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MALATTIE CHIRURGICHE DELL'ESOFAGO

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UNIVERSITÀ NAZIONALE DELLA SOMALIA<br />

ALBERTO BENCIVENGA<br />

Professore alla Facoltà di Medicina e Chirurgia<br />

<strong>MALATTIE</strong> <strong>CHIRURGICHE</strong> DELL’ESOFAGO<br />

CORSO MONOGRAFICO (INSEGNAMENTO INTEGRATO)<br />

Lezioni registrate - Anno accademico 1974-75<br />

_______________________________________________________________________<br />

Mogadiscio, 1975


Dedico con tutto il cuore queste<br />

pagine, anche a nome dei nostri<br />

studenti, al Prof. Paride Stefanini,<br />

per ringraziarlo ancora del generoso,<br />

fattivo, continuo e illuminato<br />

aiuto che ci ha dato, che ci dà e che<br />

sicuramente ci continuerà a dare in<br />

futuro, senza il quale, la Facoltà di<br />

Medicina e Chirurgia dell’Università<br />

Nazionale della Somalia sarebbe<br />

ancora soltanto un nostro sogno<br />

impossibile!<br />

A. B.<br />

2


“BISM BISM BISM’A<br />

’ALLA<br />

LLAH H AL AL-RAHMAN<br />

AL RAHMAN RAHMAN AL AL-RAHI AL RAHI RAHIM” RAHIM”<br />

M”<br />

3


I N D I C E<br />

Avvertenze agli studenti…………………………………………………….5<br />

Preliminari e definizioni…………………………………………………….6<br />

Introduzione all’argomento…………………………………………………8<br />

Diverticoli esofagei ……………………………………………………….10<br />

Diverticoli dell’esofago cervicale o di Zenker ……………………………10<br />

Diverticolo dell’esofago toracico………………………………………….13<br />

Acalasia cardio-esofagea (cosiddetto cardiospasmo). Megaesofago………16<br />

Discinesie dell’esofago…………………………………………………….20<br />

Malformazioni dell’esofago……………………………………………….22<br />

Malformazioni incompatibili con la vita…………………………………..22<br />

Malformazioni compatibili con la vita…………………………………….24<br />

Restringimenti congeniti.………………………………………………….25<br />

Stenosi per compressioni vascolari estrinseche:…………………………..26<br />

Brachiesofago congenito.………………………………………………….27<br />

Malattie acquisite dell’esofago…………………………….……………...30<br />

Sindrome da reflusso esofageo. Ernie iatali……………………………….30<br />

Ernie iatali paraesofagee ed ernie iatali miste……………………………..37<br />

Ernie diaframmatiche extraiatali…………………………………………..39<br />

Forme su base congenita…...……………………………………………...40<br />

Relaxatio del diaframma…………………………………………………..45<br />

Ferite del diaframma………………………………………………………47<br />

Infezioni dell’esofago……………………………………………………..48<br />

Ferite dell’esofago….…..…………………………………………………49<br />

Corpi estranei nell’esofago………..………………………………………51<br />

Rotture dell’esofago………………………………………………………52<br />

Lesioni esofagee da caustici………………………………………………54<br />

Neoplasie dell’esofago……………………………………………………56<br />

Tumori benigni……………………………………………………………56<br />

Tumori maligni……………………………………………………………56<br />

4


AVVERTENZE AGLI STUDENTI<br />

Esistono vari modi per trattare un argomento. È possibile fare una rapida sintesi dei concetti<br />

principali o trattare certi concetti in modo accurato e sorvolare su fatti considerati di secondaria<br />

importanza, in entrambi i casi rimandando a testi già esistenti per un approfondimento della<br />

materia. È anche possibile trattare l’argomento in modo diffuso, allo scopo di chiarire sul<br />

nascere eventuali dubbi del discente.<br />

Data la realtà di Mogadiscio, abbiamo scelto quest’ultima maniera ed abbiamo trattato ogni<br />

singolo capitolo in modo diffuso, non esitando a ripetere cose che, per la loro importanza,<br />

meritavano di essere sottolineate e perché il discente le apprendesse fermamente, senza dover<br />

ricorrere ad altre fonti. In altre parole, abbiamo cercato di evitare agli studenti la necessità, per<br />

chiarirsi le idee o dirimere dubbi, di ricorrere ad altri testi, peraltro di difficile reperibilità in<br />

Somalia, essendo la biblioteca della Facoltà ancora in formazione. Non solo, ma abbiamo<br />

cercato di fissare per iscritto tutto quello che è stato detto a lezione e che verrà ripetuto nei<br />

prossimi anni, in modo da rendere, in futuro, superfluo il prendere appunti in aula, perché ciò fa<br />

spesso perdere il filo del discorso del docente.<br />

Ci rendiamo conto che, ad un osservatore superficiale, questo modo di trattare le malattie<br />

chirurgiche dell’esofago possa sembrare prolisso, ma, continuando a seguire in modo<br />

conseguente la filosofia didattica di questa facoltà, di dare sempre agli studenti informazioni<br />

coordinate fra loro, abbiamo di proposito affrontato questa possibilità di essere criticati, sicuri<br />

come siamo che chi studia per la prima volta un argomento fatica assai meno se ha per le mani<br />

una trattazione ampia e “comoda”, anziché una stringata e comprensibile solo agli iniziati.<br />

D’altra parte, descrivere l’evoluzione clinica di una malattia mediante una schematica ed arida<br />

elencazione di segni, non è un modo sicuramente buono per far capire allo studente ancora<br />

ignaro come, effettivamente, la malattia viene vissuta e, quindi, riferita dal paziente. Per dare<br />

questa sensazione al lettore, crediamo che una prosa “letteraria”, piena di dubbi, di possibilità<br />

interpretative, di ripensamenti, di imprecisioni linguistiche, magari di contraddizioni, cioè come<br />

si esprimono il più dei malati che ci vengono a raccontare i loro disturbi, sia più indicata di una<br />

fredda prosa “scientifica”, fatta di termini indiscutibili e indubitabili, come certa matematica.<br />

L’ideale sarebbe che un romanziere riscrivesse i testi di clinica dettati dai medici!<br />

Per quanto riguarda la lingua, abbiamo di proposito evitato un modo d’esprimersi<br />

rudimentale, anche se abbiamo sempre spiegato termini che potevano essere nuovi per lo<br />

studente. Il medico, anche quando cerca di parlare con un linguaggio semplice e comprensibile a<br />

tutti, deve saper parlare di medicina usando i termini tecnici di quest’arte, che non sono frutto di<br />

un cattivo vezzo, ma necessari veicoli di precisi concetti, che evitano errori quando, per<br />

esempio, si affida la prosecuzione delle cure di un paziente ad un altro Collega. Qua e là<br />

abbiamo dato anche dei meri ragguagli linguistici, consapevoli dell’aggiunta difficoltà dei nostri<br />

allevi di studiare in un idioma differente dalla loro madre lingua.<br />

Abbiamo rifatto su carta gli schizzi didattici originariamente disegnati col gesso alla lavagna<br />

durante le lezioni, senza grandi pretese artistiche.<br />

Consigliamo vivamente agli studenti di dedicare qualche ora al ripasso dei presupposti


PRELIMINARI.<br />

RACCORDO CON LE ALTRE DISCIPLINE.<br />

DEFINIZIONI GENERALI.<br />

1) ANATOMIA<br />

Rileggere e richiamare i seguenti argomenti: faringe e suoi muscoli; esofago e sua<br />

struttura macro e microscopica; restringimenti esofagei fisiologici; cardias; angolo di<br />

His; anatomia ed embriologia dell’esofago e del diaframma; iato esofageo; tuniche<br />

muscolari del tubo digerente, cravatta di Helvetius; circolo portale e porte accessorie<br />

(comprendendo bene e “visualizzando” le connessioni fra circolo portale e plessi venosi<br />

dell’esofago); vascolarizzazione dello stomaco, della milza, del grande omento,<br />

dell’intestino, del colon; interconnessioni vascolari fra questi organi.<br />

2) FISIOLOGIA<br />

Rileggere e richiamare i seguenti argomenti: meccanismo della deglutizione e delle<br />

sue tre fasi; meccanismi di controllo della valvola esofago-cardiale; peristalsi<br />

dell’esofago.<br />

3) DEFINIZIONI<br />

Disfagia: difficoltà della deglutizione o del transito degli alimenti attraverso<br />

l’esofago.<br />

Chiamiamo disfagia faringea quella che interessa la prima fase della deglutizione;<br />

disfagia esofagea quella che interessa la seconda fase della deglutizione e, cioè, il<br />

passaggio del bolo alimentare o dei liquidi introdotti in esofago, ma non ancora entrati<br />

nello stomaco. Parliamo di disfagia paradossa quando il disturbo si manifesta più per i<br />

liquidi che per i solidi.<br />

Odinofagia: deglutizione dolorosa.<br />

Acalasia: incapacità di una porzione dell’esofago a rilasciarsi tempestivamente allo<br />

stimolo fisiologico della deglutizione, con arresto dell’onda peristaltica a monte della<br />

porzione incapace di rilassarsi. Al livello del cardias, parliamo di acalasia esofagocardiale.<br />

Pirosi: sensazione di bruciore o, come di solito si esprimono i malati, portandosi una<br />

mano sulla porzione inferiore dello sterno, di “acidità” che si inizia nella regione<br />

epigastrica e risale verso la bocca, talvolta accompagnata da rigurgito di liquido urente,<br />

o acre, o acido. Può intervenire dopo pasti a base prevalente di carne, per eccesso di<br />

fumo, dopo certi violenti esercizi fisici (è, per esempio, frequente dopo il nuoto protratto<br />

a lungo, specie se intramezzato da numerose immersioni a testa in giù, come nella pesca<br />

subacquea in apnea così comunemente praticata in Somalia). Attenzione: se alla base<br />

del disturbo c’è, di solito, l’ipercloridria, è pur vero che lo stesso complesso sintomatologico<br />

può essere provocato dalla condizione opposta, come accade nella sindrome<br />

da ipo e acloridria gastrica!<br />

Scialorrea: eccessiva produzione di saliva, comunque provocata. Sinonimi:<br />

ptialismo, scialosi, salivazione eccessiva).<br />

Diverticolo: anomala espansione a forma di sacco o a dito di guanto della parete di<br />

qualsiasi organo cavo. A seconda della loro patogenesi, i diverticoli possono essere da<br />

pulsione, se provocati dalla spinta della pressione vigente nel lume dell’organo cavo, sia<br />

per abnorme aumento di tale pressione, sia per l’esistenza localizzata di una zona<br />

parietale di debolezza o, più probabilmente, per entrambe le cause presenti<br />

contemporaneamente. Nei diverticoli, il rivestimento mucoso si estroflette a dito di<br />

guanto divaricando i fasci muscolari parietali e portandosi dietro il tessuto connettivo<br />

6


della sottomucosa. I diverticoli da pulsione, di solito, non aderiscono primariamente alle<br />

strutture circostanti, ma possono farlo per fatti flogistici o perforativi secondari.<br />

Parliamo invece di diverticoli da trazione quando aderenze comunque intervenute<br />

attraggono e fissano un punto della parete dell’organo cavo ad una struttura vicina per<br />

cui si esercita nel tempo una trazione discreta e continua, dovuta sia al raccorciamento<br />

causato dalla sclerotizzazione del tessuto infiammatorio con l’esaurirsi della flogosi, sia<br />

per l’allontanarsi della struttura adiacente.<br />

Biopsia: prelievo di un frammento di tessuto in vivo per l’esecuzione di esame<br />

istologico a scopi diagnostici.<br />

Esame citologico. Citologia esfoliativa: esame istologico eseguito su cellule<br />

naturalmente esfoliatesi, cioè, naturalmente distaccatesi e raccolte con metodiche varie<br />

(per lo più, per lavaggio, ma anche per abrasione o scarificazione superficiale).<br />

Atresia: interruzione del lume di un condotto naturale per cause congenite (per<br />

esempio, atresia dell’esofago, atresia dell’intestino, atresia dei dotti biliari).<br />

Ematemesi: vomito ematico.<br />

Melena: feci nere per sangue digerito, quindi proveniente dallo stomaco.<br />

7


INTRODUZIONE ALL’ARGOMENTO<br />

I disturbi per cui i portatori di affezioni esofagee consultano il medico sono<br />

essenzialmente due: la disfagia e la pirosi o bruciore retrosternale.<br />

Il primo, la disfagia, indica un ostacolo alla deglutizione, per lo più di natura<br />

organica, ma, anche se raramente, anche funzionale, indica in modo tassativo la<br />

necessità urgente di ricerche diagnostiche, volt a chiarire le cause del disturbo.<br />

L’urgenza deriva dal fatto che a causare la disfagia possa essere un cancro, cioè una<br />

malattia gravissima e assai frequente in Somalia.<br />

Il secondo disturbo, la pirosi, è invece il segno tipico del reflusso gastro-esofageo e,<br />

cioè, del risalire del contenuto acido dello stomaco nel lume esofageo per cattivo<br />

funzionamento del meccanismo valvolare della giunzione esofago-cardiale.<br />

Altri disturbi specifici debbono attirare l’attenzione del medico sull’esofago, come,<br />

per esempio, il rigurgito post-prandiale, attacchi notturni di tosse o polmoniti da<br />

aspirazione anche in mancanza di disturbi soggettivi della deglutizione, tutti fenomeni<br />

che possono essere dovuti o ad un accumulo notevole di ciò che è stato ingerito in grossi<br />

diverticoli da pulsione o ad un’acalasia esofago-cardiale con megaesofago secondario.<br />

Un altro fenomeno che è necessario interpretare correttamente al più presto è il<br />

vomito massivo di sangue fresco, che avviene per la rottura di varici esofagee causato<br />

da ipertensione portale.<br />

Vedremo poi meglio come i vari segni vadano inquadrati, valorizzati e interpretati<br />

con le indagini diagnostiche cliniche, radiologiche, endoscopiche e bioptiche che<br />

abbiamo a nostra disposizione.<br />

Vogliamo quindi anticipare il concetto che pilastri della diagnostica delle malattie<br />

chirurgiche dell’esofago sono la radiologia (esame con pasto radio-opaco denso e<br />

liquido), e l’esofagoscopia. È chiaro che la radiologia ha, per la sua innocuità e<br />

significanza, la precedenza su qualsiasi altro esame. Infatti, l’indagine contrastografica<br />

dell’esofago può essere usata in ogni situazione, anche durante un’emorragia in atto o<br />

appena pregressa, senza alcun addizionale rischio per il paziente.<br />

L’endoscopia - esofagosopia - non è una procedura in concorrenza con l’esame<br />

radiologico, ma ne è il naturale complemento, specialmente nei casi in cui l’esofagografia,<br />

benché tecnicamente bene eseguita, non abbia saputo dare informazioni diagnostiche<br />

esaurienti o abbia addirittura dato un risultato di normalità, nonostante la presenza<br />

di sintomi chiaramente indicanti una compromissione esofagea. L’esofa-gosopia<br />

diagnostica non è necessaria in certi chiari casi, come, per esempio, in presenza di varici<br />

esofagee in cui, se fatta senza la dovuta attenzione, potrebbe anche essere pericolosa<br />

(però, va qui detto, che qualcuno ha ipotizzato che una trombizzazione endoscopica<br />

delle varici esofagee potrebbe essere, in certe circostanze, utile). L’esofagoscopia è<br />

invece obbligatoria quando si sospetti un carcinoma, per esempio, perché l’esame<br />

citologico e la biopsia ci daranno, in varie affezioni esofagee, ma specialmente nei<br />

tumori esofagei, purtroppo così frequenti in Somalia, precise informazioni<br />

sull’istopatologia della lesione.<br />

L’odierno armamentario di endoscopi (ne abbiamo appena ricevuto uno flessibile,<br />

che, prossimamente, imparerete ad usare nelle esercitazioni) permette di eseguire esami<br />

accurati, completi e con rischi minimi di perforazione anche in malati premedicati o in<br />

anestesia locale.<br />

In presenza di esami tutti costantemente negativi, pazienti che persistono ad essere<br />

soggettivamente disturbati da una persistente disfagia, prima di etichettarli come “malati<br />

funzionali” o, peggio, come “malati isterici”, occorre pensare ad affezioni della colonna<br />

cervicale capaci di influenzare la deglutizione, come può accadere quando pronunciati<br />

8


osteofiti delle vertebre cervicali premono sul versante posteriore dell’esofago. Questa<br />

condizione può essere facilmente messa in evidenza, purchè ci si pensi e si allarmi il<br />

radiologo perché esegua mirati esami contrastografici anche in proiezione laterale, a<br />

paziente sia in piedi che supino, altrettanto facilmente trattabile demolendo gli osteofiti<br />

e stabilizzando, se necessario, la colonna con una spondilodesi anteriore.<br />

In conclusione, anamnesi, esame radiografico, esofagoscopia, col corollario dell’istologia,<br />

danno, nella maggioranza dei casi di malattia esofagea, tutte le informazioni<br />

necessarie sulla sede e l’estensione della malattia, sulla natura di questa e sulle conseguenze<br />

fisiopatologiche che essa comporta, informazioni essenziali per la razionale e<br />

conseguente pianificazione di una terapia il più possibile efficace.<br />

9


DIVERTICOLI ESOFAGEI<br />

Pur potendosi trovare patologiche espansioni diverticoli a qualsiasi livello dell’esofago,<br />

tre sono le sedi preferite dai diverticoli esofagei: all’altezza dell’esofago cervicale,<br />

all’altezza dei bronchi, nella porzione terminale dell’esofago toracico.<br />

DIVERTICOLI DELL’ESOFAGO CERVICALE<br />

Vengono chiamati anche diverticoli di Zenker, dal nome del chirurgo tedesco che<br />

ne ha sistematizzato la trattazione, e sono, di gran lunga, i diverticoli esofagei più<br />

frequenti.<br />

FIG. 1<br />

Più precisamente, si tratta di diverticoli faringo-esofagei da pulsione. Infatti, sulla<br />

superficie posteriore del canale faringo-esofageo, esiste un zona di minore resistenza fra<br />

il margine inferiore del muscolo costrittore inferiore della faringe ed il margine<br />

superiore del muscolo crico-faringeo, di forma all’incirca triangolare, detta triangolo di<br />

Killian, in cui la muscolatura è particolarmente sottile, talvolta addirittura assente, e<br />

attraverso cui la mucosa esofagea può erniarsi per pulsione (figura 1).<br />

Va detto che questa peculiarità anatomica, se può spiegare soddisfacentemente la<br />

sede del colletto diverticolare, non ne può certo spiegare l’eziopatogenesi! In altre<br />

parole, questa peculiarità anatomica non può, da sola, essere la causa del diverticolo<br />

faringo-esofageo, perché altrimenti tutti o quasi tutti gli individui dovrebbero diventare,<br />

ad un certo punto, portatori di questa affezione, mentre invece il diverticolo si forma<br />

solo in certi soggetti, come conseguenza di una pressione eccessivamente elevata<br />

vigente all’interno del lume del condotto faringo-esofageo, determinatasi, in assenza di<br />

ostacoli a valle, legata, quindi, ad una incoordinazione motoria faringo-esofagea e, cioè,<br />

ad una vera e propria acalasia faringo-esofagea, in cui l’aumento di pressione fino a<br />

livelli eccessivi si pone in essere quando l’apertura della bocca esofagea non avviene<br />

tempestivamente di fronte al progrediente bolo alimentare, spinto verso il basso<br />

dall’azione della muscolatura faringea.<br />

10


In questo modo si comprende bene perchè la zona del triangolo di Killian,<br />

fisiologicamente meno resistente del resto dell’esofago per motivi anatomici, possa<br />

venire forzata dalla mucosa spinta dall’interno, che, così, può estroflettersi.<br />

Una volta formatosi, il diverticolo tenderà ad accrescersi progressivamente, sia per<br />

l’influenza dell’aumentata pressione endoluminale comunque provocata (per l’atto della<br />

deglutizione in se stesso o per altre cause come la tosse ed il vomito), sia per il peso<br />

degli alimenti accumulatisi nel diverticolo che non può non esercitare una certa<br />

influenza, specie in posizione eretta e sia per la scarsissima resistenza dell’atmosfera<br />

cellulare lassa peridiverticolare.<br />

Il sacco diverticolare comunica col lume esofageo attraverso un colletto di<br />

grandezza variabile, talvolta tanto largo quanto l’intero aspetto posteriore dell’esofago e<br />

il diverticolo si sviluppa nello spazio retrostante all’esofago in cui, come già detto, il<br />

tessuto cellulare lasso periesofageo non oppone alcuna resistenza all’ingrandimento<br />

della sacca diverticolare. Questa, ingrandendosi, sospinge l’esofago dal di dietro, lo<br />

appiattisce e ne riduce la pervietà.<br />

In diverticoli particolarmente grandi e ad ampio colletto, sembra addirittura che la<br />

faringe si immetta direttamente nel diverticolo, mentre l’esofago vero e proprio appare,<br />

paradossalmente, come se fosse un annesso impiantato sulla periferia della formazione<br />

diverticolare!<br />

Nel suo svilupparsi, il diverticolo si fa strada lateralmente, per lo più verso sinistra,<br />

sottendendo talvolta l’arteria tiroidea inferiore e il nervo ricorrente.<br />

Diverticoli particolarmente grandi possono raggiungere, col loro polo inferiore,<br />

anche il mediastino posteriore e, perfino, contrarre rapporti con l’arco aortico<br />

Visto il loro meccanismo di sviluppo (da pulsione attraverso un luogo di minore<br />

resistenza) e le caratteristiche dello spazio in cui si ingrandiscono (contenente tessuto<br />

cellulare lasso) è facile comprendere come queste sacche diverticolari, di solito, non<br />

contraggono aderenze con le strutture circostanti. Tuttavia, processi infiammatori<br />

occasionali intervenuti secondariamente possono, talvolta, fissare in varia misura e per<br />

estensioni variabili la parete diverticolare, rendendone la dissezione chirurgica<br />

indaginose e tecnicamente difficile.<br />

La sintomatologia dei piccoli diverticoli può essere muta o consistere in vaghe ed<br />

intermittenti sensazioni di corpo estraneo e fastidi alla deglutizione, sintomi spesso<br />

considerati dal paziente e dal medico come quelli dovuti ad una banale faringite. Tali<br />

disturbi, però, non si attenuano col tempo, come dovrebbe accadere in una vera<br />

faringite, ma tendono ad aggravarsigradualmente, man mano che il diverticolo si<br />

ingrandisce. La conseguente disfagia si fa netta ed inequivocabile in tutti i diverticoli di<br />

media grandezza, e, anche se variabile e, magari, intermittente, in funzione della<br />

corposità dei cibi ingeriti, essa tende a farsi sempre più fastidiosa, talvolta addirittura<br />

costante a costanza dei caratteri degli alimenti assunti, spesso elettiva per i cibi solidi,<br />

specie se presi a grossi bocconi, come quando si mangia avendo fretta e buon appetito.<br />

In seguito le sensazioni fastidiose diventano più gravi. Il malato non a spiegarsi bene e<br />

parla di alimenti che non passano (ma, allora, dove va quello che il malato mangia?), di<br />

un senso di tensione al collo, dovuta agli alimenti che si accumulano in gran parte nel<br />

diverticolo*.<br />

Ad un certo punto, i disturbi della deglutizione, con l’ulteriore accrescersi del diver-<br />

___________<br />

*Il medico che esercita in Somalia, se vuole interpretare e valutare correttamente il racconto<br />

anamnestico che gli viene fatto, deve sempre informarsi in dettaglio circa gli usi alimentari del<br />

suo paziente, ricordandosi che i nomadi, al minimo disturbo disfagico, passano sistematicamente<br />

ad una alimentazione esclusivamente liquida, a base di latte di cammello!<br />

11


ticolo, si aggravano rapidamente. Il malato mangia con un’estrema lentezza, ricorre a<br />

artifici e posizioni curiose per riuscire a deglutire, inclinando la testa in avanti, indietro<br />

o di lato e variamente manipolandosi il collo; incomincia ad avere episodi di ruminazione<br />

e riferisce di trovarsi in bocca sempre più spesso alimenti indigeriti assunti tempo<br />

prima (alimenti, cioè, rigurgitati dal diverticolo dove erano finiti). L’aria che gorgoglia<br />

nella sacca diverticolare insieme con il cibo provoca il fenomeno della deglutizione<br />

rumorosa. Il rigurgito è costante ed avviene in posizioni particolari, che variano da<br />

individuo a individuo, ciò che si spiega col fatto che l’allineamento fra diverticolo,<br />

colletto e lume viscerale più adatto alla fuoriuscita degli alimenti si ha solo in posizioni<br />

critiche, che variano da individuo a individuo a seconda della forma del diverticolo e del<br />

suo colletto.<br />

Durante il sonno, materiale rigurgitato può refluire nelle vie respiratorie e provocare<br />

complicanze settiche bronco-polmonari.<br />

Data la sua sede profonda, il diverticolo, come tale, è raramente palpabile, a meno<br />

che non sia veramente grosso. Comunque, a testa in iperestensione, un diverticolo di<br />

discrete dimensioni può manifestarsi nella fossa sopraclavicolare, a sinistra più spesso<br />

che a destra, come una tumefazione variabile, a seconda del suo stato di riempimento e<br />

che non bisogna prendere, erroneamente, per un gozzo!<br />

Man mano che la disfagia si aggrava, l’alimentazione diviene sempre più penosa e<br />

difficile e il paziente decade fino a gradi vari di emaciazione.<br />

Se è vero che l’esame radiografico è essenziale per la diagnosi, è altrettanto vero che<br />

un esame radiografico mal eseguito allontanerà nel tempo il riconoscimento della<br />

malattia, se questa viene, erroneamente, esclusa. Per evitare una tale evenienza, particolarmente<br />

lavorando dove non c’è un vero specialista radiologo, bisogna assicurarsi<br />

che l’esame non sia eseguito nella sola posizione classica di paziente e raggio centrale,<br />

ma in varie posizioni del malato e con varie incidenze del raggio centrale, ma, comunque,<br />

sempre in proiezione antero-posteriore, laterale e oblique, con malato digiuno, cioè<br />

con diverticolo il più possibile vuoto, tenendo sempre presente che la diagnosi radiologica,<br />

se può essere facile in alcuni casi, in altri può essere assai difficile. Ciò significa<br />

che, se c’è un fondato sospetto clinico, si deve fare in modo che il radiologo cerchi il<br />

diverticolo, se questo non compare nei radiogrammi standard.<br />

L’esofagoscopia per un diverticolo di Zenker può essere utile in caso di seri dubbi<br />

diagnostici e, se si decide di farla, bisogna sempre tenere presente il grosso rischio che<br />

si può correre di perforare la sottile parete diverticolare.<br />

L’esofagoscopia è invece obbligatoria nel caso di una localizzazione nell’esofago<br />

distale allo scopo di escludere un eventuale cancro esofageo al disotto del diverticolo.<br />

