dicembre 2011 - Pubblicazioni Ufficiali dello Stato - Istituto ...
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Notiziario / 92-97 193<br />
Il riparto di competenze tra <strong>Stato</strong> e Regioni<br />
alla luce della più recente giurisprudenza della Corte Costituzionale<br />
Rosaria Maria Di Prima<br />
Le modifiche introdotte dalla legge costituzionale n. 3 del <strong>2011</strong><br />
La riforma del titolo V della Costituzione, di cui alla legge costituzionale<br />
n. 3 del 2001, ha comportato una significativa riorganizzazione dell’ordinamento<br />
della Repubblica italiana.<br />
L’articolo 114 riformato, disponendo che «la Repubblica è costituita dai<br />
Comuni, dalle Province, dalle Città Metropolitane, dalle Regioni e dallo<br />
<strong>Stato</strong>», ha introdotto il fondamentale principio di parità tra livelli di governo.<br />
Il nuovo articolo 117 della Costituzione contiene un elenco delle materie<br />
riservate alla competenza legislativa esclusiva <strong>dello</strong> <strong>Stato</strong> ed un elenco delle<br />
materie riservate alla potestà legislativa concorrente <strong>Stato</strong>-Regioni. Esso<br />
prevede, inoltre, con clausola residuale, che spetta alle Regioni la potestà<br />
legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla<br />
legislazione esclusiva <strong>dello</strong> <strong>Stato</strong> o a quella concorrente.<br />
Con la riforma, lo <strong>Stato</strong> dispone di potestà regolamentare nelle materie di<br />
potestà legislativa esclusiva statale, potendo delegare l’esercizio della potestà<br />
regolamentare alle Regioni mentre le Regioni dispongono di potestà<br />
regolamentare in ogni altra materia.<br />
Anche per la distribuzione delle funzioni amministrative il Titolo V contiene<br />
regole nuove. È prevista, infatti, l’attribuzione in via generale delle<br />
funzioni amministrative ai Comuni, salva la possibilità di attribuire le<br />
stesse funzioni ad altri enti per assicurarne l’esercizio unitario, sulla base<br />
dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.<br />
In base all’articolo 9 della Costituzione, la Repubblica italiana tutela il<br />
paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione. Il legislatore<br />
ha operato una distribuzione delle competenze, non rispetto alla “materia<br />
(oggetto) a sé stante” ma rispetto alle attività che li possono riguardare.<br />
L’articolo 117, secondo comma, lett. s), del nuovo Titolo V della Costituzione<br />
ha annoverato la tutela dei beni culturali tra le materie di<br />
competenza esclusiva <strong>dello</strong> <strong>Stato</strong> (prevedendo, altresì, la possibilità di<br />
attivare, su iniziativa della Regione interessata, ulteriori forme e condizioni<br />
particolari di autonomia, ai sensi dell’art. 116, terzo comma,<br />
mentre l’art. 117, terzo comma, ha incluso la valorizzazione dei beni<br />
culturali e ambientali e la promozione e organizzazione di attività<br />
culturali tra le materie di legislazione concorrente. Inoltre, l’art. 118,<br />
terzo comma, Cost., ha devoluto alla legge statale il compito di disciplinare<br />
«forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei<br />
beni culturali» tra <strong>Stato</strong> e Regioni.<br />
La più recente giurisprudenza costituzionale in materia di paesaggio<br />
La Corte Costituzionale, negli anni più recenti, è intervenuta più volte per<br />
dirimere controversie in materia di patrimonio culturale, e, segnatamente,<br />
di paesaggio, la cui tutela è riservata alla competenza legislativa esclusiva<br />
<strong>dello</strong> <strong>Stato</strong> (art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione), trattandosi<br />
di argomento che riveste particolare interesse per le Regioni, per<br />
la rilevanza degli interessi economici e sociali ad esso connessi, nonché<br />
per la evidente connessione con la materia del “governo del territorio”,<br />
spettante, invece, alla potestà legislativa concorrente delle Regioni a statuto<br />
ordinario, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione (e<br />
pertanto caratterizzata dal vincolo al rispetto dei soli principi fondamentali<br />
stabiliti dalle leggi <strong>dello</strong> <strong>Stato</strong>), che comprende, come affermato dalla<br />
giurisprudenza della Corte Costituzionale, «in linea di principio, tutto ciò<br />
che attiene all’uso del territorio e alla localizzazione di impianti o attività»<br />
