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Scarica qui la rivista in f.to Pdf (1,83 MB) - LietoColle

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La furia delle giustapposizioni di Grünbe<strong>in</strong>, che agisce contro il pr<strong>in</strong>cipio di riconduzione all‟uno<br />

tipico dell‟analogia, pone il let<strong>to</strong>re sempre di fronte a una tendenziale entropia delle immag<strong>in</strong>i,<br />

senza che sia sempre possibile ricondurle ad una ben determ<strong>in</strong>ata logica <strong>in</strong>terna. Ciò nonostante è<br />

riscontrabile nel<strong>la</strong> prima parte del componimen<strong>to</strong> quel movimen<strong>to</strong> tra l‟io e il mondo che abbiamo<br />

già vis<strong>to</strong> <strong>in</strong> Simic. Per certi versi, esso appare ancora più esplici<strong>to</strong> <strong>in</strong> ques<strong>to</strong> tes<strong>to</strong>. I gesti quotidiani,<br />

dal più banale e ist<strong>in</strong>tivo – lo scacciare <strong>la</strong> mosca – al più rituale e impersonale – l‟<strong>in</strong>ch<strong>in</strong>o nei<br />

confronti dei defunti – sono resi assurdi dall‟“<strong>in</strong>erzia delle nuvole”. L‟armatura delle consuetud<strong>in</strong>i,<br />

ciò che sorregge <strong>la</strong> nostra persona e le fornisce <strong>la</strong> propria coesione fatta di riflessi ist<strong>in</strong>tivi e gesti<br />

convenzionali, viene percepita nel<strong>la</strong> sua radicale <strong>in</strong>fondatezza e gratuità attraverso l‟<strong>in</strong>trusione del<br />

mondo, sot<strong>to</strong> forma di “<strong>in</strong>erzia delle nuvole”. Rovesciando gli attributi che una solida tradizione<br />

letteraria ha attribui<strong>to</strong> al<strong>la</strong> nuvo<strong>la</strong>, emblema di leggerezza e soavità, Grünbe<strong>in</strong> ce <strong>la</strong> presenta come<br />

l‟elemen<strong>to</strong> mor<strong>to</strong>, <strong>in</strong>assimi<strong>la</strong>bile, def<strong>in</strong>itivamente esteriore al<strong>la</strong> rete di abitud<strong>in</strong>i che costituiscono il<br />

cosmo <strong>in</strong>teriore del<strong>la</strong> persona. Ma anche <strong>qui</strong> l‟irruzione del mondo nel<strong>la</strong> sua esteriorità si<br />

accompagna al<strong>la</strong> condizione di s<strong>in</strong>go<strong>la</strong>rità dell‟<strong>in</strong>dividuo. Una distanza <strong>in</strong>terna si pone tra l‟io ed i<br />

propri ruoli, ed è ciò che ricorda <strong>la</strong> figura del clown <strong>in</strong>ten<strong>to</strong> all‟au<strong>to</strong><strong>in</strong>ganno. Il s<strong>in</strong>golo, <strong>in</strong> quan<strong>to</strong><br />

<strong>in</strong>dividuo sciol<strong>to</strong> e irre<strong>la</strong><strong>to</strong>, non è <strong>in</strong> realtà nessuno. È solo attraverso <strong>la</strong> recita sociale che può<br />

assumere un‟identità e divenire qualcuno. La chiusa del<strong>la</strong> poesia, con quel riferimen<strong>to</strong> a “List” –<br />

che significa sì “furbizia” ma anche “stratagemma” –, <strong>in</strong>duce a pensare ad un ri<strong>to</strong>rno su di sé del<br />

clown, ad un sopravvenire del<strong>la</strong> f<strong>in</strong>zione usuale che ristabilisce il fluire del discorso, ossia quel dire<br />

senza vedere, quel dire per “<strong>in</strong>dizi” e cont<strong>in</strong>ui rimandi, <strong>la</strong>ddove <strong>la</strong> visione del<strong>la</strong> nuvo<strong>la</strong> ha, <strong>in</strong><br />

