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I libri del
Mese
A spasso per gli anni ’50
L’armarcord tra cronaca e ironia di Paola Pisani Paganelli
di Erika Bresci
Il morso che Pisani Paganelli dà alla
sua piccola madeleine ha il profumo
di storia nostrana, e il recupero
memoriale prodotto dalle personali incursioni
negli anni che la videro protagonista
in crescita si fa in tutto il libro
ricordo corale di un decennio italiano assai
particolare. Un decennio di transizione,
ancora ben saldo sulle radici della
triplice D di “Dio – Disciplina – Dovere”,
ma che vede all’orizzonte il riverbero di
un’inquietudine pronta a esplodere alla
fine del successivo, presagita dai palpiti
della “rivoluzione” canora di Modugno e
accelerata dal soffio di novità portate dal
“ciclone USA”. Così, a una società che riconosce
ancora nella famiglia quel nocciolo
etico dello stato hegeliano (e che
ha nella civiltà contadina la sua concreta
rappresentazione, «un sistema autarchico,
primitivo, blindato in ritualità arcaiche»),
si affianca il progredire dei tempi,
individuato negli oggetti, soprattutto,
che lo hanno caratterizzato: dalla bicicletta
ai primi scooter e alle automobili
dai nomi evocativi – Mosquito, Vespa,
Lambretta, Topolino –, dalle prime trasmissioni
TV – Lascia o raddoppia, Carosello,
il Musichiere, fino poi alla stagione
del varietà e al Festival di Sanremo – alla
corsa settimanale alle edicole, dai fatti
locali di cronaca nera agli eventi capaci
di scuotere la nazione – come l’alluvione
del Polesine e l’Anno Santo del 1950.
Oggetti che, grazie a un gioco lessicale
pregevolissimo e serio presente in tutto
il racconto, diventano personificazione
dell’epoca, agiscono insieme ai protagonisti
e ci conversano. Tra «cibi rampanti
che spandevano profumi assassini» e
«discorsi pettoruti» si è accompagnati
per mano in questa passeggiata senza
una meta precisa – a spasso, infatti
–, che procede per dissolvenze e primi
piani, capace di rendere un affresco vivo
e partecipato di quegli anni, di quella
«generazione depositata dalla seconda
guerra mondiale» che ha lavorato bene –
secondo l’autrice – perché ha saputo, tra
luci e ombre, traghettare le nuove generazioni
verso la maturazione e l’affrancamento
dal passato buio appena lasciato
alle spalle. Le parole e le immagini, lavorate
di bulino, hanno la forza di sassi
lanciati nello stagno e si allargano a significati
e suggestioni sensoriali inaspettate,
capaci di toccare le corde più intime
di tre diverse generazioni: quella che ha
vissuto direttamente gli anni ’50, quella
che sulle ginocchia dei nonni ha potuto
ascoltare dal vivo le loro “storie minime”,
quella dei giovani di oggi, “ipercinetici,
atemporali, bulimici di tecnologia
estrema”, ai quali manca quell’oralità
concreta e immaginifica e cui soprattutto
sembra rivolto il libro. Scrivere per fissare
la memoria, quindi, perché i protagonisti
non scivolino via ingoiati nelle fauci
di un progresso ingordo e cieco, perché
valori essenziali come il sentirsi partecipi
della comunità, lavorare per essa e in essa
riconoscersi possano rappresentare
le linee guida sulle quali incardinare il futuro.
Questo, a mio avviso, il senso proprio
del camminare attento tra amarcord
nostalgico e cronaca puntuale, a tratti
ironica e pungente, che Pisani Paganelli
intende condividere con i suoi lettori.
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PAOLA PISANI PAGANELLI