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il secondo movimento, un Andante in fa maggiore<br />

molto cantabi<strong>le</strong>, è certamente meno sconvolgente<br />

dell’Andante della Prima Sonata, ma di una<br />

finezza molto vicina a Mozart nella scrittura, il più<br />

del<strong>le</strong> volte, a quattro voci. in questo modo, il seguito<br />

dato alla prima idea, dialogata, corrisponde<br />

quasi testualmente al ritorno del tema principa<strong>le</strong><br />

nel secondo movimento del Concerto per pianoforte<br />

K 503, di Mozart. La forma è ternaria, con un episodio<br />

centra<strong>le</strong> che sviluppa a sua volta una parte<br />

mediana molto novatrice, in cui del<strong>le</strong> sonorità<br />

futuristiche che lasciano presentire Lohengrin<br />

appaiono, in paral<strong>le</strong>lo con il primo movimento.<br />

Una volta ancora, qui, lo spazio che separa Mozart<br />

e Wagner è riempito in modo così organico che<br />

nessuna rottura di sti<strong>le</strong> si fa sentire.<br />

Energico, lo Scherzo in la minore, pieno di ardore<br />

giovani<strong>le</strong> e di spirito di ribellione, è intitolato da<br />

Schubert, secondo la tradizione, “Menuetto”. Ma<br />

l’indicazione di tempo “Al<strong>le</strong>gro vivace” basta per<br />

contraddire il carattere del minuetto, e<strong>le</strong>gante e<br />

piuttosto tranquillo. Curiosamente, la stessa “confusione”<br />

era capitata vent’anni prima a Beethoven,<br />

che aveva intitolato “Minuetto” tre movimenti di<br />

danze rapide di opere giovanili (così nella Sonata<br />

Op. 2 n. 2 o nella Prima Sinfonia). Ma la confusione,<br />

l’errore sta forse piuttosto nella nostra concezione<br />

tradiziona<strong>le</strong>, secondo cui un minuetto è<br />

un movimento in 3/4 relativamente <strong>le</strong>nto e grave.<br />

Nuove ricerche mostrano infatti che i minuetti di<br />

Mozart erano anch’essi, tutto eccetto che <strong>le</strong>nti. il<br />

Trio vaga in un’atmosfera paradisiaca; Schubert vi<br />

crea del<strong>le</strong> sonorità comp<strong>le</strong>tamente inedite, nonostante<br />

concatenazioni di accordi convenzionali già<br />

171 English Français Deutsch Italiano<br />

utilizzati da Haydn e i suoi predecessori. Uno dei<br />

motivi (molto dolce, una nota ripetuta tre volte,<br />

preceduta e seguita da si<strong>le</strong>nzi) è stato ripreso da<br />

Schubert nello Scherzo della sua ultima sonata.<br />

Fin dal 1828, Walter Rehberg aveva emesso l’ipotesi<br />

che il Rondò incompiuto in do D 346 fosse<br />

stato concepito come ultimo movimento di questa<br />

sonata. Molti argomenti vanno in quel senso:<br />

la carta assomiglia molto a quella della sonata;<br />

la scrittura di Schubert ha la stessa “rotondità”<br />

giovani<strong>le</strong> (diventerà poi più sotti<strong>le</strong>, più fine); l’assenza<br />

di data e di firma lascia supporre anche che<br />

non si tratti di una composizione autonoma, ma<br />

proprio di una parte di sonata; lo sti<strong>le</strong> e l’atmosfera<br />

poetica (che denunciano una parentela con certi<br />

momenti del secondo movimento nonché del Trio<br />

del terzo) parlano anche in favore di un rapporto<br />

diretto tra i due Op.. Si potrebbe invocare, in<br />

compenso, l’ambitus del Rondò nel registro acuto,<br />

che sorpassa qua e là di due toni quello del resto<br />

dell’opera (fino al la5). Ma questo argomento non<br />

resiste affatto all’analisi: nella Sonata in la minore<br />

D 537, il secondo movimento ha anche un ambitus<br />

superiore a quello degli altri movimenti e uno più<br />

stretto nella Sonata D 568. È molto probabi<strong>le</strong> che<br />

quel movimento sia stato separato dal resto della<br />

sonata perché era incompiuto. Resta da sapere<br />

perché Schubert non l’abbia terminato. Siamo ridotti<br />

al<strong>le</strong> congiunture, certo, ma sicuramente non<br />

è perché non ci riusciva; troppo semplice ne è la<br />

struttura per questo. Forse è questa stessa semplicità<br />

che ha trattenuto Schubert di terminarlo e<br />

di farne un fina<strong>le</strong>. Si può, infatti, trovarlo troppo<br />

“inoffensivo”. Ma per noi è proprio questa qualità

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