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Toscana

a tavola

A cura di

Franco Tozzi

Cinghiale in dolceforte

Dal XVII secolo una ricetta tradizionale della cucina fiorentina

di Franco Tozzi

Il cinghiale, in quanto selvaggina,

entra nell’alimentazione fin dalla

preistoria e sue raffigurazioni sono

presenti in numerosi siti. Storicamente

si inizia con Linceo di Samo, letterato e

gastronomo greco del IV sec. a.C., che

consiglia di dare la carne di pecora agli

schiavi e quella di cinghiale ai signori.

Plinio racconta che nei banchetti romani

solo la lombata era servita in tavola. Publio

Servilio Rullo inizia la moda del portarlo

in tavola intero ornato e ripieno. Il

primo allevamento di cinghiali è da attribuire

ad un contemporaneo di Cicerone,

Quinto Fulvio Lippino. Attraverso i secoli,

il cinghiale è sempre presente sulla

tavola dei nobili, ambito trofeo di caccia.

Le antiche ricette indicano sempre

modi di cucinarlo con salse ed intingoli,

ma il modo più tradizionale era “l’agrodolce”.

Questo era un modo di cucinare

la selvaggina nel Medioevo, con ingredienti

base quali uva passa, mandorle,

aceto, zenzero, miele e cannella, con aggiunte

in base alla zona e al gusto del

cuoco. Dall’antichità al Rinascimento si

arriva alla cioccolata: ma quando arriva

in Italia la cioccolata? Ne parla Francesco

Carletti, commerciante fiorentino

nei suoi racconti di viaggio in Spagna,

nel 1574, ma solo come bevanda “curiosa”

(in Spagna era arrivata con i frati

domenicani nel 1544). La cioccolata,

cioè il cacao lavorato e miscelato, entra

ufficialmente nell’Italia del Nord, a

Torino, al seguito delle truppe spagnole

agli inizi del Seicento e diventa famosa

quando il duca Filiberto di Savoia,

per i festeggiamenti della vittoria di San

Quintino, la offre a nobili e cortigiani. In

cucina, la troviamo alla metà del Seicento,

quando Carlo Nascia, cuoco di Ra-

Accademia del Coccio

Lungarno Buozzi, 53

Ponte a Signa

50055 Lastra a Signa (FI)

+ 39 334 380 22 29

www.accademiadelcoccio.it

info@accademiadelcoccio.it

nuccio II di Borbone, duca di Parma,

scrivendo come cucinare la lepre, parla

della salsa di mandorle e usa la cioccolata

come legante per la salsa. In Toscana

si continua a cuocere la “selvaggina

di pelo” con il classico agrodolce. Nel libro

Il panunto toscano, il cuoco Francesco

Gaudenzio descrive, nel 1705, il

“suo” agrodolce con gli ingredienti classici,

sostituendo alla cannella il mosto

cotto. Nel 1731 sbarcano a Livorno gli

Mosaico romano con scena di caccia al cinghiale (Villa del Casale di Piazza Armerina)

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CINGHIALE IN DOLCEFORTE

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