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Gran Varietà Brachetti Politeama Rossetti (TS), 28 dicembre 2008<br />

Sembra che l’obiettivo prepostosi da<br />

Arturo brachetti sia stato raggiunto: il più<br />

veloce trasformista al mondo ha dato, o<br />

meglio, ridato vita ad un genere dimenticato<br />

forse da troppo tempo dal teatro, il<br />

varietà. Dopo anni di cosiddetti one man<br />

show, ha infatti incantato ancora una volta<br />

la platea, questa volta al teatro Rossetti,<br />

ideando, dirigendo e interpretando il<br />

Gran Varietà Brachetti. Nello spettacolo,<br />

che presenta l’essenza del varietà, Brachetti<br />

è affiancato da una ventina di artisti internazionali.<br />

Tema di fondo è “il viaggio”:<br />

Arturo, proprietario di un teatro, ormai<br />

dimenticato e in rovina, darà inizio allo<br />

spettacolo sfruttando la fantasia e le doti<br />

Il CSS Teatro Stabile di Innovazione<br />

porta a Cervignano Indemoniate, la soglia,<br />

fortunata co-produzione<br />

del Teatro Club di Udine<br />

e dello Stabile regionale.<br />

Lo spettacolo fa luce su<br />

un misterioso caso di<br />

possessione collettiva<br />

avvenuto a Verzegnis,<br />

nella Carnia affamata<br />

di fine ‘800: una trentina<br />

di donne vennero<br />

improvvisamente contagiate da una vera e<br />

propria epidemia istero-demonopatica.<br />

Il caso, che all’epoca richiamò l’attenzione<br />

di politici, religiosi e medici, viene<br />

qui, però, defraudato del potenziale alone<br />

di un gruppo di turisti che, rinchiusi<br />

nel teatro da un misterioso<br />

fantasma, verranno costretti a<br />

esibirsi in piccoli show, esprimendo<br />

la loro personalità,<br />

i loro desideri più profondi,<br />

per poter riottenere la libertà.<br />

Brachetti canta, balla e recita,<br />

oltre che ad incantare con i<br />

suoi mitici e velocissimi cambi<br />

di costume, raccontando una<br />

storia con finale a sorpresa.<br />

I personaggi, interpretati<br />

da artisti preparatissimi sia<br />

fisicamente che tecnicamente, danno vita<br />

a spettacoli di tip tap, mentre i trapezzisti<br />

di fascino esoterico. Sulla scena nulla viene<br />

lasciato all’intuizione, i quadri narrativi<br />

si susseguono dipanando<br />

l’enigmatico episodio didascalicamente.<br />

La Carnia è da poco<br />

stata annessa al regno dei<br />

Savoia, la miseria è un<br />

marchio che segna l’intero<br />

paese, gli abitanti, affamati<br />

e ignoranti, si affidano alle<br />

mani di Dio. Gli uomini<br />

abbandonano paesi e famiglie, le malattie<br />

uccidono impietose vecchi e bambini,<br />

i matrimoni sono imposti dai genitori.<br />

Se a questo si somma la disgrazia del<br />

nascere femmine è presto svelato l’arca-<br />

Sala d’attesa Sala Bartoli, Politeama Rossetti (TS), 18 gennaio 2009<br />

Rispetto all’inquietante decostruzione<br />

compiuta da Lo Monaco e la sua compagnia<br />

nell’Otello di Udine, Sala d’attesa,<br />

recentissimo dramma di Corrado Travan<br />

in scena alla Bartoli, è una consolazione.<br />

Scrittura e recitazione ‘classica’ contro<br />

manierato artificio, seria meditazione<br />

esistenziale contro dominio dell’ironia<br />

annientatrice. Così la tradizione del teatro<br />

occidentale appartiene ad un giovane testo<br />

(2006, mi pare) di una giovane compagnia<br />

più che al povero Shakespeare, ormai<br />

mezzo di provocazione per attori eccentrici.<br />

Sala d’attesa è tornato in scena ritrovando<br />

il successo dell’anno scorso. Travan,<br />

nella sua opera teatrale d’esordio, ha scelto<br />

la strada più difficile: nessuna azione,<br />

tempo drammatico pressoché identico<br />

a tempo reale, nessuna reale direzione<br />

del dialogo, bensì, appunto, un dialogo<br />

casuale, fra persone qualsiasi. Dopo Caporetto,<br />

a Trieste, le trasformazioni della vita<br />

quotidiana e i disagi del fronte mettono in<br />

luce paure e speranze – i caratteri profondi,<br />

insomma – di sei personaggi che<br />

attendono un treno in ritardo. I rapporti<br />

fra loro nascono per rompere il silenzio,<br />

e solo col tempo diventano dialogo, cioè<br />

condivisione della sofferenza, quando ciascuno<br />

decide di mettere a nudo se stesso.<br />

Condivisione che è l’unica salvezza in una<br />

Le recensioni teatrali dei lettori<br />

Indemoniate, la soglia Teatro Pasolini, Cervignano, (UD), 15 dicembre 2008<br />

volteggiano liberi sul palcoscenico.<br />

Canto, acrobazia e recitazione<br />

si fondono perfettamente l’un<br />

l’altro creando un’atmosfera<br />

di magia che non coinvolge<br />

soltanto il pubblico dei più<br />

piccoli, bensì anche lo<br />

spettatore adulto catapultandolo<br />

direttamente nello<br />

spettacolo. Ed è forse su<br />

questo che punta l’illusionista:<br />

catturare l’attenzione<br />

dello spettatore con la gioia<br />

e la magia del varietà che<br />

egli ha riportato in vita.<br />

Caterina Giuliani<br />

no. La pièce dona la parola a donne che,<br />

per secoli costrette a “tenere la lingua tra<br />

i denti”, hanno trovato sfogo nel delirio<br />

e nella rivolta. Una sorta di anarchia<br />

organizzata che si ribella a tutti i poteri,<br />

da quello politico a quello religioso. Una<br />

protesta che va sedata, con gli esorcismi,<br />

con il controllo dei medici e, infine, con la<br />

repressione e l’internamento di 17 donne<br />

nel manicomio di Udine. Poi, l’oblio. Una<br />

vicenda straordinaria che riconduce alla<br />

storia ordinaria di tutti i paesi dell’epoca,<br />

narrata in maniera semplice e diretta<br />

come semplici e diretti erano i dialoghi tra<br />

paesani un tempo.<br />

Laura Moretuzzo<br />

realtà in cui, nella visione dell’autore, la<br />

speranza non ha spazio alcuno.<br />

L’efficace espressione della tragedia<br />

della vita quotidiana mostrata dall’Argante<br />

ha le radici nella familiarità della compagnia<br />

con la tragedia classica e borghese<br />

(Medea, Antigone, Zio Vanja), altro segno<br />

di amore per la tradizione. Speriamo che<br />

questa resti in vita non solo attraverso<br />

il repertorio (se presentato con rispetto,<br />

però), ma anche grazie alle nuove invenzioni,<br />

che, come in questo caso, possono<br />

avere, come sfondo alle proprie idee, la<br />

situazione più semplice.<br />

Lorenzo De Vecchi

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