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Luigi Riccoboni - irpmf - CNRS

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<strong>Luigi</strong> <strong>Riccoboni</strong>, Dell’arte rappresentativa – 7<br />

in apparente controtendenza rispetto ai tempi che già annunciano il Mondo e il Teatro goldoniani,<br />

tornerà sui principi della propria teoresi e sentirà il bisogno di chiarire quelle dichiarazioni nate nel<br />

caldo della polemica. E allora il naturale, che nel 1728 è la bandiera sotto la quale combatte ciecamente<br />

la propria battaglia, diventerà un ‘naturale teatrale’, vale a dire una realtà ingrandita, giacché<br />

nella proporzione uno a uno il rischio, <strong>Riccoboni</strong> lo riconosce, è quello di non raggiungere tutti, di<br />

perdere in incisività ciò che si guadagna in realtà. Se i suoi lettori avessero pensato che fosse per un<br />

realismo integrale, ecco chiarito l’equivoco:<br />

Quant à moi, j’ai toujours cru, & je n’étois pas seul de mon opinion, que la Nature toute simple & toute<br />

pure seroit froide sur la Scène, & j’en ai vu l’expérience en plusieurs Comédiens. Ainsi suivant ce principe,<br />

j’ai pensé qu’il falloit un peu charger l’action, & sans trop s’éloigner de la Nature, ajouter quelque art dans la<br />

déclamation: de même qu’une Statue qu’on veut placer dans le lointain doit être plus grande que nature, afi n<br />

que malgré la distance les Spectateurs la distinguent dans le point d’une juste proportion. Ainsi les Acteurs<br />

Anglois ont l’art d’enfl er, pour ainsi dire, la vérité, précisément comme il faut pour la faire paroître dans le<br />

lointain, de manière à me faire juger que c’est la pure vérité qu’ils m’exposent.<br />

J’ai dit ailleurs qu’il faut grossir les objets sur le Th éatre, & passer un peu le bornes de la Nature, afi n que<br />

l’expression & l’action ne se perdent pas pour ceux des Spectateurs qui son éloignés. Je dis la même chose<br />

pour la Chaire & pour les Harangues: mais il faut que l’Orateur & le Comédien le fassent avec une grande<br />

prudence, & jusqu’à un certain point, pour ne pas déplaîre à ceux qui sont le plus près, & sur-tout pour ne<br />

pas trop altérer la Nature & nuire à la Vérité 7 .<br />

Di realismo dunque neanche a parlarne: il vero artistico di <strong>Riccoboni</strong> non è l’insieme del reale,<br />

né concezione estensiva, ma corollario di un principio razionale, di matrice aristotelica; tutto ciò<br />

che si colloca al di fuori di questa norma ideale è un monstrum, è lo scherzo di una Natura beff arda;<br />

tale oggetto irregolare (diffi cile non sentire qui l’eco di ben note polemiche antisecentiste) non cade<br />

nel dominio della rappresentazione estetica: «Oh, mi dirà talun, che su la scena | deve immitarsi il<br />

natural vivente | e chi più cerca è pazzo da catena. | È pazzo chi non cerca e se ne mente. | Scherza<br />

tal’or natura o tal’or falla | ne la struttura del umana gente» (I, 109-114). Il rapporto tra l’esistente e<br />

l’arte passa attraverso un duplice fi ltro: dal campo illimitato della realtà si ricava il sottoinsieme del<br />

naturale (la cui norma è di ordine razionale), all’interno del quale il dominio estetico è stabilito in<br />

base alle norme classiciste della medietas, dell’aptum e della coerenza.<br />

2.a Medietas<br />

L’adesione da parte di <strong>Riccoboni</strong> all’aristotelico-oraziano ‘giusto mezzo’ («Va per la via di<br />

mezzo e, se pur fuora | del retto calle fantasia ti mena, | al alto e non al basso tien la prora», III, 70-<br />

72) non è tuttavia il semplice adeguamento a una media aritmetica che esclude gli estremi, quanto<br />

piuttosto un criterio più o meno mobile: elastico nella direttiva nobilitante, più rigido in quella<br />

realistica («Se tanto fossi grande, sì che a pena | potesse immaginarti umana mente, | saria gran fallo,<br />

ma ti rasserena: | fallo maggior sarebbe se vilmente, | per cercar la Natura, discendessi | a gli atti usati<br />

da la bassa gente», III, 73-78), nell’aprioristico rispetto dei diritti dello spettatore. È infatti l’etero-<br />

7 Réfl exions, pp. 134-135 e Pensées, pp. 262-263; e metto qui in nota il passo equivalente di Dell’arte rappresentativa<br />

affi nché il lettore possa valutare quanto la successiva correzione di rotta, sia davvero nell’ordine di una chiarifi<br />

cazione e non di un eff ettivo ripensamento: «Perché de’ spettatori il più remoto | ti senta, alzi la voce e far del pari<br />

| nel movimento ancora ti denoto. | Approvolo, ma pur convien che guari | non ecceda e sol tanto che scomposto | e<br />

stridente a’ vicini non appari. | Se l’uditorio in ordine disposto | fosse così ch’egualmente lontani | gli avessi, ti accordarei<br />

il supposto; | ma i più vicini e ch’hai sotto le mani | assordarai troppo la voce alzando, | e gli atti riusciranno ingrati e<br />

strani», III, 145-156.<br />

© IRPMF, 2006 – Les savoirs des acteurs italiens, collection dirigée par Andrea Fabiano

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