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dicembre 2011 - Pubblicazioni Ufficiali dello Stato - Istituto ...

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194 Notiziario / 92-97<br />

Siffatta sentenza dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 131, comma<br />

3, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali<br />

e del paesaggio), come modificato dall’art. 2, comma 1, lettera a), del<br />

decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 63 (Ulteriori disposizioni integrative<br />

e correttive del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al<br />

paesaggio), nella parte in cui include le Province autonome di Trento e di<br />

Bolzano tra gli enti territoriali soggetti al limite della potestà legislativa<br />

esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.<br />

Ne consegue che la competenza statale esclusiva di cui all’art.<br />

117, secondo comma, lettera s), Cost., non può operare nei confronti della<br />

Provincia autonoma di Trento in materia di tutela del paesaggio, giacché<br />

essa è espressamente riservata alla sua competenza legislativa primaria,<br />

nei limiti segnati dall’art. 4 <strong>dello</strong> statuto, i quali comportano che la<br />

Provincia di Trento debba rispettare la norma fondamentale di riforma<br />

economico-sociale costituita dal citato art. 142.<br />

La Corte, rammentando la giurisprudenza formatasi nella vigenza del Codice<br />

del 2004 (sentenze n. 182 e n. 183 del 2006, n. 367 del 2007 e n. 180<br />

del 2008), ha ribadito che il paesaggio è un valore “primario” ed anche<br />

“assoluto” (in precedenza, sentenze n. 151 del 1986 e n. 641 del 1987),<br />

precisando che per paesaggio deve intendersi, innanzitutto, «la morfologia<br />

del territorio» regionale e che esso riguarda «l’ambiente nel suo aspetto<br />

visivo». In tal senso, come affermato, in particolare, dalla sentenza n. 367<br />

del 2007, «l’art. 9 della Costituzione ha sancito il principio fondamentale<br />

della “tutela del paesaggio” senza alcun’altra specificazione. In sostanza,<br />

è lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che<br />

contiene, che è di per sé un valore costituzionale».<br />

Ciò posto, la Corte ha ritenuto che «la conservazione ambientale e paesaggistica»<br />

spetti, in base all’art. 117, secondo comma, lettera s) della<br />

Costituzione, alla cura esclusiva <strong>dello</strong> <strong>Stato</strong> (ancora la sentenza n. 367 del<br />

2007). Ha, inoltre, puntualizzato che il predetto titolo di competenza statale<br />

«riverbera i suoi effetti anche quando si tratta di Regioni speciali o di<br />

Province autonome, con l’ulteriore precisazione, però, che qui occorre tener<br />

conto degli statuti speciali di autonomia» (sentenza n. 378 del 2007).<br />

Deve, infatti, rammentarsi che le disposizioni della legge costituzionale n. 3<br />

del 2001 non sono destinate a prevalere sugli statuti speciali di autonomia e<br />

sono attualmente invocabili (art. 10 della stessa legge costituzionale n. 3 del<br />

2001) solo per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie di<br />

quelle già attribuite, da considerarsi (per la singola Provincia autonoma o<br />

Regione speciale) in modo unitario nella materia o funzione amministrativa<br />

presa in considerazione (tra le altre, sentenza n. 103 del 2003).<br />

È proprio in tale prospettiva che, con specifico riferimento alla competenza<br />

legislativa della Provincia autonoma di Trento ai sensi dell’art. 8, n. 6),<br />

<strong>dello</strong> statuto di autonomia, la Corte, con la sentenza n. 62 del 2008, ha<br />

richiamato la competenza legislativa esclusiva in materia di “tutela del<br />

paesaggio”, da esercitare nel rispetto dei limiti generali di cui all’art. 4 <strong>dello</strong><br />

statuto speciale e, dunque, «in armonia con la Costituzione e i principi<br />

dell’ordinamento giuridico della Repubblica e con il rispetto degli obblighi<br />

internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali<br />

delle riforme economico-sociali della Repubblica».<br />

In un’ottica non dissimile si pone la sentenza n. 164 del 2009 della<br />

Corte Costituzionale, che incentra la verifica della compatibilità di talune<br />

norme regionali dettate dalla Regione Valle d’Aosta in materia di tutela<br />

del paesaggio (art. 3 della legge della Regione Valle d’Aosta 16 ottobre<br />

2006, n. 22) con la competenza legislativa primaria ad essa attribuita in<br />

materia di urbanistica e di tutela del paesaggio dall’art. 2, primo comma,<br />

lettere g) e q), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto<br />

speciale per la Valle d’Aosta), quale potestà - al pari di quella della Provincia<br />

di Trento - da esercitare «in armonia con la Costituzione e con i<br />

principi dell’ordinamento, nonché delle norme fondamentali e di riforma<br />

economico-sociale».<br />

La suindicata sentenza afferma, inoltre, che la norma di cui all’art. 142 del<br />

