, il clero e i consacrati hanno i loro vincoli e le loro risorse;<br />

coloro che sono semplicemente laici hanno altri vincoli e altre risorse.<br />

Ciò che qualifica diversamente l’identità del laico rispetto al non-laico è il<br />

titolo proprio in base al quale una persona partecipa alla sfera pubblica: il laico vi<br />

partecipa a titolo civile (con libertà e responsabilità personale e secondo le sue<br />

appartenenze sociali) 57 , mentre il chierico, il consacrato o chi ha un ministero vi<br />

partecipa a titolo ecclesiale, perché essi — nella sfera pubblica — sono conosciuti<br />

come rappresentanti di una istituzione ecclesiale e debbono esercitare un ministero<br />

o dare una testimonianza che non è la semplice santificazione <strong>della</strong> VQ.<br />

Chi rappresenta una istituzione non può dismettere la sua identità “di ufficio”<br />

quando entra nella sfera pubblica civile, mentre il laico — di norma — è tale<br />

proprio perché non rappresenta altro che se stesso 58 . Ciò non significa che il laico<br />

57 L’esempio più paradigmatico è certamente quello di Tommaso Moro, ma la storia (specie<br />

quella moderna) è piena di figure simili. Per una biografia che mette l’accento sul carattere<br />

pubblico dell’agire del fedele laico, con riferimento alla persona di Charles Malik, «padre»<br />

<strong>della</strong> Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo adottata dall’ONU con risoluzione del<br />

10 dicembre 1948: cfr. M.A. GLENDON, Il laico nell’agone pubblico, in «Studi Cattolici»,<br />

XLIII, 465 (novembre 1999), 741-748. Per esempi ancora più analitici di laici che hanno vissuto<br />

lo spirito del Beato, si vedano le biografie di figure come Isidoro Zorzano, membri dell’Opus<br />

Dei e non, pubblicate in Italia dalle Edizioni Ares.<br />

58 Anche un laico può rappresentare ufficialmente una istituzione cattolica o la stessa Chiesa,<br />

ma occorre che egli riceva un incarico o compito formale in tal senso da parte di un’entità<br />

SENSO E VALORE DELLA VITA QUOTIDIANA - 253

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