380AN. CXXVII – SEPTEMBRIS-DECEMBRIS 2008 – N. 3gendola su sette colonne (cf. Pr 9,1), cosìanche la Parola di Dio ha una sua casa nelNuovo Testamento: è la Chiesa che ha ilsuo modello nella comunità-madre di Gerusalemme,la Chiesa fondata su Pietro e sugliApostoli e che oggi, attraverso i vescovi incomunione col Successore di Pietro, continuaad essere custode, annunciatrice e interpretedella Parola (cf. Lumen gentium13). Luca, negli Atti degli Apostoli (2,42),ne traccia l’architettura basata su quattrocolonne ideali: «Erano perseveranti nell’insegnamentodegli apostoli, nella comunionefraterna, nello spezzare il pane e nellepreghiere».7. Ecco innanzitutto la didaché apostolica,ossia la predicazione della Parola diDio. L’apostolo Paolo, infatti, ci ammonisceche «la fede viene dall’ascolto el’ascolto riguarda la parola di Cristo» (Rm10,17). Dalla Chiesa esce la voce dell’araldoche a tutti propone il kérygma, ossial’annunzio primario e fondamentale cheGesù stesso aveva proclamato agli esordidel suo ministero pubblico: «Il tempo ècompiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevie credete nel Vangelo» (Mc 1,15).Gli apostoli annunciano l’inaugurazionedel regno di Dio, e quindi dell’interventodecisivo divino nella storia umana, proclamandola morte e la risurrezione di Cristo:«in nessun altro c’è salvezza; non vi è, infatti,sotto il cielo, altro nome dato agli uomini,nel quale è stabilito che noi siamo salvati»(At 4,12). Il cristiano rende testimonianzadi questa sua speranza «condolcezza, rispetto e retta coscienza», pronto,però, anche ad essere coinvolto e forsetravolto dalla bufera del rifiuto e della persecuzione,consapevole che «è meglio soffrireoperando il bene che facendo il male»(1Pt 3,16-17).Nella Chiesa risuona, poi, la catechesi:essa è destinata ad approfondire nel cristiano«il mistero di Cristo alla luce della Parolaperché l’uomo intero sia irradiato da essa»(Giovanni Paolo II, Catechesi tradendae,20). Ma il vertice della predicazione ènell’omelia che ancor oggi per molti cristianiè il momento capitale dell’incontrocon la Parola di Dio. In questo atto il ministrodovrebbe trasformarsi anche in profeta.Egli, infatti, deve in un linguaggio nitido,incisivo e sostanzioso, non solo con autorevolezza«annunziare le mirabili opere diDio nella storia della salvezza» (SacrosantumConcilium 35) – offerte prima attraversouna chiara e viva lettura del testo biblicoproposto dalla liturgia – ma deve anche attualizzarlenei tempi e nei momenti vissutidagli ascoltatori e far sbocciare nel lorocuore la domanda della conversione e dell’impegnovitale: «Che cosa dobbiamo fare?»(At 2,37).Annunzio, catechesi e omelia suppongono,quindi, un leggere e un comprendere,uno spiegare e un interpretare, un coinvolgimentodella mente e del cuore. Nella predicazionesi compie così un duplice movimento.Col primo si risale alla radice dei testisacri, degli eventi, dei detti generatoridella storia di salvezza, per comprenderlinel loro significato e nel loro messaggio.Col secondo movimento si ridiscende alpresente, all’oggi vissuto da chi ascolta elegge, sempre alla luce del Cristo che è il filoluminoso destinato a unire le Scritture. Èciò che Gesù stesso aveva fatto – come si ègià detto – nell’itinerario da Gerusalemmea Emmaus in compagnia di due suoi discepoli.È ciò che farà il diacono Filippo sullastrada da Gerusalemme a Gaza, quando colfunzionario etiope intesserà quel dialogoemblematico: «Capisci quello che stai leggendo?...E come potrei capire se nessunomi guida?» (At 8,30-31). E la meta saràl’incontro pieno con Cristo nel sacramento.Si presenta, così, la seconda colonna cheregge la Chiesa, casa della parola divina.8. È la frazione del pane. La scena diEmmaus (cf. Lc 24,13-35) è ancora una voltaesemplare e riproduce quanto accadeogni giorno nelle nostre chiese: all’omeliadi Gesù su Mosè e i profeti subentra, allamensa, la frazione del pane eucaristico. È,questo, il momento del dialogo intimo diDio col suo popolo, è l’atto della nuova alleanzasuggellata nel sangue di Cristo (cf.Lc 22,20), è l’opera suprema del Verbo chesi offre come cibo nel suo corpo immolato,
