Cacciatori di betoniere - Ljubo Ungherelli
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ven<strong>di</strong>cativo, rimase senza parole, sbalor<strong>di</strong>to, fissando ora lo sguardo sulle apparizioni<br />
che aveva <strong>di</strong> fronte, ora sul volto altrettanto smarrito dell’amico.<br />
Entrambi più anziani <strong>di</strong> loro (il sociologo e il letterato lambivano il confine<br />
della mezza età), entrambi, ciascuno a proprio modo, singolari alla vista.<br />
Uno era a torso nudo e, nonostante l’età avanzata, lasciava intravedere un<br />
certo attaccamento all’esercizio fisico. Il suo costume da bagno, normalissimo<br />
se raffrontato a quello dell’uomo che gli stava accanto, consisteva in un paio <strong>di</strong><br />
pantaloni <strong>di</strong> lana, lacerati in più punti, e calzava degli stravaganti sandali <strong>di</strong><br />
cuoio. La testa appuntita, calva, piombava in una lunga barba bianca.<br />
L’altro apparve agli occhi dei due pescatori ancor più bizzarro. Emaciato,<br />
malfermo sulle gambe, visibilmente provato da qualche misteriosa fatica, aveva<br />
nei tratti somatici qualcosa d’inconsueto, come <strong>di</strong> uno strano miscuglio razziale.<br />
Gli occhi erano stretti ed allungati, orientaleggianti, mentre la carnagione era<br />
inequivocabilmente me<strong>di</strong>terranea. In più, costui sembrava uscito da un ballo in<br />
costume d’infimo gusto, tanto era pacchiano il suo abbigliamento. Che poi, nelle<br />
profon<strong>di</strong>tà del lago Fusaro si celebrassero feste mascherate, era cosa ancora<br />
più inverosimile, e tutto questo contribuì a prolungare il silenzio del quartetto.<br />
“È cambiato qualcosa dai nostri tempi, non trova, Tantalo?” Fu Sisifo a<br />
rompere il silenzio, rivolgendosi al sodale, perplesso a sua volta.<br />
“Dobbiamo essere stati lontani a lungo”, commentò il re della Li<strong>di</strong>a.<br />
“Dev’essere così”, confermò l’altro, mentre Tarzanelli e Stroppa tentavano<br />
<strong>di</strong> comprendere qualcosa del loro i<strong>di</strong>oma.<br />
“Greco antico!”, esclamò ad un tratto il letterato, dopo aver ascoltato con<br />
attenzione il conciliabolo dei due strani in<strong>di</strong>vidui. “E poi ci raccontano che stu<strong>di</strong>are<br />
le lingue morte è inutile. Lunga vita al liceo classico!”<br />
“E morte al nostro docente <strong>di</strong> latino”, aggiunse Stroppa salvo poi, un attimo<br />
dopo, ri<strong>di</strong>mensionare l’euforia dell’amico.<br />
“Noi abbiamo fatto cinque anni <strong>di</strong> greco”, gli fece notare il sociologo, “è<br />
vero, ma, anche tenuto conto che tu ricor<strong>di</strong> ancora qualcosa – su <strong>di</strong> me non fare<br />
troppo affidamento – come cre<strong>di</strong> <strong>di</strong> riuscire a reggere una conversazione in greco<br />
antico? E, soprattutto, perché mai questi due dovrebbero parlare tra loro in<br />
greco antico? Sono sfuggiti a qualche istituto psichiatrico? Magari parlano in<br />
qualche <strong>di</strong>aletto greco, cipriota o turco o che so io, e se gli parliamo in inglese<br />
capiranno qualcosa.”<br />
Realizzò all’istante il suo proposito e, in un farraginoso inglese da corso<br />
serale, si rivolse ai due sovrani, certo <strong>di</strong> ottenere piena comprensione della semplice<br />
domanda formulata loro.<br />
“Credo che vogliano <strong>di</strong>rci qualcosa”, <strong>di</strong>sse Sisifo, “ma quell’uomo parla<br />
una lingua a me ignota. Lei ha capito cos’ha detto, Tantalo?”<br />
“Temo <strong>di</strong> no.”<br />
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