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Scarica qui la rivista in f.to Pdf (1,83 MB) - LietoColle

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“Interrotte <strong>la</strong> catena sociale e <strong>la</strong> catena cronologica, l‟io regredisce a schemi di pensiero<br />

narcisistici, nega l‟alterità del mondo o lo riduce ad argomen<strong>to</strong> di un breve monologo <strong>in</strong> prima<br />

persona. Forma simbolica di un‟epoca che ha concesso agli <strong>in</strong>dividui una libertà senza<br />

precedenti, il nostro genere comunica, a un primo livello, l‟idea che <strong>la</strong> società sia un <strong>in</strong>sieme di<br />

monadi separate e immerse <strong>in</strong> un flusso di esperienze discont<strong>in</strong>uo.” (7)<br />

Qui a mio parere si rischia di misconoscere una delle caratteristiche fondamentali del<strong>la</strong> lirica<br />

moderna <strong>in</strong> alcune del<strong>la</strong> sue più alte manifestazioni: ossia proprio <strong>la</strong> percezione, e <strong>la</strong> restituzione,<br />

dell‟alterità del mondo, del<strong>la</strong> sua radicale estraneità ai criteri di comprensione e descrizione del<strong>la</strong><br />

mente umana. Ora, proprio l‟esperienza che rende possibile una tale percezione è connessa con <strong>la</strong><br />

condizione di s<strong>in</strong>go<strong>la</strong>rità del sogget<strong>to</strong>. Estraneità del mondo e s<strong>in</strong>go<strong>la</strong>rità radicale costituiscono le<br />

due facce di una stessa esperienza, o se vogliamo di una stessa postura mentale, che a sua volta<br />

nutre di sé <strong>la</strong> scrittura poetica e trova <strong>in</strong> essa una sua peculiare espressione.<br />

Non è casuale, allora, che proprio Paul Ce<strong>la</strong>n, uno dei poeti che più radicalmente hanno <strong>in</strong>terpreta<strong>to</strong><br />

nel<strong>la</strong> seconda metà del Novecen<strong>to</strong> il paradigma del<strong>la</strong> lirica moderna, ci offra un‟illustrazione del<br />

nesso estraneità del mondo/s<strong>in</strong>go<strong>la</strong>rità dell‟io che ho richiama<strong>to</strong>. Si tratta di un brano trat<strong>to</strong> dal<br />

discorso proferi<strong>to</strong> il 22 ot<strong>to</strong>bre 1960 <strong>in</strong> occasione del conferimen<strong>to</strong> del Premio Büchner. Ce<strong>la</strong>n<br />

formu<strong>la</strong> ad un cer<strong>to</strong> pun<strong>to</strong> una def<strong>in</strong>izione del<strong>la</strong> poesia <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i che ci suonano familiari: «E allora<br />

il poema sarebbe (…) l<strong>in</strong>guaggio, diventa<strong>to</strong> figura, di un s<strong>in</strong>golo <strong>in</strong>dividuo – e, nel<strong>la</strong> sua più <strong>in</strong>tima<br />

sostanza, presenza e imm<strong>in</strong>enza» (8). Poche frasi dopo, ci troviamo di fronte a queste osservazioni:<br />

“Il poema tende a un Altro, esso ne ha bisogno, esso ha bisogno di un <strong>in</strong>terlocu<strong>to</strong>re. Lo va cercando;<br />

e vi si dedica. Ogni ogget<strong>to</strong>, essere umano, per il poema che è proteso verso l‟Altro, è una figura di<br />

ques<strong>to</strong> Altro. L‟attenzione che il poema cerca di porre a quan<strong>to</strong> gli si fa <strong>in</strong>contro, il suo acutissimo<br />

senso del dettaglio, del profilo, del<strong>la</strong> struttura, del colore, ma anche dei «palpiti» e delle «allusioni»,<br />

tut<strong>to</strong> ques<strong>to</strong> io credo non è <strong>la</strong> con<strong>qui</strong>sta di un occhio <strong>in</strong> gara (o <strong>in</strong> concomitanza) con<br />

apparecchiature ogni giorno più perfette: è piut<strong>to</strong>s<strong>to</strong> un concentrarsi avendo ben presenti tutte le<br />

nostre date. «L‟attenzione» – mi concedano di riportare <strong>qui</strong>, dal saggio su Kafka di Walter<br />