La terapia di questa malattia è chirurgica e consiste nella resezione del diverticolo.<br />

Si tratta di una operazione non traumatizzante, che deve essere consigliata anche ad<br />

individui fortemente defedati, ma che va eseguita in ospedale attrezzato e da un chirurgo<br />

competente, ma che, per nessuna ragione, va azzardata in un ospedale non attrezzato.<br />

Data la prognosi cattiva che ha questa malattia, se abbandonata a se stessa, l’operazione,<br />

anche se per solito d’elezione e quasi mai d’urgenza, non va procrastinata a<br />

lungo e non si deve far giungere la malattia ai suoi estremi stadi di sviluppo. Infatti, a<br />

parte le conseguenze sull’alimentazione, esiste sempre la possibilità che si avverino<br />

complicanze potenzialmente anche assai gravi, con formazione di un flemmone periesofageo,<br />

in caso di perforazione, o dell’altrettanto grave fistola esofago-tracheale.<br />

Le complicanze respiratorie di cui abbiamo già parlato possono portare alla<br />

formazione di un ascesso polmonare, specie a destra, data la maggiore facilità con cui i<br />

residui alimentari rigurgitati finiscano nel bronco destro.<br />

12


DIVERTICOLI DELL’ESOFAGO TORACICO<br />

Sono assai meno frequenti delle altre forme di diverticoli esofagei e costituiscono un<br />

gruppo non omogeneo perché diverse ne sono le caratteristiche a seconda della<br />

localizzazione nella porzione superiore o in quella distale dell’esofago toracico.<br />

I diverticoli della porzione superiore dell’esofago toracico sono detti diverticoli<br />

epibronchiali.<br />

È noto che l’esofago, nella porzione superiore del torace, decorre in mezzo ad un<br />

denso sistema di linfonodi, che possono essere preda di infiammazioni sa banali, sia<br />

specifiche (tubercolosi). Un linfonodo infiammato al massimo del suo turgore<br />

infiammatorio, può aderire alla parete esofagea e trazionarla con la riduzione delle sue<br />

dimensioni dovuto all’esaurirsi dell’infiammazione ed alla concomitante retrazione sclerotica,<br />

combinata con i movimenti respiratori. Col che si determina un’estroflessione<br />

della parete dell’esofago e la formazione di un tipico diverticolo da trazione.<br />

Può anche accadere che un linfonodo infiammato, dopo aver contratto solide<br />

aderenze con la parete esofagea, si colliqui e si svuoti nel lume esofageo tramite fistola.<br />

In seguito, a malattia del linfonodo esauritasi, può avvenire una secondaria epitelializzazione<br />

del tramite fistoloso comunicante col lume esofageo che diviene così un<br />

diverticolo da fistolizzazione.<br />

Questi processi patologici abbisognano di tempo per avverarsi e ciò spiega perché<br />

queste malattie sono veramente eccezionali nell’infanzia e si osservano soprattutto<br />

nell’età adulta.<br />

La loro sede preferita è quella dove più abbondane è la rete di linfonodi a contatto<br />

con l’esofago, di linfonodi, cioè, che, drenando i polmoni, più facilmente divengono<br />

preda dell’infezione tubercolare. Parliamo dei linfonodi della biforcazione tracheobronchiale,<br />

i pretracheobronchiali subito al di sopra ed i linfonodi carinali.<br />

Le dimensioni di questi diverticoli sono sempre limitati, sia per la brevità della<br />

distanza fra linfonodi responsabili e parete esofagea, sia probabilmente perché il<br />

contingente di tessuto fibroso-cicatriziale costituisce un’impalcatura che resiste ad<br />

eventuali spinte pressorie provenienti dal lume esofageo, opponendosi così ad ogni<br />

forma ogni accrescimento secondario da pulsione. Questi diverticoli, infatti, superano<br />

raramente le dimensioni di una noce , al massimo, di un uovo di gallina.<br />

Per ovvie ragioni patogenetiche ed anatomiche il decorso di questi diverticoli è,<br />

prevalentemente, orizzontale, magari leggermente ascendente o discendente. La loro<br />

sommità è sempre aderente a un linfonodo, talvolta anche alla trachea o a un bronco, e si<br />

distaccano dalla parete esofagea antero-laterale, destra o sinistra, raramente dal versante<br />

posteriore di quest’organo. La loro parete può ripetere l’intera struttura parietale dell’esofago<br />

o essere costituita da sola mucosa.<br />

Molti di questi diverticoli rimangono ignorati per tutta la vita, altri vengono evidenziati<br />

da una suppurazione bronco-polmonare che si rivela essere stata provocata<br />

dalla fistolizzazione del diverticolo nell’albero bronchiale (tosse soffocante scatenata<br />

dall’ingestione di alimenti, specialmente se liquidi, formazione di ascessi polmonari).<br />

Altre volte una disfagia intermittente, dolorosa, con senso di arresto dei cibi<br />

all’altezza dell’estremità distale dello sterno è tutto quello che il paziente accusa. Questi<br />

disturbi possono essere trascurabili, ma possono essere anche molto gravi, con forti<br />

dolori al passaggio degli alimenti e possono essere riferiti dai pazienti come dorsali,<br />

interscapolari, precordiali con irradiazione alla spalla, specie sinistra (per cui, una volta<br />

escluso che sia in atto una crisi coronarica, bisogna pensare a questa famiglia di<br />

affezioni).<br />

La diagnosi di certezza verrà permessa dall’esame radiografico, con uno studio<br />

dell’esofago eseguito a paziente coricato, magari anche con bacino rialzato ed usando<br />

13


varie proiezioni, se possibile con controllo in scopia. L’esame richiede una notevole<br />

accuratezza perché, trattandosi di piccoli diverticoli, per di più, ad asse orizzontale o<br />

quasi, possono facilmente sfuggire ad un esame fatto in piedi.<br />

Mezzi di contrasto speciali (per esempio, Gastrografin idrosolubile, Lipiodol oleoso)<br />

saranno usati quando si sospetta una fistolizzazione per evidenziare un’eventuale<br />

connessione con l’albero bronchiale.<br />

È importante che il radiologo studi con cura anche l’apparato respiratorio, alla<br />

ricerca di una tubercolosi polmonare in atto o passata, degli esiti di una pleurite o di una<br />

mediastinite che possano aver dato origine all’adenite responsabile della genesi iniziale<br />

del diverticolo e si insospettisca se non trova alcuno di questi reperti, e si ricordi sia che<br />

la regione esofagea aortico-bronchiale è una sede frequente di cancro dell’esofago e sia<br />

che il cancro può coesistere con un diverticolo.<br />

La possibilità che non ci si accorga della coesistenza di un cancro rende sempre altamente<br />

consigliabile di concludere lo studio di questi malati con un’accurata esofagoscopia<br />

integrativa.<br />

La terapia di queste affezioni è chirurgica e consiste nell’asportazione del diverticolo<br />

nei casi semplici, mentre occorrerà anche una bonifica della fistola esofagobronchiale,<br />

magari seguita da una lobectomia, nei casi più complessi e complicati da<br />

severa sepsi polmonare.<br />

Verranno invece tenuti sotto continua osservazione i piccoli diverticoli non<br />

complicati e con scarsa o inesistente sintomatologia.<br />

Nel terzo inferiore dell’esofago hanno invece sede i diverticoli epifrenici.<br />

Questi diverticoli sono sempre da pulsione e riconoscono, come i faringo-esofagei,<br />

una genesi da incoordinazione motoria e complicano, talvolta, il quadro di un megaesofago<br />

da acalasia cardioesofagea, malattia che sarà descritta in seguito.<br />

Mentre i diverticoli faringo-esofagei si estrinsecano per lo più, verso sinistra, i<br />

diverticoli epifrenici si sviluppano a preferenza sulla destra dell’esofago. Essi sono<br />

costituiti da un’estroflessione della mucosa attraverso una lacuna muscolare, rinforzata<br />

da un manto di tessuto connettivo-fibroso più o meno spesso. In qualche caso questi<br />

diverticoli sono formati da una evaginazione della totalità della parete esofagea.<br />

Possono acquisire anche dimensioni considerevoli, determinando disturbi diversi:<br />

disfagia, senso di ripienezza esofagea, rigurgitazioni talora anche fetide, bruciore retrosternale,<br />

singhiozzo e, talora, accessi di tosse. Questi segni possono essere variamente<br />

associati, sono capricciosi possono cessare rapidamente se il malato assume posizioni<br />

particolari, da lui casualmente scoperta, posizioni che, evidentemente, favoriscono lo<br />

svuotamento della sacca diverticolare. Quando però la sacca assume dimensioni<br />

importanti e il fondo del diverticolo si abbassa per gravità verso il diaframma,<br />

allontanandosi assai dal colletto, il ristagno del bolo alimentare nel sacco diverticolare<br />

aggrava notevolmente la sintomatologia: il dolore scatenato dai pasti si placa solo con<br />

un rigurgito liberatore che può essere fetido, se il materiale è stato a lungo tempo nel<br />

diverticolo.<br />

Con l’aumentare del fenomeno del ristagno, diventano sempre più probabili<br />

complicanze settiche che possono anche essere gravissime: infezione del diverticolo<br />

aggravata dalla presenza di materiale alimentare putrefatto o fermentato, perforazione<br />

del diverticolo con mediastinite purulenta o fistolizzazione nelle vie respiratorie, nel<br />

cavo pleurico, ma anche nel pericardio e, anche se raramente, perfino nei grandi vasi<br />

mediastinici (ciò che, ovviamente, risulta immediatamente mortale).<br />

La diagnosi di queste affezioni è radiologica.<br />

14


Nei grandi diverticoli con livello idroaereo, il radiologo dovrà allargare la sua<br />

indagine anche allo stomaco, allo scopo di escludere un’ernia diaframmatica con lo<br />

stomaco dislocato nel torace.<br />

Nei piccoli diverticoli epifrenici, l’esame, se non mette alcunchè in evidenza, va<br />

continuato a paziente in varie posizioni di decubito, fino a fare imbroccare al mezzo di<br />

contrasto la via del colletto e così sorprendere il diverticolo, che altrimenti, con un<br />

esame superficiale e frettoloso, correrebbe il rischio di rimanere nascosto.<br />

La prognosi di questa malattia è severa. Se, infatti, alcuni diverticoli epifrenici sono<br />

ben tollerati per tutta la vita senza apprezzabili conseguenze sullo stato generale di<br />

salute del malato, ve ne sono alcuni che influiscono fortemente sulle condizioni fisiche<br />

degli infermi, impedendo una regolare alimentazione e mettendo la vita a rischio per le<br />

gravi complicanze infiammatorie polmonari (ascesso polmonare), pleuriche (empiema),<br />

mediastiniche (mediastinite), eccetera. Va inoltre ricordata anche la possibile insorgenza<br />

di un cancro nel diverticolo.<br />

Per queste ragioni, si consiglierà sempre l’asportazione chirurgica precoce di questi<br />

diverticoli e si insisterà col malato quando l’aggravarsi dei sintomi denuncerà un<br />

ingrandirsi progressivo del diverticolo e l’ineluttabile avvicinarsi delle complicazioni.<br />

Un utile sintomo guida sarà, a questo proposito, il rigurgito.<br />

La cura chirurgica sarà la totale dissezione ed asportazione della sacca diverticolare<br />

diverticolare per via toracotomia transpleurica.<br />

La prognosi dopo l’operazione è favorevole.<br />

15


ACALASIA CARDIO-ESOFAGEA (c. d. CARDIOSPASMO). MEGAESOFAGO<br />

Con questa denominazione, viene indicata una sindrome da turbata motilità della<br />

porzione distale dell’esofago e del cardias, in cui l’assenza dei movimenti peristaltici<br />

esofagei ed il mancato rilasciamento del cardias al passaggio del bolo alimentare determina,<br />

dapprima, un’ipertrofizzazione della muscolatura della parete esofagea con estasia<br />

dell’esofago e successivo. ingravescente sfiancamento della parete del viscere, che<br />

finisce con l’assumere forme di grottesche. Proprio a causa di questo notevole in grandimento<br />

con cui l’esofago si presentava alla loro osservazione, gli Autori parlavano in<br />

passato di megaesofago.<br />

Nel tentativo di spiegare i meccanismi di formazione di tale alterazione, la malattia<br />

venne pure chiamata cardiospasmo, nella erronea supposizione che alla base dello<br />

sfiancamento dell’esofago ci fosse uno spasmo del cardias, contro cui la muscolatura<br />

esofagea dovesse lottare e, quindi, si ipertrofizzasse per poi sfiancarsi.<br />

Il nome di cardiospasmo va tenuto presente nella memoria perché ancora oggi esso<br />

viene usato da molti, non più come termine che vuole spiegare la patogenesi della<br />

malattia, ma come denominazione storica e tradizionale, ormai stabilitasi nell’uso comune.<br />

Quindi, è soltanto a questo patto che si può continuare ad usare questo termine,<br />

purchè si tenga presente che di spasmo, nella genesi della malattia, ce n’è ben poco,<br />

come è dimostrato dalla facilità con cui è possibile far scendere sonde e tubi d’ogni<br />

calibro nello stomaco, senza incontrare la benché minima resistenza.<br />

Ma allora, come stanno effettivamente le cose?<br />

Secondo i dati più recentemente emersi da studi funzionali sul comportamento della<br />

pressione endoesofagea (esofagomanometria) e Röntgen-cinematografici, l’ostacolo al<br />

progredire del bolo alimentare dall’esofago allo stomaco non è dovuto ad uno spasmo,<br />

ma ad una incapacità del segmento esofageo cardiale ad aprirsi per permettere il<br />

passaggio del bolo alimentare. Verrebbe cioè a mancare il riflesso di apertura del<br />

cardias, per cui, la moderna denominazione della malattia, espressiva di queste nuove<br />

vedute è quella di acalasia cardio-esofagea.<br />

Aver deciso di usare una definizione più corretta da un punto di vista patogenetico,<br />

non significa però che abbiamo chiarito esaurientemente tutti i meccanismi della<br />

malattia. Allo stato attuale delle nostre conoscenze, abbiamo visto che il sistema<br />

valvolare del cardias non si apre, ma non sappiamo perché e non sappiamo bene che<br />

altro succede.<br />

Abbiamo già detto che è di comune osservazione il fatto peculiare che, in questa<br />

malattia dell’esofago, è sempre facile passare sonde nello stomaco, un fatto che non<br />

sarebbe possibile se la porzione cardiale dell’esofago fosse serrata da uno spasmo.<br />

Esami radiografici seriati e, ancora meglio sequenze Röntgen-cinematografiche, hanno<br />

chiaramente evidenziato che le onde peristaltiche che accompagnano il bolo alimentare<br />

attraverso la faringe in questi pazienti si esauriscono nel tratto iniziale dell’esofago e, a<br />

ulteriore differenza rispetto alla normalità, nei tratti sottostanti, compaiono, a diversi<br />

livelli, piccole, inefficienti, incoordinate, irregolari onde, che rivelano la loro futilità,<br />

mostrandosi incapaci di progredire verso il cardias. La parete esofagea può talvolta<br />

ospitare contrazioni di tipo clonico, che riducono magari il diametro esofageo locale, ma<br />

senza che mai si esplichi un’azione coordinata e finalizzata a far progredire il bolo<br />

alimentare verso lo stomaco.<br />

Questi fenomeni suggeriscono chiaramente un difetto dell’innervazione intrinseca<br />

dell’organo e, in effetti, l’istologia ha chiaramente dimostrato la presenza nella parete<br />

dei megaesofagi delle gravi alterazioni regressive dei plessi intramurali di Auerbach,<br />

che ricordano suggestivamente quelle presenti nel megacolon idiopatico, una<br />

16


interessante malattia che studieremo suo tempo con le malattie chirurgiche del grosso<br />

intestino.<br />

Purtroppo, ci è ignota la causa e la natura di questo processo degenerativo che atrofizza<br />

le cellule gangliari simpatiche presenti nel contesto delle tuniche muscolari esofagee,<br />

anche se conosciamo almeno una forma di megaesofago sintomatico, in cui è<br />

l’effetto della tossina del tripanosoma cruzi che distrugge i plessi intramurali di organi<br />

cavi, compreso il cuore (malattia di Chagas). Questa malattia, per fortuna, non è presente<br />

nel continente africano, ma solo in certe regioni del Sud America e, pertanto, non<br />

ce ne occupiamo.<br />

La riprova fisio-patologica dell’importanza di questa degenerazione nervosa nella<br />

patogenesi del megaesofago si ha nella constatazione che farmaci colinergici (come la<br />

neostigmina e la metilcolina) in dosi normalmente incapaci di influire sulla contrattilità<br />

di un esofago normale, sono invece capaci di provocare in un megaesofago una contrattura<br />

tanto massiva da occludere il lume del viscere. Esiste, cioè, nel megaesofago una<br />

netta ipersensibilità della muscolatura parietale esofagea ai farmaci simpaticomimetici o<br />

colinergici, per chi preferisce quest’altro aggettivo.<br />

Come interpretare questo fenomeno?<br />

Dalla fisiologia e dalla farmacologia sperimentale, ci è nota la cosiddetta legge della<br />

denervazione, secondo cui, un effettore autonomo denervato diviene ipersensibile<br />

all’azione dei mediatori chimici, specialmente se la denervazione è dovuta all’interruzione<br />

delle fibre post-gangliari. Ora, se, come abbiamo visto, la denervazione tende a<br />

rendere ipersensibili gli effettori autonomi ai mediatori chimici, specialmente se la<br />

denervazione è dovuta all’interruzione delle fibre post-gangliari. Ora, e, come abbiamo<br />

detto, la denervazione rende ipersensibili gli effettori autonomi all’effetto dei mediatori<br />

chimici e se nel megaesfago tali effettori risultano ipersensibili ai farmaci simpaticomimetici,<br />

ciò deve evidentemente indicare che, in questa affezione, esiste quasi<br />

sicuramente una disfunzione neurogena per difetto di innervazione vagale.<br />

Pertanto, la proposizione riassuntiva di quanto detto fino ad ora, da fissarsi nella<br />

memoria, è che, nell’acalasia cardio-esofagea, la mancata apertura del cardias<br />

costituisce la fase finale di un complesso disordine della deglutizione, dovuto ad un<br />

progressivo deterioramento dell’innervazione vagale intrinseca della tunica<br />

muscolare esofagea, istologicamente dimostrata dall’atrofia dei plessi intramurali<br />

esofagei, responsabile di un’ingravescente incapacità di propagazione delle onde<br />

peristaltiche lungo l’esofago, con una comparsa di contrazioni incoordinate e<br />

segmentarie di tipo clonico e con la mancata apertura riflessa tempestiva<br />

dell’orificio cardiale, a differenza di quello che, invece, avviene in un esofago<br />

normale all’arrivo in basso del bolo alimentare, ivi trasportato dalla normale<br />

peristalsi esofagea.<br />

Questa affezione, variamente denominata nel passato e tuttora chiamata da qualcuno<br />

cardiospasmo, va oggi preferibilmente definita come acalasia cardio-esofagea.<br />

Nell’anatomia patologica di questa lesione l’elemento macroscopico fondamentale è<br />

la dilatazione dell’esofago, che può essere notevole. Questa dilatazione non è uniforme,<br />

ma cessa proprio al livello in cui si inizia l’incapacità delle tuniche muscolari esofagee a<br />

rilasciarsi. Questa porzione di esofago non dilatato può avere un’estensione variabile,<br />

che, però, non supera mai gli 8 centimetri, pur essendo con maggiore frequenza assai<br />

più corta.<br />

La dilatazione, particolarmente evidente subito al di sopra del tratto di dimensione<br />

normale e non dilatato, si estende variamente verso l’alto, raggiungendo perfino, in certi<br />

casi, l’esofago cervicale. Il viscere si allunga, perde tono e assume dimensioni ed aspetti<br />

talora grotteschi.<br />

17


Le fibre muscolari sono tanto più ipertrofiche, quanto più la malattia avanza, fino al<br />

punto in cui, però, come avviene nelle forme più antiche, si instaura un secondario<br />

assottigliamento della parete, forse da ischemia relativa.<br />

La mucosa presenta alterazioni distrofiche e flogistiche legate al cronico ristagno e<br />

all’imputridimento degli alimenti. Si possono quindi trovare erosioni insieme con vere e<br />

proprie ulcerazioni. Col tempo, lo stimolo cronico irritativo a danno della mucosa può<br />

determinare metaplasie, nel cui contesto si può talvolta sviluppare un carcinoma, che,<br />

vista la sua indubbia maggiore frequenza statistica, è stato chiamato carcinoma nel<br />

megaesofago.<br />

Da un punto di vista clinico e diagnostico, va detto che la malattia sembra più<br />

frequente nella donna che nell’uomo, che si può manifestare a qualsiasi età, compresa<br />

l’infanzia, pur prediligendo un’età compresa fra i 30 e i 50 anni.<br />

Il sintomo che comincia a catturare l’attenzione è la difficoltà a deglutire che i<br />

pazienti descrivono come una soggettiva sensazione di arresto del cibo dietro la parte<br />

inferiore dello sterno.<br />

Possono coesistere intermittenti dolori retrosternali ed epigastrici alti.<br />

Questi disturbi si aggravano gradualmente nel corso di mesi, magari anche di anni,<br />

finchè si arriva al rigurgito di cibi masticati e precedentemente ingeriti, riconoscibili<br />

come tali e sempre privi di acido cloridrico, perché mai arrivati nello stomaco.<br />

Il rigurgito è facilitato dal decubito orizzontale, può avvenire anche nel sonno, può<br />

essere parzialmente aspirato nell’albero bronchiale con le conseguenti complicazioni<br />

settiche bronco-polmonari di cui abbiamo già parlato sotto forma di bronchiti e<br />

broncopolmoniti recidivanti ab ingestis, ascessi polmonari, magari anche empiemi<br />

pleurici.<br />

L’aggravarsi della disfagia riduce pian piano le possibilità di alimentazione del<br />

paziente per cui il quadro si complica con un progressivo dimagrimento e peggioramento<br />

delle condizioni generali, che sempre di più riducono le capacità di difesa<br />

dell’organismo contro le complicanze settiche ed accentuano il fenomeno del rigurgito<br />

in pazienti incapaci di lasciare il letto.<br />

Più o meno lo stesso avviene nei bambini, solo che questi non sanno descrivere al<br />

medico la natura del loro malanno, per cui, in questi casi, la presenza di accessi di tosse<br />

notturna (provocati dall’inondazione dell’albero bronchiale da parte del cibo rigurgitato)<br />

e la presenza di saliva o cibo rigurgitato sul cuscino (segno del cuscino bagnato) sono<br />

segni che debbono bastare ad indirizzare i sospetti del medico nella giusta direzione e<br />

indicare ulteriori indagini.<br />

Radiologicamente si impone l’ectasia, che cessa bruscamente in un sottile filo<br />

opaco, con l’aspetto che i radiologi hanno suggestivamente chiamato “a coda di topo”.<br />

L’elongazione fa assumere all’esofago l’aspetto radiologico definito “a calzetta”.<br />

È importante distinguere questa malattia dagli esiti di stenosi post-ulcerative o<br />

neoplastiche del giunto esofago-cardiale, per cui, oltre alla radiologia, l’endoscopia<br />

prudentemente applicata può essere di grande aiuto diagnostico (attenti a non osservare<br />

o, peggio, curare per lungo tempo un’acalasia esofago-cardiale senza accorgersi della<br />

presenza di un cancro e farlo diventare, nel frattempo, inoperabile!).<br />

Per la terapia dell’affezione, occorre dire, prima di tutto, che le dilatazioni<br />

strumentali sono state, praticamente, abbandonate da tutti, perché incapaci di curare la<br />

malattia, anche se, in linea di principio, è vero che queste procedure possono causare<br />

brevi remissioni della sintomatologia soggettiva e che, opportunamente ripetute,<br />

consentono una certa quale confortevole sopravvivenza nei tempi brevi. Questa<br />

metodica va appresa come soluzione provvisoria, per quando vi troverete a lavorare<br />

senza avere a portata di mano un ospedale con un servizio chirurgico adeguato alla<br />

bisogna e per ragioni contingenti vi è impossibile l’invio immediato del malato in un<br />