Codice dei beni culturali e del paesaggio, che individua le aree tutelate per<br />

legge, costituisce norma di grande riforma economico - sociale, finalizzata<br />

a garantire standard uniformi di tutela su tutto il territorio nazionale.<br />

La declaratoria di incostituzionalità portata dalla citata sentenza n. 164<br />

si fonda proprio sul parametro statutario, per aver le norme regionali denunciate<br />

violato l’art. 142 del d.lgs. n. 42 del 2004 - che provvede ad individuare<br />

le aree tutelate per legge - da intendersi «norma di grande riforma<br />

economico-sociale».<br />

Siffatta sentenza ha dichiarata fondata la questione di legittimità costituzionale<br />

dell’art. 3 della legge della Regione Valle d’Aosta 16 ottobre 2006,<br />

n. 22, che ha sottratto i luoghi contermini ai laghi artificiali alla disciplina<br />

riservata ai laghi naturali dall’art. 34 della precedente legge della Regione<br />

Valle d’Aosta n. 11 del 1998, per sottoporli, invece, «a tutela paesistica solo<br />

in via eventuale e solo entro gli ambiti spaziali espressamente perimetrati<br />

dagli strumenti di pianificazione comunale» in quanto eccedente la potestà<br />

legislativa primaria riconosciuta dallo statuto in materia di urbanistica<br />

e tutela del paesaggio, la quale deve pur sempre esercitarsi «in armonia<br />

con la Costituzione e con i principi dell’ordinamento, nonché delle norme<br />

fondamentali e di riforma economico-sociale». A tal fine, infatti, il decreto<br />

legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, prevede, all’art. 142, «che i territori contermini<br />

ai laghi, senza alcuna distinzione, abbiano valenza paesaggistica<br />

e necessitino di adeguata tutela» e si deve reputare che siffatta norma costituisca<br />

un «limite alla potestà regionale in quanto norma fondamentale<br />

di riforma economico-sociale finalizzata a garantire standard uniformi di<br />

tutela su tutto il territorio nazionale».<br />

L’art. 142 citato - come già la “legge Galasso” - non distingue, ai fini<br />

della tutela paesaggistica, tra laghi naturali e laghi artificiali, con ciò<br />

dovendo intendersi che anche questi ultimi sono in essa ricompresi, ben<br />

potendo costituire realtà significative sotto il profilo naturale, estetico e<br />

culturale.<br />

Pertanto, l’art. 3 della legge regionale n. 22 del 2006, avendo sottratto<br />

le zone contermini ai laghi artificiali al regime di tutela ex lege<br />

imposto dall’art. 142 del Codice, è stato dichiarato costituzionalmente<br />

illegittimo.<br />

Con la sentenza n. 101 del 2010, la Corte Costituzionale ribadisce il<br />

principio che non è consentito derogare alla normativa statale concernente<br />

l’autorizzazione paesaggistica, che stabilisce standard minimi di tutela<br />

del paesaggio valevoli su tutto il territorio nazionale.<br />

Con la sentenza n. 101 del 2010 la Corte Costituzionale, decidendo in<br />

ordine ad una norma regionale della Regione Friuli-Venezia Giulia, ha<br />

ribadito il principio, già affermato con la sentenza n. 232 del 2008, che,<br />

anche con specifico riferimento al procedimento volto al rilascio dell’autorizzazione<br />

paesaggistica, «non è consentito introdurre deroghe agli istituti<br />

di protezione ambientale che dettano una disciplina uniforme valevole su<br />

tutto il territorio nazionale nel cui ambito deve essere annoverata l’autorizzazione<br />

paesaggistica». La Corte ha nuovamente chiarito che, in materia<br />

di tutela dell’ambiente, lo <strong>Stato</strong> stabilisce “standard minimi di tutela”,<br />

assicurando una tutela «adeguata e non riducibile» dell’ambiente (sentenza<br />

n. 61 del 2009) valevole anche nei confronti delle Regioni a statuto<br />

speciale e delle Province autonome.<br />

Peraltro la regione Friuli-Venezia Giulia non ha competenza primaria<br />

nella materia della tutela del paesaggio, ma ha solo la facoltà, ai sensi<br />

dell’art. 6 <strong>dello</strong> statuto speciale e dell’art. 1 del decreto legislativo 2 marzo<br />

2007, n. 34 (Norme di attuazione <strong>dello</strong> statuto speciale della Regione autonoma<br />

Friuli-Venezia Giulia, in materia di beni culturali e paesaggistici),<br />

di adeguare alle sue particolari esigenze le disposizioni delle leggi statali,<br />

emanando norme di integrazione e di attuazione.<br />

La Corte ha quindi affermato che risulta evidente che la disposizione regionale<br />

impugnata non può essere ricondotta alla potestà legislativa «integrativo-attuativa»<br />

in materia di tutela del paesaggio di cui all’art. 6 <strong>dello</strong><br />

statuto speciale di autonomia, in quanto determina una inammissibile<br />

modifica, per di più in senso riduttivo, della tutela del paesaggio imposta<br />

dalla legislazione statale.<br />

Giurisprudenza

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