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Antologia su Alba de Céspedes

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Non appena siamo usciti nella scala, mentre eravamo fermi

aspettando l’ascensore, ho cominciato a trovarmi a disagio. Non

so definire ciò che provavo, ero libera dentro di me, ma fuori di

me mi sentivo legata. Questa impressione è durata anche mentre

eravamo in istrada. Da tanto tempo non camminavo accanto a un

uomo; con Michele, ormai, esco raramente. Le strade erano

affollate di gente che andava svogliatamente da una chiesa

all’altra. Quasi portato dalle loro vesti, mi pareva di sentire

odore di fiori ammassati, di ceri, l’odore della giornata dei

Sepolcri nei miei ricordi di educanda. Molte donne vestivano di

nero e chiacchieravano ghiottamente, sottovoce, come ai funerali.

Abbiamo evitato via dei Condotti: io mi studiavo di trovare un

accordo col passo di lui, ma è difficile camminare con una

persona molto alta, non potevo parlargli. Via della Croce era

rumorosa e animata come per una sagra di paese. Facevamo

fatica ad andare avanti tra tanta gente: quando passava una

macchina tutti si stringevano contro il muro, alcuni

protestavano, io ridevo e avevo molto caldo. Mi pareva che

fossimo insieme, in viaggio, in una città del Sud, allegra e

stracciona. Ridevo, ma il mio disagio non accennava a dissiparsi.

Finora non avevamo avuto in comune che i freddi oggetti

dell'ufficio, le carte, le macchine da scrivere, i telefoni, come se

fossimo vissuti insieme, per anni, in un mondo inumano. E al

confronto, i carrettini colmi di verdura, le vetrine dei negozi

alimentari, le luci smaglianti, le voci, tutto mi pareva privo di

pudore. Forse anche lui provava la stessa impressione perché

d’un tratto mi ha preso pel braccio senza considerare che era

un’imprudenza. Non è abituato a trovarsi in strada, a piedi.La

gente lo intimidiva: si scostava esageratamente per far posto a

chi passava. Io lo guardavo intenerita, sorridendo, e lo guidavo

nelle strade che da sempre sono mie amiche. «A domattina» egli

mi ha detto quando, infine, abbiamo raggiunto la scalinata della

chiesa come un’isola sulla quale ci fossimo tratti in salvo. Si è

tolto il cappello volgendo un rapido sguardo attorno: «Buonasera,

riconoscevo in quelle parole, in quel gesto; ma ero felice.

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Valeria» ha mormorato. Mi ha baciato la mano. Io non lo

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