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Sguardi<br />
a cura di<br />
Antonio Nazzaro<br />
Come si fotografa la morte di nessuno<br />
che è solo il mio mondo…<br />
Il Viaggio di Hugo Angel G.<br />
tra documentario, arte e autobiografia.<br />
©Hugo Angel G.<br />
Da sempre, la morte è presente<br />
nell’arte dalle orazioni funebri, nelle<br />
poesie scritte in morte di… nei dipinti<br />
che ritraggono malati e morenti e nei<br />
famosi ritratti del rinascimento, detti:<br />
momento mori. Il cinema prima, la televisione<br />
poi e adesso il mondo digitale ci<br />
hanno abituato alla visione della morte.<br />
Anzi, se pensiamo a certi film, si direbbe<br />
che più è orrenda, più affascina.<br />
Ma come affrontiamo la morte dei<br />
nostri cari? Possiamo immaginare di<br />
raccontare questo percorso attraverso<br />
una fotografia documentale, narrativa e,<br />
inevitabilmente, autobiografica, al di là<br />
delle giuste o ingiuste obbiezioni sul<br />
rispetto e non rispetto della morte e dei<br />
suoi valori morali o religiosi?<br />
Qui raccontiamo l’esperienza di Hugo<br />
Angel G., un fotografo cileno che, lavorando<br />
ad altri progetti fotografici, quasi<br />
inconsapevolmente ha dato il via a un<br />
lavoro che è durato quasi dieci anni e<br />
che lo ha visto ritrarre non la morte di<br />
un bambino sulla spiaggia delle coste<br />
europee, né quella delle bombe, ma<br />
quello spettacolo mesto che occupa due<br />
righe in un giornale: la morte di una<br />
persona cara.<br />
«All’inizio non so neanche io perché di fronte al<br />
morire dei miei nonni ho sentito la necessità di<br />
fermare quel momento. Adesso, a distanza di<br />
tanto tempo, devo ammettere che ha avuto una<br />
funzione taumaturgica in me e forse allo stesso<br />
tempo, come spesso avviene nel mondo della<br />
fotografia documentale, ho potuto farlo proprio<br />
perché la macchina fotografa non era solo il<br />
mezzo per registrare questi eventi che mi toccavano<br />
direttamente, ma diventava un filtro che<br />
permetteva una distanza dal soggetto e quindi<br />
uno spazio di dolore e anche di riflessione e di<br />
ricordo che non poteva non far parte dei ricordi<br />
della vita di chi fotografavo e di me che mettevo<br />
a fuoco la mia perdita».<br />
FUOR ASSE<br />
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Sguardi