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Scarica qui la rivista in f.to Pdf (1,83 MB) - LietoColle

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per <strong>la</strong> giustificazione del dire <strong>in</strong> modi poetici, è stata revocata ormai def<strong>in</strong>itivamente <strong>in</strong> dubbio con<br />

mezzi che risultano analoghi a quelli impiegati nel raccon<strong>to</strong> di au<strong>to</strong>fiction - per esempio l‟uso dei<br />

tratti tipici di una voce „teatralizzata‟, che m<strong>in</strong>a con <strong>la</strong> sua carica di ironia-parodia <strong>la</strong> presunta nascita<br />

extras<strong>to</strong>rica del l<strong>in</strong>guaggio poetico.<br />

Ma se adesso, dopo aver evidenzia<strong>to</strong> le direttrici s<strong>to</strong>rico-sociologiche dell‟evoluzione del<strong>la</strong> poiesis,<br />

volessimo uscire da esse per considerare le <strong>in</strong>terpretazioni alternative, da quale assun<strong>to</strong> potremmo<br />

partire? Probabilmente sarebbe fruttuoso riprendere <strong>la</strong> nozione ce<strong>la</strong>niana che vede nell‟opera un<br />

„proget<strong>to</strong> esistenziale‟ <strong>in</strong> cui il poeta model<strong>la</strong> <strong>la</strong> sua vita: potremmo così considerare prima<br />

potenzialità del<strong>la</strong> poesia attuale quel<strong>la</strong> di essere <strong>in</strong> grado di impiegare l‟<strong>in</strong>sieme delle componenti<br />

cerebro-mentali e culturali, nel<strong>la</strong> loro reciproca <strong>in</strong>terazione. La significatività di questa dimensione<br />

del fare poetico potrà diventare tan<strong>to</strong> più evidente quan<strong>to</strong> più essa sarà <strong>in</strong> grado di ricreare una<br />

metaforicità di fondo, che scaturisca da una condizione <strong>in</strong> senso <strong>la</strong><strong>to</strong> genetica (nei nostri geni, ci<br />

dicono gli studiosi, sono conservati elementi che risalgono ai primordi dell‟umanità), ma poi assuma<br />

le componenti culturali (ovvero il patrimonio del<strong>la</strong> tradizione): queste ultime, come vedremo meglio,<br />

vanno allora <strong>in</strong>tese non come v<strong>in</strong>coli bensì come condizioni necessarie per <strong>la</strong> creazione di discorsi<br />

che risult<strong>in</strong>o dotati di semanticità pur sfuggendo alle regole di una l<strong>in</strong>gua s<strong>in</strong>tatticamente ord<strong>in</strong>ata.<br />

Non si tratta <strong>qui</strong>ndi di distruggere, bensì di „generare‟ (<strong>in</strong> senso proprio) una poiesis che sia esterna<br />

ma non estranea ai caratteri s<strong>to</strong>rici del „campo di forze‟ attuale, e che <strong>qui</strong>ndi non si limiti a mimare o<br />

a parodiare i l<strong>in</strong>guaggi dom<strong>in</strong>anti, bensì li assuma e li rie<strong>la</strong>bori sul<strong>la</strong> base del<strong>la</strong> loro <strong>in</strong>cidenza<br />

esistenziale. Il problema che s‟impone è però il seguente: come far <strong>in</strong>teragire il sapere poetico e<br />

quelli acc<strong>la</strong>rati (scientifici), ovvero meno mi<strong>to</strong>logici? E soprattut<strong>to</strong>: a quale f<strong>in</strong>e? Se <strong>la</strong> poesia può<br />

costituire, <strong>in</strong> un contes<strong>to</strong> seco<strong>la</strong>rizza<strong>to</strong>, non il disve<strong>la</strong>men<strong>to</strong> di una verità bensì l‟<strong>in</strong>tuizione di forme<br />

di conoscenza che si colloch<strong>in</strong>o oltre il mondo attuale, è chiaro, come già accenna<strong>to</strong>, che essa non<br />

può limitarsi a tradurre i pensieri già formati, ma deve produrne altri che consentano <strong>in</strong>terpretazioni<br />

dist<strong>in</strong>te del reale, meno consolidate riguardo al certum e tuttavia emblematiche riguardo al verum.<br />

