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Lunigiana Qualità - Aicod

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Qualità <strong>Lunigiana</strong> 45<br />

bizantino, appartenuto poi ai Malaspina e<br />

agli Ariberti di Cremona. Il palazzo Ariberti,<br />

la chiesa, il convento e ospedale dei<br />

Fatebenefratelli, la grande piazza interna<br />

delimitata da eleganti residenze, il labirinto<br />

dei suoi vicoli, con il borgo detto<br />

degli ebrei, compongono una suggestiva<br />

scenografia che accoglie rievocazioni medievali,<br />

spettacoli, botteghe e rassegne di<br />

antiquariato. Poco oltre Filetto, lasciata<br />

l’antica selva di san Genesio, appare in<br />

lontananza il castello di Malgrate, con una<br />

delle più belle torri medievali italiane e il<br />

borgo che dette i natali a Silvestro Landini,<br />

missionario che fu tra i primi seguaci<br />

di sant’Ignazio di Loyola, e all’umanista<br />

Bonaventura Pistofilo.<br />

A Mocrone si visita la chiesetta romanica<br />

di san Maurizio, si possono acquistare ottimi<br />

testaroli prodotti artigianalmente; si<br />

vedono la casa natale ed il monumento di<br />

Alberico Benedicenti, illustre scienziato,<br />

farmacologo, accademico dei Lincei, antifascista;<br />

si ricorda che nella primavera<br />

del 1945 vi pernottò fugacemente, quasi<br />

prigioniero dei tedeschi, Benito Mussolini,<br />

di ritorno dalla visita in Garfagnana alle<br />

truppe della Monterosa.<br />

Un’altra pagina di medioevo è scritta sulle<br />

case di Virgoletta, addossate ad un piccolo<br />

rilievo su cui vigilano il castello e la bella<br />

chiesa ricca di marmi e preziose reliquie<br />

di Corpi Santi, a due passi dalla sorgente<br />

delle tre fontane, con acque leggere che<br />

sgorgano da mascheroni di marmo. Nei<br />

pressi di Fornoli, sulle rive della Magra, la<br />

chiesa di santa Maria di Groppofosco e un<br />

casolare in desolato abbandono ricordano<br />

il guado e l’ospedale che guidavano e accoglievano<br />

i pellegrini della via Francigena.<br />

Torta d’erbe<br />

della <strong>Lunigiana</strong><br />

In verità si dovrebbe chiamare torta d’erbi,<br />

perché nel dialetto locale le erbe commestibili<br />

sono declinate al maschile. Nella campagna,<br />

a primavera, c’è ancora chi la prepara nella<br />

sua più arcaica versione con una ventina<br />

di erbe selvatiche: borragine, ortiche, cimi di<br />

rovi, primule, viole, luppolo, cimi di vitalba,<br />

radicchi di campo, finocchio selvatico, ecc.<br />

Tutto l’anno si trova in commercio la versione<br />

prodotta con ortaggi pregiati (bietole, cipolle,<br />

borragine, porri, ecc.) finemente tagliati, talvolta<br />

cotti a freddo sotto sale.<br />

La prevalenza di un certo ortaggio (ad esempio<br />

il porro, nella torta rituale della vigilia di<br />

Natale) fa sì che la torta assuma sapori e sfumature<br />

diverse, legati alla stagionalità degli<br />

ingredienti e alla fantasia del cuoco.<br />

Quando si cuoce all’uso antico, nei testi di<br />

ghisa, con foglie di castagno usate in sostituzione<br />

dell’olio per impedire l’aderenza dell’impasto<br />

al testo, i profumi ed il sapore delle torte<br />

sono davvero difficili da descrivere.

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