Luigi Riccoboni - irpmf - CNRS
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<strong>Luigi</strong> <strong>Riccoboni</strong>, Dell’arte rappresentativa – 23<br />
dimenarsi come un saracino sdegnato e soprattutto scartando la gestualità asimmetrica (sincopata e<br />
slegata) dell’Arlichino.<br />
Simmetriche geometrie<br />
L’estetica del giusto mezzo impone a <strong>Riccoboni</strong> di condannare tanto la gestualità esagerata e<br />
scomposta dell’Arlichino, quanto quella regolata e geometrica: si direbbe che Lelio intenda allontanare<br />
i due fantasmi che minacciano l’attore settecentesco, la maschera e l’automa, la corporeità<br />
ir-razionale e la macchina senz’anima, l’attore-saltimbanco e quello accademico:<br />
Non stupir se ti esamino e ti squadro;<br />
quel moverti per arte e col compasso<br />
ti rendon, se nol sai, scipito e ladro.<br />
Per numero tu calcoli ogni passo<br />
e per linea le braccia stendi in giro<br />
con molta attenzion per l’alto e il basso.<br />
Talor bilanci un guardo ed un sospiro,<br />
volgi il capo, e la mano movi, o piede,<br />
a battuta qual canta un semi viro.<br />
A tempo quegli disserrar si vede<br />
la voce: in te ogni membro si contiene,<br />
così ché un parte, un resta e un altro riede.<br />
Parmi veder, come sovente avviene,<br />
quei fanciulletti che un pedante in scuola<br />
ammaestra per porli in su le scene:<br />
imparata che s’han la cantafola<br />
che devon recitar quegli innocenti,<br />
ti fan cinque o sei moti ogni parola.<br />
Non crederassi, e pur non altrimenti<br />
far ti vedo talor comico sciocco,<br />
tanto prodigo sei di movimenti. (II, 61-81)<br />
Il passo, apparentemente piano nel suo valore semantico, è di quelli che andrebbero chiosati<br />
parola per parola; non è certo questa la sede, mi limiterò dunque ad evidenziare alcuni lemmi che<br />
disegnano una precisa isometria semantica. Nella gestualità dell’attore descritta nei versi citati <strong>Riccoboni</strong><br />
vede la manifestazione di un esprit géométrique che si affi da a criteri puramente quantitativi:<br />
l’attore si muove come un compasso, per linea, in alto, in basso, in giro; misurando (calcoli, bilanci)<br />
aritmeticamente (per numero, cinque o sei) i propri movimenti o scandendoli al ritmo del metronomo<br />
(a battuta, a tempo). E se dietro il semi viro agisce un topos satirico settecentesco (l’opera in<br />
musica, altrove ricordata in termini inequivocabili 42 ), le altre scelte semantiche riccoboniane mi<br />
sembrano nella loro coerenza superare l’obiettivo puramente ironico, e rispondere invece a esigenze<br />
di precisione e di evidenza: quello che si muove tra le righe del passo citato più che un attore,<br />
sembrerebbe un manichino, una marionetta, o meglio ancora, per restare in territori settecenteschi<br />
un automa, di quelli che forse non sarebbe dispiaciuto a Fellini-Casanova, ma che a <strong>Riccoboni</strong> non<br />
può che evocare l’idea della disumanizzazione, dell’artifi cio, della macchina 43 . La gestualità arte-<br />
42. Cfr. per esempio V, 120, dove l’opera è defi nita il «mostro che ne incanta e ne innamora».<br />
43. Da <strong>Riccoboni</strong> data la metafora della marionetta nella teatrologia settecentesca: se ne può seguire la fortuna<br />
con P. Tort, La partition intérieure, in «Revue d’histoire du théâtre», XXVIII, 1976, pp. 59-67. Sugli automi e la loro<br />
diff usione tra Sei e Settecento cfr. A. Zanon, Il mondo degli automi tra manierismo e secolo dei lumi, in Il mito dell’au-<br />
© IRPMF, 2006 – Les savoirs des acteurs italiens, collection dirigée par Andrea Fabiano