18


ospedale attrezzato, come, per esempio, quando le strade sono impassabili durante una<br />

stagione di grandi piogge particolarmente violente. È possibile , in caso di necessità<br />

effettuare una tale dilatazione usando una sonda a doppio pallone di Sengstaken-<br />

Blackmore (figura 12), introdotta nello stomaco e gonfiando solo il pallone superiore.<br />

Questa procedura è abbastanza facile se si ricorda quello che abbiamo già detto, che, in<br />

questa malattia, l’introduzione nello stomaco di sonde anche di calibro notevole è<br />

sempre facile. Questa caratteristica dell’affezione può essere facilmente sfruttata per<br />

nutrire pazienti altrimenti incapaci di mangiare a sufficienza, nell’attesa di poterli<br />

inviare al chirurgo. Al limite, è possibile fornire al paziente una sonda adatta ed insegnargli<br />

ad usarla da sé, consigliandogli una dieta semiliquida, ma completa, una cosa<br />

che abbiamo fatta altre volte, in malati defedati da ingrassare un po’ prima dell’intervento<br />

risolutivo.<br />

E, finalmente, possiamo parlare della terapia chirurgica necessaria che, se fatta<br />

correttamente, è risolutiva!<br />

L’intervento preferito un po’ da tutti i chirurghi è la cosiddetta cardiomiotomia<br />

extramucosa secondo Heller, operazione che consiste nella sezione longitudinale di<br />

tutta la muscolatura circolare esofago-cardiale, fino a vedere la mucosa erniarsi<br />

liberamente lungo tutta l’incisione. Questa incisione va estesa prossimamente fino a<br />

superare sicuramente il limite prossimale del tratto esofageo non dilatato e va prolungata<br />

distalmente lungo lo stomaco fino a interessare le fibre della cosiddetta cravatta di<br />

Helvetius.<br />

La maggior parte dei chirurghi concludono così l’intervento, che può essere eseguito<br />

sia per via laparotomia, sia, ma solo in casi speciali, per via toracotomia, per lo più,<br />

sinistra. Diversi malati, liberati mediante questo intervento dalla tortura dell’acalasia,<br />

sono poi disturbati dal reflusso nell’esofago di materiale gastrico acido. Questo<br />

fenomeno risulta più facile a verificarsi nei casi in cui l’angolo cardio-tuberositario di<br />

His è eccessivamente aperto.<br />

Per evitare questo disturbo (che studieremo dettagliatamente in seguito) molti<br />

chirurghi - e noi fra questi - usano concludere sistematicamente l’operazione di Heller<br />

con una fundoplicatio secondo Nissen-Rossetti (operazione che descriveremo in<br />

dettaglio quando studieremo il reflusso gastro-esofageo), procedura che con un atto<br />

semplice, rapido e razionale, costruisce un efficace meccanismo valvolare per impedire<br />

la risalita di contenuto gastrico acido nell’esofago e che, oltre tutto, toglie ogni<br />

potenziale rischio alla riparazione di un’accidentale perforazione della mucosa durante<br />

l’esecuzione della cardiomiotomia secondo Heller.<br />

Purtroppo, qualche rara volta, la cardiomiotomia non risulta sufficiente ed efficace,<br />

quando esistono gravi alterazioni sclero-cicatriziali secondarie e, in questi casi, si sarà<br />

costretti a ricorrere a procedure plastiche più complesse.<br />

Per il giudizio sui risultati post-operatori, il dato più importante a cui rifarsi è<br />

l’osservazione clinica e, soprattutto, le dichiarazioni del malato. Non è infatti raro che,<br />

al cessare completo della sintomatologia acalasica, non corrisponda, almeno in un primo<br />

momento, un quadro radiologico altrettanto radicalmente mutato.<br />

È inutile la somministrazione di farmaci ai portatori di acalasia esofago-cardiale<br />

perché nessuno dei farmaci a nostra disposizione influenza in modo soddisfacente<br />

questa malattia.<br />

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DISCINESIE DELL’ESOFAGO<br />

La funzione peculiare e caratteristica dell’esofago è il trasporto dei cibi dalla faringe<br />

nello stomaco.<br />

I cibi, spinti verso il basso dalla contrazione del muscolo costrittore faringeo inferiore,<br />

a muscolo crico-faringeo rilasciato, vengono proiettati nel lume esofageo e da qui,<br />

un po’ per gravità (nella posizione eretta), ma anche e soprattutto per peristalsi, proseguono<br />

la loro traiettoria verso lo stomaco.<br />

Le onde peristaltiche vengono evocate da un riflesso a partenza dalla faringe, con<br />

centro nel bulbo e via afferente vagale. L’onda peristaltica, finalizzata e coordinata dal<br />

vago, percorre l’intera lunghezza del viscere in circa 6 secondi.<br />

In sede epifrenica, il bolo alimentare trova, in condizioni normali, il cardias chiuso e<br />

si arresta per il brevissimo tempo necessario all’apertura riflessa e attiva dello sfintere<br />

cardiale.<br />

I meccanismi della contenzione cardiale sono dati dall’azione della muscolatura<br />

esofagea, dalla forma dell’angolo esofago-tuberositario o cardio-fundale di His (formato<br />

da esofago e fondo gastrico), che viene accentuato con la contrazione della muscolatura<br />

parietale e con l’aumento della pressione endogastrica. In senso stretto, quindi, la<br />

contenzione del giunto gastro-esofageo non è data dalla presenza e dall’azione di un<br />

vero e proprio sfintere anatomico, ma, più propriamente, da un complesso meccanismo<br />

in cui più fattori cooperano e interagiscono al fine di evitare che i succhi gastrici<br />

refluiscano verso l’alto, spinti dalla pressione endogastrica o dalla gravità (in certe<br />

posizioni del corpo, cioè a testa in giù). Per queste ragioni, l’espressione che abbiamo<br />

già usata e che continueremo ad usare anche in seguito di sfintere cardiale è impropria e<br />

va considerata come un modo abbreviato per indicare non un organo, ma una funzione.<br />

È chiaro che una funzione in cui interagiscono tanti e tanto sottilmente equilibrati<br />

riflessi, come avviene nella deglutizione, può essere variamente disturbata ove si<br />

vengano a verificare errori di comunicazione nelle sinergie neurovegetative, capaci di<br />

starare il fisiologico equilibrio funzionale necessario alla funzione. In questi casi usiamo<br />

la parola discinesia, termine che significa erronea motilità.<br />

Le discinesie esofagee sono cioè turbe funzionali legate a variazioni in più - iper - o<br />

in meno - ipo - del tono muscolare esofago-cardiale. Esse possono essere dovute a cause<br />

che possono sfuggire ad un’esatta valutazione, quali fattori endocrino-costituzionali<br />

(con situazioni che raggiungono o superano appena i limiti estremi della normale<br />

variabilità individuale), fattori momentanei magari di natura meramente emozionale,<br />

edemi allergici o da disvitaminosi localizzati alla mucosa esofagea, fenomeni scatenati<br />

da processi morbosi dello stomaco, del duodeno, delle vie biliari, dell’appendice, dei<br />

reni o dei genitali femminili interni, in via riflessa. È ben possibile che le stesse alterazioni<br />

anatomo-patologiche che, localizzate nel tratto para-diaframmatico dell’esofago,<br />

provocano l’acalasia esofago-cardiale possano provocare fenomeni discinetici diversi,<br />

ove si localizzino in altre sezioni dell’esofago,.<br />

L’ipotonia cardiale fa diminuire l’efficacia della funzione valvolare del cardias, per<br />

cui, con aumenti della pressione endogastrica, si avranno facili eruttazioni, rigurgiti di<br />

contenuto gastrico, pirosi, alitosi (cattivo odore dell’alito), lingua impastata al mattino,<br />

eventualmente accessi di tosse quando del succo acido riesce a passare nelle vie aeree.<br />

L’ipertonia cardiale è causa, invece, dell’imprigionamento di masse d’aria (aerofagia<br />

chiusa), senso di tensione epigastrica o retrosternale, che talvolta causa una<br />

semplice molestia, altre volte franco dolore. Altri segni possono essere il singhiozzo ed<br />

eruttazioni liberatrici improvvise e rumorose. Raramente si hanno gravi conseguenze<br />

riflesse, con crisi asmatiche, episodi di edema polmonare acuto, crisi anginoidi. Altri<br />

20


fenomeni riflessi legati più direttamente con l’aerofagia chiusa possono consistere in<br />

crisi di aritmie extrasistoliche, incubi notturni, anoressia.<br />

Questi disturbi sono difficile da diagnosticare e classificare, perché richiedono<br />

indagini manometriche, endoscopiche, e radiografiche estremamente meticolose e<br />

raffinate.<br />

La terapia delle discinesie esofagee consisterà nella bonifica delle lesioni endoaddominali<br />

lontane, nel trattamento degli stati allergici e delle ipovitaminosi e, infine, in<br />

provvedimenti sintomatici.<br />

Nelle forme ipotoniche, gioverà l’assunzione di pasti piccoli e frequenti, nonché la<br />

somministrazione di acido cloridrico officinale (da 20 a 40 gocce subito dopo i pasti<br />

principali, da aspirarsi con cannuccia di vetro per non intaccare i denti, oppure con l’uso<br />

di preparati del commercio tipo Acidol-Pepsina (da 2 a 4 compresse ai pasti principali e<br />

dose dimezzata per i bambini).<br />

Nelle forme ipertoniche, si daranno farmaci alcalinizzanti e belladonna (per esempio<br />

Neutralon con Belladonna o un altro qualsiasi dei numerosi preparati disponibili in<br />

farmacia.<br />

21


MALFORMAZIONI DELL’ESOFAGO<br />

RICORDI EMBROLOGICI<br />

Alla fine del primo mese di vita embrionale, il tubo digerente è rappresentato da una<br />

doccia ventrale estesa dall’estremità cefalica a quella caudale, aperta verso la cavità<br />

dell’uovo. Questa doccia si trasforma poi in un tubo in cui distinguiamo un segmento<br />

superiore o cefalico, in un segmento medio o addominale e in un segmento inferiore<br />

terminale.<br />

Dal segmento superiore deriveranno per prime le due coppie faringe ed esofago,<br />

laringe e trachea, seguite poi, per gemmazione diverticolare, dai polmoni, con una<br />

separazione della linea degli organi digestivi dagli organi respiratori, pur conservando le<br />

due linee la faringe in comune.<br />

All’inizio, l’esofago è cortissimo e si allungherà man mano che si sviluppa il collo,<br />

la gabbia toracica e i polmoni. In seguito, seguendo lo stomaco, esso subirà una<br />

rotazione sul suo asse longitudinale, per cui, in basso, il vago di sinistra diventerà<br />

anteriore e quello di destra diventerà posteriore.<br />

È comprensibile che le eventuali malformazioni saranno differenti a seconda del<br />

momento evolutivo in cui si sarà determinato l’errore di sviluppo. Si verranno così a<br />

determinare malformazioni compatibili o no con la vita, le più gravi essendo l’atresia<br />

(assenza del lume esofageo), del tutto incompatibile con la vita senza un’urgente<br />

correzione chirurgica, o altre forme compatibili con la vita e più semplici da curarsi,<br />

come restringimenti congeniti e raccorciamenti dell’organo.<br />

Questa prima, grossolana distinzione fra malformazioni incompatibili con la vita e<br />

malformazioni compatibili deve essere perfettamente chiara nella mente del medico,<br />

perché, nel primo caso le possibilità di sopravvivenza del neonato sono in primo luogo<br />

legate al riconoscimento della lesione immediatamente dopo la nascita seguita dal<br />

successo dell’urgente correzione chirurgica che, anche se ancora gravata da una non<br />

bassissima mortalità, è la sola che può dare al neonato una speranza di sopravvivenza.<br />

L’importanza dell’immediato riconoscimento delle malformazioni incompatibili con la<br />

vita risulta particolarmente evidente se si considera che il ritardo anche di poche ore<br />

nell’esecuzione delle necessarie terapie chirurgiche, può irrimediabilmente pregiudicare<br />

i risultati.<br />

MALFORMAZIONI INCOMPATIBILI CON LA VITA<br />

Si tratta delle varie forme di atresia (discontinuità del canale esofageo),<br />

generalmente associate con fistole esofago-tracheali e, cioè, con anomale comunicazioni<br />

dei monconi esofagei con la trachea.<br />

Queste fistole possono essere di varie forme, a seconda della localizzazione della<br />

fistola esofago-tracheale (figura 2):<br />

22


A) la più frequente è quella in cui il moncone superiore dell’esofago termina a fondo<br />

cieco mentre il moncone inferiore si inoscula a varie altezze con la trachea;<br />

B) altre volte, entrambi i monconi si inosculano separatamente in senso termino-laterale<br />

nella trachea;<br />

C) altre volte, entrambi i monconi esofagei si inosculano in senso termino-laterale nella<br />

trachea a varie altezze;<br />

D) una quarta variante, denominata fistola congenita esofago-tracheale, è data quando la<br />

continuità del tubo esofageo non è interrotta, ma questo comunica con la trachea come<br />

in un’anastomosi latero-laterale.<br />

La prima delle varianti descritte è la più frequente, come già detto, mentre l’ultima è<br />

la più facile a ripararsi.<br />

A queste malformazioni esofagee sono spesso associate malformazioni di altri<br />

organi ed apparati anche gravi, come e specialmente cardio-vascolari, ma anche atresia<br />

anali o ano-rettali, malformazioni dell’apparato urinario e mongolismo, spesso, anche se<br />

non sempre, correggibili benché spesso capaci di peggiorare la prognosi generale del<br />

caso.<br />

Come sospettare queste affezioni a prima vista e, una volta sospettate, come<br />

comportarsi nell’interesse del neonato?<br />

L’atresia esofagea va sempre sospettata ogni qualvolta si trova, fin dalle prime ore di<br />

vita, un cavo faringeo ingombrato da un eccesso di saliva e da mucosità schiumose<br />

ristagnanti, che possono scolare dalla bocca, ma anche dal naso. Se questi segni<br />

sfuggissero all’osservazione o non fossero immediatamente evidenti, ben presto altri<br />

fenomeni daranno l’allarme: crisi inaspettate di soffocazione, con cianosi (occhio ai letti<br />

ungueali in bambini africani in cui la cianosi cutanea sfugge, una volta che la cute si è<br />

pigmentata!), dovuti al rigurgito dei liquidi che, ad ogni tentativo di ingestione, refluiscono<br />

subito verso l’alto, riversandosi nelle vie respiratorie. Nelle forme in cui il<br />

moncone esofageo prossimale finisce in trachea o nelle fistole esofago-tracheali,<br />

l’insorgenza di questi sintomi avviene istantaneamente con l’ingestione di liquidi che<br />

inondano subito le vie respiratorie.<br />

In questi casi, un esame semplice e rapido può dare immediati ragguagli: se si<br />

immette con la dovuta delicatezza un morbido catetere di Nelaton nell’esofago, questo<br />

sarà arrestato dal fondo atresico del moncone esofageo prossimale, oppure scivolerà in<br />

trachea provocando violente crisi di tosse. A questo punto, cesserà la competenza del<br />

medico di famiglia e il neonato va tolto dal letto e, costi quel che costi, inviato<br />

immediatamente in un ospedale dove si pratichi di routine la chirurgia toracica e dove<br />

esista un buon servizio di terapia intensiva e di rianimazione pediatrica. Ripetiamo<br />

ancora una volta il concetto che l’urgenza di questi casi è assoluta, perché bastano<br />

poche ore di ritardo per compromettere ulteriormente le già limitate probabilità di<br />

sopravvivenza di questi bambini!<br />

L’esame radiologico sarà quello dimostrativo.<br />

L’esame a vuoto può mostrare un addome privo di aria quando non esiste alcuna<br />

comunicazione fra moncone esofageo distale e trachea. (tipo B, in figura 2).<br />

Altre volte l’esame diretto mostrerà invece una certa distensione gassosa quando<br />

cioè esiste una comunicazione fra trachea e lume del moncone esofageo distale,<br />

attraverso la quale aria può passare dalla trachea nello stomaco (tipi A, C e D, figura 2).<br />

Informazioni assolutamente precise vengono date dall’esame radiologico con mezzo<br />

di contrasto. Iniettando 1 o 2 millilitri di olio jodato o, meglio ancora, di mezzo di<br />

contrasto idrosolubile (per esempio Gastrografin, disponibile qui in Somalia) attraverso<br />

il cateterino introdotto nel moncone esofageo prossimale si constaterà agevolmente o il<br />

23


fondo cieco o il riversarsi del mezzo di contrasto in trachea, con un effetto broncografico.<br />

Mai si deve usare in questi casi il bario normalmente usato negli esami radiografici<br />

del digerente, perché questa sostanza potrebbe provocare serie complicazioni se<br />

perviene nell’albero respiratorio!<br />

I radiogrammi del torace forniranno utili informazioni circa la presenza, l’estensione<br />

e l’entità di eventuali lesioni polmonari ab ingestis.<br />

Che cosa si può fare per cercare di salvare questi piccoli pazienti?<br />

Abbiamo già sottolineato la necessità dell’invio d’urgenza, col mezzo più veloce<br />

disponibile, in ambiente chirurgico attrezzato. Sarà bene proteggerli durante il viaggio<br />

con antibiotici ove ci sia già in atto o ci si aspetti una bronco-polmonite ab ingestis. Le<br />

varie manovre diagnostiche sopra menzionate, vanno eseguite immediatamente appena<br />

si entra in contatto col paziente, qualunque sia l’ora del giorno o della notte,<br />

eventualmente posponendo qualsiasi altra incombenza. Una volta posta l’indicazione<br />

chirurgica, l’intervento va eseguito immediatamente, senza aspettare che le condizioni<br />

idroelettrolitiche del malato si deteriorino ulteriormente e l’eventuale sepsi polmonare<br />

peggiori.<br />

Gli interventi necessari sono purtroppo ancora gravati da una certa mortalità, ma<br />

sono gli unici che possono permettere, se ben riusciti, la sopravvivenza di questi<br />

bambini.<br />

Prima di tutto, si deve istituire una gastrostomia su tubo per alimentare il piccolo<br />

paziente subito dopo l’intervento e poi, attraverso un toracotomia, per lo più destra, si<br />

chiude la comunicazione tra esofago e trachea, per poi passare alla ricostruzione della<br />

continuità esofagea, anche se, nei casi in cui l’anastomosi fra i due monconi esofagei si<br />

prospetta facile perché c’è abbondante stoffa, è possibile evitare la gastrostomia ed<br />

alimentare il paziente attraverso un tubo naso-gastrico che passa per l’anastomosi.<br />

Dopo anastomosi dei monconi, l’alimentazione liquida può essere ripresa oralmente<br />

a partire dalla dodicesima giornata post-operatoria, dopo aver controllato radiograficamente<br />

la tenuta dell’anastomosi esofagea mediante contrasto liquido.<br />

Dopo la ripresa dell’alimentazione orale, l’eventuale tubo gastrostomico può essere<br />

sfilato senza problemi, perché il tramite, in assenza di stenosi sottoduodenali, si<br />

chiuderà spontaneamente.<br />

Non sempre, però, è possibile eseguire questo programma terapeutico relativamente<br />

semplice, perché spesso la distanza fra i due monconi esofagei non permette l’esecuzione<br />

di un’anastomosi diretta. Quando questo si verifica o quando non è possibile<br />

portare a termine l’intervento ricostruttivo della continuità esofagea per altri motivi, per<br />

esempio anestesiologici, allora si è giocoforza costretti a ripiegare su un programma<br />

terapeutico non ideale e indesiderato, consistente in una esofagostomia cervicale<br />

(abboccamento cioè del moncone esofageo prossimale al collo), affidare la successiva<br />

alimentazione ad una gastrostomia e rimandare la ricostruzione della continuità esofagea<br />

a tempi migliori. Questa è una modalità chirurgica che spesso si è costretti a scegliere<br />

nei prematuri.<br />

Questa soluzione nn certo ideale ha , però, il vantaggio che, col tempo, la sacca<br />

esofagea del moncone prossimale si ipertrofizza, producendo addizionale “stoffa” ce<br />

risulterà preziosa per la successiva anastomosi secondaria.<br />

L’anastomosi fra i due monconi esofagei, nei casi in cui si è stati costretti a concludere<br />

l’intervento urgente con una esofagostomia cervicale ed una gastrostomia di<br />

alimentazione, verrà rimandata a quando il bambino avrà raggiunto l’età di 2 o 3 anni,<br />

epoca in cui si interporrà il colon destro o, come certe scuole hanno descritto, il colon<br />

traverso, quando fattibile, fra i due monconi esofagei, altrimenti fra moncone prossimale<br />

e stomaco (colon-esofagoplastica). Il moncone esofageo distale, quando non venga<br />

24


efunzionalizzato, dovrà essere rimosso. Molti chirurghi terminano l’intervento con una<br />

vagotomia bilaterale e una piloroplastica allo scopo di ridurre l’acidità gastrica.<br />

Ripetiamo che queste operazioni, per la loro intrinseca complessità e per le<br />

condizioni generali di questi piccoli pazienti, mai ottimali, sono ancora gravate da<br />

un’altissima mortalità, per cui, nell’avviare questi pazienti in ospedale, occorre spiegare<br />

bene ai genitori che, se è vero che senza intervento chirurgico la morte è inevitabile,<br />

non sempre l’intervento ricostruttivo riesce ad evitare un esito letale.<br />

MALFORMAZIONI COMPATIBILI CON LA VITA<br />

Sono queste un gruppo di affezioni congenite, che, pur richiedendo sempre una<br />

terapia chirurgica per migliorare la qualità della futura vita, pure non necessariamente<br />

porteranno alla morte questi bambini se non trattate.<br />

Fra queste ricordiamo, principalmente, le anomalie di calibro dell’esofago per<br />

restringimenti congeniti o per compressioni vascolari estrinseche e le anomalie in<br />

lunghezza, per brevità dell’esofago (brachiesofago). Sono stati descritti in letteratura<br />

anche casi eccezionali di duplicità dell’esofago, in cui, l’esofago può essere doppio in<br />

tutta la sua estensione o solamente nella sua porzione prossimale. Queste lesioni sono di<br />

solito accompagnate da altre malformazioni che possono complicare la prognosi.<br />

Restringimenti congeniti:<br />

Hanno selettivamente sede nel terzo inferiore dell’esofago, vicino al cardias, ma,<br />

anche se raramente, possono essere localizzati all’altezza della biforcazione tracheale.<br />

Questi restringimenti hanno in comune la costante caratteristica di essere<br />

membranosi, cioè di avere la forma di diaframmi grossolanamente anulari, anche se<br />

sono stati descritti casi limite di diaframmi membranosi totalmente occludenti, vicino a<br />

forme invece geometricamente irregolari e che si possono comportare come veri e<br />

propri meccanismi valvolari.<br />

È nozione classica che la sintomatologia di questi restringimenti si manifesti solo<br />

quando il neonato passa da un’alimentazione esclusivamente liquida a quella semisolida<br />

dello svezzamento, ma, in realtà, esistono casi in cui si cominciano a vedere sintomi<br />

disfagici già alla seconda o terza settimana di vita, quando l’alimentazione è ancora<br />

esclusivamente liquida, fenomeno apparentemente paradossale, che può essere spiegato<br />

sia dall’imprevedibile multiformità di questi restringimenti, che, talvolta, possono agire<br />

come se fossero valvole unidirezionali, sia da un eventuale edema stenosante della<br />

mucosa, causato dalla flogosi locale dovuta al ristagno alimentare soprastenotico.<br />

La disfagia può associarsi a rigurgiti improvvisi, più o meno gravi in relazione col<br />

calibro del lume residuo.<br />

Un radiogramma con mezzo di contrasto mostrerà l’aspetto e l’entità della stenosi,<br />

nonché l’estensione e l’aspetto della dilatazione prestenotica., mentre un esame<br />

esofagoscopico metterà in evidenza la membrana, come un diaframma liscio, biancoroseo,<br />

lucente, con segni di flogosi sovrapposti, nei casi complicatisi.<br />

La terapia di queste forme è abbastanza semplice. Nei casi gravi, in cui non si<br />

riesce a passare oltre la stenosi con una sonda, si dovrà ricorrere ad una gastrostomia di<br />

alimentazione, confezionata la quale, si eviterà qualsiasi somministrazione di cibi per<br />

bocca ed, anzi, si provvederà, mediante aspirazione continua o ripetuta più volte, a<br />

svuotare la sacca soprastenotica. Una volta svuotata tale sacca e, comunque, almeno una<br />

settimana dopo aver confezionata la gastrostomia, si proverà a far deglutire un filo<br />

sottile, ma resistente e non rigido (una seta numero 0 va benissimo). Per far questo,<br />

basta appendere un rocchetto in alto, al di sopra del viso, e far pendere il filo a portata di<br />

mano del bambino. Anche senza metterglielo in bocca direttamente, è fatale che, prima<br />

o poi, il bambino lo inghiotta cosicché, quando, dopo qualche giorno, il paziente avrà<br />

