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Luce celeste al centro (2014), cm 80x160
Tre zone (2009), cm 80x160
avevo la sua fede nella forma pura,
venivo dell’esistenzialismo».
Infatti i miei quadri non sono basati sulla
“fede nel quadrato” e nelle mie opere
non esistono linee perfettamente verticali.
Le mie sono linee libere che Albers
o Mondrian non avrebbero mai ammesso.
Gli angoli geometrici, anziché essere
di novanta gradi, sono di ottantasei
e tutto tende ad espandersi verso l’infinito,
senza che l’opera abbia confini.
Credo che ogni artista debba avere una
personalità in cui si rispecchiano la sua
filosofia e la sua sensibilità.
Vista la lunga riflessione che accompagna
le sue opere, quando capisce
che un quadro è finito?
È una bella domanda perché è veramente
molto difficile. Innanzitutto dipingo solo
nella prima metà della giornata quando
la luce del sole è fredda. Nel pomeriggio
entra in gioco una luce calda che non
sopporto. Il lavoro però prosegue anche
nella seconda metà della giornata, in
cui passo tantissimo tempo ad osservare
l’opera. Prima di completare un quadro,
accompagno la mia riflessione con
diversi bigliettini, dove appunto le modifiche
da apportare. Spesso accanto ai dipinti
nel mio studio si trovano foglietti con
scritte come “aumentare la linea verde”.
La riflessione sull’aggiunta di ulteriori linee
è uguale all’operazione che compie
uno scrittore quando scrive un libro. Anche
il quadro va letto, non solo visto. Nel
momento in cui il pittore si ferma e decide
che il quadro è completato compie una
scelta drammatica. Per alcuni artisti è una
scelta che determina se il quadro sarà un
capolavoro o non varrà nulla. Nel caso in
cui il quadro non valga nulla, di solito un
artista dotato di un senso critico se ne accorge.
Quando questa sensazione capita
a me, ho due opzioni: distruggere il dipinto
oppure continuare ad andare avanti.
Provo sempre a rimediare, non abbandono
la lavorazione di un’opera se la ritengo
non perfetta. Forse è per quest’attenzione
che dedico ad ogni singola opera che ne
produco poche. La mia produzione conta
al massimo venti quadri l’anno.
Che significato ha la pittura analitica
per lei?
Generalmente il discorso sulla pittura
analitica prevede una continua sperimentazione
con i materiali, ma non sono d’accordo.
Non ho mai cambiato i supporti,
continuando a dipingere su tela. Per me
un quadro deve essere percepito attraverso
la pittura stessa. Come una variazione
di un canone di Bach viene spiegata in termini
musicali, anche la pittura viene spiegata
in termini pittorici. La pittura analitica
di Picasso e Braque è fatta sulla lezione
di Cézanne con le pennellate sovrapposte
che creano una vibrazione sulla superficie.
Questo è un esempio della musicalità
pittorica. Naturalmente, dietro questa
vibrazione deve esserci la profondità del
pensiero e anche lo spettatore deve avere
una capacità di sentire l’opera per poter
apprezzare un linguaggio nuovo. La pittura
è prima di tutto pittura e la sua analisi
è la musicalità stessa, che può essere
anche il silenzio. Erroneamente l’arte analitica
viene considerata come l’arte concettuale,
che ormai è diventata una moda
e perciò costituisce il lato negativo delle
avanguardie. Infatti, nell’arte concettuale
si tende verso l’annullamento dell’opera,
mentre nel mio caso essa costituisce il
centro dell’attenzione. Infine, per me, l’arte
analitica è poesia e condivido il pensiero
di Dante che vide l’arte come “Amor
che nella mente mi ragiona”. Un ragionamento
continuo, ma svolto necessariamente
con amore, costituisce per me
l’essenza della pittura analitica.
Cornici Ristori Firenze
www.francoristori.com
Via F. Gianni, 10-12-5r, 50134 Firenze
Angolare ambiguo (2015), l. cm 95 x d. cm 135
Arco romanico (1981), cm 50x50
RICCARDO GUARNERI
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