EX ACTIS SUMMI PONTIFICIS 381è la fonte e il culmine della vita e della missionedella Chiesa. La narrazione evangelicadell’ultima cena, memoriale del sacrificiodi Cristo, quando è proclamata nella celebrazioneeucaristica, nell’invocazionedello Spirito Santo diventa evento e sacramento.È per questo che il Concilio VaticanoII, in un passo di forte intensità, dichiarava:«La Chiesa ha sempre venerato le divineScritture come ha fatto per il Corpostesso di Cristo, non mancando mai, soprattuttonella sacra liturgia, di nutrirsi del panedi vita dalla mensa sia della Parola di Diosia del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli»(Dei Verbum 21). Si dovrà, perciò, riportareal centro della vita cristiana «la liturgiadella parola e la liturgia eucaristica,congiunte tra loro così strettamente da formareun solo atto di culto» (SacrosanctumConcilium 56).9. Il terzo pilastro dell’edificio spiritualedella Chiesa, casa della Parola, è costituitodalle preghiere, intessute – come ricordavasan Paolo – da «salmi, inni, cantici spirituali»(Col 3, 16). Un posto privilegiato è occupatonaturalmente dalla Liturgia delleOre, la preghiera della Chiesa per eccellenza,destinata a ritmare i giorni e i tempi dell’annocristiano, offrendo, soprattutto colSalterio, il cibo quotidiano spirituale del fedele.Accanto ad essa e alle celebrazioni comunitariedella Parola, la tradizione ha introdottola prassi della Lectio divina, letturaorante nello Spirito Santo, capace di schiudereal fedele il tesoro della Parola di Dio,ma anche di creare l’incontro col Cristo, paroladivina vivente.Essa si apre con la lettura (lectio) del testoche provoca una domanda di conoscenzaautentica del suo contenuto reale: che cosadice il testo biblico in sé? Segue la meditazione(meditatio) nella quale l’interrogativoè: che cosa dice il testo biblico anoi? Si giunge, così, alla preghiera (oratio)che suppone quest’altra domanda: che cosadiciamo noi al Signore in risposta alla suaparola? E si conclude con la contemplazione(contemplatio) durante la quale noi assumiamocome dono di Dio lo stesso suosguardo nel giudicare la realtà e ci domandiamo:quale conversione della mente, delcuore e della vita chiede a noi il Signore?Di fronte al lettore orante della Parola diDio si erge idealmente il profilo di Maria, lamadre del Signore, che «custodisce tuttequeste cose, meditandole nel suo cuore»(Lc 2,19; cf. 2,51), cioè – come dicel’originale greco – trovando il nodo profondoche unisce eventi, atti e cose, apparentementedisgiunti, nel grande disegno divino.O anche si può presentare agli occhi del fedeleche legge la Bibbia l’atteggiamento diMaria, sorella di Marta, che si asside ai piedidel Signore in ascolto della sua parola,impedendo che le agitazioni esteriori assorbanototalmente l’anima, occupando anchelo spazio libero per «la parte migliore» chenon ci dev’essere tolta (cf. Lc 10,38-42).10. Eccoci, infine, davanti all’ultima colonnache sorregge la Chiesa, casa della parola:la koinonía, la comunione fraterna, altronome dell’agápe, cioè dell’amore cristiano.Come ricordava Gesù, per diventaresuoi fratelli e sue sorelle bisogna essere«coloro che ascoltano la Parola di Dio e lamettono in pratica» (Lc 8,21). L’ascoltareautentico è obbedire e operare, è far sbocciarenella vita la giustizia e l’amore, è offrirenell’esistenza e nella società una testimonianzanella linea dell’appello dei profeti,che costantemente univa Parola di Dio evita, fede e rettitudine, culto e impegno sociale.È ciò che ribadiva a più riprese Gesù,a partire dal celebre monito del Discorsodella montagna: «Non chi dice: Signore, Signore!entrerà nel regno dei cieli, ma chi fala volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt7,21). In questa frase sembra echeggiare laparola divina proposta da Isaia: «Questopopolo si avvicina a me solo a parole e miinvoca con le labbra, mentre il suo cuore èlontano da me» (29,13). Questi ammonimentiriguardano anche le Chiese quandonon sono fedeli all’ascolto obbediente dellaParola di Dio.Essa, quindi, dev’essere visibile e leggibilegià sul volto stesso e nelle mani del credente,come suggeriva san Gregorio Magnoche vedeva in san Benedetto, e negli altrigrandi uomini di Dio, testimoni di comu-
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