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FuoriAsse #17

Officina della cultura

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come si può rendere intellegibile un’opera<br />

– compito essenziale della critica –<br />

senza riportarla a un’origine, senza trac -<br />

ciare un percorso di appartenenza a una<br />

o più tradizioni in uno scambio attivo di<br />

esperienze letterarie? Anzi, bisognerebbe<br />

tenere sempre presente come anche<br />

opere in rottura con una tradizione, lo<br />

siano in maniera tanto più incisiva e<br />

progressiva quanto più forte è la consapevolezza<br />

di ciò che le separa da quella<br />

stessa tradizione, che deve essere di<br />

necessità profondamente conosciuta.<br />

L’idea dell’arte-genio, di matrice romantica,<br />

dell’arte-ispirazione è, come voleva<br />

già il Carducci, una vera ciarlataneria:<br />

nessuna arte è nativa, frutto unico della<br />

mente dell’artista. «Mossi, e me ne onoro,<br />

dall’Alfieri, dal Parini, dal Monti, dal<br />

Foscolo, dal Leopardi; per essi e con essi<br />

risalii agli antichi, m’intrattenni con<br />

Dante e col Petrarca» 1 , scriveva il Carducci,<br />

per il quale richiamarsi a una tradizione<br />

era insomma la vera possibilità<br />

di riconoscimento della propria poesia.<br />

Ricercare le fonti di un’opera non vuol<br />

dire, infatti, sottrarre originalità a un<br />

artista, piuttosto significa metterne in<br />

luce le qualità rinnovatrici. Pensare<br />

l’originalità come fanno certi spavaldi<br />

giovani, desiderosi di un facile successo<br />

presso il grande pubblico, è una superstizione,<br />

o un falso mito, pure mal spacciato<br />

perché antropologicamente senza<br />

fondamento, è un banale stereotipo, antistorico,<br />

in quanto non tiene conto che<br />

l’uomo è sempre calato nella storia e nel<br />

suo ambiente fisico e culturale (si veda<br />

T. S. Kuhn e il suo concetto cardine di<br />

«salto di paradigma» espresso in La<br />

struttura delle rivoluzioni scientifiche,<br />

del 1962, secondo il quale il cammino<br />

scientifico procede non linearmente, ma<br />

attraverso rivoluzioni che scardinano<br />

l’egemonia di altre tradizioni fin lì riconosciute<br />

a fondamento di una prassi).<br />

Così il critico, non può non fare anche<br />

storia della letteratura, se vuole capire a<br />

fondo un autore e le sue interrelazioni<br />

con le tradizioni.<br />

Oggi si avverte in molti giovani scrittori<br />

la pretesa di avere una personalità, prima<br />

ancora del bisogno di misurarsi, in<br />

modo responsabile, con le proprie risorse<br />

e conoscenze: l’ostentazione di una<br />

diversità è atteggiamento pericoloso tan -<br />

to quanto l’assunzione passiva dei cliché.<br />

Il timore di perdere la propria personalità<br />

spinge spesso a scelte illogiche<br />

e immotivate, se non errate, sul piano<br />

del pensiero e dello stile. Viene in mente<br />

quello scrittore di cui racconta Gide in<br />

Incontri e pretesti (1945) 2 : un tale pretenzioso<br />

che pubblicò una raccolta di<br />

racconti dal titolo Racconti senza che,<br />

ostinandosi a scriverli tutti senza l’uso<br />

del pronome relativo. Tale fu l’originalità<br />

dello scrittore che, ci fa sorridere Gide, i<br />

che continuarono a esistere e del resto,<br />

se personalità originali come quella scrivessero,<br />

come fan tutti, con i che, scomparirebbero<br />

immediatamente nel nulla.<br />

Ovviamente non è stato sempre così.<br />

Basti porre mente al caso dell’Officina di<br />

Scrittura Potenziale (OULIPO) di Raymond<br />

Queneau e Georges Perec, dedita<br />

a estenuazioni e limitazioni, costruzioni<br />

e sviluppi formali e matematici della<br />

materia letteraria, che potrebbero essere<br />

parimenti osannati quali spericolate<br />

atipicità autopoietiche o liquidate come<br />

eccentriche, addirittura vuote, pose<br />

intellettuali. Mentre sono sperimentazioni<br />

in continuo confronto creativo, sul<br />

piano letterario, con la grande tradizione<br />

della retorica, solo per fare un esempio,<br />

che rendono l’opera lipogrammatica<br />

di Perec, La Disparition (1969), un’opera<br />

di grande interesse anche per il fecondo<br />

dialogo con un epocale mutamento, ca-<br />

1 G. CARDUCCI, Al lettore, in Poesie di Giosuè Carducci (Enotrio Romano), Firenze, Barbèra, 1871, p. XVI.<br />

2 A. GIDE, Incontri e Pretesti, cura e traduzione di E. Emanuelli, Milano, Bompiani, 1945, p.19. I testi qui raccolti<br />

fanno parte di Prétextes (1903), Nouveaux Prétextes (1911) e Incidences (1924).<br />

FUOR ASSE<br />

91<br />

Il rovescio e il diritto

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