20 De Architectura Geschäfte / Negozi – La «pelle» dell’architetto Foto Ludwig Thalheimer compone di modulazioni dell’involucro spaziale e degli elementi d’arredo, che comprendono il sottile bancone centrale, il banco a ridosso del pilastro luminoso, i camerini di prova, gli espositori. La linea è contrappuntata da elementi puntiformi – in particolare i fori dei lucernari circolari, la svettante poltroncina rossa – e dai piani delle superfici espositive – la parete con le nicchie, l’altra con i ripiani a mensola. Analogamente, il sistema dell’illuminazione artificiale si compone di tagli lineari (le asole nel controsoffitto), di apparecchi puntiformi (i cilindri sull’ingresso e sul corpo scala, i faretti mirati sugli oggetti esposti), e di piani illuminati con luce indiretta. L’uso dei materiali sottolinea il contrasto tra contenitore e contenuto: superfici volutamente povere – il cemento lisciato, il cartongesso e l’intonaco bianco, gli arredi in medium density al naturale, i pannelli isolanti disposti come conci di pietra - fanno da sfondo ai preziosi pellami di borsette borselli e borsoni, disposti come ieratiche figure che sembrano trattenere il sommesso lamento degli antichi depositari della materia. Se pensiamo a come il termine pelle sia usato anche come sinonimo di rivestimento nel gergo architettonico, si rivela un ulteriore livello di lettura, che gioca sullo scarto semantico tra il nome del negozio (matt, opaco, in lingua inglese), e la sostanza stessa che qui viene trattata. L’involucro si fa dunque guscio assorbente, i rivestimenti delle quinte murarie sono messi a nudo nella cruda essenza della materia. Strato su strato, la pelle del contenitore e le pelli ivi contenute si sovrappongono l’una sull’altra, provocando la lusinga di una ricchezza spaziale intesa non solo in senso fisico, ma anche come potere di suggestione e sovrabbondanza. Il negozio è infatti il luogo in cui l’oggetto diventa merce: ma il mercimonio, lo scambio contrattuale, è solo l’ultimo atto di un rito che si compone di un’insieme sottilmente congegnato di attività elementari quali porgere, mostrare, esibire, connotare... In fondo, esporre un prodotto ed esporre un oggetto artistico sono operazioni che si avvalgono dei medesimi strumenti concettuali ed operativi. Uno dei riconosciuti maestri dell’allestimento museale, Franco Albini, sosteneva che non esistono oggetti belli o brutti, basta saperli esporre bene. Oktober Ottobre 2003 turrisbabel 60 Per questo si riscontra una continua osmosi tra negozio e museo. I negozi sempre più spesso diventano showroom, letteralmente spazi espositivi, con installazioni in vetrina e opere d’arte fra un cappottino griffato e uno scarponcino da maliarda, attenzioni illuminotecniche da pinacoteca, spazi di sosta e talvolta anche di ristoro. Parallelamente, i luoghi espositivi veri e propri vedono un’enfasi sempre maggiore riposta sugli aspetti mercantili, con la ricca messe dei bookshop, delle cafeterie e dei ristoranti entro gli spazi dell’accoglienza, e con l’attenzione crescente al merchandising e allo sfruttamento degli spazi per eventi di varia natura. Il negozio diviene così un luogo di sperimentazione d’eccellenza, espressione di una ricerca progettuale che è, innanzitutto, una ricerca del proprio modo di operare. Luigi Scolari ha qui lavorato attorno alle proprie idiosincrasie, allestendole con la complicità di una committenza accorta e partecipe, che ha assecondato di buon grado i desideri dell’artefice. Così facendo, l’architetto ‘vende cara la pelle’: la propria, in primo luogo, e quella di altre povere bestiole. In ciò consistendo il fine ultimo, la missione commerciale del negozio cui ha dato brillantemente forma.
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