Trieste, 5 - 6 settembre 2009 - WeDoCARE
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gravi né ancor meno conflitti. Alcuni interventi<br />
dell’allora Impero Austro-Ungarico<br />
avevano creato condizioni di vita serena.<br />
E sostanzialmente rispettoso era l’atteggiamento<br />
dei cittadini di fronte a tale pluralismo<br />
religioso, anche se si viveva quasi<br />
ignorandosi. Sarà stato così anche altrove,<br />
ma il reciproco ignorarsi era qui certo più<br />
avvilente che là dove cattolici e non cattolici<br />
vivevano l’uno accanto all’altro. Mentre<br />
ad esigere un dialogo fra religioni diverse<br />
era ed è tuttora la loro presenza che si è<br />
andata intrecciando con la storia stessa<br />
della nostra città. Nessuno, penso, ignori<br />
il contributo da loro dato alla cultura, al<br />
progresso morale, alla stessa prosperità di<br />
<strong>Trieste</strong>. E qui va doverosamente ricordato il<br />
significativo apporto della Comunità Israelitica<br />
che, agli altri meriti, aggiunse quello<br />
dell’inestimabile esempio di fedeltà di tanti<br />
suoi membri sacrificati nei giorni bui della<br />
persecuzione razziale<br />
Se c’è un interrogativo e un rammarico che<br />
avverto è questo: siamo vissuti per secoli<br />
accanto gli uni agli altri, cristiani cattolici,<br />
ortodossi, evangelici, ebrei e non ci siamo<br />
parlati. Come potevamo conoscerci? E poi<br />
accoglierci? E tutto ciò – oggi ancora sorprende,<br />
ma non sorprendeva cinquant’anni<br />
fa – in una città in cui si viveva fianco a<br />
fianco, si intessevano amicizie personali<br />
che superavano la diversità della confessione<br />
religiosa, si andavano formando famiglie<br />
miste che, come avevano trovato<br />
difficoltà a nascere, così vivevano spesso<br />
inquietudini spirituali che non è lecito sottovalutare.<br />
I primi contatti, seguendo le indicazioni<br />
del Concilio Vaticano II, risalgono al 1967.<br />
Fu l’inizio di rapporti che via via si fecero<br />
sempre più cordiali e fraterni. Il cammino<br />
non fu sempre facile, con qualche ritardo e<br />
qualche stanchezza, ma ricco di speranza,<br />
severo ed insieme lieto, fraterno ed amico.<br />
Il dialogo ecumenico e interreligioso ormai<br />
non è più una scelta di vertici, è divenuto<br />
esigenza sentita e vissuta da ampia parte<br />
della nostra Chiesa. Forte e fedele rimane<br />
l’amicizia che ci lega alla Comunità Israelitica,<br />
mentre ora si è aggiunta l’attenzione<br />
alla presenza islamica nella nostra città e<br />
alle altre esperienze religiose, tra cui quella<br />
del centro buddista.<br />
i protagonisti<br />
A questo cammino occorre dare continuità<br />
ed incremento. Non solo continuità, ma<br />
nuovo slancio e novità di iniziative. Non si<br />
assicura, però, continuità al dialogo che favorisce<br />
conoscenza ed accoglienza, se non<br />
si conferma responsabilmente l’impegno<br />
fondamentale del sincero rispetto. Che è<br />
anzitutto rispetto dell’altro, della sua fede<br />
religiosa, della sua sensibilità spirituale,<br />
delle sue posizioni di fronte ai tanti problemi<br />
che si pongono all’uomo d’oggi. Ma che<br />
è pure rispetto della propria convinzione<br />
di fede, della propria spiritualità, della propria<br />
coerente testimonianza di vita, della<br />
propria chiara presa di posizione di fronte<br />
a tutto ciò che possa umiliare l’uomo e<br />
lacerare il tessuto di una concorde serena<br />
pacifica convivenza. E ad assicurare la crescita<br />
di un autentico dialogo ecumenico<br />
e interreligioso si chiede il rispetto della<br />
libertà: chi vuole davvero dialogare, non<br />
impone nulla all’altro, bensì con fermezza<br />
e con chiarezza non disgiunta da delicata<br />
discrezione, espone il suo pensiero ed apre<br />
l’animo ad accogliere quello dell’altro, in<br />
spirito di stima, di gratitudine, di simpatia.<br />
A me piace molto sottolineare che in<br />
questi ormai lunghi anni di dialogo ecumenico<br />
e interreligioso a <strong>Trieste</strong> non si è<br />
mai mancato da parte di chiunque al dovere<br />
di esporre integra la verità, in fedeltà<br />
alla propria Chiesa o alla propria Comunità<br />
religiosa, senza che mai ciò potesse rappresentare<br />
un giudizio sulla fede dell’altro<br />
o una sia pur velata e non voluta forma di<br />
condizionamento della libertà altrui. Ciò<br />
che ha favorito la conoscenza e l’affermarsi<br />
di una cordiale comprensione, non solo,<br />
ma una vera amicizia. Ed è così che si dovrà<br />
continuare a crescere insieme.<br />
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