I grandi „fari‟ possono ancora essere considerati, pers<strong>in</strong>o <strong>in</strong> una cultura globalizzata, quegli au<strong>to</strong>ri<br />

che hanno crea<strong>to</strong> una forma del reale significativa per una collettività: l‟epica pre-s<strong>to</strong>rica - ma<br />

fondatrice di s<strong>to</strong>ria - di Omero o quel<strong>la</strong> figurale di Dante, <strong>la</strong> metaforicità <strong>in</strong>tr<strong>in</strong>seca di Shakespeare o<br />

<strong>la</strong> teatralizzazione allegorica di Baude<strong>la</strong>ire, il simbolismo div<strong>in</strong>o di Hölderl<strong>in</strong> o quello esistenziale di<br />

Ce<strong>la</strong>n. Di cer<strong>to</strong>, <strong>la</strong> nostra idea del<strong>la</strong> Bellezza, ossia del <strong>qui</strong>d che rappresenta una verifica del risulta<strong>to</strong><br />

artistico e <strong>in</strong> specie poetico, corrisponde ormai a un <strong>in</strong>sieme pluristratifica<strong>to</strong>, a una possibile s<strong>in</strong>tesi<br />

di potenzialità gnoseologiche assai distanti. In effetti, <strong>la</strong> stratificazione può essere considerata<br />

l‟immag<strong>in</strong>e del nostro evolverci sul<strong>la</strong> terra: il passa<strong>to</strong>-sommerso non viene cancel<strong>la</strong><strong>to</strong>, come<br />

tenderebbe a far credere l‟attuale ipertrofico sistema di comunicazione, ma può riemergere, nel<br />

s<strong>in</strong>golo <strong>in</strong> quan<strong>to</strong> rappresentante del genere, <strong>in</strong> modi non razionali. L‟oscurità, lo straniamen<strong>to</strong>,<br />

l‟aspet<strong>to</strong> perturbante rappresentano solo alcune possibili varianti di questa riemersione, così come <strong>la</strong><br />

funzione memoriale, su cui tan<strong>to</strong> si è esercitata <strong>la</strong> poesia ot<strong>to</strong>-novecentesca, non è l‟unica a poter<br />

<strong>in</strong>nescare un processo creativo, da<strong>to</strong> che <strong>la</strong> creatività deve seguire ormai vie sue proprie nel<strong>la</strong><br />

ricomposizione di elementi „esistenziali‟, comunque essi siano percepiti.<br />

In modo ugualmente „analogico‟, su un piano em<strong>in</strong>entemente comunicativo, si comportano anche gli<br />

scienziati che cercano di fornire una spiegazione riguardo a processi che attualmente si <strong>in</strong>tuiscono<br />

ma non sono spiegabili: si veda, per esempio, <strong>la</strong> maniera <strong>in</strong> cui il già cita<strong>to</strong> neurologo e psicologo<br />

Vi<strong>la</strong>yanur S. Ramachandran è costret<strong>to</strong> a descrivere i fenomeni s<strong>in</strong>estetici, probabilmente essenziali<br />

anche per le arti, nel quar<strong>to</strong> capi<strong>to</strong>lo del suo Che cosa sappiamo del<strong>la</strong> mente? (trad. it. Mi<strong>la</strong>no,<br />

Mondadori, 2004). Sarà allora utile risalire s<strong>in</strong>o al<strong>la</strong> Scienza nova dove, sul<strong>la</strong> base del<strong>la</strong> dist<strong>in</strong>zione<br />

vichiana tra uso razionale e uso poetico del l<strong>in</strong>guaggio, si <strong>in</strong>dividuano i motivi per cui il discorso<br />

„scientifico‟ non può assumere <strong>to</strong>ni mistici, e tuttavia può far ricorso a quel<strong>la</strong> che poi Peirce<br />

chiamerà abduzione per costruire re<strong>la</strong>zioni non note. Tra poesia e scienza non si dovrebbe dunque<br />

ipotizzare un passaggio dal fantasioso (o plurivoco) al dimostrabile (o univoco), bensì da un pensiero<br />

derivante dal<strong>la</strong> biologia a uno derivante dalle sole funzioni razionali-pragmatiche. La forza<br />

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