(sent. n. 307 del 2003).<br />
Al riguardo, la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 309 del<br />
<strong>2011</strong> chiarisce che sul territorio, infatti, «vengono a trovarsi di fronte»<br />
- tra gli altri - «due tipi di interessi pubblici diversi: quello alla conservazione<br />
del paesaggio, affidato allo <strong>Stato</strong>, e quello alla fruizione del<br />
territorio, affidato anche alle Regioni» (cfr. sentenza n. 367 del 2007,<br />
punto 7.1 del “Considerato in diritto”). Fermo restando che la tutela del<br />
paesaggio e quella del territorio sono necessariamente distinte, rientra<br />
nella competenza legislativa statale stabilire la linea di distinzione tra<br />
le ipotesi di nuova costruzione e quelle degli altri interventi edilizi. Se<br />
il legislatore regionale potesse definire a propria discrezione tale linea,<br />
la conseguente difformità normativa che si avrebbe tra le varie Regioni<br />
produrrebbe rilevanti ricadute sul «paesaggio […] della Nazione» (art.<br />
9 Cost.), inteso come «aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e<br />
culturali che contiene, che è di per sé un valore costituzionale (sentenza<br />
n. 367 del 2007), e sulla sua tutela».<br />
Di seguito, si riportano, in sintesi, alcune sentenze che, richiamando gli<br />
articoli 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, nonché la<br />
normativa interposta di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42<br />
(Codice dei beni culturali e del paesaggio), hanno stabilito, in relazione<br />
a diverse fattispecie, la sussistenza della competenza esclusiva statale in<br />
materia di paesaggio.<br />
La sentenza n. 290 del 2009 della Corte Costituzionale stabilisce che la<br />
sanatoria delle opere abusive è impedita non solo quando vi siano vincoli<br />
che comportino l’inedificabilità assoluta, ma anche qualora si tratti di<br />
vincoli di carattere relativo.<br />
Pertanto le opere abusive non sono soggette a sanatoria quando siano state<br />
realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi a tutela<br />
dei beni ambientali e paesistici, qualora istituiti prima della esecuzione<br />
di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e<br />
non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti<br />
urbanistici.<br />
L’articolo unico della legge regionale Marche n. 11 del 2008, infatti, stabiliva,<br />
con norma qualificata come interpretativa, che i vincoli previsti dalle<br />
succitate leggi statali impediscono la sanatoria delle opere abusive soltanto<br />
qualora comportino inedificabilità assoluta e siano stati imposti prima<br />
dell’esecuzione delle opere.<br />
Come è evidente, si trattava di statuizione consapevolmente limitativa della<br />
possibilità di condono nelle aree vincolate, incidente anche sulla tutela<br />
dei beni culturali e paesaggistici, materia riservata alla potestà legislativa<br />
esclusiva <strong>dello</strong> <strong>Stato</strong>, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera s),<br />
della Costituzione.<br />
La Corte Costituzionale con tale sentenza ha stabilito che «Infatti, è pacifico<br />
che la normativa statale più volte richiamata imponga l’osservanza di<br />
vincoli di carattere relativo, cui il legislatore regionale non può apportare<br />
alcuna deroga (ordinanza n. 150 del 2009): al contrario, la disposizione<br />
censurata ha l’effetto inequivocabile di vanificare siffatti limiti ed incorre<br />
per tale ragione nel denunciato vizio di legittimità costituzionale».<br />
Le sentenze n. 226/2009, 164/2009, 101/2010 della Corte Costituzionale<br />
stabiliscono il principio che l’autonomia statutaria delle regioni a<br />
statuto speciale, nelle materie attribuite alla loro competenza esclusiva<br />
(come il paesaggio), deve essere esercitata nell’ambito dei limiti previsti<br />
dagli stessi Statuti di autonomia.<br />
La sentenza n. 226 del 2009 afferma che la competenza legislativa<br />
esclusiva della provincia autonoma di Trento in materia di “tutela del<br />
paesaggio” deve essere esercitata nel rispetto dei limiti generali di cui<br />
all’art. 4 <strong>dello</strong> statuto speciale e, dunque, «in armonia con la Costituzione<br />
e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e con il rispetto<br />
degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle<br />
norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica».<br />
Il riparto di competenze tra <strong>Stato</strong> e Regioni