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Rivista "Agricoltura" Regione Piemonte - n.95 dicembre 2018

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Tre contesti in<br />

cui l’agricoltura<br />

può contribuire al<br />

raggiungimento<br />

di obiettivi di<br />

prevenzione e tutela<br />

della salute pubblica<br />

Contrasto all’antibiotico resistenza<br />

Da qualche anno è stato lanciato un allarme<br />

internazionale per il forte aumento<br />

di batteri che un tempo erano innocui e<br />

che oggi causano infezioni che non guariscono<br />

o guariscono a fatica con la maggior<br />

parte degli antibiotici disponibili.<br />

L’antibioticoresistenza ha una lunga catena<br />

di responsabilità, a partire dalla presentazione<br />

e dal commercio dei farmaci<br />

alla loro somministrazione inappropriata,<br />

alle insufficienti norme di igiene in<br />

strutture ospedaliere o socio assistenziali,<br />

all’uso improprio o all’abuso da parte<br />

dei pazienti, all’impiego in zootecnica e<br />

nell’alimentazione animale, allo spargimento<br />

di deiezioni animali non mature e<br />

quindi contenenti batteri multiresistenti.<br />

Il 70% degli antibiotici commercializzati<br />

in Italia entra negli allevamenti e la<br />

maggior parte di essi non viene utilizzato<br />

per curare animali che si sono ammalati<br />

ma per profilassi preventive di massa o<br />

come fattori di crescita.<br />

La principale via di somministrazione<br />

è quella alimentare (mangimi medicati<br />

e acqua da bere) e le conseguenze sono<br />

lo sviluppo di forme batteriche resistenti<br />

agli antibiotici.<br />

La scelta di medicalizzare gli allevamenti<br />

è sempre connessa all’incapacità<br />

o alla non volontà di agire sui fattori che<br />

predispongono alla malattia: insufficienti<br />

condizioni di sanità e di igiene dell’allevamento,<br />

carenze relative al benessere degli<br />

animali, gravi carenze organizzative.<br />

L’uso di antibiotici negli allevamenti può<br />

essere drasticamente ridotto eliminando<br />

i trattamenti di massa e per fare questo<br />

occorre migliorare la sanità di base degli<br />

animali, proteggerli con vaccini (quando<br />

disponibili), migliorare la biosicurezza<br />

nell’allevamento, curare il benessere degli<br />

animali allevati, usare in modo appropriato<br />

e per il periodo necessario l’antibiotico<br />

più adatto a curare gli animali (non l’’intero<br />

allevamento) per la specifica malattia<br />

diagnosticata dal veterinario.<br />

Gli allevatori devono essere consapevoli<br />

che la medicalizzazione degli allevamenti<br />

ha un costo elevato, che sta crescendo la<br />

sensibilità dei cittadini europei nei confronti<br />

della tutela del benessere animale e<br />

che il mercato si sta sempre più orientando<br />

verso prodotti “antibiotic free” (che non<br />

significa bando all’utilizzo degli antibiotici<br />

ma uso responsabile e limitato).<br />

Allevatori e mangimisti che usano antibiotici<br />

come “strumenti di produzione”<br />

devono sapere che, per loro, l’antibiotico<br />

resistenza può essere un problema ancor<br />

più grave perché sono fortemente esposti<br />

al rischio di contrarre infezioni ad<br />

opera di germi banali diventati resistenti<br />

nell’ambiente di lavoro.<br />

L’obiettivo di ridurre l’uso di antibiotici<br />

nell’allevamento degli animali è ambizioso<br />

ma non impossibile e gli allevatori<br />

possono contribuire in modo positivo e rilevante<br />

a contrastare l’antimicrobico resistenza<br />

con benefici per la loro salute, per il<br />

loro portafoglio e per la salute di tutti noi.<br />

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Agricoltura 95

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