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Senso e valore della vita quotidiana

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compare nella figura di un Coro composto da soggetti di status sociale inferiore<br />

(donne, uomini anziani, supplici, divinità cadute e individui anonimi), che stanno<br />

su uno sfondo anonimo, con Euripide questi personaggi interpretano più spesso<br />

un ruolo protagonista e, attraverso di loro, viene in primo piano l’universo marginale<br />

e segregato <strong>della</strong> VQ. Ma Gouldner dimentica Aristotele. Infatti, se è vero<br />

che Aristotele condivide con la cultura <strong>della</strong> sua epoca (e con lo stesso Platone)<br />

l’etica signorile, che esalta la figura del “signore” libero dalle necessità materiali e<br />

da tutto ciò che è esigenza <strong>quotidiana</strong>, è però d’altra parte vero che Aristotele dà<br />

maggiore <strong>valore</strong> alla VQ, quale realtà ordinaria in cui l’uomo esercita le sue virtù.<br />

Ma resta vero che, anche per Aristotele, l’uomo vero e la <strong>vita</strong> vera si realizzano nel<br />

distaccarsi dagli “abiti” inferiori che, questo il punto, sono confinati alla VQ.<br />

Euripide, la cui tragedia esprime la crisi <strong>della</strong> cultura classica, parla <strong>della</strong><br />

VQ come <strong>vita</strong> dell’anti-eroe. Egli esalta la VQ come l’opposto di quella che vivono<br />

coloro che cercano la supremazia individuale, la competizione sfrenata, che<br />

lottano per il potere e la fama, che esaltano l’ethos degli sforzi inesorabili e la<br />

ricerca di un predominio tipico <strong>della</strong> mascolinità. E ciò perché egli considera il<br />

mondo <strong>della</strong> guerra, e dell’eroismo in generale, come sinonimo di un regno di<br />

vuota vanità. Mette sulla scena il tema <strong>della</strong> VQ come mondo del privato, <strong>della</strong><br />

famiglia, delle donne. Esalta gli uomini semplici e il mondo comune come luogo<br />

<strong>della</strong> <strong>vita</strong> pacifica.<br />

Mentre Platone tenta di purificare la cultura alta e di sublimare gli impulsi<br />

eroici, e in questo si separa dalla VQ, Euripide tenta di rinvigorire la VQ attribuendole<br />

un nuovo <strong>valore</strong> positivo. Per lui la VQ è quella legata alla gente<br />

“comune”, cioè a quelli che l’esercito partito per la guerra di Troia ha lasciato a<br />

casa, quelli che sono rimasti indietro, gli esclusi dalla fama, dal potere e dalla ricchezza,<br />

i deboli, gli stigmatizzati, i poveri, gli indegni o incapaci di gesta eroiche.<br />

Che la si svaluti o la si valorizzi, in tutti i casi la VQ è sempre definita come<br />

un universo residuale: è quanto resta dopo la dipartita dei personaggi nobili e<br />

degli eroi, è il mondo <strong>della</strong> casa, delle donne, dei bambini, dei vecchi, degli schiavi.<br />

Resta, anzi si riafferma, la contrapposizione polare fra <strong>vita</strong> eroica e VQ. In<br />

buona sostanza, nella cultura dell’antica Grecia la VQ è già fatta oggetto di una<br />

profonda ambivalenza di odio-amore, ma resta sinonimo di <strong>vita</strong> contrapposta a<br />

quella signorile ed eroica.<br />

2.3. b) Con il cristianesimo, questa ambivalenza assume tutta un’altra coloritura.<br />

L’ambivalenza verso la VQ viene profondamente riformulata, ma non<br />

viene “risolta”.<br />

Già nel primo cristianesimo troviamo due visioni <strong>della</strong> VQ. Da un lato, la<br />

VQ è sinonimo delle esigenze puramente terrene, <strong>della</strong> mondanità, <strong>della</strong> carne,<br />

dei desideri, delle concupiscenze (in ciò si riflettono molte delle culture tradizionali<br />

preesistenti, assai diffuse, come testimoniano certe interpretazioni più o<br />

SENSO E VALORE DELLA VITA QUOTIDIANA - 227

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