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Trieste, 5 - 6 settembre 2009 - WeDoCARE

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36<br />

i protagonisti<br />

Giovanna Botteri<br />

Giornalista RAI corrispondente dagli Stati Uniti<br />

Giovanna Botteri, triestina, è laureata in filosofia<br />

con il massimo dei voti e ottiene un Dottorato di<br />

ricerca in Storia del cinema alla Sorbonne - Paris. Ha<br />

collaborato con “Il Piccolo” di <strong>Trieste</strong> e “L’Altoadige”<br />

di Bolzano. È stata assunta alla RAI, al Tg3 redazione<br />

esteri, nel 1989. Da allora, come inviata, ha coperto<br />

la crisi balcanica in tutte le sue tragiche vicende. Ha<br />

filmato, assieme a Miran Horovatin, ucciso a Mogadiscio<br />

insieme con Ilaria Alpi nel 1994, l’incendio<br />

della biblioteca nazionale di Sarajevo, la strage del<br />

pane e quella del mercato che portò all’intervento<br />

Americano, la fuga da Sebrenica e le fosse comuni.<br />

È stata poi in Albania, dove ha seguito la rivolta di<br />

Valona, e in Kossovo, dai primi massacri dell’89 fino<br />

alla guerra, entrando con i primi blindati dell’esercito<br />

italiano a Pec’ e scoprendo gli eccidi ed i morti.<br />

...Sull’ accoglienza<br />

Un sabato di <strong>settembre</strong>, a <strong>Trieste</strong>, nel piazzale<br />

antistante la Sinagoga, un Rabbino<br />

capo e uno studioso di ermeneutica biblica<br />

spiegano alla città il significato simbolico<br />

dell’Havdalah, la differenza.<br />

A questa stessa città che meno di settant’anni<br />

prima vide la propria risiera trasformarsi<br />

in un campo di sterminio, l’unico in Italia,<br />

per punire quella ed altre diversità.<br />

La domenica, nel glorioso Teatro Lirico dedicato<br />

a Giuseppe Verdi, ebrei, musulmani,<br />

cristiani e ortodossi e cattolici, italiani, serbi<br />

e bosniaci raccontano come nelle diverse<br />

religioni e culture si educhi alla conoscenza<br />

al rispetto dell’altro, del diverso.<br />

In platea c’è ancora quella stessa città che<br />

scoprì le fosse comuni delle foibe sul suo<br />

carso, che accolse sgomenta migliaia di<br />

profughi, moltiplicando divisioni, Zone A,<br />

Zone B, per segnare i suoi nuovi confini. La<br />

città che ha continuato a vedere profughi<br />

e a sentire racconti di campi di concentramento.<br />

Anche se ormai i nuovi profughi sono semplicemente<br />

clandestini, illegali e dei loro<br />

racconti di paura e fuga nessuno si interessa<br />

più.<br />

A <strong>Trieste</strong> ho conosciuto la linea invisibile<br />

che viene tracciata attorno ai diversi. È<br />

importante riconoscerla perché non accorgersene<br />

è sempre pericoloso. Rischi di<br />

oltrepassarla e di ritrovarti al di là, magari<br />

E ancora: a Mosca nel 1991, durante il tramonto<br />

dell’era Gorbaciov; Algeria, Iran, Sudafrica sono le<br />

successive tappe. In Afghanistan fino al crollo del<br />

regime talebano. È stata inviata molte volte in Iraq,<br />

anche quando Saddam aprì le prigioni nell’ottobre<br />

del 2002 per le ispezioni ONU e poi a Baghdad durante<br />

la guerra ed i bombardamenti, che ha filmato<br />

per prima il 20 marzo 2003, fino all’arrivo dei carri<br />

armati americani, anche questa volta mostrati in<br />

esclusiva RAI il 9 aprile di quell’anno. È tornata più<br />

volte in Iraq, ed ha continuato a coprire l’area medio<br />

orientale, il Libano, la Siria, e anche l’Iran.<br />

Dal 2004 al 2007 ha condotto l’edizione principale<br />

del TG3. Dal giugno 2007 è corrispondente della<br />

RAI dagli Stati Uniti.<br />

anche in buona compagnia, maggioranza<br />

deviante, come teorizzava Franco Basaglia.<br />

Sui fronti di guerra ho visto quella linea<br />

invisibile diventare trincea, baratro, abisso.<br />

Così profonda e smisurata da rendere impossibile<br />

non la conoscenza, ma nemmeno<br />

la vista di chi sta dall’altra parte.<br />

E continuo a pensare che un giorno potrei<br />

svegliarmi e ritrovarmi come Peter, il bambino<br />

protagonista del film di Joseph Losey,<br />

The boy with the green hair, con i capelli verdi,<br />

e la vita segnata per sempre da questa<br />

diversità.<br />

Passare attraverso la disperazione, e la fuga<br />

prima di capire che proprio questa diversità<br />

può diventare un simbolo di pace.

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