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L’ultimo movimento, un Rondò di sonata in<br />

la minore, distrugge di colpo l’atmosfera idilliaca<br />

dell’Andantino. Una focosa “salita” all’unisono in<br />

la minore ripetuta tre volte è seguita da battute<br />

lamentose, rassegnate si potrebbe dire anche, fino<br />

all’ultima in la maggiore che ci sorprende con la<br />

sua serenità e che termina in una brusca frase virtuosistica<br />

esprimente qualche cosa come una gioia<br />

forzata. Un secondo tema, primaveri<strong>le</strong>, finisce con<br />

lo svanire dolcemente dopo lo sboccio inizia<strong>le</strong>: <strong>le</strong><br />

quattro ripetizioni d’un motivo di due misure sembrano<br />

essere in contraddizione con tutte <strong>le</strong> <strong>le</strong>ggi<br />

della forma-sonata, eppure sono assolutamente<br />

necessarie. Sopprimere otto o sedici misure significherebbe<br />

distruggere la struttura dell’insieme del<br />

movimento. in tutta la <strong>le</strong>tteratura classica, conosco<br />

soltanto un pendant: <strong>le</strong> innumerevoli ripetizioni<br />

di motivi nel primo movimento della Sinfonia<br />

Pastora<strong>le</strong> di Beethoven. Ma in questa esse servono<br />

ad esprimere sentimenti totalmente diversi: benessere<br />

all’arrivo in campagna quando certe impressioni<br />

(mormorìo d’un ruscello, voce d’uccelli)<br />

si ripetono senza che nulla succeda. in Schubert,<br />

invece, di certo succede qualcosa durante queste<br />

ripetizioni, anche se non è altro che lo svanire del<br />

diminuendo fino all’impercettibi<strong>le</strong>. il virtuosismo<br />

dell’epilogo non ha nessun pendant in Schubert. La<br />

fattura fa piuttosto pensare a Scarlatti. Dopo un’evoluzione<br />

stupenda, la coda pone il prob<strong>le</strong>ma decisivo:<br />

finire in modo maggiore o minore? Schubert<br />

decide per il modo maggiore, in apparenza dolce<br />

e rassegnato finché un accordo brusco e inatteso<br />

in La maggiore, come un grido di protesta, mette<br />

l’accento fina<strong>le</strong> e conclude la sonata.<br />

176<br />

∆<br />

Sonata n. 5, in la bemol<strong>le</strong> maggiore, D 557<br />

composta nel maggio del 1817<br />

prima edizione 1888 – antica edizione comp<strong>le</strong>ta<br />

Questa deliziosa sonata è omessa nella maggiore<br />

parte del<strong>le</strong> edizioni del<strong>le</strong> sonate di Schubert;<br />

è probabilmente perché essa rappresenta un’eccezione:<br />

il Fina<strong>le</strong> non è nella tonalità principa<strong>le</strong><br />

di la bemol<strong>le</strong> maggiore. Schubert ha quindi fatto<br />

uno strappo al principio sacrosanto dell’unità tona<strong>le</strong>,<br />

creando un “precedente” che avrebbe avuto<br />

emuli solo molto più tardi: la Sinfonia in do minore<br />

di Mah<strong>le</strong>r si conclude in mi bemol<strong>le</strong> maggiore, il<br />

Secondo concerto per pianoforte in re minore di Frank<br />

Martin si conclude in mi maggiore – per non citare<br />

altri esempi. Fuori della sonata, ci sono già<br />

precedenti fin dall’epoca di Schubert: così nel<strong>le</strong><br />

fantasie di C.Ph.E. Bach o nella Fantasia, Op. 77<br />

di Beethoven che comincia in sol minore per concludersi<br />

in si maggiore. L’ipotesi secondo la qua<strong>le</strong><br />

la Sonata in lab maggiore sarebbe incompiuta e <strong>le</strong><br />

mancherebbe un quarto movimento non è sostenibi<strong>le</strong>:<br />

questo movimento in mi bemol<strong>le</strong> maggiore<br />

non è uno Scherzo camuffato, ma è proprio un<br />

brillante Fina<strong>le</strong> di forma-sonata, il cui carattere<br />

conclusivo è anzi più forte che negli altri finali di<br />

Schubert costruiti sullo stesso principio.<br />

A prescindere da quel prob<strong>le</strong>ma della tonalità,<br />

di cui la maggiore parte degli ascoltatori non saranno<br />

probabilmente coscienti, si tratta qui di una<br />

del<strong>le</strong> più semplici, più corte e più regolari tra tutte<br />

<strong>le</strong> sonate di Schubert. Con una durata di esecuzione<br />

di dodici minuti, occupa un posto analogo,

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