25


inghiottito una congrua lunghezza di filo, questo potrà essere attirato fuori della<br />

gastrostomia, preferibilmente con un aspiratore, ma anche pescandolo con un uncino<br />

smusso, facendo però, in questo caso, moltissima attenzione a non fare danni. Una volta<br />

repertato il capo intragastrico del filo, si legherà a questo un filo più robusto, sempre di<br />

materiale resistente, che verrà, gentilmente e gradualmente, tirato a sostituire il primo<br />

filo. Questo secondo filo viene usato da parecchi chirurghi per infilarci come in una<br />

collana delle perle olivari che non superino, nel neonato, gli 8 mm di diametro, con cui<br />

dilatare progressivamente la stenosi. Nel nostro reparto all’Ospedale Generale di<br />

Mogadisico, non abbiamo queste perle per cui preferiamo far passare un secondo filo di<br />

sicurezza e fissare al primo delle sondine a punta smussa che attiriamo gradualmente<br />

verso lo stomaco, cominciando con piccoli diametri, scelti a seconda del reperto<br />

esofagoscopico, fino a dilatare la stenosi. Altrove, chi le ha, usa le apposite sonde di<br />

Tucker, che però sono troppo grosse per i neonati. In pochi giorni e con molta pazienza<br />

è possibile dilatare gradualmente la stenosi, con manipolazioni all’inizio quotidiane e<br />

poi, una volta raggiunto un calibro soddisfacente e se la strittura non tende a recidivare,<br />

diradando la procedura ad ogni 2 e poi ad ogni 3 giorni. Non appena si vede che la<br />

strittura lascia passare agevolmente una sona di Hurst (che ha alla punta un palloncino<br />

pieno di mercurio) o una sonda di Valzer (che ha alla punta un palloncino contenente<br />

piccoli pallini da caccia), allora si rimuoverà il filo guida e si lascerà chiudere la<br />

gastrostomia.<br />

La tendenza di queste stenosi a recidivare è minima, in assenza di grave flogosi, ma<br />

per un certo tempo si provvederà a passare dilatatori esofagei una volta a settimana,<br />

aumentando poi gradualmente il tempo fra una dilatazione e l’altra, ciò che costituisce<br />

un problema con i nomadi.<br />

Purtroppo, esistono casi in cui queste manovre incruente non danno alcun risultato,<br />

nel qual caso, si dovrà ricorrere all’interveto chirurgico, anche se con riluttanza, sia<br />

perché questi interventi sono gravati da una non bassissima mortalità e sia perché, anche<br />

dopo l’operazione, la stenosi può recidivare. Prima di decidersi ad operare, conviene<br />

provare a trattare la stenosi per via endoscopica, o mediante resezione del diaframma<br />

stenosante con gli apposti strumenti sia taglienti, sia dielettrici, sotto controllo visivo<br />

esofagoscopico. Queste manovre, se effettuate prudentemente e con una sufficiente<br />

abilità manuale, possono, spesso, risolvere brillantemente il problema con rischi minimi<br />

di perforazione.<br />

Stenosi per compressioni vascolari estrinseche:<br />

Queste forme sono provocate dalle anomalie vascolari congenite descritte nel corso<br />

di chirurgia cardio-vascolare, a cui si rimanda per i dettagli. Sono stenosi alte che<br />

provocano nel neonato, ma anche nel bambino più grande o addirittura nell’adulto, crisi<br />

disfagiche con rigurgitazione, frequentemente accompagnate da stridore laringeo, segni<br />

che hanno spesso ingannato il medico, facendogli sospettare, nei giovanissimi,<br />

un’ipertofia del timo.<br />

Queste lesioni vengono classicamente definite come “disfagie lusorie”, disfagie,<br />

cioè, dovute ad un gioco o scherzo della natura.<br />

La base anatomo-patologica di queste disfagie è, come detto, da compressione<br />

vascolare.<br />

La figura 3 mostra come, nei casi in cui l’arteria succlavia destra, invece che nascere<br />

dall’arteria anonima, viene da sinistra perché si origina a valle della succlavia sinistra e,<br />

quindi, si porta verso destra con un decorso anomalo in posizione immediatamente<br />

prevertebrale in modo da schiacciare l’esofago contro la relativamente incomprimibile<br />

trachea.<br />

26


In altri casi, invece, può esistere un doppio arco aortico (frequentemente associato<br />

ad una destrocardia), con quello anteriore di calibro un po’ più ridotto rispetto al<br />

posteriore, che serrano fra loro due il sistema tracheo-esofageo e stenosano l’esofago<br />

che viene appiattito contro la trachea.<br />

La certezza della diagnosi di queste malformazioni può essere fatta soltanto dopo<br />

accurate indagini radiologiche, consistenti in un esofagogramma ed un’aortografia in<br />

combinazione, ma ciò sarà possibile solo se la cultura del medico a cui capita di vedere<br />

per primo il paziente è sufficiente a fargli sorgere il sospetto e inviarlo quindi in<br />

ospedale attrezzato per gli accertamenti del caso e tutti sanno quanto raramente i nomadi<br />

delle regioni più remote della Somalia possono ricorrere a un medico e, quindi, quanto<br />

sia importante che il medico che capita loro di incontrare sia più che competente!<br />

FIG. 3: in A è visibile il meccanismo della compressione esofagea<br />

provocata dall’arteria succlavia destra che, invece di nascere<br />

dall’arteria anonima, come di norma (B), si origina a valle della<br />

succlavia sinistra e si porta poi a destra, incrociando esofago e<br />

trachea.<br />

Brachiesofago congenito:<br />

Questa malformazione consiste in un esofago abnormemente corto per un<br />

insufficiente sviluppo in lunghezza e non, per definizione, a causa di un secondario<br />

raccorciamento, sicchè la regione cardiale e parte dello stomaco vengono a trovarsi al di<br />

sopra del piano diaframmatico da sempre e non perché vi si sono erniate, perchè esse<br />

non sono mai state al di sotto del diaframma.<br />

Abbiamo insistito in questa descrizione teorica della malformazione perché essa è<br />

stata per lungo tempo confusa con le assai più frequenti ernie iatali, che studieremo in<br />

seguito, nelle quali, invece, è la porzione alta e, normalmente, sottocardiale del fondo<br />

dello stomaco, che, in secondo tempo, scivola, attraverso lo iato esofageo, trascinandosi<br />

dietro un sacco peritoneale e determinando una situazione anatomo-patologica in cui<br />

l’esofago ha sempre una lunghezza normale e solo nel tempo si raccorcia in seguito ad<br />

una retrazione cicatriziale secondaria, per cui, ma solo per questi casi, parliamo di<br />

“brachiesofago acquisito”.<br />

Il brachiesofago congenito si differenzia così, ideologicamente, da quello congenito<br />

per certi tipici aspetti anatomo-patologici, chiaramente evidenti all’esame autoptico ed<br />

all’esplorazione chirurgica. Anzitutto, nel brachiesofago congenito è sempre impossibile<br />

riportare lo stomaco ed il cardias al di sotto del diaframma perché la brevità congenita<br />

dell’esofago non lo consente e poi lo stomaco, come sopra detto, non presenta alcuna<br />

traccia di sacco peritoneale, come invece avviene sempre nelle forme erniarie acquisite.<br />

Inoltre, la porzione di stomaco sopradiaframmatico, nei casi di brachiesofago congenito,<br />

riceve un’ulteriore irrorazione sanguigna indipendente dal normale circolo gastrico e<br />

27


proveniente da rami arteriosi anomali che si distaccano dall’aorta sopradiaframmatica,<br />

fatto che fornisce un’ulteriore prova che la porzione di stomaco intratoracica si è sempre<br />

trovata al di sopra del diaframma.<br />

Per completezza, dobbiamo, a questo punto, ricordare che esiste un’altra condizione<br />

in cui l’spetto macroscopico della regione esofago-cardio-fundale è normale, ma,<br />

viceversa, la porzione distale dell’esofago è interamente ricoperta da mucosa gastrica<br />

acidosecernente, che risale assai in alto lungo il terzo inferiore dell’esofago (fino a circa<br />

15 centimetri dal cardias), denominata a molti Autori “brachiesofago interno”.<br />

Il brachiesofago congenito propriamente detto può rimanere asintomatico per tutta la<br />

vita, ma può anche dare luogo a disturbi variabili, talvolta assai gravi, legati essenzialmente<br />

alla mancata funzione valvolare del cardias e, quindi, alle conseguenze del<br />

reflusso gastro-esofageo (esofagite da reflusso).<br />

In questi pazienti si può manifestare una disfagia più o meno dolorosa, con<br />

rigurgitazioni persistenti, talora con sangue. Peculiare caratteristica di questa disfagia è<br />

la netta influenza che la posizione del tronco esercita sulla sua intensità, nel senso che il<br />

decubito aggrava i disturbi, mentre la posizione eretta (ortostatismo) li riduce o,<br />

addirittura, li sopprime.<br />

L’esame radiologico dà reperti caratteristici: l’esofago appare di calibro normale, ma<br />

è cortissimo e finisce in una strozzatura sopradiaframmatica, situata, per lo più,<br />

all’altezza della settima vertebra toracica. Tale strozzatura non è altro che il cardias ed è<br />

seguita da una porzione slargata, che la presenza di larghe pliche longitudinali e la<br />

ritmica attività di contrazione e decontrazione fa riconoscere all’occhio del radiologo<br />

esercitato come stomaco. A paziente in decubito dorsale, risulta evidente il reflusso del<br />

mezzo di contrasto, dapprima nella tasca gastrica sopradiaframmatica e poi, per<br />

l’incontinenza cardiale, da questa nell’esofago soprastante.<br />

I bambini si comportano in modo variabile quando sono portatori di questa<br />

malformazione. Alcuni sembrano sopportarla bene o lamentando pochi e intermittenti<br />

disturbi; altri presentano un lentissimo aumento ponderale o, addirittura, una forte<br />

perdita di peso corporeo, anemia e occasionali ematemesi. Tutto ciò può portare questi<br />

bambini, in casi particolarmente sfortunati, a morte, in occasione di una qualsiasi<br />

malattia intercorrente, data la comprensibile anergia secondaria a malnutrizione.<br />

Si comincerà a porre in atto semplici misure generali, assicurandosi che i genitori<br />

abbiano ben compreso sia il meccanismo della malattia, sia il funzionamento delle cure<br />

consigliate, in modo che agiscano sempre con costanza, coerenza e consapevolezza.<br />

Si spiegherà alla madre perchè questi bambini debbono essere sempre tenuti in<br />

posizione ortostatica durante la poppata e per un adeguato periodo di tempo subito dopo,<br />

col che si sopprimerà il reflusso ed il vomito immediatamente post-prandiale. L’ottima<br />

abitudine delle madri africane di fissare il bambino verticalmente con una futa al loro<br />

torace, sia lungo il petto che lungo la schiena, mentre lavorano o mentre camminano,<br />

andrà incoraggiata. Anche nella culla questi bambini vanno fatti giacere e dormire col<br />

torace elevato, rialzando il giaciglio dalla parte della testa.<br />

L’occasionale ricorso ad antispastici gioverà con la soppressione o riduzione degli<br />

spasmi esofagei, causati dall’esofagite.<br />

Nei casi avanzati di stenosi da esofagite, caute dilatazioni dovrebbero, per lo più,<br />

essere molto utili e solo raramente si dovrà far ricorso ad interventi maggiori, tendenti a<br />

al ristabilimento della continenza cardiale, ma che, talvolta, debbono, giocoforza,<br />

consistere in complesse procedure di resezione esofagea distale e successiva esofagogastrostomia<br />

con vagotonia complementare per ridurre la secrezione acida dello<br />

stomaco, associate ad una pilorotomia o piloroplastica per permettere il libero passaggio<br />

del contenuto gastrico in duodeno, data la chiusura funzionale del piloro causata dalla<br />

vagotomia.<br />

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Una vera correzione anatomica è in questi casi impossibile perché l’esofago corto<br />

impedirà sempre la riduzione del cardias e del fondo gastrico al di sotto del diaframma.<br />

Il problema fisio-patologico e terapeutico del brachiesofago congenito è<br />

intimamente connesso con quello delle ernie iatali e della cosiddetta “malattia da<br />

reflusso” (Refluxkrankheit degli Autori tedeschi), per cui lo studio che segue di queste<br />

affezioni farà meglio chiarire le idee.<br />

29


<strong>MALATTIE</strong> ACQUISITE DELL’ESOFAGO<br />

Dati gli intimi rapporti della fisiopatologia, della clinica e degli scopi della terapia di<br />

queste affezioni, è bene che esse siano trattate insieme e subito dopo le malformazioni<br />

esofagee, per una migliore comprensione delle loro problematiche.<br />

SINDROME DA REFLUSSO ESOFAGEO. ERNIE IATALI<br />

La funzione sfinteriale o di continenza del cardias si esplica mediate l’interazione di<br />

tre elementi, che sono: 1) la stabilità del sistema di fissazione del complesso esofagocardio-fundale;<br />

2) l’esistenza di una zona di “iperpressione relativa” o, meglio, di tonica<br />

contrazione dell’esofago terminale, che viene a comportarsi funzionalmente come uno<br />

sfintere (figura 4), tonificato dalla gastrina, sfintere, peraltro, non verificabile istologicamente<br />

e, quindi, da considerarsi, lo ripetiamo, come di natura esclusivamente funzionale);<br />

3) un meccanismo valvolare meccanico rappresentato dalla plica di von Gubaroff,<br />

dall’angolo di His e dalla pressione vigente nel fondo gastrico.<br />

L’ultimo di questi tre elementi è il fattore di gran lunga più importante per garantire<br />

la continenza cardiale e un allargamento dell’angolo di His (come, appunto, avviene<br />

nella malformazione cardio-fundale e nell’ernia da scivolamento) può ridurre e neutralizzare<br />

questo effetto valvolare.<br />

Per capire l’enorme importanza fisiopatologica di questi fattori valvolari, basta<br />

pensare al fatto che, mentre la pressione nella cavità addominale, anche se variabile con<br />

i movimenti respiratori e con tutto ciò che mette in funzione il torchio addominale, è<br />

sempre positiva, nel torace vige sempre una pressione che può, sì, variare, ma che è<br />

30


sempre negativa. Non solo, ma occorre pure tenere presente che nell’espirazione lo iato<br />

esofageo si allarga, per restringersi invece durante l’inspirazione.<br />

Per tutti questi motivi è facile rendersi conto che, se alla giunzione esofago-gastrica<br />

non fosse presente un efficiente e valido meccanismo valvolare, il contenuto gastrico<br />

sarebbe costantemente spinto verso l’alto e refluirebbe sistematicamente nel lume<br />

esofageo.<br />

FIG. 6: Meccanismo valvolare cardiale. In 1 la posizione eretta ed il<br />

peso del contento gastrico renderebbero superfluo un meccanismo<br />

della contenzione cardiale, se non esistessero differenze pressorie fra<br />

torace e addome. In 2, la pressione vigente nel fondo gastrico in un<br />

soggetto tenuto, a scopo di dimostrazione, a testa in giù, si esercita<br />

anche sull’esofago distale, premendo verso destra e contro l’esofago<br />

distale lo sperone gastro-esofageo formato dall’angolo di His e la plica<br />

di Gubaroff ed occludendo così il lume.<br />

Per ben capire quanto stiamo per dire ora conviene tenere costantemente d’occhio la<br />

serie di immagini schematiche che appaiono nella pagina seguente (figura 7).<br />

In condizioni di normalità, il cardias è situato al di sotto del diaframma e l’angolo di<br />

His è nettamente acuto (figura 7 a).<br />

Nella malposizione cardio-fundale, l’angolo di His è invece diventato ottuso<br />

(figura 7 b), per cui viene a cessare l’elemento meccanico automatico essenziale per<br />

chiudere il cardias e assicurare la continenza cardiale, perché lo sperone valvolare che<br />

termina con la plica di Gubaroff sopra descritto non può più agire come un sipario o<br />

porta mobile.<br />

La malposizione cardio-fundale è da considerarsi come la fase preparatoria<br />

dell’ernia iatale da scivolamento (figura 7 c), come l’osservazione della storia naturale<br />

di innumerevoli casi fatta da Rossetti a Basilea ha chiaramente dimostrato. L’ernia iatale<br />

da scivolamento si ha, appunto, proprio per “scivolamento” dell’intero complesso<br />

cardio-fundale* al di sopra del diaframma, attraverso lo iato esofageo. Caratteristica<br />

obbligatoria di quest’ernia è la presenza di un sacco erniario peritoneale che riveste e<br />

contiene la porzione di stomaco erniata e che, negli schemi della figura 7 è rappresentata<br />

a tratteggio sottile.<br />

________________<br />

* Diciamo “fundale” e non “fondale”, come sembrerebbe più logico parlando di fondo gastrico,<br />

perché in latino la parola fondo si dice fundus e l’italiano anche moderno preferisce conservare<br />

il carattere latino di certe parole derivate, specialmente in una prosa scientifica. Per<br />

questo stesso rispetto della tradizione latina, molti Autori scrivono “hiatale” anziché “iatale”.<br />

31


FIG. 7: a) reperto normale; b) malposizione cardio-fundale o cardiotuberositaria<br />

(l’angolo di His è aumentato); c) ernia iatale da<br />

scivolamento; d) ernia iatale paraesofagea; e) upside-down stomach;<br />

f) forma mista di ernia iatale da scivolamento e di contemporanea<br />

ernia iatale paraesofagea (frequente); g) esofago corto congenito<br />

(brachiesofago); h) brachiesofago acquisito (con sacco peritoneale!);<br />

i) endobrachiesofago congenito.<br />

Certe volte, il cardias rimane nella sua fisiologica sede, mentre è il fondo dello<br />

stomaco che risale nel torace, attraverso lo iato esofageo, insinuandosi nello spazio<br />

virtuale fra margine iatale sinistro ed esofago (figura 7 d).Talvolta, specialmente se la<br />

maggior parte dello stomaco è contenuta nel sacco erniario da scivolamento, allora<br />

l’intero stomaco ruota sul suo asse longitudinale, in modo che la grande curvatura viene<br />

32


a trovarsi nel punto più alto del sacco. Si viene così a creare quella condizione<br />

patologica che viene da tutti denominata con l’espressione in lingua inglese di “upsidedown<br />

stomach” (stomaco sottosopra), figura 7 e.<br />

Un’ulteriore forma è data quando lo scivolamento del complesso cardiale nel<br />

torace (come nell’ernia iatale tipica da scivolamento) si combina con un’ernia<br />

paraesofagea a formare il gruppo delle cosiddette forme miste di ernia iatale (figura 7<br />

f). Va qui ricordato che sono stati descritti casi particolarmente sfortunati in cui un’ansa<br />

intestinale e financo la milza si erano impegnati nel sacco erniario iatale con fenomeni<br />

anche di strozzamento, che però non ci è mai capitato di osservare, il che significa che<br />

queste peculiari evenienze debbono essere quanto mai rare.<br />

Per quanto riguarda la frequenza di queste affezioni acquisite, va detto che l’ernia<br />

iatale da scivolamento tipica è la forma più frequente, seguita, ma a grande distanza,<br />

dalle forme miste, mentre assai rara è l’ernia paraesofagea pura.<br />

In sintesi, le ernie iatali da scivolamento, con l’ampliamento dell’angolo di His che<br />

le accompagna, sono caratterizzate da un reflusso esofageo, che, nel tempo, provoca<br />

un’esofagite sempre più grave, mentre le forme di ernia iatale paraesofagea e di upsidedown<br />

stomach, sono solitamente accompagnate da anemia cronica da stillicidio ematico<br />

continuo, da possibili disturbi cardiaci riflessi, da difficoltà di transito del cibo e dal<br />

rischio di strozzamento.<br />

Le alterazioni anatomo-patologiche della malattia da reflusso conclamata sono<br />

specialmente gravi nelle vicinanze del cardias e possono variare da una semplice<br />

infiammazione edematoso-iperemica fino a forme erosive ed emorragizzanti, a ulcere<br />

esofagee, alla stenosi esofagea cicatriziale e, perfino, alla cancerizzazione secondaria. In<br />

una fase finale, si potrà avere un raccorciamento cicatriziale dell’esofago con<br />

deformazione a imbuto rovesciato e fissazione del cardias nel mediastino, una situazione<br />

che viene definita col termine di “brachiesofago acquisito”. In questi casi così avanzati<br />

il processo infiammatorio guadagna gli spazi peri-esofagei con estesi fatti di<br />

periesofagite e mediastinite fibrosa, che renderanno estremamente difficile e insidiosa<br />

qualunque manovra di dissezione chirurgica del viscere.<br />

Le ulcere croniche si incontrano solitamente alla giunzione fra mucosa gastrica e<br />

mucosa esofagea, mentre l’esofagite cronica si renderà responsabile di continue<br />

emorragie, talvolta anche profuse.<br />

Ripetiamo ancora una volta che questo stato di cronica flogosi deve essere<br />

considerato a tutti gli effetti come una lesione precancerosa.<br />

Clinicamente, l’esofagite da reflusso si manifesta con un’ostinata pirosi (bruciore<br />

retrosternale), che si differenzia nettamente dagli sporadici bruciori da occasionali<br />

iperacidità o da strapazzi dietetici. La pirosi da reflusso viene caratteristicamente<br />

esacerbata da movimenti e posizioni capaci di facilitare meccanicamente il reflusso,<br />

come il giacere nel letto, lo star curvi in avanti (come fanno a lungo operai<br />

pavimentatori e addetti alle pulizie di pavimenti), passare lunghe ore a fare pesca<br />

subacquea, un passatempo assai praticato qui in Somalia, la messa in funzione del<br />

torchio addominale. Questi caratteristici dati anamnestici debbono sempre spingere il<br />

medico ad approfondire le ricerche.<br />

Come più volte accennato, è la radiologia che, sola, può dimostrare in modo<br />

inequivocabile l’esistenza di un’ernia iatale e provare l’esistenza di un reflusso gastroesofageo,<br />

a patto che al radiologo sia stato esattamente indicato che cosa deve cercare e<br />

che lui conosca bene le manovre e le posizioni necessarie per effettuare tale ricerca.<br />

L’endoscopia, usata con prudenza e attenzione estreme, può dare ulteriori<br />

informazioni in casi poco chiari o complicati da ulcere o stenosi in cui si sospetti una<br />

sopravvenuta cancerizzazione. Se serve una biopsia, questa non va fatta a cuor leggero e<br />

senza una grossa attenzione, perché il punto del prelievo può essere perforato e causare<br />

33


gravi periesofagiti, per cui si ricorrerà ad essa solo se assolutamente necessaria perchè<br />

un esame citologico sul liquido di lavaggio in situ (procedura che ha spesso evidenziato<br />

la presenza di un cancro che non era stato trovato con la biopsia!) non ha convinto. In<br />

questi casi, la biopsia va fatta sotto protezione antibiotica, evitando che la pinza apposita<br />

morda troppo in profondità.<br />

In casi speciali, i può ricorrere ad esami endomanometrici e allo studio di curve di<br />

perfusione acida.<br />

Il comportamento della peristalsi e la stessa funzione cardiale possono essere<br />

studiati anche introducendo una sonda a palloncino nell’esofago, ad adatta altezza, e,<br />

registrando un’eventuale curva pressoria, da cui trarre indicazioni che possono far<br />

pensare ad una dis-cinesia o a un’incontinenza cardiale, ma queste indagini richiedono<br />

attrezzature spesso complicate, che no abbiamo qui, e non aggiungono molto alle<br />

risultanze di un buon esame radiologico.<br />

Il test della perfusione acida, nella sua essenzialità, è assai semplice. Esso consiste<br />

nell’introdurre attraverso un sottile sondino una debole soluzione di acido cloridrico<br />

nell’esofago distale, col che si provocheranno nel malato dolori e bruciore che il<br />

paziente riconoscerà come esattamente sovrapponibili ai disturbi che prova<br />

spontaneamente.<br />

Lo studio minutato della secrezione gastrica dà invece accurate informazioni sulla<br />

componente peptica dei disturbi. L’ipersecrezione cloridrica e l’iperacidità non sono<br />

necessariamente presenti in tutti i casi di queste affezioni esofagee e non si deve<br />

dimenticare che l’esofagite da reflusso si può avere anche in presenza di un succo<br />

gastrico normo-acido o, addirittura, ipo-acido. Il problema è che l’esofago distale non è<br />

fatto per contenere succhi gastrici!<br />

La terapia di queste forme (a parte i casi di ernia paraesofagea, che hanno altri<br />

problemi) sarà regolata non dalla pura e semplice presenza di ernia iatale, perché questa<br />

