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Bollettin - Diocesi di Rimini

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<strong>Bollettin</strong>o Diocesano 2012 - n.2<br />

Pietro non riesce a capacitarsi che il Signore renda ai suoi <strong>di</strong>scepoli il servizio<br />

<strong>di</strong> uno schiavo e, quando tocca a lui, protesta: "Tu non mi laverai mai i<br />

pie<strong>di</strong>!". Simone non accetta che Gesù lo serva, come non accetta che il Signore<br />

<strong>di</strong>a la vita per lui: preferisce darla lui per il Signore. Pensa che il Signore stia sopra<br />

tutti per dominare, non sotto tutti per servire. Il primo dei Do<strong>di</strong>ci pensa che<br />

tocchi a lui <strong>di</strong> dover fare o dover dare qualcosa al Maestro. Poco prima Gesù gli<br />

aveva detto: "Non puoi seguirmi, per ora". E' sempre Gesù che deve precederci.<br />

Lui è geloso <strong>di</strong> questo primato: è il Signore che ci ama per primo. Pietro invece<br />

pretende <strong>di</strong> potere e dovere andare avanti al Maestro: "Io darò la mia vita per<br />

te!". E Gesù: "Tu darai la tua vita per me? Questa notte, prima che il gallo canti,<br />

mi rinnegherai tre volte". Pietro non ha capito che prima deve accogliere l'amore<br />

del Signore: soltanto dopo sarà capace <strong>di</strong> seguirlo, <strong>di</strong> amarlo a sua volta.<br />

Aveva ragione Joseph Ratzinger quando da giovane teologo scriveva: "L'uomo<br />

non raggiunge veramente se stesso tramite ciò che fa, bensì tramite ciò<br />

che riceve. Egli è tenuto ad attendere il dono dell'amore, e non può accogliere<br />

l'amore che sotto forma <strong>di</strong> gratuita elargizione". Ecco una "struttura" fondamentale<br />

dell'amore cristiano: la prevalenza del ricevere sul fare, la precedenza del<br />

dono gratuito sulla prestazione attiva. Noi invece siamo portati ad occuparci<br />

continuamente <strong>di</strong> noi stessi, <strong>di</strong> ciò che facciamo, <strong>di</strong> ciò che offriamo, delle nostre<br />

virtù e dei nostri <strong>di</strong>fetti. Invece il Signore desidera che oggi ci preoccupiamo<br />

<strong>di</strong> una cosa sola: <strong>di</strong> ricevere il suo amore, per la nostra gioia, per la gloria <strong>di</strong> Dio,<br />

per il bene <strong>di</strong> tutte le persone che ci sono vicine, <strong>di</strong> tutti i poveri che attendono<br />

un po' del nostro bene e dei nostri beni. Doman<strong>di</strong>amo oggi la grazia <strong>di</strong> essere<br />

attenti all'amore che il Signore ci offre, <strong>di</strong> capire che prima <strong>di</strong> tutto dobbiamo<br />

volgere la nostra attenzione a lui e non a noi stessi. Sì, è più importante che sia<br />

il Signore a lavare i pie<strong>di</strong> a noi che non noi a lavare i pie<strong>di</strong> a lui. Solo se gustiamo<br />

quanto è buono il Signore, allora saremo trasformati, anche senza accorgercene:<br />

la carità fraterna può germogliare solo da un cuore che ha provato quanto<br />

sia grande l'amore del Signore per noi e per gli altri. San Giovanni lo <strong>di</strong>ce nella<br />

sua prima lettera: "Dio è amore. Dio ci ha amati per primo. Se Dio ci ha amati,<br />

anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri".<br />

2. Un secondo nome dell'eucaristia è comunione. Nell'amore che si dona<br />

troviamo il principio <strong>di</strong> unità del mondo: il superamento <strong>di</strong> ogni egoismo, l'abbattimento<br />

<strong>di</strong> ogni separazione, l'azzeramento <strong>di</strong> ogni più dura contrapposizione.<br />

All'eucaristia finisce l'opera del Padre, che fin da principio vuole l'alleanza<br />

con tutta l'umanità: che si realizzi finalmente il regno <strong>di</strong> Dio! All'eucaristia finisce<br />

l'opera del Figlio, che vuole essere con noi per sempre, tutti i giorni, anche<br />

nei giorni del buio e della nebbia, anche nelle ore del dolore e del tormento,<br />

anche nell'ora della nostra morte. A vivere - se si riesce a vivere! - in tutta pienezza<br />

l'eucaristia, si è già nel regno. Un santo così pregava: "Signore, quel giorno<br />

che raggiungessi una vera, perfetta comunione con te e con i miei fratelli, in<br />

tutta la sua comprensione e capacità <strong>di</strong> trasformazione, portami con te, perché<br />

sarei già nel tuo regno". Ma quando uno può <strong>di</strong>re <strong>di</strong> avere "fatto" una perfetta<br />

comunione? All'eucaristia finisce l'opera dello Spirito Santo: "Poiché mangiamo<br />

lo stesso pane, noi formiamo lo stesso corpo". Per questo nell'invocazione allo<br />

Atti del Vescovo

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