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Selezione dei testi a cura di Roberta Meroni e Angela Scarparo<br />
I generi dimezzati<br />
di Anna Del Bo Boffino<br />
©Hugo Angel G.<br />
Si è tanto parlato, in questi anni, di<br />
intercambiabilità dei ruoli: sostituirsi,<br />
fra maschio e femmina, nella coppia,<br />
in attività tradizionalmente considerate<br />
maschili o femminili, quando se ne presenti<br />
la necessità oppure continuativamente,<br />
quando la donna, per esempio, è<br />
impegnata nel lavoro fuori casa e si<br />
tende a dividere il lavoro domestico o la<br />
cura dei figli. Già questa necessità, che<br />
si è imposta nella vita di molte coppie, è<br />
stata accettata con riluttanza, ha creato<br />
non poche difficolta di ménage. Ma<br />
quando dal comportamento attivo si<br />
passa allo scambio dei ruoli riguardo<br />
all’atteggiamento più profondamente<br />
identificato come maschile o femminile,<br />
allora ci si scontra con resistenze che,<br />
presto o tardi, emergono a costituire un<br />
vero e proprio blocco: l’uomo non riesce<br />
a cancellare certi connotati, che sono<br />
per lui irrinunciabili, pena la perdita<br />
della sua identità virile.<br />
Del resto, anche la donna, quando si<br />
trova a dover vivere il «doppio ruolo»,<br />
risente spesso profondi disagi. Se, poi, è<br />
costretta ad assumere una «doppia<br />
identità», femminile e maschile, scopre<br />
la propria impossibilità a mettersi in<br />
rapporto con la realtà per vie culturalmente<br />
maschili; l’esperienza più difficile<br />
FUOR ASSE 29<br />
e complessa è stata quella delle madri<br />
sole nei confronti dei figli maschi. «Mi<br />
chiedo se lo sbandamento di mio figlio,<br />
oggi venticinquenne, sia imputabile a<br />
me» dice Chiara, 52 anni, insegnante.<br />
«Quando voglio risalire alle radici del<br />
mio e del suo disagio ricordo un episodio<br />
quando Massimo aveva otto anni.<br />
Eravamo in casa, il bambino si era<br />
messo a giocare con la palla, e aveva colpito<br />
un orologio antico, uno di quei<br />
cinque o sei pezzi di valore che tenevo in<br />
casa: perché mi piacevano, perché davano<br />
calore all’arredamento e perché costituivano,<br />
per me, una sia pur minima<br />
fonte di sicurezza. Era un investimento,<br />
comunque, sul quale contare in tempi di<br />
magra, sempre possibili. Dunque ci tenevo,<br />
all’orologio. Ma, di fronte alla faccia<br />
spaventata, smarrita del bambino,<br />
non sono riuscita a fare altro che rassicurarlo:<br />
“Lo aggiusteremo,” gli ho detto,<br />
“vedrai”. Il bambino era perplesso, come<br />
se un temporale in vista, invece di scoppiare,<br />
fosse passato rapidamente in cielo<br />
senza lasciare tracce.<br />
Allora non me ne resi conto. Ma da<br />
allora, crescendo, si comportò poi sempre<br />
come uno che non è chiamato a<br />
pagare, in nessun senso, per i cocci che<br />
si lasciava dietro. Che cosa aveva signi-<br />
Redazione Diffusa