è frequentemente asintomatica e diverse volte viene trovata addirittura per caso nel<br />

corso di esami fatti per altri scopi, ma dall’intensità e dalla persistenza dei disturbi da<br />

reflusso. In altre parole, non è l’anatomia dell’ernia iatale che noi dobbiamo correggere,<br />

ma la fisiopatologia del reflusso, per cui è l’esistenza del reflusso che pone l’indicazione<br />

chirurgica, non la presenza dell’ernia!<br />

I disturbi del reflusso si lasceranno spesso influenzare positivamente da una dieta<br />

leggera da cui saranno rigorosamente banditi spezie, caffè, alcool ed ogni sostanza che<br />

ecciti la secrezione. I pasti saranno piccoli, specie la sera, quando andrà ridotta o evitata<br />

l’ingestione di carni. Il soprappeso va ridotto con cure dimagranti che, riducendo i<br />

depositi grassi endo-addominali, faranno spazio e contribuiranno a ridurre così la spinta<br />

verso l’alto che facilita il reflusso. Si consiglierà al malato di rialzare il letto dalla parte<br />

della testa (ai nomadi che dormono sul suolo si dirà di aggiustare la sabbia in modo da<br />

creare una superficie obliqua dove dormiranno con la testa dalla parte più alta) e si<br />

descriverà loro come evitare posizioni che favoriscono il reflusso.<br />

Tutte queste misure sono palliative e possono servire a ridurre l’entità dei disturbi<br />

soggettivi del paziente, ma non possono ristabilire una normale fisiologia della giunzione<br />

esofago-gastrica e guarire la lesione per cui, ad un certo punto, bisognerà<br />

decidersi per l’esecuzione di un intervento chirurgico risolutore. Lo stesso paziente lo<br />

accetterà di buon grado, quando l’intensità dei disturbi gli ostacola una normale vita di<br />

lavoro o sociale per via del tirannico regime a cui deve assoggettarsi per controllare i<br />

sintomi del reflusso. Il consiglio ad operarsi sarà tanto più logico quanto più si tengano<br />

presenti gli eccellenti risultati che le moderne metodiche operatorie garantiscono, al<br />

prezzo di un rischio chirurgico estremamente basso, almeno nei casi non complicati.<br />

L’indicazione chirurgica si fa pressante quando la malattia passa dalla fase<br />

funzionale a quella organica (con emorragie, ulcere esofagee, stenosi, sospetto di can-<br />

34


cerizzazione secondaria). Non bisognerebbe mai di far arrivare i pazienti a questi stadi<br />

estremi, in cui l’intervento chirurgico aumenta notevolmente in difficoltà e in<br />

pericolosità ed è nostro dovere di convincere questi malati ad operarsi prima che la<br />

malattia raggiunga fasi avanzate di danni organici secondari.<br />

La terapia chirurgica della malposizione cardio-fundale e dell’ernia iatale da<br />

scivolamento conclamata è la stessa. Mentre in un’epoca in cui le basi fisiopatologiche<br />

della malattia non erano ancora ben chiare si tendeva a riportare ad ogni costo il cardias<br />

al di sotto del diaframma, oggi lo scopo del nostro agire chirurgico sarà quello di<br />

ricostruire un efficace meccanismo valvolare perché l’esperienza passata ha dimostrato<br />

senza appello l’inutilità e l’inefficienza delle tecniche chirurgico che aggrediscano solo<br />

la sola porta erniaria.<br />

Dal punto di vista chirurgico, dei vari meccanismi che cooperano alla continenza<br />

cardiale, è solo il meccanismo valvolare che può essere da noi influenzato e corretto ed<br />

è appunto di questo che si occupa la moderna chirurgia del reflusso.<br />

Collis fu il primo a incamminarsi lungo questa strada, proponendosi una procedura<br />

che, indirettamente cercava di restaurare l’angolo di His (figura 8).<br />

FIG. 8: Plastica secondo Collis.<br />

35<br />

Si trattava però di un procedimento<br />

che, a giudicare dai risultati, era più buono<br />

in teoria che in pratica e che, quindi, non<br />

ebbe un grande seguito, anche se indicò<br />

una strada più promettente.<br />

FIG. 9: Plastica secondo Lortat-<br />

Jacob.<br />

Da Lortat-Jacob fu proposto un intervento (figura 9) che, molto più rispettoso della<br />

fisio-patologia locale, assicurò risultati migliori, anche se non ancora perfetti.<br />

A Nissen e Rossetti di Basilea si deve invece l’intervento che, a nostro modo di<br />

vedere, è da considerarsi l’intervento d’elezione per la sua rapidità, semplicità e assoluta<br />

efficacia, rispetto a qualsiasi altra metodica di fundoplicatio. Nell’applicare questa<br />

metodica, non ha alcuna importanza dove e a che altezza si trovi il cardias, così come è<br />

del tutto ozioso aggredire la cosiddetta porta erniaria, a meno che questa non sia tanto<br />

larga da far rischiare l’erniazione di altri organi. Più che associare alla fundoplicatio di<br />

Nissen-Rossetti (figure 10 e 11) un intervento sulla porta erniaria, nei pazienti che<br />

soffrono anche di seria aerofagia, conviene associare all’intervento una piloroplastica, o<br />

subito o in un secondo momento.<br />

Questa fundoplicatio si esegue facilmente per via addominale nei casi non<br />

complicati, riservando la via toracotomica sinistra portata al settimo o all’ottavo spazio<br />

intercostale in casi dove ci si attendono problemi con la via addominale o in casi di<br />

brachiesofago acquisito.


L’esecuzione normalmente facile di questo intervento può invece essere difficile<br />

nei casi complicati dalla coesistenza di stenosi, periesofagite, ulcere dell’esofago,<br />

condizioni che creano difficoltà da superarsi, di volta in volta, con tecniche ed artifici<br />

operatori diversi, ma sempre tenendo presente lo scopo finale di restaurare un meccanismo<br />

valvolare a pressione 0, che non si opponga, cioè, alla deglutizione e che si<br />

ottiene azzerando la pressione del cardias quando è chiuso, facendo neutralizzare la<br />

spinta pressoria dovuta alla pressione intragastrica dalla pressione vigente in un anello<br />

occludente confezionato con lo stomaco e in cui c’è esattamente la stessa pressione che<br />

vige all’interno dello stomaco.<br />

Noi abbiamo appreso questa operazione direttamente in sala operatoria con gli<br />

ideatori, da cui fummo messi in guardia contro la complicazione post-operatoria più<br />

temibile di questo intervento, la stenosi iatrogena che si provoca per inesperienza se si<br />

confeziona l’anello gastrico attorno all’esofago troppo stretto, una complicazione che<br />

non abbiamo mai avuta nel nostro reparto, in cui abbiamo da subito adottato una semplice<br />

modifica di tecnica chirurgica che la evita sicuramente e che consiste nel fare<br />

introdurre dall’anestesista un sondino di Sengstaken-Blakmore e far gonfiare il palloncino<br />

superiore palpabile nell’esofago distale come un salsicciotto; in questo modo è<br />

impossibile anche per chirurghi alle prime armi di confezionare una fundoplicatio<br />

troppo stretta.<br />

FIG. 10: Fundoplicatio secondo Nissen-Rossetti per via addominale.<br />

Come già detto, un’ulteriore indicazione a questa fundoplicatio è data dai casi in<br />

cui è stata eseguita una cardiomiotomia extramucosa secondo Heller per acalasia cardio-<br />

36


esofagea seguita da una sindrome da reflusso. Questa operazione può essere di grande<br />

utilità per assicurare la sutura di un’eventuale perforazione accidentale della mucosa<br />

durante l’esecuzione della cardiomiotomia secondo Heller. Come già detto, in casi di<br />

acalasia, noi associamo sempre una fundoplicatio profilattica, per evitare ogni rischio di<br />

dover reintervenire per reflusso in pazienti che qui possono abitare lontanissimo dal<br />

nostro ospedale.<br />

FIG. 11: ▲<br />

Fundoplicatio secondo Nissen-Rossetti per via<br />

transtoracica.<br />

FIG. 12: ►<br />

Pallone di Sengstaken-Blackmore.<br />

ERNIE IATALI PARAESOFAGEE ED ERNIE IATALI MISTE<br />

Le ernie iatali paraesofagee meritano un discorso a parte perchè esse hanno una<br />

sintomatologia ed una patologia analoga a quella di qualsiasi altra ernia, nel senso che i<br />

disturbi che esse causano ed i pericoli a cui esse espongono i loro portatori sono quelli<br />

tipici delle ernie in senso generale, legati cioè al destino del loro contenuto.<br />

Queste rare forme (rare cioè come ernie paraesofagee pure), possono essere congenite,<br />

ma è un fatto che esse vengano più frequentemente osservate nell’età adulta e nella<br />

seconda metà della vita.<br />

A causa di uno slargamento congenito dell’orificio iatale, oppure per un’inefficienza<br />

primitiva o acquisita dei mezzi di fissazione del fondo dello stomaco, questo<br />

insinua il suo fornice fra parete sinistra dell’esofago e margine dello iato esofageo, per<br />

risalire nel torace. A mezzi di fissazione integri dal lato del versante esofago-cardiale di<br />

destra, il cardias rimane nella sua sede fisiologica e perfettamente funzionante.<br />

Queste ernie sono regolarmente fornite di sacco (figura 7), il loro contenuto è parte<br />

dello stomaco, ma, talvolta, possono arrivare a contenere l’intero stomaco, come avviene<br />

nell’upside-down stomach e, in certi casi, oltre allo stomaco può erniarsi anche il<br />

grande omento, il colon traverso, l’intestino e, perfino la milza!<br />

Il sacco di queste ernie è costituito, dall’interno all’esterno, da peritoneo, dalla<br />

metà sinistra, iperdistesa, del legamento esofagofrenico e pleura.<br />

La sintomatologia delle ernie paraesofagee può rimanere per lungo tempo muta e,<br />

per questo motivo, è forse possibile ipotizzare che, almeno alcuni dei casi osservati in<br />

età adulta siano d’origine congenita. Il fatto poi che questi casi si osservino concentrati<br />

nell’età media ed oltre, fa ritenere che l’ingravescente indebolimento dei connettivi<br />

giochi un ruolo nel peggioramento di queste ernie.<br />

Nei neonati e nei bambini, primeggiano sintomi respiratori e circolatori, condizionati<br />

dalla posizione del corpo e dall’assunzione dei cibi.<br />

Nell’età adulta, invece, la sintomatologia è prevalentemente addominale e consiste<br />

in senso di ripienezza, emorragie, dolori crampiformi, talora segni di incarcerazione<br />

37


erniaria che possono aggravarsi fino ad una vera e propria sindrome occlusiva. Siccome<br />

è facile che il ritorno venoso possa essere ostacolato dall’acquisita inestensibilità della<br />

porta erniaria (o colletto erniario) per sclerosi acquisita, mentre le arterie continuano a<br />

immettere sangue* è sempre possibile che si arrivi ad un infarcimento emorragico che si<br />

inizia a carico della mucosa gastrica della porzione di stomaco contenuta nel sacco, con<br />

tutti i segni di una gastrite erosiva emorragica, particolarmente evidenti in corrispondenza<br />

del cingolo strozzante. Qui possono addirittura insorgere ulcerazioni della mucosa<br />

e i pazienti accusano allora dolori epigastrici irradiati a cintura, che si esacerbano ad<br />

ogni episodio di strozzamento non totale, accompagnandosi ad ematemesi e collasso.<br />

Questa sintomatologia può essere talvolta tanto ingannevole da mentire un infarto<br />

del miocardio e creando così grosse difficoltà diagnostiche, specie in assenza della spia<br />

del vomito emorragico e nell’occasionale presenza di alterazioni elettrocardiografiche,<br />

indipendenti dal quadro clinico dell’ernia.<br />

Nelle forme pure di ernia paraesofagea manca sistematicamente ogni segno di<br />

reflusso, anzi, essendo l’angolo di His tendente a zero gradi ed essendo il fornice gastrico<br />

dislocato in torace, per lo più teso e capace di comprimere l’esofago, il meccanismo<br />

cardiale della continenza risulta decisamente più efficace che di norma, ciò che,<br />

in clinica, si dimostra con l’incapacità di questi malati ad eruttare e, in fisio-patologia,<br />

col senso si ripienezza epigastrica.<br />

La diagnosi di certezza di queste ernie, al solito, la dà la radiologia. Anche qui il<br />

radiologo deve sapere che cosa cercare e deve conoscere bene le adatte manovre e<br />

proiezioni necessarie.<br />

Per quanto riguarda la terapia delle ernie paraesofagee, occorre dire che, essendo lo<br />

strozzamento, l’ileo occlusivo e l’emorragia acuta complicazioni pericolose per la vita, è<br />

necessario convincere tutti questi malati a farsi operare d’elezione e al più presto per la<br />

loro ernia paraesofagea, una volta che questa è stata diagnosticata.<br />

FIG. 13: Tecnica della gastropessia. a) riduzione del calibro della<br />

porta erniaria; b) posizione dei punti sullo stomaco necessari alla<br />

gastropessia; c) schema operatorio della gastropessia della parete<br />

anteriore dello stomaco e della piccola curvatura dosando le suture in<br />

modo da non disturbare l’angolo di His.<br />

Le metodiche operatorie proposte sono diverse. Si tratta, infatti, di un’ernia la cui<br />

porta non può essere obliterata, ma solo rimpiccolita. Pertanto ogni operazione che<br />

agisca soltanto sulla porta erniaria è destinata ad un’alta quota di recidive.<br />

Per la via d’accesso da preferire, si è molto discusso. È indiscutibile che la via<br />

___________<br />

* usuale patogenesi dello strozzamento erniario in qualsiasi sede.<br />

38


toracotomica permette un facile controllo tanto delle lesioni toraciche, quanto di quelle<br />

immediatamente sottodiaframmatiche, sicchè essa semplifica molto il da farsi in caso di<br />

strozzamento in atto. Però si tratta di un interveto pesante per individui magari defedati<br />

e non preparati ad un intervento sul torace. Inoltre dopo interventi transtoracici il tasso<br />

di recidive è alto.<br />

Un intervento viceversa semplice ed efficace, rarissimamente seguito da recidive,<br />

se bene eseguito è la gastropessia (figura 13), che è da considerarsi la procedura<br />

d’elezione in pazienti non acuti e che si esegue facilmente sia con un taglio sottocostale<br />

sinistro (come la esegue Nissen, il suo ideatore), sia con un’incisione mediana o<br />

paramediana sinistra epigastrica, come viene seguiti nel nostro reparto.<br />

Una volta effettuata la riduzione del contenuto erniario, si riduce lo iato esofageo,<br />

senza stenosarlo, con qualche punto staccato non riassorbibile (noi preferiamo punti di<br />

perlon o di supramid 00), da piazzarsi a sinistra dell’esofago (figura 13 a) abbandonando<br />

il sacco erniario al suo destino di rapidamente obliterarsi. Poi, effettuando un’adeguata<br />

trazione del vertice dell’angolo cardio-tuberositario verso il basso ed evitando di<br />

eseguire alcuna inutile preparazione dell’esofago e del cardias, si passano una serie di<br />

punti staccati non riassorbibili (nel nostro reparto preferiamo il perlon 00) che fissino la<br />

superficie anteriore dello stomaco alla parete addominale. Per piazzare questi punti, che<br />

saranno poi annodati tutti insieme solo dopo essersi assicurati della posizione finale che<br />

si otterrà, occorrono sensibilità, colpo d’occhio e senso dei tessuti. Questi punti, infatti,<br />

non debbono tagliare e quindi la trazione verso il basso esercitata sullo stomaco non<br />

deve essere eccessiva su ciascuno di essi, ma suddivisa fra tutti. Inoltre è necessario<br />

calcolare bene la posizione di questi punti in modo da non modificare l’angolo di His<br />

come si farebbe se si attraesse verso il basso il fondo anzichè il corpo dello stomaco.<br />

Insomma, ciò che serve è una buona dose di buon senso e cercare di apprendere<br />

l’operazione da uno che la sa fare bene anche se, in sostanza, non è un intervento molto<br />

difficile di per sé (non possiamo promettere che potremo mostrarvi in sala operatoria un<br />

caso adatto, perché i malati non vengono su ordinazione, ma cercheremo di farvi vedere<br />

l’operazione in sala incisoria anche se su un soggetto senza ernia paraesofagea).<br />

Nelle ernie di tipo misto (figura 7 f) la sintomatologia può essere complessa e<br />

combinare insieme i sintomi delle ernie paraesofagee e del reflusso.<br />

Anche qui la diagnosi sicura sarà radiologica e la terapia bisogna cercare di farla<br />

d’elezione, quando la via d’accesso addominale risulterà per lo più perfettamente<br />

adeguata, anche se, in casi particolare, si potrà preferire una via toracotomica.<br />

In questi malati una fundoplicatio verrà combinata con la necessaria gastropessia e<br />

la porta erniaria verrà, come al solito, ridotta se trovata tanto ampia da permettere la<br />

facile introduzione nello iato di uno o due dita.<br />

I risultati sono costantemente ottimi.<br />

ERNIE DIAFRAMMATICHE EXTRAIATALI<br />

Per poter capire bene la genesi dei diversi tipi di ernie diaframmatiche, specialmente<br />

di quelle congenite, è necessario richiamare l’embriologia oltre che ricordarsi bene<br />

dell’anatomia del diaframma e, per questo, rimandiamo a quanto appreso nell’apposito<br />

corso di anatomia e a dargli una ripassata. Comunque, per maggiore chiarezza, abbiamo<br />

riportato l’immagine schematica di figura 14, nella quale sono riassunte le cognizioni<br />

anatomiche che è necessario ricordare per lo studio delle ernie diaframmatiche.<br />

Per ernie diaframmatiche extraiatali si intendono tutte quelle dislocazioni di<br />

visceri normalmente contenuto nella cavità addominale attraverso difetti della cupola<br />

diaframmatica congeniti o acquisiti, oppure attraverso zone di maggiore debolezza.<br />

L’erniazione di organi toracici nell’addome è sconosciuta e non potrebbe essere<br />

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altrimenti, considerata la notevole differenza di pressione vigente nei due distretti, la<br />

quale, come sappiamo è positiva in cavità addominale e negativa all’interno del torace.<br />

L’erniazione di visceri addominali nel torace attraverso il diaframma può avvenire,<br />

oltre che attraverso lo iato esofageo, anche<br />

1) per prolasso attraverso difetti congeniti del diaframma;<br />

2) per dislocamento attraverso porte venutesi ad aprire in sedi anatomicamente più<br />

deboli della cupola diaframmatici in cui, quindi c’è una predisposizione di tipo<br />

congenito;<br />

3) attraverso soluzioni di continuo acquisite (ernie diaframmatiche traumatiche ed<br />

ernie diaframmatiche postoperatorie).<br />

FORME SU BASE CONGENITA<br />

Difetti congeniti del diaframma capaci di diventare col tempo come porte erniarie<br />

sono dovuti ad errori di saldatura delle varie parti diaframmatiche. Non conosciamo le<br />

cause che provocano, nell’embrione, questi arresti localizzati di sviluppo, ma sappiamo<br />

solo che a questi si associano spesso malformazioni di altri organi, come, per esempio, il<br />

FIG. 14<br />

1. vena cava inferiore<br />

2. trigono o fessura sterno-costale di destra<br />

3. pars sternalis<br />

4. centro tendineo<br />

5. trigono o fessura sterno-costale di sinistra<br />

6. esofago<br />

7. pars costalis<br />

8. aorta<br />

9. pars lumbalis<br />

10. trigono o fessura lombo-costale di sinistra.<br />

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mesenterium commune, l’acrania, l’anencefalia, difetti di saldatura del volto e del<br />

rachide, diverticoli di Meckel, disformie congenite delle estremità. Un’altra osservazione<br />

fatta è che i difetti del diaframma prediligono, chissà perchè, il sesso maschile.<br />

In linea di massima, queste lesioni sono poco frequenti e, per la loro precoce<br />

manifestazione, vengono, per lo più, osservate nei reparti di pediatria.<br />

Vicino ai difetti di limitata entità e localizzazione, sono note forme di aplasia<br />

diaframmatica. È stato descritto in letteratura un caso, che fu rapidamente mortale, di<br />

aplasia totale del diaframma e pochi casi di emiaplasia, pure questi, per lo più rapidamente<br />

mortali. Va però detto che, in determinati casi, quest’ultima condizione può<br />

essere compatibile con la sopravvivenza del neonato, perché sono stati osservati casi di<br />

emiaplasia del diaframma in adulti, in cui buona parte del tubo digerente era situata nel<br />

torace, con conseguente dislocazione del mediastino. Si tratta però di lesioni rarissime,<br />

di vere e proprie curiosità anatomiche e cliniche, che abbiamo riportato per averne letto,<br />

più per amore di completezza che per una vera necessità formativa.<br />

Di notevole importanza, specialmente in pediatria chirurgica, sono invece i difetti<br />

localizzati del diaframma, le cui ernie prediligono il lato sinistro (non dimentichiamo<br />

che a destra c’è il fegato, organo piuttosto esteso e massivo, in qualche modo capace di<br />

contenere i visceri sottostanti),<br />

L’immagine schematica riportata in figura 15 mostra le caratteristiche zone deboli<br />

del diaframma. Come si vede nello schema, in sede centrale (figura 15, 3) troviamo le<br />

ernie dello iato che abbiamo già studiate ed, eventualmente le ernie del difetto aortoesofageo.<br />

La grande maggioranza delle ernie diaframmatiche sono, come sappiamo, ernie da<br />

debolezza anatomica del diaframma o ernie che forzano forami fisiologici dell’anatomia<br />

FIG. 15<br />

1. ernia di Morgagni; 2. difetto dorso-laterale o iato pleuroperitoneale<br />

pervio; 3. ernia iatale ed eventuale difetto esofagoaortico,<br />

quando iato esofageo e canale aortico-diaframmatico sono<br />

fusi in un unico canale; 4. ernia di Bochdalek.<br />

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normale. La base anatomica della debolezza del diaframma è legata o dalla mancata<br />

formazione delle fibre muscolari (cosicché, in queste sedi, la continuità della cupola<br />

diaframmatici è assicurata soltanto da un poco resistente tessuto fibroso) oppure da<br />

un’insufficienza del contingente muscolo-aponeurotico, con conseguente incapacità di<br />

sostenere le pressioni che si esercitano dal basso sul diaframma.<br />

Queste ernie possono essere già presenti alla nascita o formarsi più tardi. Esse<br />

hanno quasi sempre un sacco peritoneale, mentre, altre volte, sono dei veri e propri<br />

prolassi in quanto prive di sacco erniario.<br />

Vediamone, brevemente, le varie forme.<br />

Attraverso la fessura o trigono lombo-costale (figura 14) e cioè, fra pars costalis e<br />

pars lumbalis del diaframma, per lo più a sinistra, può insinuarsi la cosiddetta ernia di<br />

Bochdalek. La relativa rarità di questa affezione è dovuta al fatto che, di norma, il<br />

peritoneo non arriva tanto indietro. Quando però l’ernia si forma, essa ha sempre un<br />

sacco, attraverso cui respinge verso il basso e l’indietro la capsula adiposa del rene.<br />

Attraverso il trigono sterno-costale, situato fra pars sternalis e pars costalis del<br />

diaframma (figura 14, 2 e figura 15, 1) può aprirsi un varco la cosiddetta ernia di<br />

