Luigi Riccoboni - irpmf - CNRS
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parmi capirne il senso vero e vivo.<br />
Io l’interprete sono, io il sacerdote:<br />
ascoltatemi voi – Ma qual rumore<br />
sento? Mi chiama ogn’un pianta carote;<br />
e gridan: “Pietre al gran riformatore,<br />
che delli quatro membri principali<br />
vuol mutilare il comico: ah l’orrore! (I, 115-23) 71<br />
<strong>Luigi</strong> <strong>Riccoboni</strong>, Dell’arte rappresentativa – 45<br />
Legittimo a questo punto il dubbio che Dell’arte rappresentativa non possa pacifi camente<br />
iscriversi nella tradizione del poemetto didascalico, né che sia lecito liquidarlo come frutto ambizioso<br />
di un comico in crisi; mi pare al contrario che i sei capitoli di terzine si possano defi nire anche un<br />
affi lato pamphlet, la cui forma poetica è escamotage per camuff are la radicalità del confl itto in atto,<br />
per alleggerire la tensione espressionistica che anima l’immaginario riccoboniano, immaginario che<br />
forse, espresso nell’originario dialogismo del progetto, sarebbe emerso ben meno schermato.<br />
Capro espiatorio, martire, gran riformatore: sono i volti del <strong>Riccoboni</strong>-apostolo della bonne<br />
nouvelle disposto ad immolarsi. Sono questi i molteplici volti del Lelio polemista che rimandano<br />
a un’unica fi gura archetipica, il Titano che si erge contro la turba, vittimisticamente pronto ad affrontare<br />
il linciaggio. L’altro Lelio, il maestro - quello che ripone le proprie speranze nelle ultime<br />
generazioni -, non può che proiettarsi verso il futuro, scegliere di indossare le maschere del moderno:<br />
ecco allora il chirurgo («Il nume, che ben sa quanto in me ferva | desio d’esser chirurgo teatrale,<br />
| balsamo appresta che a tal morbo serva», II, 103-105), il notomista, lo scienziato, il fi losofo che<br />
analizza i meccanismi percettivi:<br />
Artifi ciosamente prodigiosa<br />
di cinque sensi l’uomo ha provveduto<br />
madre Natura, al sommo industriosa.<br />
Gustare, udir, veder, toccare e il fi uto<br />
ci diede, senza i quali questa nostra<br />
umanità non varrebbe uno sputo.<br />
Di quatro l’esperienza ci dimostra<br />
che uniti o soli potiam farne l’uso,<br />
ma due sono indisgiunti da la giostra.<br />
Ascoltare e vedere che in confuso<br />
non potrai, se al mirare ed all’udire<br />
dài vari oggetti a un tempo, e non ti abuso;<br />
qualora, per intender l’altrui dire,<br />
con somma attenzion l’orecchio presti,<br />
fi ssi ancor l’occhio per meglio capire;<br />
e, s’altro oggetto avviene che t’infesti,<br />
le palpebre ne chiudi con prestezza,<br />
perché l’udito non distragga o arresti.<br />
E, se ascoltando, astratto o per stanchezza,<br />
volgi l’occhio, si ferma chi favella;<br />
ma guardalo: il discorso raccapezza.<br />
Egli è pur ver: posso gustare e quella<br />
cosa vedere o fi utar che mi porgi,<br />
71. Osservo en passant che <strong>Riccoboni</strong> sembra orecchiare uno dei passi della già ricordata Epître à Mademoiselle<br />
Le Couvreur di Beauchamps: «Un murmure confus s’éleve contre moi, | je porte le dégoût plus loin que je ne dois».<br />
© IRPMF, 2006 – Les savoirs des acteurs italiens, collection dirigée par Andrea Fabiano