dicembre 2011 - Pubblicazioni Ufficiali dello Stato - Istituto ...
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66 Notiziario / 92-97<br />
Tali azioni legislative non appaiono però lo strumento migliore (anche<br />
se effettivamente efficaci nell’immediato e pertanto da approvarsi in ogni<br />
caso) per affrontare il problema, ma rappresentano la necessità di definire<br />
un quadro normativo fuori da un piano organico.<br />
In quest’ottica di programmazione preventiva si inserisce la previsione<br />
delle linee guida (punto 17 dell’Allegato) di individuazione “delle aree<br />
e dei siti non idonei” alla installazione di specifiche tipologie di impianti,<br />
che devono essere delimitate dalle regioni e dalle province autonome<br />
“nell’ambito dell’atto di programmazione con cui sono definite le misure<br />
e gli interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi di burden<br />
sharing” (così è definita la quota minima di produzione di energia<br />
da fonti rinnovabili assegnata come obiettivo ad ogni regione rispetto a<br />
quella attribuita all’Italia). La previsione programmatica di settore non è<br />
però disgiunta dalla necessità che la loro individuazione avvenga tenendo<br />
“conto di quanto eventualmente già previsto dal piano paesaggistico e in<br />
congruenza con lo specifico obiettivo assegnatole”.<br />
Appare pertanto chiaro che le linee guida redatte dai competenti Ministeri<br />
e quindi emanate di concerto rappresentano la necessità di contemperare<br />
l’esigenza di riduzione delle emissioni di CO 2<br />
prodotte dalla combustione<br />
di fonti fossili e la tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale. In tale<br />
ottica devono essere applicate senza pervenire a irrigidimenti settoriali (in<br />
alcuni ambiti definiti già come “onnipotenze”), che nella complessità delle<br />
questioni non sarebbero che un danno per tutti.<br />
Sull’aspetto relativo alla necessità di contemperare le diverse esigenze di<br />
“prevalente interesse pubblico” nello svolgimento delle istruttorie tecniche<br />
riservate agli uffici ministeriali è bene ricordare quanto affermato dall’allora<br />
Ministro con la direttiva del 28 settembre 2005 9 . Tali indicazioni appaiono<br />
ancora attuali, onde evitare nell’istruttoria tecnica l’assunzione di<br />
competenze non proprie.<br />
Nello specifico delle modalità di individuazione delle aree e dei siti non idonei,<br />
l’Allegato 3 delle linee guida fornisce i criteri applicativi e soprattutto<br />
elenca le aree ricadenti in particolari ambiti tutelati che appaiono di più<br />
immediata non idoneità localizzativa. Gli ambiti individuati risultano particolarmente<br />
importanti per la nostra Amministrazione essendo citati i siti<br />
UNESCO, i beni culturali e le aree di notevole interesse pubblico individuate<br />
ai sensi dell’articolo 136 del Codice, cioè sottoposte a tutela paesaggistica.<br />
Di non minore importanza è l’aver determinato che l’impatto generato dagli<br />
impianti in esame non è determinato unicamente dalla stretta collocazione su<br />
un bene tutelato, ma anche dalla loro intervisibilità (”coni visuali”) e “prossimità”<br />
(con parchi archeologici e aree contermini ad emergenze di particolare<br />
interesse culturale). Più indefinito è il rapporto di non idoneità con le aree<br />
tutelate per legge, sin dalla “legge Galasso”, la 431 del 1985, aree che devono<br />
essere analizzate nel dettaglio per verificare l’insussistenza di “particolari caratteristiche”<br />
atte a decretarne l’esclusione. La vastità dell’estensione territoriale<br />
di tali ultime aree non poteva che rimandare ad analisi di maggiore dettaglio<br />
per definirne puntualmente la non idoneità, pena il ricorso per l’annullamento<br />
dell’individuazione da parte dei proponenti gli impianti.<br />
È proprio il contenuto dell’Allegato 3 che meglio definisce la sempre più<br />
cogente necessità di pervenire prioritariamente alla redazione dei piani<br />
paesaggistici regionali estesi all’intero ambito regionale prevista dal Codice<br />
obbligatoriamente fin dal 2004, in ossequio alla sottoscrizione italiana della<br />
Convenzione Europea del Paesaggio. Tale priorità è stata sancita nel <strong>2011</strong><br />
dal Ministro in considerazione del suo ruolo strategico per l’azione di tutela<br />
istituzionalmente riservata al Ministero per i beni e le attività culturali.<br />
Nessun altro strumento pianificatorio quale il piano paesaggistico può fornire<br />
le conoscenze di base per l’analisi delle caratteristiche e qualità del paesaggio<br />
regionale nei modi e forme atte a garantirne la tutela nei confronti di interventi<br />
settoriali che invece ne vogliono stravolgere l’assetto. In questo senso risulta<br />
auspicabile che il procedimento di individuazione delle aree e dei siti non<br />
9<br />
Adozione degli atti di individuazione dei beni culturali da parte degli uffici dell’amministrazione,<br />