Benjam<strong>in</strong>, una frase di Malebranche –, «L‟attenzione è <strong>la</strong> preghiera spontanea dell‟anima». Il<br />

poema – tra quali condizionamenti!– diventa l‟opera di qualcuno che tuttavia cont<strong>in</strong>ua a usare i<br />

sensi, rivol<strong>to</strong> a tut<strong>to</strong> quan<strong>to</strong> appare <strong>in</strong>tegrandolo, apostrofandolo; diventa collo<strong>qui</strong>o – spesso un<br />

collo<strong>qui</strong>o dispera<strong>to</strong>.” (9)<br />

Prima di <strong>in</strong>oltrarmi <strong>in</strong> un commen<strong>to</strong> alle parole di Ce<strong>la</strong>n, è opportuno un chiarimen<strong>to</strong> prelim<strong>in</strong>are.<br />

La sua l<strong>in</strong>gua <strong>in</strong> prosa è altrettan<strong>to</strong> densa e ardua di quel<strong>la</strong> poetica, nonostante appaia di primo<br />

acchi<strong>to</strong> più avvic<strong>in</strong>abile. Il filosofo francese Philippe Lacoue-Labarthe ha dedica<strong>to</strong> un saggio mol<strong>to</strong><br />

bello all‟<strong>in</strong>tero discorso di Ce<strong>la</strong>n e lo ha <strong>in</strong>seri<strong>to</strong> nel volume La poésie comme expérience (10).<br />

Anche l‟analisi di Lacue-Labarthe s‟<strong>in</strong>centra sulle nozioni di estraneo (unheimlich) e di straniero<br />

(fremd), legandole a quel<strong>la</strong> di “voce s<strong>in</strong>go<strong>la</strong>re”. La sua prospettiva rimane però strettamente legata,<br />

per ragioni ovviamente anche filologiche, al pensiero tedesco e a quello heideggeriano <strong>in</strong><br />

partico<strong>la</strong>re. A me <strong>in</strong>teressa, <strong>in</strong>vece, seguire una pista antropologica, a cos<strong>to</strong> di sacrificare una<br />

ricchezza di richiami semantici che è possibile identificare tra <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> del poeta e quel<strong>la</strong> del<br />

filosofo, nell‟ambi<strong>to</strong> del<strong>la</strong> l<strong>in</strong>gua tedesca. Non solo, ma voglio mostrare come <strong>la</strong> riflessione di<br />

Ce<strong>la</strong>n non debba per forza giustificare so<strong>la</strong>mente gli esiti espressivi di estrema oscurità, che sono<br />

tipici del<strong>la</strong> sua poesia. Strade diverse possono muovere dal<strong>la</strong> medesima <strong>in</strong>tersezione di estraneità<br />

del mondo e s<strong>in</strong>go<strong>la</strong>rità dell‟io.<br />

La condizione di s<strong>in</strong>go<strong>la</strong>rità, di solitud<strong>in</strong>e senza appartenenza, costituisce una soglia estrema<br />

dell‟identità, che co<strong>in</strong>cide idealmente con l‟azzeramen<strong>to</strong> o <strong>la</strong> sospensione di tutti gli aspetti del<br />

nostro essere legati a degli status di carattere sociale. La massima presenza a sé dell‟<strong>in</strong>dividuo,<br />

però, piut<strong>to</strong>s<strong>to</strong> che favorire un ripiegamen<strong>to</strong> sui propri ricordi e le proprie fantasticherie, tende a<br />

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