Luigi Riccoboni - irpmf - CNRS
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Senza degli occhi il tuo parlare è morto;<br />
senza degli occhi il tuo tacer non vale;<br />
senza degli occhi un ceco anderà storto.<br />
[...]<br />
Senti il timore e l’occhio tuo dimesso<br />
l’esprimerà, e senti un gran furore<br />
che l’ardire vedrassi in quello impresso,<br />
la vergogna daragli un certo orrore<br />
e l’ironia un gaio adulterato,<br />
che disfi do a dipingerli un pittore.<br />
L’amore un dolce sopra ogn’altro grato,<br />
la noia un mesto che non soff re doglia,<br />
l’indiff erenza un quid inexplicato;<br />
e ciò che ti disgusta o che t’invoglia<br />
e la gioia e la pena, se le senti,<br />
si vedran de’ tuoi sguardi in su la soglia. (VI, 169-71, 181-92)<br />
<strong>Luigi</strong> <strong>Riccoboni</strong>, Dell’arte rappresentativa – 43<br />
4. Critica e pedagogia: le leve della riforma<br />
Terminata la lettura dei precetti attoriali, il compito di chi scrive potrebbe ritenersi esaurito,<br />
non volendo abusare dell’attenzione del lettore; con il quale lettore, tuttavia, ci si era impegnati, in<br />
apertura di queste pagine, per una lettura ‘ingenua’ da un lato, dall’altro provocatoria, che facesse<br />
saltare i consueti punti cardinali della critica teatrologica alle prese con la teoresi attoriale settecentesca.<br />
A ben vedere, dunque, resta ancora molto da dire, certamente troppo per le forze e le competenze<br />
di chi scrive; ma qualcosa, forse, a questo decalogo del buon commediante, qualcosa che ci<br />
aiuti a guardare a <strong>Riccoboni</strong> e alla sua rifl essione da un punto di vista inaspettato, si può e si deve<br />
aggiungere.<br />
Diamo per acquisite le diffi coltà di quegli anni terribili (1725-1728), le contestazioni interne<br />
alla troupe, la concorrenza, la disaff ezione del pubblico, la stanchezza e la ricerca di nuovi scenari nei<br />
quali operare: a chi volesse saperne di più lo rimandiamo a Courville, documentato e intelligente<br />
nel cogliere la critica congiuntura di quel momento di esplosione editoriale. Dove non mi sento<br />
più di seguire lo studioso è allorquando ritiene che <strong>Riccoboni</strong> fosse intenzionato a passare la Manica<br />
per continuare la sua professione in Inghilterra: non mi sembra convincente per varie ragioni,<br />
la più solida direi essere che a Londra <strong>Riccoboni</strong> cerca sì una sistemazione, ma non come attore:<br />
la funambolica attività di 007 con gli annessi dispacci inviati a Parigi credo sia prova suffi ciente 69 .<br />
No, se Lelio prende la penna in qualità di teorico teatrale lo fa guardando indietro, con una doppia<br />
fi nalità: una di superfi cie, una più mascherata.<br />
Comincerei chiasticamente dalla seconda e direi subito che quella motivazione sotterranea<br />
che spinge il capocomico esule a fare della terzina dantesca lo strumento espressivo della sua teoresi<br />
performativa è soprattutto una motivazione difensiva. Si è più volte sottolineato come il discorso<br />
critico riccoboniano colpisca in più direzioni: lo stile declamatorio dei Francesi, quello ‘realista’<br />
alla Baron e quello istrionico dei comici dell’Arte. La stravaganza dell’off ensiva, condotta con strumenti<br />
diversi da quelli propri del comico e in un campo che non coincide con lo spazio del teatro,<br />
avverte che <strong>Riccoboni</strong> è in una fase di stallo se non addirittura di arretramento dall’agone. Lelio<br />
è alla ricerca di nuovi protettori e nuovi lettori-allievi disposti a seguirlo in quell’opera di riforma<br />
che è restaurazione e rilancio. Nonostante l’alta convenzionalità che solitamente caratterizza le dichiarazioni<br />
paratestuali, credo che nella lettera “A’ Lettori” ci sia più verità di quanto non si sarebbe<br />
disposti a credere:<br />
69. Cfr. Courville, Un apôtre, cit., II, pp. 287-301.<br />
© IRPMF, 2006 – Les savoirs des acteurs italiens, collection dirigée par Andrea Fabiano