prot. 28 settembre 2005, n. 24516, diramata dall’ex Dipartimento per i beni<br />
culturali e paesaggistici con nota 7 ottobre 2005, prot. n. 1947.<br />
idonei avvenga all’interno <strong>dello</strong> stesso piano paesaggistico regionale tramite<br />
l’applicazione della previsione di forme di coordinamento con gli strumenti di<br />
pianificazione territoriale e di settore e quindi con lo specifico settore regionale<br />
delle energie 10 . In questo senso il piano paesaggistico dovrebbe prevedere una<br />
necessaria integrazione per gli aspetti ambientali, onde pervenire alla considerazione<br />
anche di quei specifici ambiti elencati nell’Allegato 3.<br />
A tale necessità era già pervenuto il Codice nel momento in cui aveva previsto<br />
la possibilità che a firmare l’intesa per la copianificazione paesaggistica<br />
estesa all’intero territorio regionale fosse anche il Ministro dell’ambiente<br />
e della tutela del territorio e del mare (scelta che ad oggi è avvenuta<br />
in pochi casi: Puglia, Umbria e Friuli Venezia Giulia).<br />
Realizzare quanto è stato qui sinteticamente descritto è nella realtà molto<br />
difficile, stante la notevole frammentarietà delle competenze anche nelle<br />
strutture amministrative regionali.<br />
Ma la constatazione delle innumerevoli potenzialità della pianificazione<br />
paesaggistica non può che indurci a perseguirne il completamento nel più<br />
breve tempo possibile. Una dimostrazione reale di questa capacità multidisciplinare<br />
è rappresentata dalla proposta di Piano paesaggistico territoriale<br />
regionale della Puglia, ove al contrario di quanto fino ad ora avvenuto la<br />
considerazione della qualità paesaggistica precede la classica impostazione<br />
“territoriale” con considerazione delle valenze della prima.<br />
Per questo motivo chi scrive ritiene che l’integrazione con tali specifici<br />
aspetti energetici possa essere lo stimolo per la creazione di nuove visioni<br />
paesaggistiche che tengano conto anche di esperienze estere nel campo del<br />
Landscape Urbanism, i cui risultati non devono sempre essere visti come<br />
frutto di una carente rilevanza culturale e storica dei territori non italiani,<br />
ma la capacità di considerare la ‘qualità’ come generatrice progettuale e il<br />
‘luogo’ come ispirazione.<br />
Il lungo tempo intercorso dal 2004 con la riaffermata obbligatorietà della<br />
pianificazione paesaggistica, questa volta estesa all’intero territorio, ha<br />
visto finora l’approvazione di un solo piano paesaggistico conforme al<br />
Codice (anche se nella versione del 2006) in Sardegna e di uno ulteriore<br />
unilateralmente approvato nel 2010 dalla Regione Lombardia. Questo<br />
conferma l’esistenza di tutte le difficoltà accennate, anche se i lavori in<br />
corso, avviati con molta lentezza, hanno preso negli ultimi due anni nuovo<br />
vigore e una sostanziale accelerazione, oltre che lo stringersi di proficui<br />
rapporti tra le Regioni e il Ministero attraverso tavoli comuni.<br />
È per questo motivo che prevale in qualche settore disciplinare l’idea che<br />
solo lo strumento del classico vincolo paesaggistico, oggi però connotato<br />
dall’obbligo di una puntuale “vestizione” costituita dalle prescrizioni<br />
d’uso, sia in grado di preservare e gestire un valore, prima che questo si<br />
depauperi.<br />
In tale convinzione il Codice certamente aiuta, nel momento in cui stabilisce<br />
11 che la specifica disciplina (“vestizione”) è parte integrante del piano<br />
paesaggistico e non è suscettibile di rimozione o modifica nel corso del<br />
procedimento di redazione o revisione del piano medesimo, pertanto se ne<br />
sancisce la prevalenza sul suo quadro normativo. Tali dettati rappresentano<br />
una ulteriore conferma della valenza integrativa (se non sostitutiva) del<br />
vincolo rispetto alla pianificazione, non per questo se ne può però affermare<br />
l’equivalenza. L’equivalenza non è data in quanto la seppur possibile non<br />
limitata estensione territoriale di un vincolo, è comunque sempre racchiusa<br />
in un perimetro, che non possiede in quanto linea teorica la capacità di<br />
considerare strutture paesaggistiche e tantomeno sistemi di forma dinamica.<br />
È pertanto il perimetro (o la “delimitazione” del Codice) che può impedire<br />
l’efficacia o ridurre il valore di questo strumento ideato e perfezionato in epoca<br />
ormai lontana. Per questo si tende sempre a ridurne l’estensione a piccole<br />
parti di territorio, omogenee per natura e caratteristica, la cui “vestizione”<br />
possa essere la più semplice possibile. Solo nel caso di vincoli redatti su piani<br />
già esistenti è possibile la loro estensione ad ambiti territoriali di notevole<br />
ampiezza, avendone acquisito il quadro conoscitivo già redatto.<br />
10<br />
Decreto legislativo del 22 gennaio 2004, n. 42, s.m.i., articolo 145, comma 2.<br />
11<br />
Decreto legislativo del 22 gennaio 2004, n. 42, s.m.i., articolo 140, comma 2.<br />
Tutela del paesaggio