Morgagni, che, come già detto, si sviluppa per lo più a destra. Probabilmente per un<br />

disturbo di sviluppo del septum trasversum, talvolta viene a mancare totalmente la<br />

muscolatura della pars sternalis del diaframma (figura 14, 3). In questi casi si avrà<br />

un’ampia porta perfettamente mediana e retrosternale.<br />

Queste ernie si formano e si sviluppano lentamente, nel corso di anni, e possono<br />

rendersi manifeste anche in pazienti assai avanti negli anni, perchè facilitate proprio<br />

dalla degenerazione da invecchiamento dei connettivi e dall’aumento della pressione<br />

endoaddominale.<br />

Le ernie parasternali o di Morgagni, in contrasto con le regole generali che le ernie<br />

diaframmatiche sembrano seguire, sono più frequenti a destra che a sinistra, ma ne sono<br />

state osservate di bilaterali.<br />

Attraverso altri forami fisiologici del diaframma possono, eccezionalmente, farsi<br />

strada ernie del tutto rare e inaspettate. Sono state infatti descritte ernie lungo il nervo<br />

splancnico, lungo la vena azygos e ernie attraverso il forame per la vena cava, ma si<br />

tratta di vere e proprie curiosità cliniche, che no abbiamo mai osservato nel nostro<br />

reparto.<br />

La sintomatologia delle ernie e dei prolassi del diaframma è, per lo più, abbastanza<br />

uniforme.<br />

Nei neonati e nei bambini, i segni circolatori e, particolarmente, respiratori sono i<br />

più evidenti, perché i visceri erniati in torace comprimono i il polmone sovrastante,<br />

riducendone la funzione ventilatoria. Mediastino e cuore vengono respinti verso il lato<br />

opposto, con ripercussioni anche sulla resa respiratoria dell’altro polmone e ostacolo al<br />

ritorno venoso, con conseguente cianosi, dispnea, tachipnea, tachicardia ed eventuale<br />

morte del neonato anche solo poche ore dopo la nascita, per una severa insufficienza<br />

cardio-respiratoria. Questa potrà avere manifestazioni tipicamente incostanti, irregolari e<br />

di intensità variabile sia in funzione della posizione del corpo, sia con lo stato di<br />

ripienezza o no degli organi erniati in torace. La messa in funzione del torchio<br />

addominale può provocare un aggravamento dei sintomi o, se questi manchino, può<br />

scatenarli. Tutto questo si traduce, in clinica pediatrica, per esempio, con l’aggravarsi<br />

della cianosi e della dispnea quando i bambini piangono o defecano e, viceversa, con<br />

l’alleviarsi dei sintomi mettendo i bambini in posizione eretta e svuotando il loro<br />

stomaco con una sonda.<br />

42


Nelle ernie più grosse, l’addome può addirittura apparire come vuoto, nel qual caso<br />

parliamo di addome a barca.<br />

Una volta superata l’infanzia, la sintomatologia osservabile è più in rapporto con i<br />

visceri erniati perché, nel frattempo, si è verificato un certo adattamento delle funzioni<br />

cardio-respiratorie. I disturbi sono in questa fase multiformi e assai variabili in intensità<br />

e consistono in senso di ripienezza, eruttazioni, vomito, tenesmi epigastrici. Strangolamenti<br />

del tenue e del colon possono provocare il quadro dell’occlusione intestinale,<br />

che costituisce non infrequentemente ciò che porta il malato in l’ospedale per la prima<br />

volta, in mancanza di altre forme morbose. Nelle ernie di notevole contenuto, abbiamo il<br />

peculiare quadro clinico dell’ileo con addome vuoto. Mentre la torsione e l’incarceramento<br />

acuto possono portare alla necrosi della struttura interessata, gli strozzamenti<br />

intermittenti possono dare luogo ad emorragie acute od occulte, provenienti, per lo più,<br />

da un’infiammazione emorragica della mucosa, sulla base di stasi venosa e anche a vere<br />

e proprie ulcerazioni in rapporto col cingolo strozzante.<br />

Spesso è l’anemia persistente e inspiegata che mette sulla giusta via e lo stesso<br />

possono fare segni assolutamente non caratteristici, come disturbi del sonno, vertigini,<br />

cefalee, manifestazioni cardiache atipiche la cui inspiegabilità ha condotto ad un allargamento<br />

delle ricerche diagnostiche.<br />

Attraverso le vie sensitive del nervo frenico, dolori a partenza diaframmatica<br />

possono rimbalzare sul plesso cervicale ed essere dal paziente riferiti come dolori<br />

scapolari, dell’arto superiore e del collo.<br />

Non eccezionale è l’esistenza di ernie di questo tipo completamente asintomatiche<br />

che vengono scoperte per caso nel corso di indagini richieste per altri scopi. A questo<br />

proposito, ci si deve ricordare che non sono necessariamente le dimensioni dell’ernia a<br />

determinare l’entità dei disturbi e che piccole ernie possono, infatti, provocare disturbi<br />

assai più fastidiosi di quelli eventualmente causati da ernie assai più grosse, ma con una<br />

larga porta, come avviene del resto anche in altre sedi.<br />

Quasi mai la diagnosi di sicurezza può essere clinica. L’anamnesi, con la dipendenza<br />

dei disturbi dalle variazioni della posizione del corpo, dall’assunzione di cibo,<br />

dalla messa in funzione del torchio addominale, dalla pratica di certi esercizi fisici può<br />

indicare la direzione in cui occorre cercare. Nei neonati, la cianosi ed il vomito durante<br />

il pasto e subito dopo, così come l’altrimenti inspiegabile nervosismo dopo aver bevuto<br />

devono insospettire il medico preparato e buon osservatore.<br />

All’ispezione, si può osservare in questi bambini un’asimmetria dei movimenti<br />

respiratori del torace, talvolta accompagnati anche da rientramenti del giugulo.<br />

La percussione può mostrare un’aia cardiaca in sede anomala o può addirittura<br />

mostrare che questa non è apprezzabile quando viene mascherata da grosse ernie<br />

parasternali in cui i visceri erniati dall’addome schermano il cuore interponendo il loro<br />

timpanismo tra questo e la parete toracica.<br />

I visceri rimasti in addome possono essere pochi e vuoti o tesi e timpanici, qualora<br />

essi siano, nel primo caso, a valle e, nel secondo caso, a monte di una occlusione.<br />

Al torace, può essere talvolta possibile di ascoltare rumori di peristalsi, o normali o<br />

metallici (nel caso di ileo), eventualmente variabili nei loro caratteri in funzione di<br />

variazioni posturali del torace.<br />

La prova indiscutibile di un’ernia diaframmatici la può, però, dare soltanto l’esame<br />

radiologico. Esami diretti standard e con proiezioni speciali mostreranno che non esiste<br />

più la normale continuità del contorno diaframmatico. Radiogrammi effettuati riempiendo<br />

lo stomaco con gas possono fornire ulteriori informazioni. Questi dati<br />

radiografici debbono essere interpretati con grande attenzione ed elasticità mentale<br />

perché, per esempio, un falso contorno diaframmatici su un solo radiogramma può<br />

43


anche essere dovuto ad un’occasionale sovrapposizione, per cui non ci si dovrà mai<br />

fidare di una sola proiezione.<br />

Nelle grosse ernie, il mediastino è spostato. L’esame del digerente con mezzo di<br />

contrasto darà la sicurezza della diagnosi.<br />

Naturalmente, con un’occlusione in atto, occorrerà iniziare l’esame con un clisma<br />

molto fluido, che spesso chiarirà le cose.<br />

Qualora persistano dubbi, si potrà chiarire il caso somministrando mezzo di<br />

contrasto idrosolubile per bocca.<br />

Nell’inverosimile possibilità che neppure così si possa arrivare ad una sicura<br />

diagnosi, si combinerà con i precedenti esami un pneumoperitoneo, per cui, quando<br />

esiste un sacco erniario, questo verrà delineato dall’aria iniettata in cavo addominale,<br />

mentre, nelle forme prive di sacco, come i prolassi, si avrà subito, rialzando il torace, un<br />

patognomonico pneumotorace.<br />

La metodica del pneumoperitoneo varrà anche a riconoscere una semplice relaxatio<br />

del diaframma, affezione che presto descriveremo.<br />

Nessuna terapia medica è in grado di correggere queste forme morbose.<br />

Le incognite di un’ernia diaframmatica (segnatamente l’incarcerazione!) sono tali<br />

che l’operazione va sempre caldamente raccomandata specialmente tenendo presenti i<br />

limitati rischi chirurgici che il paziente corre in ambiente attrezzato e competente.<br />

Certe volte, come nei neonati con pericolose e ingravescenti manifestazioni cardiorespiratorie,<br />

l’operazione va eseguita con carattere d’urgenza, perché essa sola è in<br />

grado di salvare la vita di questi piccoli pazienti.<br />

Nell’adulto, l’indicazione d’urgenza è assoluta nel caso dello strozzamento.<br />

L’operazione può essere eseguita per via toracotomia sul settimo od sull’ottavo<br />

spazio intercostale oppure per via addominale. Al solito, ognuna di queste vie d’accesso<br />

ha i suoi pro e i suoi contra. La via toracotomica dà indubbiamente un ottimo controllo<br />

sul contenuto erniario, prezioso nei casi in cui risulta necessario eseguire complesse lisi<br />

di aderenze fra i vari organi. La via toracotomia consente pure una più facile riparazione<br />

della breccia erniaria diaframmatici. Questa via ha però due svantaggi: uno è che essa<br />

costituisce, in pazienti enfisematosi e non preparati, un grosso stress e l’altro è che,<br />

specie in ernie assai voluminose e con visceri che hanno perso il loro diritto di domicilio<br />

nell’addome, dall’alto si può non riuscire a fare la riduzione.<br />

Con la via laparotomia, invece si sottopone il paziente ad uno stress chirurgico<br />

assai meno pesante. Inoltre, con questo accesso è sempre possibile ridurre i visceri<br />

erniati in addome, anche se la sutura del diaframma riuscirà un po’ più difficile per<br />

mancanza di spazio, ma, comunque, senza avere l’assillo delle anse che spingono i<br />

margini da suturare contro l’ago. Questa via permette, inoltre, una completa e facile<br />

revisione del cavo addominale. Un ulteriore vantaggio è dato dalla possibilità, in caso di<br />

insufficiente capacità della cavità peritoneale a far spazio per il contenuto dell’ernia<br />

ridotta, di chiudere solo peritoneo e cute per trattare il laparocele così causato dopo<br />

qualche settimana, quando i visceri ridotti si saranno adattati alle nuove condizioni.<br />

Brecce erniarie anteriori sono facili a chiudersi per via addominale, mentre la<br />

chiusura di brecce posteriori risulterà tecnicamente più scomoda.<br />

In conclusione, è possibile dire che questa chirurgia non vuole una mentalità<br />

superspecialistica, cioè da chirurgo toracico puro o da chirurgo addominale, puro, ma ha<br />

bisogno della sana filosofia ed esperienza di un buon chirurgo generale che si trova a<br />

suo agio sia nell’addome che nel torace e che sappia sempre tenere presenti le due<br />

diverse vie d’accesso, per scegliere, di volta in volta, dopo aver accuratamente valutato<br />

vantaggi e svantaggi di ciascuna di esse, in rapporto al caso che ha per le mani.<br />

Per quanto riguarda la tecnica di chiusura della breccia erniaria diaframmatici, si<br />

può dire che piccole e medie brecce, una volta ridotto il contenuto dell’ernia e resecato o<br />

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affazzonato il sacco, possono essere, con sufficiente affidabilità, obliterate mediante<br />

robusti fili non riassorbibili (nel nostro reparto viene usato perlon o supramid),<br />

preferibilmente a punti staccati, ancorando, magari, la sutura alla parete toracica.<br />

Grossi difetti o zone aplastiche necessiteranno di chiusure plastiche. In passato,<br />

furono usati organi addominali o polmone, ma questi organi, con l’eccezione forse del<br />

solo fegato, male riprestano alla bisogna. . Lembi muscolari peduncolati, scolpiti,<br />

anteriormente, a carico della muscolatura parietale dell’addome e, dorsalmente, dallo<br />

psoas dal quadrato dei lombi o, anche, dal grande dorsale, possono in moti casi risolvere<br />

FIG. 16<br />

il problema.<br />

Altre volte si è costretti ad usare materiali alloplastici, come reti di tantalio o reti<br />

fatte con le più moderne fibre sintetiche, come dacron o teflon. Queste reti, in breve<br />

tempo, vengono inglobate in un solido e resistente tessuto connettivo fibroso, a cui esse<br />

fanno da armatura. Male che vada, in un’emergenza dove queste reti non sono<br />

disponibili, ci si potrà sempre aiutare con la fascia lata.<br />

Il cavo pleurico aperto, andrà sempre drenata sott’acqua con una boccia di Bülau,<br />

anche quando l’operazione è stata fatta per via addominale.<br />

RELAXATIO DEL DIAFRAMMA<br />

Questa condizione non costituisce, in senso stretto, un’ernia, ma preferiamo<br />

descriverla con le ernie diaframmatiche perchè può essere talvolta confusa con esse, ove<br />

non sia stata debitamente presa in considerazione nella diagnosi differenziale.<br />

La malattia consiste in un rilasciamento del diaframma sulla base di una degenerazione<br />

muscolare, che può essere congenita o acquisita. Talvolta,è una paralisi del<br />

nervo frenico, neoplastica, traumatica o iatrogenica (un tempo si usava interrompere il<br />

nervo frenico praticando la collassoterapia di certe tubercolosi polmonari), che,<br />

45


abolendo totalmente il tono del diaframma, lo fa risalire verso l’alto. Lo stesso effetto<br />

può essere provocato da certe lesioni del midollo cervicale.<br />

La relaxatio diaframmatica è particolarmente frequente a sinistra, mentre invece<br />

eccezionale ne è la forma bilaterale.<br />

La sintomatologia ricorda molto da vicino quella delle ernie diaframmatiche<br />

propriamente dette. Essa interessa talvolta l’apparato cardio-respiratorio più che il<br />

digerente, altre volte invece l’apparato digerente più che il cardio-respiatorio anche se la<br />

totale asintomaticità per entrambi gli apparati non è per niente eccezionale.<br />

La diagnosi di certezza si ha combinando un esame radiografico del digerente con<br />

un pneumoperitoneo. In questo modo, l’aria introdotta nella cavità peritoneale disegnerà<br />

con chiarezza il contorno della superficie inferiore del muscolo e mostrerà chiaramente<br />

la risalita dell’emidiaframma rilassato e spinto in altro, ove si abbia l’accortezza di<br />

eseguire almeno un radiogramma a malato in piedi.<br />

Quali sono i disturbi che possono essere causati dalla relaxatio del diaframma e<br />

qual è la fisiopatologia di questa affezione?<br />

Sappiamo che, nel momento in cui la gabbia toracica si espande, aumenterà la<br />

pressione negativa vigente al suo interno. Questa aumentata negatività pressoria è infatti<br />

quella che, trasmettendosi al parenchima polmonare, provocherà l’espansione del<br />

polmone che richiamerà aria dall’esterno negli alveoli polmonari, attraverso trachea e<br />

bronchi (fase inspiratoria della respirazione). Nel momento invece in cui la gabbia<br />

toracica si riduce di volume, i polmoni vengono come “spremuti” e l’aria prima<br />

inspirata viene spinta fuori (fase espiratoria della respirazione). Tutto ciò presuppone<br />

una partecipazione sinergica di tutte le superfici che individuano le dimensioni<br />

geometriche della gabbia toracica e, quindi, anche del diaframma. Quando però questo<br />

non ha tono, come avviene nella relaxatio, esso si comporterà come un inerte pezzo di<br />

tela più o meno floscio, e sarà animato da movimenti passivi paradossi analoghi a quelli<br />

che osservano nelle fratture costali doppie (i cosiddetti “volets” mobili) con uno<br />

spostamento in fuori durante l’espirazione e uno in dentro durante l’inspirazione. Questi<br />

movimenti paradossi ridurranno l’efficienza delle due componenti dell’atto respiratorio<br />

e diminuiranno quindi il volume dell’aria ventilata.<br />

La terapia di quest’affezione, sempre indicata in presenza di seri disturbi di<br />

insufficiente ventilazione, consisterà in una messa in tensione del diaframma, un po’<br />

come si fa per mettere in tensione la pelle di un tamburo, in modo che questo non sia più<br />

FIG. 17<br />

46


floscio e non subisca continui cambiamenti di forma con l’alternarsi delle pressioni<br />

intratoraciche provocato ai movimenti respiratori e così riducendo l’efficienza di questi.<br />

La via d’accesso toracotomica per eseguire tale operazione dà un’eccellente luce<br />

sul diaframma, ma si fa pagare spesso da una lunga e fastidiosa persistenza di essudato<br />

post-operatorio in cavo pleurico, che, invece, non si vede con la via laparotomica, che,<br />

però, aumenta le difficoltà tecniche del tempo diaframmatico.<br />

Come detto, l’emidiaframma rilasciato va messo in tensione (qualche volta, si<br />

riesce perfino a duplicarlo), fissandone la parte esuberante al piano costale, previa<br />

scollatura delle inserzioni del grande pettorale, che viene poi reinserito. Si tratta di<br />

un’operazione semplice, efficace ed assai ben tollerata dai pazienti (figura 17).<br />

Aggiungiamo che alcuni chirurghi rinforzano la messa in tensione dell’emidiaframma<br />

rilasciato mediante l’impianto di reti alloplastiche.<br />

FERITE DEL DIAFRAMMA<br />

Di solito causate da armi da fuoco o da armi bianche, possono essere dovute anche<br />

a violenti traumi toraco-addominali chiusi.<br />

Nelle lesioni da arma bianca, l’entità della ferita del diaframma può non essere in<br />

diretto rapporto con le dimensioni dell’arma responsabile. Infatti particolari stati, magari<br />

momentanei, di contrazione della muscolatura diaframmatica possono determinare lacerazioni<br />

alquanto più estese di quanto le dimensioni dell’arma vulnerante possano far<br />

immaginare.<br />

Piccole lesioni possono chiudersi anche spontaneamente con un processo di cicatrizzazione<br />

primario, però, in questi casi, permarrà sempre la possibilità di una rottura<br />

secondaria della zona cicatriziale, magari anche a grande distanza di tempo.<br />

Molte volte, le ferite del diaframma non solo tali da causare un’evidente<br />

sintomatologia, specialmente quando questa viene mascherata dalla gravità dei sintomi<br />

di lesioni associate. Stomaco, fegato, milza, esofago, rene, intestino, colon traverso,<br />

polmone, cuore e grossi vasi possono essere lesi contemporaneamente, con associazioni<br />

politraumatiche varie, le cui manifestazioni sintomatologiche saranno, evidentemente, in<br />

primo piano, per cui la lesione diaframmatica risulterà un reperto collaterale all’intervento<br />

chirurgico riparatore.<br />

Perfino l’esame radiologico eseguito subito dopo il trauma, dà, spesso, reperti non<br />

conclusivi e sarà allora la sintomatologia da prolasso in cavo pleurico di visceri<br />

sottodiaframmatici a chiarire la situazione. In questi casi si constateranno anche i segni<br />

clinici e radiologici dello spostamento mediastinico.<br />

In casi dubbi, converrà eseguire un esame radiografico con mezzo di contrasto<br />

idrosolubile nello stomaco, ma tenendo bene presente che sarà il pneumoperitoneo<br />

associato che darà la certezza assoluta di una comunicazione tra cavità addominale e<br />

cavità pleurica.<br />

La terapia di queste lesioni è, ovviamente, chirurgica e s’impone dopo un’adeguata<br />

rianimazione che renda il paziente operabile.<br />

La via d’accesso potrà essere toracica, addominale o toraco-addominale e va decisa<br />

soprattutto in funzione delle lesioni associate prevalenti, la cui riparazione ha spesso<br />

carattere di ben maggiore gravità che la pura e semplice sutura della lacerazione<br />

diaframmatica, specialmente in caso di lesioni emorragizzanti o polmonari. Il diaframma<br />

può infatti essere suturato senza grosse difficoltà, sia dal torace sia dall’addome.<br />

Per riparare ferite inveterate del diaframma, le aderenze che sicuramente si saranno<br />

formate nel pacchetto di visceri addominali prolassati nel torace faranno, logicamente,<br />

preferire la via toracotomica.<br />

47


INFEZIONI DELL’ESOFAGO<br />

Le forme acute possono essere causate da piogeni, magari associati con anaerobi,<br />

pneumococchi, bacilli difterici e, talvolta, anche a germi del tifo.<br />

L’infezione parte dall’interno del lume esofageo e può trovare la sua origine<br />

attorno ad un corpo estraneo, ad una causticazione, magari ad un cancro, oppure si può<br />

propagare all’esofago partendo da un organo contiguo malato, per esempio da una<br />

faringite, da un’osteite vertebrale oppure l’infezione può raggiungere l’esofago per via<br />

ematica, durante una sepsi conclamata o durante una pioemia.<br />

Condizioni come il diabete e stati cachettici sono predisponenti.<br />

Dal punto di vista dell’anatomia patologica, il processo può fermarsi al livello di<br />

un’esofagite catarrale o suppurativa, può estendersi in profondità come un flemmone<br />

parietale o, infine, localizzarsi al di fuori dell’esofago come flemmone periesofageo.<br />

La sintomatologia, da un punto di vista generale, sarà quella di una tossiemia più o<br />

meno grave, associata a disturbi disfagici, anch’essi più o meno gravi.<br />

Una tumefazione del collo, un torcicollo, dolori alla palpazione locale - i segni del<br />

flemmone cervicale - oppure i segni di una mediastinite denunceranno la presenza del<br />

flemmone periesofageo. Si tratta, in questi casi, di forme severe, con un quadro clinico<br />

di febbre più o meno elevata, tachicardia, obnubilazione del sensorio e contrazione della<br />

diuresi, nel cui contesto i disturbi disfagici possono essere sottovalutati o non considerati<br />

come l’elemento diagnostico essenziale.<br />

La terapia sarà conservativa nelle forme limitate alla parete esofagea e consisterà in<br />

una massiccia somministrazione di antibiotici. Raccolte purulente parietali possono<br />

essere svuotate per via endoscopica, ma sarà necessario un drenaggio chirurgico nel<br />

caso di un flemmone periesofageo, sia se nella forma di flemmone del collo che in<br />

quella di flemmone mediastinico. Sono questi i casi in cui una temporanea gastrostomia<br />

a scopo alimentare dovrà essere pure considerata.<br />

Le forme croniche (ove si escludano le esofagiti da reflusso o le forme carenziali<br />

tipo Plummer-Vinson, di competenza internistica, così come le forme da candidiasi)<br />

sono piuttosto rare. Esse hanno un’eziologia prevalentemente legata alla sifilide, alla<br />

tubercolosi e all’attinomicosi.<br />

La sifilide può interessare l’esofago già nella sua fase secondaria, con placche<br />

mucose, ma sono le forme gommose quelle che si riscontrano più spesso a carico di<br />

questo viscere.<br />

La sede preferita di queste gomme è al livello dei restringimenti fisiologici<br />

dell’esofago.<br />

Siccome il destino di queste gomme è, col tempo, quello di provocare stenosi,<br />

saranno i segni della stenosi (scialorrea, progressiva e ingravescente disfagia, rigurgito)<br />

a richiamare l’attenzione.<br />

La radiologia ci darà un quadro simile ad un tumore, per cui, la diagnosi di certezza<br />

ce la darà soltanto una biopsia, prelevata per via endoscopica. Naturalmente, questi<br />

malati avranno tutta la costellazione sintomatologia propri della sifilide, con positività<br />

delle relative prove sierologiche e biologiche.<br />

Quando ci si trova di fronte a questi malati, occorre però che il nostro agire<br />

diagnostico sia costantemente guidato da un pensiero assai critico: la gomma luetica<br />

dell’esofago è rarissima, addirittura eccezionale, mentre il cancro dell’esofago è<br />

frequente, per cui, prima di accettare come definitiva una diagnosi di gomma luetica<br />

dell’esofago, anche in un paziente con tutti i presupposti necessari per questa affezione,<br />

ci si deve sempre ricordare che il cancro dell’esofago può colpire anche un luetico!<br />

La terapia di questa lesione, all’inizio, si avvarrà del trattamento antiluetico<br />

classico, mentre le eventuali stenosi residue, saranno trattate come le stenosi esofagee di<br />

natura benigna.<br />

48


La tubercolosi dell’esofago è una lesione pure piuttosto rara, ma che possiamo<br />

incontrare. I bacilli tubercolari possono impiantarsi nell’esofago durante la deglutizione<br />

di escreti infetti oppure arrivarci per via ematica, linfatica o per invasione diretta<br />

proveniente o da un focolaio vicino di adenite tubercolare mediastinica o da un ascesso<br />

freddo vertebrale.<br />

Per quanto riguarda i rapporti fra l’anatomia patologica e la clinica, esistono forme<br />

ulcerose, la cui sintomatologia ripete quella di un’esofagite banale, e forme ipertrofiche<br />

che si manifestano con segni di stenosi.<br />

Il quadro clinico generale del malato e i reperti radiografici faranno sospettare la<br />

diagnosi, ma la certezza diagnostica la darà soltanto la biopsia.<br />

La terapia sarà quella generale della tubercolosi che, qualche volta, dovrà essere<br />

seguita dal trattamento della stenosi subentrante (l’infezione tubercolare guarisce per<br />

fibrosi) mediante dilatazioni, se necessario dopo aver applicato una gastrostomia<br />

temporanea di alimentazione. Qualche volta si dovrà ricorrere a resezioni esofagee<br />

segmentarie.<br />

Una terza malattia cronica dell’esofago è una malattia che qui in Somalia si vede<br />

spesso nelle sue localizzazioni più comuni a carico degli arti inferiori: l’actinomicosi,<br />

che può impiantarsi sulla parete esofagea con l’ingestione di materiale infetto o, anche<br />

se raramente, per contiguità da una tiroide, dalla faringe o da altra localizzazione nel<br />

collo.<br />

Inizialmente sottomucosa, la malattia si può poi estendere in superficie ed<br />

profondità, invadendo rapidamente gli spazi periesofagei e, quindi, provocando, a<br />

seconda dei casi, flemmoni del collo, flemmoni del mediastino e, perfino, un’invasione<br />

della pleura e del polmone.<br />

La malattia predilige il tratto superiore dell’esofago.<br />

In una fase avanzata, il malato presenta numerose fistole, da cui geme pus contenente<br />

i caratteristici granuli. Mentre, all’inizio, la sintomatologia è scarsa, questa<br />

diventa seria nelle fasi più avanzate della malattia, soprattutto per le complicanze, tra le<br />

quali è difficile avere la formazione di stenosi.<br />

La diagnosi è facile quando si vedono i caratteristici granuli neri nel pus o nei<br />

preparati istologici.<br />

La terapia è assai deludente. Infatti, mentre in letteratura vengono vantati i<br />

favorevoli effetti degli ioduri ad alte dosi, del timolo, di certi sulfamidici ed antibiotici,<br />

nella realtà constatiamo ogni giorno la troppo frequente incurabilità dell’actinomicosi,<br />

specialmente di quella a granuli neri, così frequente in Somalia e che vediamo di più a<br />

carico gli arti inferiori, ove attacca ed escava rapidamente l’osso, imponendo per lo più<br />

amputazioni non certo economiche, ma in territorio sicuramente sano.<br />

FERITE DELL’ESOFAGO<br />

L’esofago può essere ferito da agenti vulnerati agenti sia dall’esterno verso<br />

l’interno, sia dall’interno verso l’esterno. Nel primo caso si può trattare di ferite da arma<br />

bianca o da arma da fuoco, nel secondo caso di perforazioni che avvengono dall’interno<br />

del lume, per corpi rigidi introdotti in esofago per scopi spettacolari (mangiatori di<br />

spade) o per alienazione mentale, oppure durante manovre endoscopiche. Parliamo, in<br />

questi casi, di perforazioni traumatiche e di perforazioni strumentali.<br />

La sintomatologia varia da caso a caso. Nelle ferite traumatiche dell’esofago<br />

cervicale (specie se da arma bianca) la lesione esofagea riveste un’importanza<br />

secondaria e il quadro clinico sarà dominato dalle lesioni della trachea e dei grossi vasi<br />

del collo che, quasi sempre, vi si associano.<br />

49


Anche nelle ferite dell’esofago toracico (per lo più da arma da fuoco) la lesione<br />

esofagea riveste un’importanza subordinata, se messa in rapporto con le altre lesioni<br />

eventualmente provocate dal proiettile a carico degli altri organi endotoracici. In questi<br />

casi di lesioni associate, una compromissione dell’esofago po’ essere addizionalmente<br />

sospettata quando ci sia una disfagia particolarmente dolorosa ad ogni tentativo di<br />

deglutizione, sia pure della sola saliva, un rigurgito di saliva sanguinolenta, un enfisema<br />

mediastinico emergente più o meno presto al giugulo e alla base del collo, talora tanto<br />

esteso nel mediastino fino a provocare addirittura un timpanismo alla percussione sullo<br />

sterno.<br />

Si tratta però di segni infedeli e poco valorizzabili, se non altro per lo stato di shock<br />

del paziente.<br />

L’esofago sottodiaframmatico è raramente interessato da solo e la lesione si<br />

manifesta con i segni della peritonite.<br />

Dal punto di vista della terapia, nelle lesioni esofagee cervicali, sarà l’emorragia<br />

che reclamerà urgentemente la nostra attenzione. Una volta dominata questa, è bene<br />

riparare subito, se solo tecnicamente possibile, anche la ferita dell’esofago vera e<br />

propria, per sutura primaria. L’intervento va sempre concluso con un’abbondante<br />

irrigazione per decontaminare meccanicamente il campo operatorio e si chiuderà sempre<br />

drenando gli spazi periesofagei, magari anche con un’irrigazione-drenaggio. Nel caso si<br />

formasse una fistola, questa andrà trattata secondariamente.<br />

Difficile è, talvolta, la decisione sul da farsi in caso di ferite da punta del collo,<br />

senza evidente emorragia. È incredibile il numero di casi con questo tipo di lesione che<br />

osserviamo, nei quali l’arma lesiva è passata fra organo e organo, senza ledere nulla di<br />

vitale! Tuttavia, siccome è impossibile avere la certezza clinica che ciò sia accaduto<br />

anche nel caso che abbiamo per le mani, l’esplorazione chirurgica della lesione è sempre<br />

obbligatoria. Infatti, una lesione puntiforme dell’esofago non esplorata e, quindi, non<br />

riconosciuta e non trattata, darà quasi ineluttabilmente luogo a gravi complicanze<br />

suppurative (flemmoni cervicali) con facile evoluzione mortale, per cui il gioco<br />

d’azzardo non vale la candela.<br />

Le ferite dell’esofago toracico verranno trattate per via toracotomica, mentre una<br />

laparotomia si imporrà nelle lesioni dell’esofago addominale.<br />

Come detto, l’esofago può essere leso anche dall’interno, sia per l’azione di oggetti<br />

lesivi comunque introdotti nel lume esofageo, sia secondariamente per decubito<br />

provocato da corpi estranei incarcerati nell’esofago.<br />

Anche manovre mediche possono portare alla perforazione del viscere, specie se<br />

eseguite maldestramente (perforazioni strumentali o iatrogene).<br />

In questi casi, si tratta di perforazioni uniche ed isolate, per lo più non interessanti<br />

organi circonvicini. Anche in questi casi la sintomatologia sarà in rapporto con la sede<br />

della lesione e consisterà in dolorabilità alla pressione sulla regione anteriore del collo<br />

