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menzionare due momenti deliziosi in seno a questa<br />

sonata: il trio “rockizzante” del terzo movimento, i<br />

cui periodi di cinque misure fanno costantemente<br />

vacillare l’equilibrio dell’ascoltatore (che ne aspetta<br />

quattro), e il graziosissimo valzer viennese in mezzo<br />

al Fina<strong>le</strong>. La sonata si spegne nella pace e la dolcezza<br />

del registro grave – uno dei rari punti in comune<br />

con Beethoven, la cui Sonata in mi maggiore, Op. 7, si<br />

conclude in modo molto similare.<br />

∆<br />

Sonata n. 8, in fa# minore, D 571/604/570<br />

(giugno 1817)<br />

Come la Sonata in fa minore composta circa un<br />

anno più tardi, anche quella in fa# minore ci fa entrare<br />

già in pieno Romanticismo. Basta da sola la<br />

scelta della tonalità per svegliare la nostra curiosità.<br />

Se più tardi Schumann e Brahms composero<br />

del<strong>le</strong> sonate in questa stessa tonalità, il repertorio<br />

del primo Classicismo ne era fino allora sprovvisto.<br />

Brahms non è ancora nato e Schumann ha<br />

solo sei anni, quando Schubert compone questa<br />

sonata della qua<strong>le</strong> nessuno dei due d’altronde conoscerà<br />

l’esistenza (la prima pubblicazione risa<strong>le</strong><br />

al 1897!). È perciò tanto più sorprendente il constatare<br />

che come la Sonata Op. 11 di Schumann,<br />

essa pure comincia con una introduzione, certo<br />

un po’ più lunga, in un registro piuttosto grave.<br />

Prima l’armonia si svolge tutta in fa# minore per<br />

quattro misure, come per l’inizio di un Lied o nella<br />

Barcarola di Chopin, poi, su questa stessa armonia,<br />

si sviluppa un tema cantabi<strong>le</strong> lamentoso che<br />

prende lo slancio dal do# ripetuto tre volte per<br />

dominare tutto il resto del movimento e, qua<strong>le</strong> un<br />

180<br />

<strong>le</strong>itmotiv, apparire di nuovo, ora furtivamente come<br />

nel secondo movimento (canti d’uccelli e accordi<br />

finali), ora allo scoperto (quarto movimento).<br />

Oltre al lavoro tematico, la scrittura pianistica presenta<br />

anch’essa un carattere novatore.<br />

Gli intervalli importanti tra <strong>le</strong> note, in quell’introduzione<br />

che poi farà da accompagnamento,<br />

rendono necessario l’uso del peda<strong>le</strong>. Lo stesso per<br />

la melodia del tema principa<strong>le</strong>, da un capo all’altro<br />

in ottave. Altra novità: questo tema principa<strong>le</strong><br />

– contrariamente ad ogni principio della sonata<br />

tradiziona<strong>le</strong> – è costruito come un Lied (A-B-A) e<br />

termina con una cadenza in fa# minore (Schubert<br />

riprenderà un’organizzazione simi<strong>le</strong> due anni più<br />

tardi nella Sonata in la maggiore D 664). Nonostante<br />

questa conclusione – che non lo è – la progressione<br />

dell’insieme non per questo ne è intaccata: con<br />

estrema natura<strong>le</strong>zza Schubert prosegue nella stessa<br />

armonia, spostando il motivo di accompagnamento<br />

in un registro superiore mentre la mano sinistra<br />

realizza una libera imitazione. Così ottenute per<br />

scomposizione di accordi di tre suoni, tipicamente<br />

tastieristica, queste armonie domineranno il passo<br />

transitorio e il tema secondario in cui, dal<strong>le</strong> diverse<br />

armonie, prenderà corpo una melodia di tipo cora<strong>le</strong>,<br />

nonché la conclusione.<br />

Lo sviluppo si muove in regioni tonali piuttosto<br />

tetre, assai lontane. Le note ripetute del tema principa<strong>le</strong><br />

sono di nuovo riprese, in posizione grave o<br />

acuta, per combinarsi con un’altra melodia piena<br />

di emozione.<br />

Stranamente, questo movimento di una rara bel<strong>le</strong>zza<br />

si ferma esattamente laddove sarebbe dovuta<br />

cominciare la ripresa. Per questa ragione la sonata

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