Cacciatori di betoniere - Ljubo Ungherelli
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“Ha chiamato oggi, mentre io ero a scuola. Così può raccontare qualche<br />
storia a sua madre e avere la sua bene<strong>di</strong>zione. L’ultima volta che ha telefonato<br />
quando c’ero anch’io in casa, perché per puro caso ero rientrato in anticipo, ha<br />
cercato <strong>di</strong> contarla anche a me, questa solfa. Lui se ne sta a Sarajevo a far finta<br />
<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are e noi continuiamo a dargli sol<strong>di</strong>.”<br />
“E cosa cavolo aspetti a mandarlo a lavorare?”, intervenne impetuosamente<br />
Nurboja, in<strong>di</strong>gnato, più che dal comportamento del ragazzo, dall’inettitu<strong>di</strong>ne<br />
del padre.<br />
“Milan ha ragione”, aggiunse il farmacista Štulić, “non puoi consentirgli<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>vertirsi alle tue spalle.”<br />
“E cosa dovrei fare, secondo voi?”, chiese Učiteljević, pentendosi d’aver<br />
prestato il fianco all’insopportabile Nurboja, che adesso si elevava a grande pedagogo,<br />
in<strong>di</strong>candogli la giusta via per l’educazione dei figli.<br />
“Ognuno ha i figli che si merita”, riprese imme<strong>di</strong>atamente il maestro, sperando<br />
che il minaccioso agricoltore non comprendesse d’essere il bersaglio della<br />
sua allusione. Eccezion fatta per il figlio più piccolo, sul quale ancora era impossibile<br />
pronunciarsi, il resto della prole <strong>di</strong> Nurboja non era certo una bella<br />
pubblicità all’efficacia dei suoi meto<strong>di</strong> educativi: il figlio maggiore, sebbene lavorasse<br />
col padre nei campi, era costantemente ubriaco e prepotente non meno<br />
del genitore, la secondogenita era scappata <strong>di</strong> casa con un ragazzo <strong>di</strong> un villaggio<br />
vicino, mentre la figlia do<strong>di</strong>cenne, purtroppo, aveva dei gravi <strong>di</strong>sturbi mentali<br />
che le impe<strong>di</strong>vano <strong>di</strong> avere una vita normale. Ciononostante, Tanja Nurboja<br />
andava regolarmente a scuola e, dopo quattro anni durante i quali Tatjana Štulić<br />
aveva cercato <strong>di</strong> limitare i <strong>di</strong>sagi che la bambina creava al resto del gruppo col<br />
suo comportamento anormale, era per il secondo anno seguita da Učiteljević.<br />
All’inizio dell’anno precedente, quando Tanja aveva un<strong>di</strong>ci anni e giungeva<br />
così nella quinta classe, il maestro s’era trovato in evidente <strong>di</strong>fficoltà. La<br />
bambina era irrequieta, talvolta aggressiva e violenta contro i compagni, una<br />
mattina aveva ad<strong>di</strong>rittura scatenato un putiferio perché non trovava più la sua<br />
giacchetta sull’attaccapanni. Dopo aver assalito armata <strong>di</strong> compasso la compagna<br />
sospettata d’esser colpevole della sparizione, bloccata a stento da Učiteljević,<br />
aveva rinvenuto l’indumento al suo posto, coperto alla vista dalla giacca <strong>di</strong><br />
un’altra bambina, appoggiata sopra la sua.<br />
Per fortuna era spesso malata, e le lezioni <strong>di</strong> Branko <strong>di</strong>venivano più vivibili,<br />
cosicché, alla fine dell’anno, anche lui l’aveva promossa alla sesta classe,<br />
augurandosi che i genitori la tenessero con loro anziché provocare tanti fasti<strong>di</strong><br />
agli insegnanti e agli altri scolari.<br />
Ai Nurboja, <strong>di</strong>sgraziatamente, importava assai poco <strong>di</strong> tutte queste problematiche.<br />
Avevano il loro lavoro nei campi che gli occupava le giornate e il resto<br />
(un figlio alcolizzato, un’altra fuggita <strong>di</strong> casa, la terza malata <strong>di</strong> mente) non poteva<br />
smuovere la loro attenzione. Era questo il motivo principale per il quale<br />
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