(nelle perforazioni dell’esofago cervicale); dolore retrosternale, disfagia e, dopo qualche<br />

tempo, enfisema mediastinico che rapidamente risale al collo (nelle perforazioni<br />

dell’esofago toracico); peritonite (nelle perforazioni dell’esofago sottofrenico).<br />

La terapia di queste lesioni è chirurgica e urgente, benché in qualche caso di<br />

piccolissima lesione dell’esofago mediastinico si possa tentare una terapia d’attesa, sotto<br />

protezione antibiotica. È chiaro che quest’ultimo atteggiamento è estremamente pericoloso<br />

e, se costretti da cause contingenti a sceglierlo, lo si può fare solo a patto che il<br />

paziente si trovi in un ambiente dove sia possibile intervenire chirurgicamente con un<br />

brevissimo preavviso.<br />

50


Nel corso di ulcerazioni gravi dell’esofago, specialmente se neoplastiche, si<br />

possono verificare delle perforazioni patologiche, che possono essere o spontanee o<br />

dovute ad un evento lesivo inadeguato. Queste perforazioni possono avvenire nel<br />

mediastino, in cavo pleurico, in un bronco principale (che è, per lo più, il sinistro), in<br />

trachea o, addirittura, nell’aorta, e richiedono una terapia chirurgica immediata.<br />

CORPI ESTRANEI NELL’ESOFAGO<br />

L’ingestione di un corpo estraneo nell’esofago rappresenta un evento piuttosto<br />

comune che, però, raramente crea gravi problemi, perché in circa il 90% dei casi, il<br />

corpo estraneo ingerito attraversa senza danni il tubo digerente e viene eliminato con le<br />

feci.<br />

L’ingestione di corpi estranei è un incidente che avviene senza differenze<br />

statistiche fra uomini e donne e viene osservata prevalentemente, nei bambini e negli<br />

adulti oltre i 50 anni (ingestione accidentale di protesi dentarie). I portatori di protesi<br />

dentarie costituiscono la categoria più a rischio, per due motivi: per la sempre latente<br />

possibilità che sia la stessa protesi mobile a dislocarsi e perché la porzione di protesi che<br />

ricopre la volta palatina può impedire al paziente di sentire in bocca la presenza di un<br />

corpo estraneo, arrivato nel cavo orale accidentalmente, magari perché mescolato al<br />

cibo.<br />

La maggior parte dei corpi estranei, a meno che non sia di dimensioni non<br />

ingombranti, si arrestano in corrispondenza dei restringimenti naturali dell’esofago, ma,<br />

particolarmente, al livello della giunzione faringo-esofagea (80% dei casi) e della<br />

giunzione esofago-cardiale (10% dei casi). Quando il corpo estraneo si arresta ad altre<br />

altezze dell’esofago, è lecito sospettare che l’arresto sia avvenuto al livello di una preesistente<br />

stenosi locale.<br />

La presenza di un corpo estraneo, per lo più, non provoca danni locali, ma, nel 10-<br />

12% dei casi, può produrre decubiti anche profondi che, talora, conducono ad una<br />

perforazione della parete esofagea,con tutte le conseguenze che abbiamo già viste.<br />

Quando si vedono questi malati, è importantissimo cercare di capire la natura del<br />

corpo estraneo e come è stato possibile ingerirlo.<br />

La sintomatologia dell’ingestione di corpi estranei di una certa dimensione, può<br />

consistere in disfagia e odinofagia alla deglutizione. Altri segni che si hanno quando c’è<br />

stata una perforazione possono essere enfisema sottocutaneo della regione cervicale,<br />

iperpiressia con brivido e, persino, quadri di shock settico, quando la perforazione è<br />

seguita da mediastinite grave.<br />

Nel caso di ingestione di oggetti radio-opachi, la radiologia può dare utilissime<br />

informazioni. Nell’esaminare questi radiogrammi, non bisogna concentrare la propria<br />

attenzione all’evidente aspetto del corpo estraneo, ma si cercheranno anche segni di<br />

un’eventuale perforazione, come bolle d’aria pre-vertebrali, enfisema sottocutaneo o<br />

mediastinico, pneumotorace, versamento pleurico.<br />

Una diretta dell’addome, può indicare che il corpo estraneo radio-opaco ha,<br />

finalmente, oltrepassato il cardias e ne può far seguire il progresso.<br />

Nel caso di oggetti radio-trasparenti, bisogna cercare di ottenere una diagnosi<br />

visuale, cominciando con una laringoscopia indiretta e proseguendo poi, se necessario,<br />

con un’esofagoscopia (attenzione a non provocare una perforazione esofagea iatrogena,<br />

cosa tanto facile nel tentativo di rimuovere protesi dentarie fornite di ganci che possono<br />

perforare la parete esofagea, da consigliare in molti di questi casi una rimozione<br />

chirurgica per cervicotomia o toracotomia, senza neppure provare per via endoscopica!).<br />

Rimarrà all’inventiva del radiologo esperto il cercare di localizzare il corpo<br />

estraneo radiotrasparente mediante l’uso oculato di mezzi radio-opachi liquidi,<br />

preferibilmente idrosolubili.<br />

51


Una volta posta la diagnosi di corpo estraneo in esofago con sicurezza o con un<br />

ragionevole sospetto, dobbiamo ospedalizzare il malato, che andrà coperto con<br />

antibiotici, nel caso ci si possa aspettare una perforazione, associando sedativi ed<br />

ansiolitici.<br />

Quasi sempre si riesce a rimuovere un corpo estraneo esofageo con manovre<br />

endoscopiche, ma, in presenza di una perforazione, occorre operare d’urgenza per<br />

asportare il corpo estraneo e per riparare la perforazione.<br />

ROTTURE DELL’ESOFAGO<br />

La sede così profonda dell’esofago spiega come la rottura traumatica dell’esofago<br />

possa essere provocata solo da traumatismi del torace talmente gravi, da causare per lo<br />

più la morte del paziente, sia per il complesso delle lesioni organiche subite che per lo<br />

shock associato. In questi casi di decesso immediato, all’autopsia si trova che al danno<br />

esofageo sono associati danni del tipo di lacerazioni pleuriche, infiltrazione emorragica<br />

mediastinica, rottura del diaframma, fratture costali multiple, lesioni di altri organi<br />

endotracici.<br />

Con la diffusione dell’endoscopia anche a quest’organo, si sono cominciate a<br />

vedere delle perforazioni iatrogene dell’esofago in corso di esofagoscopia e, con<br />

l’ulteriore diffondersi della metodica, ci si può sicuramente attendere un aumento di<br />

queste perforazioni strumentali.<br />

Anche per queste, ci si dovrà aspettare una maggiore facilità nelle zone dei<br />

restringimenti naturali dell’esofago o in restringimenti acquisiti, per cui, nell’accingersi<br />

a queste metodiche diagnostiche e terapeutiche, bisognerà tenere sempre ben presente il<br />

rischio di perforazione e raddoppiare l’attenzione, almeno finchè non si è acquisita una<br />

sufficiente esperienza ed un adeguato “senso dei tessuti”.<br />

Oltre alle rotture esofagee da traumi esterni del torace, si conoscono anche rotture<br />

spontanee dell’esofago, lesioni assai rare, che possono prodursi in seguiti ad una<br />

distensione del viscere tanto brusca e tanto forte da riuscire a fissurarne la parete. Non<br />

sappiamo se questo tipo di lesione possa prodursi anche in esofagi completamente<br />

normali o se invece essa non richieda una qualche abnorme fragilità della parete<br />

esofagea come elemento predisponente.<br />

In questi casi, il brusco aumento della pressione all’interno del lume esofageo<br />

capace di raggiungere un’intensità sufficiente alla rottura può essere causato da conati di<br />

vomito particolarmente violenti, una cosa a cui sembrano essere predisposti gli<br />

alcoolisti, specie se in stato di ubriachezza. Sono stati descritti casi in cui .la rottura<br />

dell’esofago è avvenuta in concomitanza con lo sforzo di defecare.<br />

L’anatomia patologica di queste vere e proprie lesioni da scoppio dell’esofago è<br />

rappresentata da un fissurazione lineare , variabile per lunghezza da 1 a 8 centimetri che<br />

interessa l’esofago distale, poco al di sopra dello iato esofageo. Raramente la rottura è<br />

trasversale e raramente questa interrompe completamente la continuità del viscere.<br />

La sintomatologia è costituita da un improvviso e violento dolore irradiato<br />

all’epigastrio, al dorso, alla base del torace (più a destra che a sinistra),naturalmente con<br />

tutti i segni dello shock. Come detto, questa improvvisa sintomatologia viene scatenata,<br />

per lo più, da un violento sforzo di vomito, che, all’atto della rottura, produce un’improvvisa<br />

ed acuta colorazione emorragica del vomito. Ben presto si sviluppa un<br />

enfisema mediastinico che, poco dopo, si può propagare, come di solito suole accadere,<br />

alla base del collo. Talvolta si può anche avere un pneumotorace, quando, alla rottura<br />

dell’esofago, si associa anche la rottura della pleura mediastinica.<br />

È frequente una difesa epigastrica tale da simulare una perforazione gastrica.<br />

52


All’esame radiologico, sarà evidente sia l’enfisema mediastinico, sia il fluire del<br />

mezzo di contrasto idrosolubile (mai usare quello baritato!) nel mediastino.<br />

Questa grave lesione è rapidamente mortale per via della fatale evoluzione in<br />

mediastinite purulenta e va operata con la massima urgenza.<br />

La terapia consiste nella sutura del viscere, nella toletta chirurgica degli spazi<br />

periesofagei contaminati da combinare con una accurata e abbondante irrigazione e nel<br />

drenaggio di questi spazi. È utile la copertura con antibiotici a largo spettro, ma questa<br />

non potrà mai sostituire l’intervento chirurgico.<br />

53


LESIONI ESOFAGEE DA CAUSTICI<br />

Queste lesioni possono avvenire per ingestione di liquidi caustici, sia accidentale,<br />

sia deliberata a scopo di suicidio o per insanità mentale.<br />

Le sostanze di volta in volta incriminate sono molteplici: sostanze acide come<br />

acido solforico, acido cloridrico, acido fenico, eccetera. Frequente è in Somalia<br />

l’ingestione di varecchina, specie da parte di bambini, perchè essa è frequentemente<br />

disponibile nelle case in comuni bottiglie di vetro che possono apparire, al bambino o<br />

alla persona assetata e distratta, come contenenti acqua da bere.<br />

La gravità delle lesioni sta, logicamente, in rapporto con la quantità del liquido<br />

ingerito oltre che con la concentrazione del caustico. Questo manifesta la sua lesività<br />

non solo a carico dell’esofago, ma anche mentre passa per la bocca, per il faringe e<br />

quando raggiunge lo stomaco. Le lesioni esofagee saranno, ovviamente più gravi nelle<br />

zone dei restringimenti esofagei fisiologici, ma è di solito nel tratto sovracardiale che<br />

avvengono i danni più gravi, a causa del momentaneo arresto fisiologico del materiale<br />

deglutito in questa sede, prima dell’apertura del cardias.<br />

Lo shock che viene immediatamente evocato dall’ingestione del caustico può<br />

essere mortale. Localmente si avrà edema della glottide o anche emorragia. La morte si<br />

può anche avere per mediastinite da perforazione dell’esofago o per perforazione dello<br />

stomaco.<br />

Quando la lesione non risulta immediatamente mortale, dopo qualche giorno si<br />

avrà la caduta delle escare che metteranno allo scoperto vaste zone granuleggianti, la cui<br />

guarigione avverrà per cicatrice. La cicatrice sarà tanto più rigida e stenosante, quanto<br />

più la causticazione sarà arrivata in profondità, nel contesto delle tuniche muscolari<br />

esofagee.<br />

Alla fase acuta, immediatamente dopo l’ingestione del caustico, segue una fase<br />

intermedia o pre-stenotica in cui, la mancanza di sintomi seri, può simulare al malato<br />

una guarigione, data la progressiva attenuazione della disfagia dolorosa presente nei<br />

primi giorni e la possibilità di deglutire sempre meglio i cibi solidi. Questa fase può<br />

durare varie settimane, talora mesi, raramente anche anni.<br />

In una terza fase o fase stenotica, si riaffacceranno i disturbi della deglutizione<br />

sotto forma di disfagia progressiva, prima per i solidi e poi,gradualmente, anche per i<br />

liquidi, con tutto il corteo sintomatologico del ristagno in esofago, che è costituito, come<br />

sappiamo, da scialorrea intensa, rigurgito e ruminazione. Questi fenomeni ad intensità<br />

progressiva sono dovuti alla stenosi che si fa sempre più serrata, col progredire della<br />

retrazione cicatriziale<br />

La terapia varierà a seconda del momento in cui vedremo il malato.<br />

In fase acuta, il provvedimento d’urgenza sarà quello di neutralizzare il caustico,<br />

rimuoverlo dalle altre vie digestive, combattere lo shock, sorvegliare la pervietà della<br />

glottide alla respirazione. Si faranno bere soluzioni leggermente alcaline, nel caso<br />

dell’ingestione di acidi, o viceversa o, non essendo sicuri della natura del liquido<br />

patogeno, si potrà somministrare latte diluito. Ottima cosa è di provvedere allo<br />

svuotamento e al lavaggio dello stomaco, mediante sondino gastrico. Bisogna essere<br />

pronti a garantire la pervietà della glottide mediante intubazione endotracheale e<br />

somministrando anche farmaci antireattivi contro l’edema<br />

Lo shock si curerà con adatta terapia infusionale, mentre con gli antibiotici ci si<br />

opporrà a complicazioni settiche.<br />

Le possibili emorragie, all’atto della caduta delle escare, potranno richiedere la<br />

trasfusione di sangue, che occorre, pertanto, sempre tenere pronto anziché mettersi a<br />

cercarlo nel momento in cui serve (la nostra banca del sangue non è molto ricca!)<br />

tenendo presente che il momento di questa caduta non è esattamente prevedibile.<br />

54


A seconda delle condizioni dell’esofago, si dovrà qualche volta ricorrere ad una<br />

gastrostomia da alimentazione.<br />

Durante la seconda fase, si terrà il paziente sotto costante controllo allo scopo di<br />

contrastare l’insorgenza di stenosi, mediante il tempestivo, cauto, oculato e prudente uso<br />

di dilatatori.<br />

Quando il malato capita alla nostra osservazione durante la terza fase o fase<br />

stenotica, allora si dovrà sempre tentare una dilatazione retrograda attraverso una<br />

gastrostomia, qualora si riesca a far scendere un filo guida dalla bocca allo stomaco. I<br />

dilatatori di Tucker o simili potranno essere in questi casi di grande utilità. Anche se non<br />

lo abbiamo trovato in letteratura, per quanto possibile fare con completezza queste<br />

ricerche da Mogadiscio, abbiamo usato in un nostro caso un metodo che ci è sembrato<br />

promettente,, usando il palloncino esofageo di un catetere a doppio pallone di<br />

Sengstaken-Blackmore (figura 12) come dilatatore graduale, intermittente e progressivo.<br />

Nelle stenosi serrate, invece, si sarà costretti a ricorrere ad interventi chirurgici con<br />

uno dei metodi di esofagoplastica, che studieremo a proposito della terapia chirurgica<br />

del cancro dell’esofago.<br />

Nell’effettuare un’esofagoplastica in questi malati, anzichè effettuare un semplice<br />

by pass, è prudente eseguire sempre e comunque un’esofagectomia, perchè le lesioni<br />

anatomiche da caustici si comportano spesso come lesioni precancerose.<br />

55


NEOPLASIE DELL’ESOFAGO<br />

TUMORI BENIGNI<br />

Sono lesioni rare che traggono origine un po’ da tutti i differenti tessuti che<br />

costituiscono la struttura istologica dell’esofago. Possiamo quindi incontrare fibromi,<br />

miomi, lipomi, papillomi, angiomi, cisti da ritenzione e cisti dermoidi.<br />

Microscopicamente, questi tumori possono essere sessili, intraparietali (come i<br />

leiomiomi) o peduncolati.<br />

Fra questi tumori, il leiomioma è di gran lunga il più frequente. Esso si localizza in<br />

preferenza nell’esofago distale, può raggiungere anche la grandezza di un pompelmo di<br />

medie dimensioni, può infiltrare anche a manicotto completo o incompleto l’esofago,<br />

stenosandolo. Di solito, con questo tumore, la mucosa esofagea è normale, ma questa<br />

può ulcerarsi se erniata nello stomaco attraverso il cardias.<br />

La sintomatologia dei tumori benigni dell’esofago è scarsa all’inizio, quando il<br />

tumore è di piccole dimensioni. In seguito si avranno i sintomi di stenosi che già<br />

conosciamo: disfagia, scialorrea, eventuale anemia da stillicidio cronico, quando<br />

subentra un’ulcerazione della mucosa.<br />

Difficile è la diagnosi e, specialmente impegnativa è la diagnosi differenziale col<br />

cancro, che sarà inizialmente indirizzata dalla radiologia, in cui il radiologo accorto sarà<br />

indirizzato dalla constatazione di una preservata e normale elasticità e peristalsi della<br />

parete esofagea al di fuori della zona invasa.<br />

La diagnosi di certezza sarà però quella bioptica.<br />

La terapia delle neoplasie benigne dell’esofago è chirurgica e consisterà<br />

nell’asportazione del tumore quanto più possibilmente economica e rispettosa<br />

dell’esofago normale. Questa asportazione, a seconda dei casi, si potrà fare per via<br />

endoscopica o gastrotomica nei casi ad estensione particolarmente limitata, oppure, più<br />

frequentemente, per via toracotomica.<br />

La prognosi è buona anche nei casi più estesi, aggrediti per via toracotomica, sia<br />

per la benignità della lesione, sia perché spesso non è neppure necessario eseguire una<br />

resezione esofagea ed il tumore può essere dissecato dalla parete seguendo un clivaggio<br />

anatomicamente ben definito. È comunque di capitale importanza non prendere per<br />

benigno un tumore maligno, perché questo errore farebbe perdere, in caso di malignità,<br />

del tempo prezioso. Pertanto, il medico prudente, considererà sempre come maligne<br />

tutte le neoplasie dell’esofago fino a prova istologica contraria e provvederà all’invio di<br />

questi malati in ospedale sempre con la massima urgenza.<br />

TUMORI MALIGNI<br />

Le neoplasie maligne dell’esofago possono essere sarcomi, ma quasi sempre si<br />

tratta di carcinomi. Il carcinoma dell’esofago rappresenta la più grave e, purtroppo, la<br />

più frequente malattia dell’esofago.<br />

Esiste la netta impressione che il carcinoma dell’esofago sia in Somalia assai più<br />

frequente che altrove, ma sarà necessario che accurati studi statistici confermino o<br />

smentiscano questa osservazione con cifre inconrovertibili.<br />

Il cancro dell’esofago predilige gli uomini, senza però del tutto risparmiare le<br />

donne. In Europa esso è più frequente verso i 50-60 anni di età, ma questa età va<br />

anticipata in Somalia di una quindicina di anni.<br />

La sede più frequente è fra terzo medio e terzo inferiore, secondo i dati classici<br />

della letteratura internazionale, mentre le osservazioni cliniche fatte all’Ospedale<br />

Generale di Mogadiscio danno la netta impressione che in Somalia tale neoplasia<br />

prediliga la zona del restringimento aortico dell’esofago.<br />

56


Sempre secondo i dati classici della letteratura internazionale, la localizzazione nel<br />

tratto terminale dell’esofago segue immediatamente, per frequenza, mentre più rare sono<br />

le localizzazioni ad altre altezze. Il materiale ospedaliero osservato qui in Somalia,<br />

ancora una volta, non conferma il dato classico, perché qui da noi, la localizzazione del<br />

cancro nell’esofago terminale è da considerarsi del tutto eccezionale.<br />

L’etiopatogenesi del cancro dell’esofago è, come sempre nelle neoplasie, scarsamente<br />

nota. Esistono sicuramente delle lesioni predisponesti, come le leucoplachie, le<br />

alterazioni sovvertenti la struttura microscopica della parete esofagea, le irritazioni<br />

croniche chimiche o fisiche, fenomeni che vanno di pari passo con varie affezioni, come<br />

le stenosi da caustici, l’esofagite da reflusso di lunga durata, le infiammazioni croniche<br />

nel megaesofago e nei diverticoli. Ma perché il cancro dell’esofago è così frequente in<br />

Somalia, al punto che mai avvenga, nel corso dell’anno, di non averne ogni giorno<br />

almeno un caso, ma, generalmente, più di uno, in corsia? Questo è un quesito a cui, in<br />

mancanza di probanti ricerche statistiche, possiamo rispondere solo con supposizioni,<br />

più o meno ragionevoli, ma certo non con dimostrazioni inequivocabili.<br />

Anzitutto va detto che potrebbe trattarsi di una falsa impressione acquisita<br />

lavorando all’Ospedale Generale di Mogadiscio, nel quale è indubbio che tutti questi<br />

casi si vadano concentrando, trattandosi dell’ospedale più importate di tutto il Paese e<br />

l’unico dove questa malattia viene trattata.<br />

È noto da lungo tempo che in certi Paesi dell’estremo Oriente gli uomini andassero<br />

soggetti al cancro dell’esofago con una frequenza veramente notevole. Venne pure<br />

osservato nelle stesse regioni che le donne sembravano invece sensibilmente più<br />

immuni da questa malattia. Alcuni ricercatori misero in evidenza certe peculiari<br />

abitudini sociali ed alimentari, per ci l’uomo usava mangiare il suo pasto di riso bollente<br />

prima della donna, la quale,secondo la tradizione, assumeva il suo pasto solo quando<br />

l’uomo aveva finito di mangiare e quando, perciò, il riso si era raffreddato. Venne così<br />

postulata e verificata l’azione cancerogena dell’insulto termico ripetuto sulla mucosa<br />

esofagea. Qualcosa di analogo succede, in Somalia, col tè che i somali usano bere a<br />

temperature elevatissime e in grande quantità durante la giornata. Un’indagine sulle<br />

sostanze chimiche che vanno in infusone nel tè alla somala andrebbe pure intrapresa<br />

perché in Somalia il tè viene tradizionalmente preparato lasciando bollire a lungo, sia le<br />

foglie di tè, sia le molte e varie spezie che vi si usa aggiungere per profumare la<br />

bevanda, anziché versare per pochi minuti l’acqua bollente sulle foglie di tè e poi servire<br />

dopo aver filtrato il liquido (ciò che permette alla sola teina di andare in infusione).<br />