precedenza, impos<strong>to</strong> un momentaneo silenzio.<br />

II<br />

È importante richiamare ora <strong>la</strong> questione da cui siamo partiti. Quale funzione universale può avere<br />

un genere letterario che tende all‟espressione di una voce s<strong>in</strong>go<strong>la</strong>re? Com‟è possibile che<br />

l‟espressione del<strong>la</strong> s<strong>in</strong>go<strong>la</strong>rità possa <strong>in</strong>teressare una molteplicità di esseri umani? Il primo passo <strong>in</strong><br />

direzione di una riposta è consisti<strong>to</strong> nel mostrare come <strong>la</strong> condizione di s<strong>in</strong>go<strong>la</strong>rità non sfoci<br />

necessariamente nel ripiegamen<strong>to</strong> solipsistico o narcisistico del sé, ma al contrario conduca ad un<br />

<strong>in</strong>contro con il mondo nel<strong>la</strong> sua radicale esteriorità. Questa constatazione, per altro, impone di<br />

ripensare meno uni<strong>la</strong>teralmente il paradigma del<strong>la</strong> “lirica moderna”, evitando così di ampliare<br />

sempre di più l‟<strong>in</strong>ventario delle eccezioni, dei controesempi, dei percorsi apparentemente secondari<br />

e divergenti.<br />

Andrebbe piut<strong>to</strong>s<strong>to</strong> riconosciu<strong>to</strong> che è il paradigma stesso ad essere ambivalente, <strong>in</strong> quan<strong>to</strong> implica<br />

f<strong>in</strong> da subi<strong>to</strong> una possibilità centrifuga oltre che centripeta, così come le ragioni dell‟esteriorità<br />

oltre che quelle dell‟<strong>in</strong>teriorità, tenendo fissa comunque <strong>la</strong> condizione di s<strong>in</strong>go<strong>la</strong>rità dell‟<strong>in</strong>dividuo.<br />

Per ques<strong>to</strong> motivo, allora, <strong>la</strong> poesia di un au<strong>to</strong>re come Francis Ponge non dovrebbe essere<br />

considerata come un‟anomalia, ma semmai come <strong>la</strong> forma più tipica del<strong>la</strong> “lirica moderna”, almeno<br />

nel<strong>la</strong> sua accezione centrifuga.<br />

Consideriamo, ad esempio, queste righe tratte dagli scritti prepara<strong>to</strong>ri del componimen<strong>to</strong> Il fico<br />

secco: «Non so che cosa sia <strong>la</strong> poesia, ma so abbastanza bene che cos‟è un fico» (15). In un passo<br />

successivo, contenu<strong>to</strong> nel volume <strong>in</strong>ti<strong>to</strong><strong>la</strong><strong>to</strong> Come e perché un fico di parole, Ponge approfondisce<br />

proprio il rappor<strong>to</strong> tra scrittura ed esteriorità:<br />

“C‟è nell‟uomo una facoltà (non precisamente riconosciuta come tale) di cogliere che una cosa<br />

esiste proprio perché sarà sempre non del tut<strong>to</strong> riducibile al<strong>la</strong> propria mente. (…) Che cos‟ è<br />

l‟evidenza? È <strong>la</strong> qualità di ciò che so di ignorare e che ignorerò sempre, <strong>la</strong> qualità di ciò di cui<br />

dispera <strong>la</strong> mia mente e di cui il mio corpo sperimenta, ad ogni <strong>in</strong>contro, <strong>la</strong> meravigliosa e<br />

s<strong>in</strong>go<strong>la</strong>re, <strong>la</strong> s<strong>in</strong>go<strong>la</strong>re irriducibilità al<strong>la</strong> mente. L‟<strong>in</strong><strong>qui</strong>etante [così dicono – forse, ma no, per me<br />

piut<strong>to</strong>s<strong>to</strong> rassicurante (che dà fiducia)] irriducibilità al<strong>la</strong> conoscenza (al<strong>la</strong> def<strong>in</strong>izione).” (16)<br />

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