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l’opera venga “scippata” da un regista e<br />
“contaminata” dalle tante anime che la<br />
scomporranno per ricomporla infine<br />
sulla scena, fintamente vera, del luogo<br />
teatrale, tagliando per sempre il cordone<br />
ombelicale che la unisce all’autore che<br />
l’ha partorita. In questo caso non un<br />
autore ma un’autrice che attraverso i<br />
suoi tanti personaggi, dall’altera e tormentata<br />
Altea de Il figlio all’indomita<br />
Agnodice dell’omonima “commedia<br />
drammatica”, da Katherine Mansfield<br />
protagonista assoluta di Kass, all’inedita<br />
e malinconica Isadora dell’opera omonima,<br />
lascia trapelare – come da un tessuto<br />
di fine organza – tracce di sé, della<br />
sua memoria di donna, della sua esperienza<br />
di vita. La madre che si strugge<br />
d’amore per il figlio, la scienziata che si<br />
batte per la propria libertà, l’artista che<br />
si perde nella propria arte, ognuna<br />
legata alla catena degli affetti che fa da<br />
filo conduttore a tutte le pièces; e poi<br />
l’amore, la rabbia, la frustrazione, l’euforia<br />
e, a volte, l’insensatezza apparente<br />
di alcuni personaggi – personagge scriverebbe<br />
una mia amica drammaturga, a<br />
sottolineare l’animo profondamente fem -<br />
minile che essi contengono – tutti questi<br />
sentimenti, tutte queste passioni sono<br />
l’indelebile segno di una vita dedicata al<br />
teatro ma non solo, anche alla vita<br />
stessa».<br />
Quelle proposte da Calenda, dalla<br />
Ariano, da Duranti Poccetti, sono osservazioni<br />
in parte già presenti in alcuni<br />
degli interventi raccolti nell’Appendice<br />
del libro, che ripropone appunto le<br />
introduzioni apparse nei volumi singoli<br />
precedentemente editi. Per farsi subito<br />
un’idea della qualità dei lettori del teatro<br />
della Del Serra, basta fare i nomi di<br />
Ronfani, Luzi, Antonucci, Pezzoli, Marcheschi,<br />
Beck, von Hoecke, Manna, ecc.<br />
Ne emerge una mappa di riflessioni critiche,<br />
in cui la scrittura teatrale della<br />
Del Serra è accostata ai classici greci e<br />
latini, alla tradizione barocca inglese e<br />
ispanica, nonché alle voci più raffinate e<br />
profonde del “Teatro dello Spirito” del<br />
Novecento europeo, fra i quali, ad esempio,<br />
Eliot e Simone Weil, indicati come<br />
“fari” polarizzanti e fecondi del ricco<br />
itinerario creativo dell’Autrice.<br />
La fortuna scenica del teatro di Maura<br />
Del Serra, come ha osservato Roberto<br />
Incerti in una recente recensione al<br />
volume apparsa su «La repubblica» (24<br />
gennaio 2016), è affidata a un’elitaria<br />
schiera di lettori/spettatori capaci di<br />
sintonizzarsi non tanto e non solo sui<br />
registri stilistici eleganti e rigorosi della<br />
drammaturgia dell’Autrice, ma anche e<br />
soprattutto sulle armoniche, oggi spesso<br />
neglette, di una ricerca di senso, di<br />
verità e di giustizia, tanto per gli “Eroi<br />
solitari”, che popolano da protagonisti il<br />
teatro di Maura Del Serra, quanto per le<br />
persone che agiscono nella realtà quotidiana<br />
del nostro tempo. Una ricerca che<br />
svela le proprie valenze conoscitive, mostrando<br />
i profili di personaggi di ogni<br />
tempo che, nei tratti poliedrici della<br />
visione scenica, riflettono la realtà caotica<br />
in cui siamo immersi, decantandone<br />
le caratteristiche salienti e giungendo a<br />
delineare, mediante originali tratti proiettivi,<br />
l’essenza di un futuro prossimo<br />
dai connotati oscuri e minacciosi e, tuttavia,<br />
aperto alla speranza e ai molteplici<br />
risvolti di una possibile palingenesi.<br />
Un’utile cronologia ragionata, con<br />
l’indicazione delle prime edizioni a<br />
stampa dei singoli testi e delle loro<br />
prime rappresentazioni italiane ed<br />
estere, precede il corpus testuale che,<br />
nella bella immagine di copertina tratta<br />
dalle miniature al Beato di Lièbana, ha<br />
un emblema potente e misterioso.<br />
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