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l’immagine di una Vergine senza essere<br />
Maria, le guance purpuree delle martiri,<br />
l’estatico stupore della Trinità che s’impossessa<br />
della persona.<br />
Fuori, intanto, nel presente dell’oggi,<br />
di quella mezzanotte, un abbaiamento<br />
spento arrivava dai tetti dei porticati<br />
sottostanti. Come il primo orgasmo che<br />
gli partì da un remoto posto durante un<br />
meriggio di preghiera nell’anno prima<br />
della metamorfosi. Sera che s’illuminò<br />
semicombusta di stelle, ricordava, sempre.<br />
L’orgasmo era tutto freddo, polmonare,<br />
tanto sommerso. Canino. Che<br />
cos’era il cambiamento? La distruzione<br />
di tutto questo? La donna, sempre nel<br />
suo sonno? La metamorfosi… Butera,<br />
frattempo, nelle interiora notturne, stava<br />
dormendo. Salvatore bevve, ansante,<br />
in soggiorno, una tazza di caffè che<br />
ribolliva quasi sciogliendo le patine di<br />
ceramica del tavolo. Le case lontane<br />
martoriavano il silenzio ragliando grazie<br />
allo scirocco invernale che le addormentava.<br />
Adagiò la tazza su un mobiletto<br />
vecchio. Si diresse in cucina, aprì un<br />
cassetto. Lì dormiva un messale. Le pagine<br />
rosse debordavano, malate, al centro<br />
delle pagine ingiallite. Ogni sera, le<br />
fissava, senza aprirle, senza mantenere<br />
il Verbo nella fiamma blu della sua fede<br />
ormai vittima di una gabbia che era immersa<br />
in un gas piccolo pronto allo spegnimento.<br />
Era consumato il suo dio.<br />
Tranne un santino che custodiva sopra<br />
il televisore. Gli dolse la pancia, la causa<br />
prima lo macellò, il ricordo di tutto<br />
questo.<br />
Il confessionale dove abitava per dovere,<br />
e nel quale i pentaraggiati fuochi<br />
del tramonto, di un anno fa, s’ammansirono<br />
per le grate legnose, quando ricevette<br />
lei, lì dentro, la femmina, che<br />
intravide da quei fori rugginosi, mentre,<br />
oltre la barriera, lei si inumidiva le<br />
labbra di ventenne, e con le dita ammorbidiva<br />
la legna sformata del mobile. Le<br />
disse: “Dimmi dei tuoi peccati…”. Salvatore,<br />
pensò, fulmineamente, che il Verbo<br />
non era di genesi deificata, ma veniva<br />
sputato dalla bocca di quella donna<br />
perché, non appena lei ebbe da dirgli<br />
tutti i peccati, lui ne espresse solo<br />
grazia, parabola contraria, castità. Sempre<br />
Genesi. E allora dio era non più fuoco,<br />
ma qualcosa approssimato a quella<br />
cristiana. Un fuoco femmineo.<br />
“Come ti chiami, figliola?”<br />
“Maria.”<br />
“Come ti senti davanti a nostro Signore,<br />
Maria?”<br />
“Non lo so.”<br />
Neppure Salvatore lo sapeva in quel<br />
frammento, in quel tempo incontenibile,<br />
e frattempo lo commetteva il peccato e<br />
ne mangiava a piccoli acini le illusioni, i<br />
microbi. La malattia che incombeva.<br />
L’attrazione. I sogni con lei, il bacio cattivo,<br />
la sozzura pregiata del mistero<br />
della reale Maria. Tutto, in quel tempo<br />
della penitenza: l’amore innato per lei.<br />
©Paul Apl’kin<br />
FUOR ASSE<br />
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Riflessi Metropolitani