Sarebbe oltremodo interessante indagare chimicamente se nel tè preparato alla somala<br />

vadano in soluzione o si formino sostanze carcinogene. È una ricerca che qualcuno di<br />

voi dovrà pure farla, in futuro!<br />

La cognizione classica che il cancro dell’esofago colpisca di preferenza gli strati<br />

più poveri della popolazione, farebbe pensare ad un’azione favorente esercitata dalla<br />

cronica ipoalimentazione, con la conseguente ipovitaminosi, disvitaminosi e ipoproteinemia<br />

che questa comporta .<br />

Tutte le turbe trofiche della mucosa esofagea sembrano costituire un terreno<br />

favorente l’insorgenza del cancro dell’esofago, come accade, per esempio, nella<br />

sindrome di Plummer-Vinson da anemia sidero-penica (v. malattie mediche dell’esofago),<br />

che, per essere più frequente nella donna che nell’uomo e per la sua<br />

localizzazione alta spiega come, nella donna, il cancro dell’esofago sembri più<br />

frequentemente localizzato nell’esofago prossimale, rispetto all’uomo.<br />

Oltre che sede di cancro primitivo, autoctono, l’esofago può anche essere invaso da<br />

neoplasie primitive provenienti da organi circonvicini.<br />

Dal punto di vista dell’anatomia patologica, il cancro dell’esofago predilige di<br />

localizzarsi al livello dei restringimenti fisiologici naturali e dell’esofago distale (una<br />

57


prova di più che la sua origine riconosca anche un momento fisico-chimico, di una certa<br />

importanza?).<br />

Circa la metà dei cancri dell’esofago si localizzano, secondo i dati classici che,<br />

come abbiamo visto, sembrano essere difformi dalla realtà clinica somala, nella<br />

porzione distale del viscere, in posizione sia sopra che sottodiaframmatica, mentre il<br />

resto si distribuiscono inegualmente fra esofago medio ed esofago superiore. Per la<br />

Somalia, mancano, come detto, dati statistici inequivocabilmente probanti, sia perché<br />

molti pazienti decedono senza che siano mai stati osservati in un ospedale, sia per la<br />

mancanza in Somalia di un’anagrafe dei tumori. Ripetiamo però, che, in questo Paese, si<br />

ha la netta impressione di una distribuzione anatomo-topografica dei cancri dell’esofago<br />

totalmente difforme da quanto classicamente ritenuto, per una spiccata preferenza dei<br />

cancri dell’esofago da noi qui osservati a localizzarsi nella porzione esofagea in<br />

rapporto con l’arco aortico (restringimento aortico dell’esofago), per cui, quelli di voi<br />

che sono stati in sala operatoria pochi giorni fa ed hanno visto eseguire una dissezione al<br />

bisturi del grosso tumore che inglobava l’intero arco aortico, si sono trovati di fronte<br />

all’aspetto più tipico che questo cancro assume in Somalia.<br />

È un fatto che, nel materiale clinico dell’Ospedale Generale di Mogadiscio, non<br />

sono contenuti cancri della giunzione esofago-cardiale, mentre sono comunissimi i<br />

cancri del terzo medio e questo deve pure avere un significato che andrebbe ricercato<br />

mediante attente indagini epidemiologiche, che starà a voi di eseguire nel prossimo<br />

futuro.<br />

La maggior parte dei cancri dell’esofago è istologicamente del tipo di epitelioma<br />

malpighiano spino-cellulare, non infrequentemente cheratoblastico. Nell’esofago distale<br />

si hanno invece adeno-carcinomi, che traggono origine da ghiandole di tipo gastrico,<br />

eventualmente incluse nella mucosa esofagea distale. Altre volte il cardias viene<br />

interessato da dall’invasione verso l’alto di neoplasie francamente gastriche.<br />

Microscopicamente, il cancro dell’esofago può presentarsi come una neoplasia<br />

vegetante, infiltrante o ulcerativa.<br />

Il cancro dell’esofago presenta una spiccata tendenza a diffondersi rapidamente in<br />

lunghezza, sicchè, quando la stenosi rivela il tumore, questo avrà ormai già infiltrato<br />

un’estesa porzione del viscere. A questo punto, i linfonodi periesofagei saranno per lo<br />

più nettamente invasi. Questa infiltrazione linfatica, nelle forme a localizzazione<br />

cardiale e iuxtacardiale, interesserà in breve tempo anche i linfonodi della piccola curva<br />

dello stomaco, sicchè, in questi casi, il problema della radicalità chirurgica sarà anche e<br />

soprattutto un problema gastrico e l’esofagectomia richiederà anche una gastrectomia<br />

complementare.<br />

La sintomatologia del cancro dell’esofago è, all’inizio, vaga e consistente in<br />

passeggere disfagie. Solo in seguito comparirà una franca disfagia, costante nel tempo e<br />

sempre più grave, dapprima per i solidi, poi anche per i liquidi, disfagia che, in seguito,<br />

si accompagnerà a veri e propri dolori retrosternali. Questi malati sono pure tormentati<br />

dalla loro scialorrea e dai rigurgiti.<br />

L’invasione del plesso nervoso periesofageo spiega il fenomeno dei dolori irradiati<br />

al collo e al dorso di cui si lamentano alcuni di questi malati.<br />

La stenosi si farà progressivamente più serrata, fino al punto di non permettere più<br />

neppure il transito dei liquidi, sicchè tutta la saliva rifluisce dalla bocca e la scialorrea<br />

diviene per questi malati tanto insopportabile, quanto la fame.<br />

Nelle localizzazioni sopra-aortiche, l’invasione di uno o di entrambi i ricorrenti<br />

provocherà afonia oltre che aumentare i disturbi soggettivi da disfagia.<br />

Da un punto di vista generale, precoce e rapido è il dimagrimento, dovuto non<br />

soltanto alla neoplasia in sé, ma anche e soprattutto dall’impossibilità per il malato di<br />

alimentarsi. Specialmente nei nomadi, vediamo condizioni estreme di cachessia, perché<br />

58


questi malati, quando compare una disfagia per i solidi, passano ad un’alimentazione<br />

solo lattea, senza preoccuparsi del disturbo, sia perché nelle regioni in cui vivono non ci<br />

sono strutture sanitarie di alcun genere nè medici, sia per il loro senso di fatalismo, sia<br />

perché l’alimentazione lattea è loro congeniale e, magari, a causa di quest’abitudine,<br />

può loro sfuggire l’osservazione della fase di disfagia per i solidi! Questi pazienti ci<br />

giungono così in ospedale quando neppure i liquidi riescono a passare nello stomaco e<br />

quando il loro tumore ha oltrepassato da tempo ogni limite terapeutico di radicalità<br />

chirurgica.<br />

Ci si rende quindi conto del concetto che la disfagia è un disturbo che deve essere<br />

sempre preso molto sul serio, studiato a fondo subito e rapidamente chiarito perché va<br />

considerato, come ipotesi di lavoro e fino a prova contraria, segno di cancro e che<br />

questo concetto deve essere istillato in tutti i bambini che frequentano sia le scuole<br />

normali, che le scuole coraniche tenute da insegnanti nomadi!<br />

Per la diagnosi del cancro dell’esofago, la radiologia è un mezzo insostituibile.<br />

Mentre, nelle forme conclamate, la stenosi si imporrà come sintomo inequivocabile,<br />

nelle forme iniziali si osserverà magari soltanto un minimo difetto di riempimento o<br />

un’ulcerazione con un aspetto di rigidità della parete esofagea circostante. L’onda<br />

peristaltica, cioè, non si trasmetterà lungo il tratto di esofago adiacente al tumore.<br />

L’esofagoscopia sarà utile, all’inizio, per chiarire forme dubbie e, sempre, per<br />

ottenere la necessaria dimostrazione bioptica.<br />

Un semplice esame strumentale, la cosiddetta prova della sonda armata, che può<br />

essere fatto da qualsiasi medico pratico, al suo studio o dal malato, può dare utili indizi.<br />

Questa prova si esegue introducendo in esofago un sondino gastrico con la punta<br />

ricoperta da una garzetta opportunamente fissata con qualche punto. Se, ritirata la soda,<br />

si troverà la garzetta striata di sangue, la prova si intende positiva. La prova non è<br />

patognomonica, poiché altre condizioni possono fornire il sangue che strierà la garzetta,<br />

come per esempio, la presenza di varici esofagee, ma comunque il reperto va<br />

considerato come altamente suggestivo della presenza di un’ulcera nel contesto di una<br />

neoplasia maligna e porrà quindi l’indicazione ad inviare il malato in ospedale con la<br />

massima urgenza.<br />

Il destino naturale di un malato di cancro dell’esofago lasciato a se stesso è la<br />

morte per fame, prima che per cachessia neoplastica, dato che la stenosi esofagea, una<br />

volta divenuta serrata, non consentirà più alcuna forma di nutrimento.<br />

In certi casi, la morte può essere affrettata dalle complice settiche conseguenti alla<br />

perforazione del tumore nel mediastino o all’apertura di questo in un bronco, nella<br />

pleura o nel pericardio. Morti improvvise si possono avere anche per erosione dell’aorta<br />

da parte del tumore.<br />

Abbiamo già studiato in precedenza le conseguenze del rigurgito dall’esofago nelle<br />

vie aeree.<br />

Il destino terribile di questi malati può essere, almeno in parte, positivamente<br />

influenzato e lo po’ essere tanto più efficacemente, quanto più precoce è un’operazione<br />

capace di rendere di nuovo possibile l’alimentazione, oltre che di demolire il tumore.<br />

In stadi avanzati, quando una terapia radicale di demolizione è ormai tecnicamente<br />

impossibile, interventi più limitati permetteranno di garantire in qualche modo la<br />

possibilità per il paziente di nutrirsi e di non morire di fame, prima che di cachessia<br />

neoplastica.<br />

Il problema della terapia chirurgica del cancro dell’esofago non è tanto quello<br />

dell’esofagectomia, quanto quello della ricostruzione di una via alimentare, il più<br />

possibile “naturale” per far arrivare gli alimenti nello stomaco.<br />

I primi tentativi di cura chirurgica del cancro dell’esofago, consistettero<br />

nell’esofagectomia seguita dall’abboccamento del moncone esofageo cervicale al collo<br />

59


(esofago-cutaneostomia cervicale o fistola salivare), nella chiusura del cardias e nella<br />

creazione di una gastrostomia di alimentazione definitiva.<br />

In seguito, si pensò di creare un tubo pre-sternale a spese della cute (esofagoplastica<br />

cutanea pre-sternale).<br />

I cattivi risultati funzionali ed estetici fecero poi pensare all’utilizzazione<br />

dell’intero stomaco, che, previa mobilizzazione, viene trasferito nel torace per ricostruire<br />

così la continuità alimentare suturandolo alla faringe (gastro-esofagoplastica). Lo<br />

stomaco così mobilizzato continuerà a ricevere la sua irrorazione sanguigna attraverso i<br />

peduncoli vascolari distali e sarà portato in alto in posizione intratoracica (come si<br />

preferisce oggi) anziché in posizione sottocutanea pre-sternale (come si faceva quando<br />

questa metodica fu inaugurata).<br />

Col migliorare dell’esperienza chirurgica, anziché usare lo stomaco, altri visceri<br />

meno ingombranti sono stati usati, come il colon e anse intestinali digiunali.<br />

In tutti questi interventi, si cerca di sfruttare la distribuzione dei vasi nutritizi<br />

(peduncoli vascolari, in linguaggio chirurgico) in modo che la struttura viscerale<br />

trasferita nel torace al posto dell’esofago sia sufficientemente nutrita anche nella sua<br />

nuova sede, sia attraverso almeno uno dei suoi peduncoli vascolari artero-venosi che<br />

assicuri un sufficiente flusso e deflusso ematico, sia attraverso nuove anastomosi<br />

vascolari o combinando le due possibilità.<br />

In tempi relativamente recenti sono state sviluppate e rese utilizzabili alcune<br />

metodiche di tunnellizzazione dello stomaco, la più efficace e razionale delle quali<br />

sembra essere una metodica in cui si confeziona un tunnel con la grande curvatura dello<br />

stomaco che, previa splenectomia periferica, può essere abboccato all’esofago cervicale,<br />

rimanendo nutrito dall’asse vascolare “arteria splenica-gastroepiplooica sinistra”<br />

(operazione che va sotto il nome di Gavriliu, mostrata nelle figure 18 e 19, ma che fu<br />

già anticipata molti anni prima da Beck e Carrel). Nel nostro reparto, abbiamo provata<br />

questa metodica, ma senza diventarne entusiasti, perché essa necessita di un tempo<br />

operatorio lunghissimo per la confezione del tunnel da ruotare verso l’altro, esponendo<br />

così per lungo tempo il campo operatorio al rischio di contaminazione, a meno che non<br />

si abbiano a disposizione le lunghe pinze anastomotiche, disegnate ad hoc da Gavriliu,<br />

che, però, non sono dispo-nibili nel nostro ospedale.<br />

Un altro motivo per cui non siamo entusiasti per questa metodica è che essa, per<br />

conservare l’importantissima irrorazione fornita dall’arteria gastro-epiplooica sinistra,<br />

impone una splenectomia, ciò che va contro la filosofia del nostro reparto che è di<br />

conservazione ad ogni costo della milza, organo che, come avete visto anche<br />

recentemente, noi cerchiamo sempre di riparare, in caso di traumi, anche a costo di<br />

acrobazie di tecnica chirurgica.<br />

Nel caso del cancro della giunzione esofago-cardiale o, comunque, dell’esofago<br />

distale (che qui in Somalia è, praticamente inesistente) il discorso si complica perché,<br />

come detto, in questa sede, è precoce e costante l’invasione neoplastica dei linfonodi<br />

della piccola curvatura dello stomaco, sicchè la radicalità chirurgica dell’intervento<br />

può essere ragionevolmente garantita solo associando una gastrectomia totale<br />

all’esofagectomia.<br />

Queste operazioni possono essere eseguite in uno o due tempi, e, cioè, concludendo in<br />

una prima fase l’esofagectomia con l’abboccamento del moncone esofageo prossimale<br />

al collo (esofago-cutaneostomia cervicale) e lasciando una temporanea gastrostomia di<br />

alimentazione. La procedura ricostruttiva finale verrà effettuata in un secondo momento,<br />

cioè a trofismo del paziente migliorato mediante un’alimentazione ben condotta<br />

attraverso la gastrostomia.<br />

60


FIG. 18▲<br />

Tubulizzazione della grande curvatura<br />

dello stomaco. Il tubulo<br />

verrà irrorato dall’arcata vascolare<br />

gastro-eiplooica.<br />

FIG. 19►<br />

Schema dell’operazione di Gavriliu<br />

61<br />

FIG. 20: Preparazione del<br />

colon destro per l’esofagoplastica.<br />

La vascolarizzazione<br />

verrà garantita dalla mesenterica<br />

superiore. Attenzione:<br />

l’appendice va sempre asportata!<br />

I casi tecnicamente più complicati sono quelli in cui il cancro ha sede nell’esofago<br />

cervicale, perchè questi impongono estesi interventi al collo, al torace ed all’addome e


mobilizzazioni spesso al limite delle possibilità anatomiche per l’esecuzione di una<br />

esofagoplastica sicura.<br />

Nei casi in cui lo stadio della malattia non renda tecnicamente possibile l’esecuzione<br />

di un intervento demolitivo e ricostruttivo radicale, ci si dovrà accontentare di<br />

eseguire operazioni palliative, il cui scopo sarà quello di permettere al malato di<br />

alimentarsi, nel senso che si curerà la disfagia e la conseguente impossibilità di<br />

assumere cibi solidi o liquidi, anche se non la malattia neoplastica principale. La più<br />

semplice di queste è la gastrostomia che consiste, come sappiamo, nell’introduzione di<br />

un tubo di congruo diametro che, dall’esterno della parete addominale, penetri nello<br />

stomaco. Attraverso questo tubo sarà possibile introdurre alimenti d’ogni genere, purchè<br />

triturati, variamente mescolati e ridotti a uno stato semiliquido. Questo intervento si può<br />

benissimo eseguire in anestesia locale.<br />

In certi casi è possibile eseguire un cortocircuito anastomizzando, per esempio, il<br />

fondo gastrico con la dilatazione esofagea pre-stenotica. Si tratta però di tecniche non<br />

soddisfacenti sia per la facilità con cui la neoplasia può obliterare la nuova via, sia per la<br />

cattiva prognosi legata alla fragilità di questi malati ed alla precarietà delle suture.<br />

Molti Autori hanno costruito endoprotesi varie da forzare nel lume dell’esofago<br />

attraverso la stenosi tumorale, da lasciare a dimora con mezzi di fissazione vari. Si tratta<br />

di tubi di plastica con una svasatura ad imbuto prossimale (tubi di Celestin) oppure di<br />

tubi di para armati di una spirale d’acciaio che li rende non comprimibili (tubi di<br />

Häring) e noi li usiamo entrambi nel nostro reparto per quei pazienti nei quali non è<br />

assolutamente fattibile l’esofagectomia<br />

La radioterapia ha pure un suo ruolo nel trattamento del cancro dell’esofago, sia da<br />

sola, nei casi incurabili, sia in combinazione con la chirurgia, nei casi tecnicamente<br />

ancora operabili. I tumori dell’esofago toracico alto vengono da molti Autori irradiati<br />

prima dell’operazione demolitiva, mentre invece i tumori del terzo medio e distale<br />

dell’esofago toracico vanno irradiati soltanto quando se ne dimostri l’inoperabilità.<br />

In tempi recenti, è stata da più parti raccomandata una breve, ma massiva<br />

irradiazione pre-operatoria, che dovrebbe precedere l’intervento di 5-10 giorni.<br />

La terapia radiante vanta in certi casi stupefacenti remissioni anche con<br />

ricanalizzazione della stenosi e possibilità di ricominciare l’alimentazione per via<br />

normale. Si tratta però di remissioni della malattia e mai di guarigioni definitive.<br />

Purtroppo non abbiamo in Somalia alcuna attrezzatura radioterapica e questo limita<br />

notevolmente le nostre possibilità terapeutiche nella lotta contro le neoplasie.<br />

Nessuno dei farmaci antiblastici oggi a nostra disposizione è efficace nella terapia<br />

del cancro dell’esofago.<br />

La prognosi di questa malattia è, qualunque cosa si faccia, cattiva. Secondo i dati<br />

della letteratura internazionale, dalle sporadiche sopravvivenze a 5 anni nei cancri del<br />

terzo superiore dell’esofago, si va a circa il 15% di sopravvivenza nei casi a localizzazione<br />

nel terzo inferiore, passando per un misero 5% nel caso delle localizzazioni al<br />

terzo medio.<br />

Nel materiale clinico dell’Ospedale Generale di Mogadiscio, i risultati che abbiamo<br />

sono ancora peggiori, sia, come già detto, per la totale indisponibilità della terapia<br />

radiante, sia, principalmente, per l’estremo ritardo con cui questi malati arrivano alle<br />

nostre cure e cioè, di regola, quando si trovano in un’avanzata fase di stenosi serrata<br />

anche per i liquidi. Infatti, nessuno dei nostri malati ha mai superati i due anni di<br />

sopravvivenza dall’esofagectomia (come già detto, l’indicazione all’intervento, nei<br />

nostri casi, è stata sempre fortemente allargata ed eseguita, di solito, come mero<br />

trattamento palliativo anche in malati che, altrove, sarebbero stati giudicati inoperabili).<br />

Questo è particolarmente frustrante per noi, specialmente considerando che fra le 183<br />

esofagectomie con esofagoplastica, eseguite nel nostro reparto tra il 1966 e il 1969 e dal<br />

62


1971 ad oggi, per lo più, usando il colon destro (figura 20), come sapete, la mortalità<br />

peroperatoria è stata nulla, il che significa che, se potessimo trattare questi malati in<br />

tempo utile, il nostro ospedale potrebbe aspirare ad essere considerato un centro<br />

internazionale di eccellenza.<br />

Uno dei motivi di questi ottimi risultati tecnici è un piccolo, ma importante<br />

dettaglio di tecnica operatoria. La causa principale della deiscenza dell’anastomosi<br />

esofago-ileale è l’infarto del cieco e del moncone ileale e non l’insufficienza arteriosa,<br />

come molti credono. Infatti, se si osserva bene un cieco divenuto cianotico alla fine<br />

dell’anastomosi, si vedrà che le arteriole sono sempre ben pulsanti per cui, non è<br />

l’insufficienza arteriosa a creare problemi, ma l’infarto dovuto ad un insufficiente<br />

ritorno venoso, per cui, se si assicura il drenaggio venoso con un’anastomosi fra il<br />

tronco venoso ileo-colico, conservato, di proposito il più lungo possibile, ed una buona<br />

vena tiroidea, si vede che la cianosi scompare nel giro di pochi minuti, per cui, questa<br />

anastomosi venosa, nel nostro reparto viene eseguita di routine, in tutti i casi di<br />

esofagoplastica col colon destro usando, dopo i primi casi in cui fu eseguita con sutura<br />

manuale convenzionale, una pinza di Nakayama, che riduce il tempo tecnico dell’anastomosi<br />

a pochi minuti e garantisce sempre, con le due rondelle che rimangono indeformabili<br />

anche se sottoposte alla compressione esercitata dai tessuti circostanti, una<br />

completa beanza dell’anastomosi.<br />

Un altro motivo di mortalità peroperatoria in queste operazioni è, talvolta,<br />

l’arroganza del chirurgo che si prefigge sempre e comunque, di concludere la fase<br />

demolitiva e la fase ricostruttiva dell’intervento, in un solo tempo (cioè, nella stessa<br />

seduta), perché questo è “più elegante”, come un noto chirurgo ci disse una volta in<br />

Europa. Questi malati, specialmente qui in Somalia, sono sempre fortemente defedati e<br />

ipoprotidemici per via dalla loro insufficiente nutrizione. Essi non si trovano nelle<br />

migliori condizioni per sopportare lo shock di un grosso intervento, contemporaneamente,<br />

intratoracico e intraperitoneale, per cui noi preferiamo eseguire un<br />

intervento di l’esofagectomia e concludere l’operazione con una fistola temporanea<br />

esofago-cervicale ed una gastrostomia di alimentazione, rimandando, di regola, la<br />

mobilizzazione in torace del colon destro solo in un secondo momento, quando le<br />

condizioni trofiche del malato sono state decisamente migliorate da una ricca alimentazione<br />

attraverso la gastrostomia.<br />

Un terzo motivo che ci ha sempre evitato l’insorgenza di una mediastinite postoperatoria<br />

è che evitiamo con grande attenzione di contaminare il mediastino col<br />

passaggio del lume del moncone ileale beante, affondandolo prima del trasferimento al<br />

collo, proteggendolo con un condom sterilizzato e facendo sempre seguire il passaggio<br />

attraverso il torace da un’accurata detersione meccanica, ottenuta con un’abbondante<br />

irrigazione eseguita con soluzione fisiologica, o meglio, Ringer-lattato, contenente<br />

Hyalostop (una combinazione di neomicina, bacitracina e polifloretinfosfato, la stessa<br />

che usiamo nei lavaggi locali durante osteosintesi) e scartando e sostituendo senza<br />

compromessi, ogni strumento contaminatosi per contatto con superfici intraluminali.<br />

Come si è detto, i nostri risultati, in quanto a sopravvivenza, sono magri, ma<br />

sicuramente modificabili in futuro se si riesce a far leva sull’unico elemento sul quale,<br />

attualmente, non abbiamo alcun controllo: una migliore consapevolezza circa il<br />

possibile significato della disfagia nella popolazione, come premessa per una diagnosi<br />

precocissima ed una terapia tempestiva. Per ottenere ciò, non basta migliorare le<br />

strutture ospedaliere del Paese, perché, in fondo, concentrare questi malati all’Ospedale<br />

Generale di Mogadiscio non provoca significativi ritardi ed ha anche i suoi vantaggi,<br />

come quello di concentrare le esperienze dell’equipe di sala operatoria. Quello che<br />

servirebbe di più è un’attenta, capillare e continua opera di informazione e di educazione<br />

sulla disfagia, diretta agli strati meno evoluti e meno “cittadini” della popolazione,<br />

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parlando continuamente di queste cose, a cominciare dalle scuole elemen-tari e<br />

convincendo anche i maestri di Corano che seguono i pastori nomadi, ad insegnare a<br />

questi non solo la religione, ma anche a far capire a tutti l’importanza vitale di non<br />

sottovalutare la pericolosità di una disfagia e di consultare immediatamente un medico,<br />

al primo insorgere di questo disturbo.<br />

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